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Autore: EdenGuns    20/02/2012    2 recensioni
Where do you think you're going?
Don't you know it's dark outside?
Where do you think you're going?
Don't you care about my pride?
Where do you think you're going?
I think that you don't know
You got no way of knowing
There's really no place you can go
.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Nuovo personaggio, Quasi tutti
Note: Lime, What if? | Avvertimenti: nessuno
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3. Whole lotta love



« Dai ragazzi, non fate i coglioni» sentii dire, da quello che probabilmente era il festeggiato.

« Ma è una sorpresa!»

« E dovevate per forza bendarmi?»

« Sennò che sorpresa sarebbe?»

« Vedrai che ti piacerà» s'intromise una terza voce.

Altre risate, e la maniglia della porta che si abbassava.

Scesi dal letto e sistemai i vestiti, assumendo una posizione adatta all'occasione.

Entrarono in cinque: capelloni, vestiti di pelle nera e con espressioni poco lucide.

Quello più alto era bendato, e allungava le mani per paura di andare a sbattere. Evidentemente non si fidava molto dei suoi amici.

« Cristo.»

Gli sguardi degli altri quattro si puntarono su di me.

« Tu non hai idea di quanto ti stia invidiando, amico mio» disse quello moro e ricciolo, senza staccarmi gli occhi di dosso.

« Ragazzi, toglietemi sta cazzo di benda.»

« No. Ciao bello, divertiti.»

Quello rossiccio mi si avvicinò, fermandosi a pochi millimetri dal mio volto.

« Chiameremo di nuovo» disse, posandomi la mano su di un fianco e salendo per le mie curve con una carezza fino al volto. « Eccome se richiameremo.»

Mi sorrise malizioso e mi fece l'occhiolino, poi si voltò e uscì con gli altri dalla stanza.

Il biondo bendato era sempre più smarrito e tentava di tastare ciò che aveva intorno per orientarsi.

Gli presi la mano tesa e lo portai al letto, facendolo sedere.

« Ehi» esclamò, mentre mi mettevo a cavalcioni sopra di lui.

Sorrisi mentre giocavo con le morbide onde dei suoi capelli biondi.

« Come ti chiami?» gli sussurrai all'orecchio.

« Duff.»

Il suo pomo d'Adamo faceva su e giù, e potevo sentirlo tremare per l'eccitazione.

« Bel nome.»

Iniziai a togliergli il chiodo. Non era di vera pelle, ma sembrava carino.
Lo prendo dopo.

Poteva essere definito la mia firma, quel piccolo furto. Ogni mio cliente tornava a casa senza il giubbetto, ed io ne avevo una fornita collezione nell'armadio.

« Non sei un trans, vero?»

Risi, per il suo tono di voce innocentemente preoccupato.

« Sì, insomma, è il genere di scherzi che mi farebbero i miei amici.»

« Ti sembro ancora un uomo?» chiesi, guidandogli le mani al mio seno.

Lui deglutì. « No, decisamente no.»

« Bene.»

Gli tolsi anche la maglietta; la sua pelle era bianchissima, stesa sui muscoli appena accennati.

Qualcosa scintillò all'altezza del collo, e notai un lucchetto che chiudeva una piccola catena.

Il mio cuore mancò un colpo.

Impossibile.

Scacciai in fretta quel pensiero e spinsi con le mani delicatamente sulle sue spalle, per farlo ricadere all'indietro sul letto. Sembrava iniziarsi a sciogliere, perché le sue mani stavano toccando e accarezzando tutto quello che avevano a tiro. Fece per togliere la benda, ma lo bloccai posando la bocca sulla sua.

Con un colpo di reni mi fece andare sotto di lui.

« Ti prego, fatti guardare» ansimò, mentre facevo scendere la mano verso il suo basso ventre.

« Non ancora.»

Sospirò quando le mie dita lo sfiorarono in una lenta tortura.

« Forza Duff, rilassati

Le sue mani giocarono a lungo sui miei fianchi, poi alzarono i lembi del top, sfilandomelo lentamente.

Iniziò a baciare qualsiasi pezzo di pelle nuda trovasse, provocandomi scosse di desiderio.

Scese inesorabilmente con le labbra e lambì il mio ombelico con piccoli morsi, facendomi sussultare ogni volta.

Lo tirai all'altezza del mio viso e lo baciai, sentendo la sua eccitazione premermi contro la gamba. Dopo qualche tentativo riuscii a tornare sopra, continuando a giocare con lui.

Sentii le sue mani indugiare sul gancetto del reggiseno e slacciarlo. Lo lanciò lontano, iniziando ad accarezzarmi quasi dolcemente, lasciandosi guidare dal tatto.

Il cavallo dei pantaloni di pelle che indossava si era già fatto troppo stretto per lui.
Finimmo di spogliarci a vicenda e prima di lasciarlo entrare in me gli slegai la benda.
Lottai col nodo per alcuni secondi, e quando riuscii a sfilargli quel misero pezzo di stoffa e a guardarlo in viso, il mio cuore si fermò.

« Liz» sussurrò, spalancando gli occhi.

Riprese a battere con violenza, come incastrato in gola. Non poteva essere il mio Michael; non era possibile.

Ancora a cavalcioni su di lui, studiavo il suo viso. Era così simile. Stesse labbra sottili, stesso taglio particolare degli occhi, stesso naso. Stesso lucchetto.

« Che diamine ci fai qui?» ansimai, senza respiro.

« Tu cosa ci fai qui!»
Emozioni delle più contrastanti tra loro si stavano scatenando dentro di me.

Ti è mancato, piantala di rimanere a boccheggiare e abbraccialo.

Diedi ascolto alla mia mente e affondai il viso nei suoi nuovi lunghi capelli, cotonati e biondi.
Ma non lo sentii stringermi forte, come faceva a Seattle, e mi staccai lentamente.

« Perché?» sussurrò, senza tono.

Presa in contropiede rimasi ferma immobile, con i suoi occhi nei miei.

« Non volevi venire con me, va bene. Ma perché ignorarmi? Perché chiudere quello che c'era tra noi?»

Il mio cuore fece un tuffo nel vuoto. Potevo chiaramente sentire il forte risentimento nella sua voce.

« Non c'era nulla tra noi, Michael» dissi, trattenendo il dolore che voleva trapelare dalla mia voce.

Scesi da lui e recuperai i vestiti.

Voltata di spalle, indossavo l'intimo. Appena finii di coprirmi, lui mi prese per il braccio, facendomi voltare.

« Non dire cazzate.»

Ancora a petto nudo, il suo corpo sovrastava il mio. Era diventato ancora più alto di quello che mi ricordavo.

Posò la grande mano sulla mia guancia ed io chiusi gli occhi, assaporando il tepore di vecchi e felici ricordi.

« Mi dici il perché?» chiese ancora, però più dolcemente.

« Sapevo che ti saresti stancato di me, così ho rifiutato e mi sono allontanata, in modo da non soffrire troppo per la tua partenza.»

« Mi hai fatto molto male, sai?»

Tolse la mano, e subito rimpiansi il contatto della sua pelle contro la mia.

Il mio stomaco intanto si contorceva, sconvolto per la persona ritrovata e contrario alle accuse.

« Cosa credi, che io non abbia sofferto? Pensi che non avrei pianto tutte le mie lacrime se ne avessi avuto la possibilità? Pensi che sia stata bene passando anni terribili senza di te? No, ecco, ora lo sai! Mentre tu eri chissà dove io venivo ricattata e adesso, come puoi ben vedere, faccio di nuovo la puttana! Va bene, così? Visto che bella vita che faccio?» urlai, sfogandomi per la prima volta in tutta la mia esistenza.

Lui rimase a guardarmi senza dire una parola. Il suo sguardo era indecifrabile e non riuscivo a non essere scossa per quello che avevo sentito uscire dalla mia bocca.

Non diceva nulla, così io andai a recuperare il top e uscii dalla camera senza guardarmi indietro.

Fuori dalla stanza, nell'anticamera, c'erano i suoi quattro amici.

« Che velocità» esclamò quello col cappello ridicolo e il viso affilato.

Mi avvicinai al ragazzo coi capelli rossi, porgendo la mano che richiedeva il pagamento.

« Già fatto? Che amico scarso» disse lui, scuotendo la testa.

Mi diede le banconote e io le ritirai. Poi mi accorsi di essere solo in reggiseno, notando gli sguardi dei quattro ragazzi eccitati.

Scossi la testa e, senza dire una parola, iniziai ad incamminarmi per il corridoio.

Mi stavo infilando il top, lontano dai loro sguardi, quando qualcuno mi prese per il braccio. Mi voltai lentamente, spaventata e pronta a scagliare qualche mossa di autodifesa.

Davanti a me il tizio ricciolo, che mi sorrideva in modo ebete.

« Sì?» chiesi, rilassandomi.

Anche se di certo non emanava sobrietà e innocenza, non mi sembrava neanche una grande minaccia.

« Piacere, Saul. Ma mi puoi chiamare Slash» si presentò, sfoderando quello che probabilmente riteneva il suo sorriso più affascinante.

« Liz.»

Mi porse la mano, e io ricambiai la stretta.

« Senti, ti volevo chiedere se ti andava di uscire, intendo fuori dal tuo “lavoro”» disse, facendo il segno delle virgolette con le dita.

Rimasi a guardarlo, stupita.

« Io e te?»

« Sì, noi due e basta.»

Non smetteva di sorridere, e andò a finire che mise un poco d'allegria anche a me.

Il mio cervello evidentemente era altrove, così accettai l'invito.

« Perfetto! Allora ti passo a prendere io?»

« No, ci troviamo lì. Ma dove?»

Lui sembrò pensarci un attimo.

« Senti, vieni a casa nostra. Vedo di fare uscire gli altri con qualche scusa, così non ci disturbano.»

L'idea di rivedere Michael dopo quello che ci eravamo detti mi fece contorcere lo stomaco.

« Mi raccomando, Slash. Solo io e te, sennò me ne vado.»

Lui annuì, con gli occhi spalancati.

« Domani sera.»

Tirò fuori un foglietto tutto spiegazzato dalla tasca della sua giacca e me lo consegnò.

« C'è l'indirizzo di casa nostra.»

Annuii.

« Perfetto, allora io vado» dissi, mentre ritiravo il biglietto.

Mi posò un bacio sulla guancia con le sue labbra carnose e sorrise di nuovo.

« Ciao, Liz.»

 

Uscita dal locale, mi avvicinai ad una cabina telefonica. Infilai il denaro necessario e premetti i tasti componendo il numero di Dave.

« Qui Dave Carell, desidera

« Che tu venga a prendermi.»

« Già finito, piccola?» chiese, stupito.

« Sì, eiaculazione precoce» mentii.

Lui rise dall'altro capo della cornetta. « Te l'ho sempre detto, dolcezza. Tu gli uomini li fai impazzire.»

« Certo. Ora, ti ricordi l'indirizzo, vero?»

« Sì, arrivo subito.»

Riagganciai il ricevitore e andai a sedermi sul marciapiede.

Mi strinsi tra le braccia scoperte e rabbrividii nel gelo di Los Angeles.

« Non hai freddo?»

Prima che mi potessi voltare, sentii un indumento caldo posarsi sulle mie spalle.

Qualcuno si sedette accanto a me.

« Axl Rose.»

Mi porse la mano e io ricambiai la stretta. Al contrario di quel Saul/Slash, la sua pelle era più liscia e delicata.

« Liz.»

« Diminutivo di?»

« Elizabeth.»

« Mi piace, come nome.»

Mi sorrise.

« Hai due occhi stupendi» mi sfuggì dalle labbra.

Anche se lo pensavo seriamente; erano verde chiaro, perforanti, che gli conferivano un aspetto davvero interessante.

« Grazie» disse.

Mi strinsi ancora di più addosso quella che sembrava una giacca.

« Ti andrebbe di uscire?»

Trattenni a stento una risata.

« Mi sembra di aver già vissuto questa scena» dissi, tornando a fissare un punto non ben distinto davanti a me.

Intanto le macchine sfrecciavano a pochi metri di distanza da noi, e la movida notturna iniziava a prendere vita.

« Chissà quanta gente ti avrà già chiesto di uscire!»

Lo guardai.
Tanto cosa cambia a me? Non sono fidanzata con nessuno dei due, e lui è così sexy...

« Perché no? Dove hai intenzione di portarmi?»

Lui mi sorrise vittorioso.

« Ti va di venire a casa nostra?»

Strabuzzai gli occhi. Ma facevano tutto uguale?

Lui fraintese: « Ma non sei obbligata a fare niente, sia chiaro.»

Risi.

« Solo se ne hai voglia» aggiunse, tornando a interpretare il personaggio del rubacuori incallito.

« Ci penserò.»

« L'indirizzo lo trovi nella tasca interna» disse, indicando con un cenno del capo la sua giacca.

Incredibile.

Iniziavo a chiedermi se anche gli altri componenti mancanti usassero la stessa carta con le ragazze.

« Non domani perché Slash porta una tizia e allora dobbiamo uscire, ma dopodomani è perfetto. Farò sloggiare gli altri, ceniamo io e te, magari guardiamo un film o ascoltiamo la musica, quello che vuoi.»

Trattenni di nuovo una risata divertita.
Per quanto durerà questa pagliacciata?

« Va bene, Axl.»

Lui mi sorrise.

« Chi stai aspettando?»

« Il mio capo.»

« Vuoi che ti faccia compagnia finché non arriva?»

« Volentieri, davvero, ma non so come la prenderebbe se vedesse che faccio amicizia con i clienti.»

« Va bene, allora vado.»

Feci per dargli la giacca ma lui me la rimise sulle spalle.

« Tienila tu, me la porti dopodomani.»

Mi diede un bacio sulla guancia, scostandomi i capelli, e indugiò un po' con le labbra morbide sulla mia pelle.

« Ciao, Elizabeth.»

Si alzò, sbatté con le mani sui pantaloni per levare la polvere e si allontanò.

Colpita e affondata. Tre volte.

 

Ormai era notte fonda, quando qualcuno salì sul mio letto e mi toccò dentro.

Mi svegliai spaventata, pensando fosse quel porco di Dave. Ma quando vidi il viso rigato di lacrime di Jane mi misi a sedere preoccupata.

« Che è successo, tesoro?»

Lei mi abbracciò forte, scoppiando in un pianto disperato.

Mi sentivo male a vederla fare così. Avrei dovuto lasciarla a Seattle; mi sarebbe mancata da morire, certo, ma almeno non avrebbe sofferto in quel modo.

Lasciai che si sfogasse, stringendo il suo corpo scosso da singhiozzi.

« E' stato terribile, Liz!»

Le carezzai la schiena, con una brutta sensazione nel cuore.

« Mi toccavano e io non potevo dire di no. E poi ce n'era uno in particolare, grosso e sudato. Era ubriaco, ha tentato di violentarmi, ma sono riuscita a scappare. Ma guarda cosa mi ha fatto.»

Mi mostrò i lividi sulle braccia e sulla guancia.

« Mi dispiace, Jane. Non la passerà liscia. Parlo io con Dave.»

Sentivo la rabbia crescere inarrestabile.

Volevo sapere nome e cognome di quello schifoso, potergli fare del male.

« Tu rimani qui con me, per stanotte. Hai chiuso con questa merda.»

Lei scosse la testa: « Non ti lascio qui da sola.»

« E io non voglio che tu vada ancora dai clienti, capito? E se l'unico modo è quello di farti tornare a Seattle, allora partirai seduta stante.»

« Ti ho detto che non ti lascio sola. Piuttosto vivo per strada, ma qui accanto a te.»

Tirò su col naso e assunse un'aria più combattiva.

« Insieme o niente, ricordi? Ce lo siamo promesso.»

Le sorrisi, stropicciandomi gli occhi.

« Provo a parlare con Dave, ma non ti assicuro niente. Se c'è una cosa certa è che tu non avrai mai più un cliente.»

Tornai a sdraiarmi, seguita da Jane.

« Va un po' meglio?»

Lei annuì, chiudendo gli occhi, contornati da occhiaie per il pianto.

« Possiamo solo dimenticare il tutto?» chiese, con voce flebile.

« Non ti preoccupare, JJ.»

Le carezzai i capelli finché non si addormentò, poi mi girai su un fianco e tornai a riposare, con troppi pensieri in testa.

Sognai di Michael, di quello che avevamo condiviso e dell'incontro di ore prima.

Mi era mancato in una maniera assurda, ma c'era qualcosa di irrimediabilmente spezzato tra noi.

Forse ho sbagliato.

Prima che la frase potesse fermentare nella mia mente però, mi addormentai.

   
 
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