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Autore: unbound    20/02/2012    3 recensioni
Seconda parte della storia di Kay York, alunna della Vengeance University, e delle sue amiche, Giuls, Alisee, Beatrix e Lisa.
(siete pregati di leggere la prima parte, se no non ci capite una mazza)
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Avete presente il rumore che producono i piatti rotti che si infrangono sul pavimento? Ecco. Sarebbe stato decisamente più tranquillizzante non sentirlo nel cuore della notte, nel silenzio più profondo. Agghiacciante, sentii il mio cuore fermare il suo battito regolare per un interminabile minuto, immobilizzato dalla paura.
Cosa fare? Innanzitutto, respirare.  Okay, Kay, stabilizza il tuo organismo e poi accertati che non sia niente di grave. Si, ce la posso fare.
Dopo aver cercato in tutti i modi di tranquillizzarmi e, in parte, riuscendoci, spalancai gli occhi con estrema lentezza, come se non potessi credere a ciò che avevo sentito, e iniziai a tremare come una foglia vittima del vento autunnale, indecisa su cosa avrei dovuto fare prima.
Non appena conclusi un piccolo ragionamento, capii che le possibilità erano tre:
o erano ladri, o Sullivan aveva bisogno di una birra, o...erano ladri.
Fatto sta che se fosse stato Jimmy a combinare quel bordello, l'avrei sentito imprecare o bestemmiare, ma, non so se per fortuna o per sfortuna, dopo quell'assordante frastuono non sentii praticamente niente che mi facesse capire che era lui. Okay, bene. Calma.
Spinta da non so quale coraggio nascosto, abbandonai il mio caldo letto, ignorando il fatto che avevo addosso un pigiama di acrilico decisamente antistupro, ma fui bloccata da Brian prima che potessi lasciare la stanza, evidentemente scosso quanto me.
Ci scambiammo uno sguardo terrorizzato.
"Kay, aspettami. Ti accompagno io. Non muoverti cazzo, un attimo." Mi bloccò aprendo un palmo della mano e balzò in piedi, lasciando anche lui le lenzuola disfatte.
L’enorme differenza di ciò che indossava lui, ovvero un paio di boxer che lasciavano molto a desiderare, e di ciò che indossavo io era abbastanza ridicola. 
Si infilò una camicia, lasciandola aperta come se stesse per fare una sfilata di moda; le sue condizioni, però, non mi dispiacevano. Cazzo Kay, togli l’eccessiva perversione dalla tua mente e ritorna a spaventarti.
Scendemmo le scale lentamente, attenti a non produrre alcun rumore (io non ci riuscii, davo la sensazione di un cellulare in vibrazione. Ma non quella vibrazione piacevole, ma quella rumorosa e scassa palle) e, dopo aver ascoltato in silenzio i piccoli rumori, ci accorgemmo che tutto ciò che stavamo sentendo proveniva dal salotto. Feci per aprire la porta che ci avrebbe portati in quella stanza e magari tranquillizzati, ma Syn mi fermò e mi fece posizionare alle sue spalle, come se in quelle condizioni avrebbe potuto proteggermi da eventuali pericoli.
Un sospiro profondo. Il ragazzo dal capelli corvini davanti a me spalancò la porta.

"Che cazzo fai, minchione!" 
Mi portai la mano alla fronte, scuotendo la testa, mentre Brian cercava di non scoppiare d'ira.
Mi trattenevo dal scoppiare a ridere, perché avrei potuto essere menata.
Davanti ci trovammo un Baker che avrei preferito non conoscere, davvero, era del tutto superfluo trovarlo in quelle condizioni; indossava uno di quei costumi da Santa Claus che vendono nei grandi centri commerciali per i papà, il più delle volte messi in crisi dalla voglia dei propri figli di conoscere il signore del famoso polo nord. Kay, non ridere, ti prego.
"Porto i regali, bambino cattivo."
No ok, quella poteva rispiarmarsela.
Rise della sua stessa battuta, seduto per terra e con una decina di decorazioni distrutte attorno, mentre io mi unii alla sua risata, attenta a non farmi sentire da Haner, che nel frattempo stava opprimendo la sua voglia di urlargli contro. Se solo Seward si fosse accorto di ciò che aveva fatto, l'avrebbe esiliato in uno di quei paesi dell'est, in una vasca da bagno di ghiaccio e tra le mani di uno di quei dottori improvvisati del mercato nero di organi, in modo che fosse pronto a farsi esportare un rene.
Non appena ritornammo a letto, sentii borbottare Gates per almeno una mezz'ora piena, senza sosta, qualcosa come "ma che ho fatto per meritarmi questo?" Oppure "Che coglione, ma come si fa?". Dopo un po’, sfidai la sorte e cercai di porre fine a quel monologo su Zacky.
"Brian.." sussurrai, stiracchiandomi e poggiando la testa sul cuscino.
In un primo momento mi guardò in cagnesco, ma poi si addolcì, abbassando lo sguardo e poggiando la testa sul letto.
"Scusa piccola, ti lascio dormire." Mi sorrise, ed io ne rimasi spiazzata come sempre. Iniziò ad accarezzarmi i capelli e a farmi rilassare; sapeva che non resistivo a tutto ciò, conosceva abbastanza bene i miei punti deboli. Dopo un incantevole minuto fatto di sguardi e sorrisi maliziosi, mi girai su un fianco e gli diedi le spalle per cercare di recuperare il sonno perso, e lui, con delicatezza, mi abbracciò da dietro e iniziò a darmi piccoli baci sul collo. Fu facile addormentarsi in quelle condizioni, nonostante le mie intenzioni fossero ben altre.

"E' natale, e' natale, che scalda ogni cuoooor"
"Cazzo ti canti Sullivan, mettiti una birra in bocca"
Brian affogò il suo viso tra le coperte.
"O un cazzo" urlò Sanders di risposta dalla stanza accanto, facendo ridere l'uomo al mio fianco.
Aprii gli occhi e mi girai verso il comodino, sopra il quale giaceva un orologio, notando che era stranamente presto per i miei gusti. Grazie, Sullivan.
Mi stiracchiai gli occhi e sbadigliai sonoramente, rivolgendo uno sguardo a Syn.
"Buongiorno" disse, sorridendomi. Possibile che era sexy anche appena sveglio?
"Hei.." Gli sorrisi anch’io, ma non fui sicura della riuscita di quel sorriso; stavo in sostanza dormendo ad occhi aperti, non ero lucida né riuscivo a sfoggiare le mie fascinose doti in quelle condizioni, e inoltre mi sentivo abbastanza.. fatta.
Solo una volta avevo assunto delle sostanze stupefacenti, ma niente di esagerato: una misera cannetta in una festa noiosa in famiglia, ricevuta dopo un po' di consigli forzati da mia cugina di due anni più grande di me. Da quel giorno non presi più niente del genere. Nonostante fosse incredibilmente piacevole la sensazione dopo un paio di tiri, sentivo i neuroni bruciarsi piano piano e i polmoni in preda alle fiamme, come se stessero affogando in un incendio senza riuscire a trovare una tregua.
"La colazione e' pronta, scendiamo?" Chiese, distogliendomi dai pensieri nei quali mi ero immersa, scoprendosi. Rimasi un attimo immobile per ammirare il suo corpo seminudo scolpito nel marmo, con lievi imperfezioni che lo rendevano sempre più perfetto. Non mi sarei mai abituata a quella vista.
"Okay, dammi un minuto."
Mi alzai e mi avviai verso il bagno a passo lento e lui, ovviamente, mi seguì, con quel minimo di malizia in volto che mi faceva render conto che le sue intenzioni erano tutt'altro che caste. Gli permisi, perciò, di collaudare la vasca da bagno insieme a me.
 
Dopo un'ora circa, scendemmo le scale e arrivammo insieme in sala da pranzo, dove ci rendemmo conto che ancora nessuno aveva fatto colazione; non appena ci accorgemmo che la tavola era ancora ricca di pietanze varie ed intoccate, ci catapultammo affamati verso due posti, uno di fronte all'altro, iniziando a riempire i nostri piatti come due golosi (che eravamo, in fondo).
Non passarono neanche dieci minuti che Giuls, assonnata e dai capelli alla Brian May, ci raggiunse, sedendosi  prepotentemente tra noi due e borbottando qualcosa di incomprensibile. 
"Non solo ti posizioni qua, tra me e la mia ragazza, a rompere la minchia, non riesci neanche a dire qualcosa di comprensibile."
"Disse mister viva la lacca e le chitarre a righe scordate" 
Ecco che ricominciavano.
"Non ti picchio perche è la fottuta vigilia di Natale, e stai con Seward"
Piantatela, vi prego.
"Non potresti comunque e sai perchè? Se mi picchiassi, saresti coglione, dato che sono una ragazza. Invece se vincessi io, saresti un coglione comunque perchè saresti messo k.o. da una ragazza"
un discorso con basi profondamente logiche, devo dire. Quanto erano stupidi.
Mi nascosi il viso in una mano, cercando di annullare l'udito con pochi risultati soddisfacenti.
"Da quando sei una ragazza?"
Meglio non commentare.
"Da quando sono la migliore amica della tua donna e ogni mia parola, anche una ,vale molto di più delle tue"
Tacquero. Sperai che fosse finito il loro dialogo costruttivo,con tutta me stessa. 
"Ti prego, fa colazione" Syn le puntò il cibo con faccia rassegnata.
"Passami lo zucchero, cretino"
"Tieni troia"

Le passò un contenitore di vetro con strana cordialità, e quello mi fece illudere per mezzo secondo  su qualcosa di positivo tra i due.
Giuls immerse quasi tutto il contenuto di quell'oggetto nella sua tazza. E sputare.
"Coglione,è sale!"
Sospirai.
"Farai meglio a correre, prima che io possa prenderti e darti tante di quelle sberle che quella faccia da cazzo te la deformo."
Il ragazzo di fronte a me si alzò in piedi, avvicinandosi alla porta che l'avrebbe portato in cucina, con faccia divertita.
Cane e gatto, ecco cos’erano.
"Non ti inseguo, minchione." Affermò dopo un po' la rossa, ridacchiando e sorseggiando un po' di the dalla mia di tazza.
"Ti odio" Brian serrò gli occhi, riprendendo il suo posto.
"Buona vigilia di Natale anche te, Synyster fucking Gates"
"Troia"
"Ti amo anch’io"

 
 
Ci ritrovammo intorno al camino, tutti seduti uno accanto all’altro sul divano di Seward, un grande sofà a cinque posti rivestito di pelle chiara e fresca. Il salotto era meravigliosamente addobbato da neve finta e bellissime lucette colorate, sparse sopra il camino, sulle pareti e sui quadri; era tutto incredibilmente meraviglioso e magico.
Per fortuna Baker era riuscito ad aggiustare tutto il casino prima che se ne accorgesse Seward ( in realtà, aveva trasportato tutti i resti delle decorazioni frantumate dietro il camino, e non avrei voluto assistere al discorsone pieno zeppo di parolacce che Johnny gli avrebbe rivolto dopo essersene accorto).
Ultimamente, niente era andato storto ed era piacevole quella situazione, anche se, da pessimista quale ero, non ero riuscita a godermi tutto nel modo più completo, perché appunto impaurita dal fatto che potesse succedere qualcosa di brutto a me o soprattutto a Brian. Nonostante questo, in quella casa ci sarei rimasta tutta la vita, perché era quella la vita che avevo sempre desiderato, fin da piccola; mentre le mie compagne sognavano i castelli, io sognavo i chitarristi.
 
Syn aveva la testa poggiata sul mio ventre e mi fissava incantato, senza mai abbassare lo sguardo.
Stavamo tutti parlando del più e del meno e ridendo, perché una delle cose belle di quella strana combriccola è che non ci si annoiava mai ed io iniziavo a non poterne neanche fare a meno.
Ci stavamo rilassando dopo una giornata piena di organizzazione dei preparativi per la notte di Natale, e finalmente quella magica sera era giunta, senza fretta, avvolgendoci nell’aria di festa, e l’avremmo passata insieme, come sempre.
“Regali!” la voce squillante del batterista mi distrasse dai miei pensieri.
Sullivan, eccitato nel fissare i doni, si alzò i pantaloni perennemente a vita bassa e si gettò di peso verso l’albero di Natale, afferrando i pacchi che giacevano sotto quella meravigliosa fonte di luce e distribuendoli a tutti come un fiero assistente di Santa Claus.
Non era neanche mezza notte, era un bambino intrappolato nel corpo di un venticinquenne.
E no, io non volevo altri regali.
Ricevetti dal mio amato Jimmy un pacco enorme e una decina di piccoli pacchetti, grandi più o meno due mani; le ragazze intorno a me scartarono i doni dei loro ragazzi prima che potessi farlo io, perciò aspettai che finissero per vedere ciò che mi aveva regalato Syn.
Giuls ricevette dalla sua dolce metà un microfono, ma non un microfono qualsiasi, ma uno stile anni 50’. Tra l’altro, quello era il suo più grande desiderio, infatti non riuscirei mai a descrivervi l’espressioni che fece di fronte a quella meraviglia; mi sentivo soddisfatta dei consigli che avevo dato a Johnny. Quest’ultimo, dopo un paio di minuti,mi sorrise, felice, mostrandomi la sua gratitudine.
Beatrix,invece, si ritrovò tra le mani un basso della Schecter, ma non un basso qualsiasi, bensì un modello del tutto personalizzato per le sue esigenze; era nero e rosso, con vari schizzi di sangue di diverse dimensioni, ed era mancino, ovviamente.
Jimmy le sorrise a mille denti non appena strappò la carta e lei non si sprecò più di tanto nel dimostrare la sua felicità, ma gli stampò un dolce bacio sulle labbra.
Sanders e Allie, al contrario, non si smentirono neanche quella volta.
Matt, infatti, aveva regalato alla sua donna un gioco per l’xbox.
Incredibile, quell’uomo era incredibile.
Lui e Alisee erano praticamente dipendenti da quella piccola console, infatti la ragazza dai capelli ricci fu tutt’altro che delusa come, in realtà, tutti si aspettavano; gli si gettò tra le braccia e lo strinse a sé, emozionata, ripetendo il titolo di quel gioco come se non riuscisse a crederci.
Il regalo di Baker, però, fu il più sorprendente; uscii dalla tasca dei suoi pantaloni un piccolo pacchetto e lo porse alla sua dolce Lisa che, senza farselo ripetere due volte, lo aprì.
Conteneva un anello, un anello bellissimo, un anello romantico e allo stesso tempo fottutamente diverso dai soliti diamanti monotoni; ci lasciò tutte senza fiato, soprattutto la diretta interessata, la quale si ridusse senza parole e senza fiato. Per un momento, temetti che morisse.
Erano la coppia più dolce e su questo non ci piove.
Giuls, dopo un po’, aprì altri due regali: il mio, e uno di cui, in realtà, non sapevo la provenienza.
Il mio era la discografia completa di un gruppo che le stava parecchio a cuore, i papa roach. Le stavano tanto a cuore che appena strappò la carta che la avvolgeva, mi si gettò tra le braccia non riuscendo a smettere di ringraziarmi.
L’altro era un pacco di zucchero, che venne automaticamente lanciato contro il mio ragazzo, intento a ridacchiare sotto i baffi.
Anche Syn aprì un regalo degno di nota; un pacco di ... Emh. Un pacco di preservativi.
Ma cosa cazzo?!” chiese aggrottando le sopracciglia e studiando ciò che si ritrovò senza preavviso tra le mani.
Se devi scoparti la mia migliore amica, almeno fallo al sicuro.
Ecco a voi, Giuls, o detta anche delicatezza.
 
Rimasi solo io, come ultima, come sempre.
Il primo dono che decisi di aprire fu quello di Giuls, ovvero la discografia completa dei Metallica, che purtroppo mi mancava. Non appena me la trovai davanti, non riuscii a trattenere i sorrisi smaglianti e gli infiniti “grazie” che gli urlai contro.
Il secondo fu quello di Syn, o almeno, uno dei  tanti regali da parte sua.
Prima aprii il pacco più piccolo,che conteneva diversi accessori per la moto belli da mozzare il fiato.
Non ebbi neanche il tempo di ringraziarlo, che mi lanciò contro un altro pacco più grande, e poi un altro ancora.
Odiavo i regali che mi faceva, ma non perché non mi piacessero ma perché erano sempre tantissimi e... costosissimi.
Come non detto. Mi trovai davanti ad un amplificatore Marshall nuovo di zecca, che mi mozzò il fiato ancora più del regalo di poco prima. Non riuscii a trovare parole abbastanza perfette per l’occasione, non riuscii neanche a ringraziarlo se non con sorrisi silenziosi e baci in guancia.
Un altro pacchetto conteneva una tinta per capelli; dedussi che gli fosse stata consigliata da Giuls, perché era proprio il colore che cercavo da tempo. Strano, avevano collaborato.
Non mi ero mai sentita così felice.
 
Improvvisamente, però, mi squillò il telefono. Mi scusai agli altri per allontanarmi da loro e rispondere, con le mani tremanti.
Pronto?
Ecco, ecco. Ecco. Lo sapevo, lo sapevo. Non era pessimismo, era realismo.
Sapevo che non poteva andare tutto bene, fanculo.
“Ti ho scoperta, non potevi farcela, cara mia. Tu, tu stai tranquilla nel tuo covo d’amore con il tuo uomo, ma non hai fatto ciò che ti ho chiesto e te la troverai brutta al tuo ritorno.”Porca puttana.
“Oh, scusa, devo lasciarti, c’è mio padre. Giusto in tempo! Buon Natale.”
Una voce femminile quanto familiare mi accoltellò il petto, come sempre, e non mi diede neanche il tempo di ribattere.
E’ stato bello finchè è durato, arrivederci tranquillità.
   
 
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