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Autore: Christelle    21/02/2012    2 recensioni
Anita è una ragazza. Anita è una ragazza come tutte le altre. Anita non è una barbie: non è molto alta, ha un aspetto ordinario, una famiglia ordinaria, una vita ordinaria ... Ma qualcosa sta per cambiare. Morti inspiegabili, cittadini nel panico ... cosa sta succedendo nella nostra Milano? Chi è il responsabile? Fu così che Anita si ritrovò coinvolta in una storia più grande di lei, in un gioco sadico dove non ci sono in paio premi ma vite. Un passato sconosciuto, un presente incasinato e un futuro appeso a un filo ... ma Anita giocherà, lo farà per amore.
Genere: Generale, Romantico, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Capitolo 3: Incontri sotto la pioggia

 “Ecco … vediamo … forse così? No dai, è assurdo!”.

Stavo rimuginando da più di mezz’ora su quella espressione, il mio cervello si era letteralmente fuso e i pochi neuroni rimanenti stavano organizzando una vacanza alle Hawaii … non è normale vero?

Ma non è colpa mia! È lei che non esce!

Senza contare che io tutta questa differenza tra 24 e 28,2 non la vedo …

In questo momento quanto vorrei gettare il libro giù dal balcone … ops, in camera mia non c’è un balcone, vabbé vorrà dire che mi accontenterò della finestra.

Non fraintendetemi, a me la matematica piace, ma spesso mi fa andare fuori di testa!

Non vuole mai collaborare!

“Aspetta … qui magari era così … si … poi questo … si … SI! Finalmente ce l’ho fatta!” Esultai, mi sembrò anche di sentire gli angeli cantare l’Alleluia …

Certo che ce ne avevo messo di tempo!

“E adesso passiamo a grammatica” in poche parole: dalla padella alla brace!

Ad un tratto, un urlo ruppe quello splendido silenzio e quella meravigliosa quiete che si erano creati.

“Anita vieni! C’è Serena al telefono! Dice che è urgente!”

“Adesso arrivo mamma!” risposi.

Mi alzai molto lentamente dalla scrivania, erano quasi tre ore che ero seduta e avevo le gambe leggermente intorpidite.

In parte ero felice per quel piccolo contrattempo, sarei riuscita a rimandare i compiti di grammatica, d’altro canto però ero un po’ preoccupata per Sere: chissà cos’ha combinato …

Scesi le scale, afferrai il telefono che mia madre mi stava porgendo e risalii.

“Dimmi tutto Serena”

“Oh Any! Per fortuna ti ho trovato! Qui c’è un grande guaio! Anzi enorme! Anzi gigantesco! Extralarge! Anzi …”

“Serena vai al punto, non ho tutto il pomeriggio!” detesto quando fa così! Si comporta peggio di una bambina!

“Ti ricordi di una certa verifica … di una certa materia … affibbiataci da una certa prof … tu ricordi, vero?”

“Intendi la verifica di scienze di domani? Quella della prof Spinelli?”

“Ecco! Proprio quella! Vedi, io mi chiedevo …” non promette nulla di buono “… se tu potessi darmi una mano …”.

“Certo, dimmi cosa non hai capito”

“Beh … ecco vedi, è proprio questo il problema … stavo studiando, ma non c’è una sola cosa che abbia senso! Per esempio …”

“Sere …”

“Ok, ok lo ammetto! Non sono stata attenta e ora non ci sto capendo niente! E intendo ASSOLUTAMENTE NIENTE! … non è che potresti venire a darmi una mano?”.

“Tu sei pazza! Ormai è buio e poi sta diluviando!” ed era vero, nonostante fossero appena le cinque di pomeriggio non si vedeva più il sole: il cielo era grigio piombo e sembrava stesse venendo il diluvio universale!
“Ti prego Any … fallo per me”

Che fare? Sinceramente me ne sarei stata a casa molto volentieri: chi non l’avrebbe fatto?

Però era Serena, la mia migliore amica, lei mi ha sempre aiutato: è buona, dolce, gentile …

“Anita … ti ricordi di una certa interrogazione di storia? Dove una certa ragazza ti ha aiutato a ripassare, privandosi del suo libro, per far si che tu non prendessi quattro? Dovresti restituire il favore non pensi?”

… subdola, manipolatrice!

“Uffa … e va bene! Aspetta che chiedo a mia mamma …”

“Già fatto! E ti fermi anche a dormire da me! Quindi porta i libri per domani! A dopo!”

“No, Sere: aspetta!”

“TU, TU, TU” niente da fare: aveva riattaccato.

 

 

 

Uscita di casa mi accorsi che avevo leggermente sottovalutato le attuali condizioni meteorologiche … sarei di sicuro morta affogata nel tragitto!

Altro che ombrello! Mi serviva un salvagente!

Il cielo diventa sempre più cupo ogni minuto che passava, e, anche se pian piano la pioggia diminuiva, i tuoni non cessavano.

“Per fortuna ho ricomprato l’ombrello! Altrimenti non so come avrei fatto ad arrivare da Serena!”.

Continuai a camminare, la fermata dell’autobus non doveva essere molto lontana.

Se lo scorda quella che vado a piedi con questo tempo!

Nel tragitto intanto pensai a come spiegare a Sere il capitolo di scienze su cui avremmo svolto la verifica: è l’unica materia in cui è meno brava di me.

 

 

 

“Che bello! Ormai manca poco!” la fermata si trovava nel centro di una via a un isolato circa dalla mia casa. Era abbastanza lunga, con molte case, in gran parte condomini, e senza vie trasversali.

Ero quasi arrivata, quando, senza neanche accorgermene, mi fermai improvvisamente: appoggiato al lampione di fianco alla fermata, ormai acceso visto che il sole stava per tramontare, c’era uno strano ragazzo.

Alto, sarà stato circa una spanna e mezza più di me … anche due forse.

Era vestito totalmente di nero: felpa, maglia, jeans e scarpe … tutti neri!

Si era tirato su il cappuccio, ma si potevano ugualmente distinguere i capelli corvini che gli ricadevano sugli occhi.

Era appoggiato al lampione con fare menefreghista, lo sguardo rivolto a terra, intento a fissare chissà che cosa.

Soltanto in quel momento mi accorsi che non aveva l’ombrello.

“Devi stare attento, così ti ammalerai!” dissi con un tono scherzoso, anche se ero un po’ preoccupata.

Per tutta risposta alzò lo sguardo: aveva gli occhi azzurri, ma talmente azzurri che sembravano fatti di ghiaccio.

Un brivido mi attraversò la schiena.

“ … A te che importa …” rispose con un tono brusco e leggermente svogliato.

Mi offesi non poco.

“Bhe, scusa tanto se non volevo che ti prendessi qualcosa! Non l’hai notato che sta piovendo a dirotto?!”

“E chi saresti tu? Mia madre? Neanche ti conosco …”

Colpita e affondata.

Perché mi stavo preoccupando per uno sconosciuto?

Non lo so nemmeno io … ma c’era qualcosa di strano in lui, sembrava così malinconico …

Mi faceva tenerezza.

Consapevole di aver fatto un’enorme figuraccia, abbassai lo sguardo imbarazzata, cercando di evitare i suoi occhi, mi soffermai però su un particolare interessante: davanti alla fermata si era formata una grande pozzanghera, il che implicava due cose gravissime:

1-    Mi sarei bagnata le scarpe nuove

2-    Mi avrebbe comunque visto nel riflesso

… ma non fu così … (solo per il secondo punto, le scarpe me le bagnai eccome!)

La pozzanghera rifletteva tutto … tranne lui: il lampione, la panchina, le lattine abbandonate probabilmente da dei ragazzi di passaggio … ma lui no.

Mi stropicciai gli occhi: dovevo avere la vista annebbiata, l’ho sempre detto che troppo studio fa male!

Poco dopo sentii una voce.

“Ehi tutto bene?” aprii gli occhi e mi trovai il viso di quel ragazzo a non più di 10 cm dal mio.

“Non ti sarai mica arrabbiata?” domandò

“A te che importa?!” risposi cercando di imitare il suo precedente tono

“Non essere cosi scontrosa con me, volevo solo …” improvvisamente, senza che io potessi replicare, mi prese il mento con due dita e lo sollevò leggermente fissandomi negli occhi.

“ … sapere come stavi …”.

Arrossii di botto, nonostante ciò riuscii a ritrovare il mio normale autocontrollo e mi allontanai da lui.

“Bene, grazie”

Fece spallucce.

“Se lo dici tu”

Tornò così al suo posto ed io mi sedetti il più lontano possibile da lui, quel tipo mi faceva uno strano effetto.

Per fortuna poco dopo arrivò l’autobus, ringraziai mentalmente il Signore per questo.

Mi alzai, stavo per salire quando …

“Ehi” mi voltai.

“Si?”

“Il mio nome è Alexander, ma gli amici mi chiamano Alex, tu?”

“Perché dovrei dirtelo?”

“Perché io mi sono presentato, è buona educazione che lo faccia anche tu piccoletta”

“NON MI CHIAMARE PICCOLETTA!”

“Va bene, va bene. Adesso calmati ok?”

“… Comunque mi chiamo Anita …”

“Bene: arrivederci allora! Spero di rivederti presto … Anita” disse, rivolgendomi un sorriso malizioso.

Mi voltai immediatamente per non avvampare di nuovo.

“Signorina vuole salire o no?” l’autista sembrava avere fretta

“Oh si arrivo”.

Salendo sull’autobus notai che era deserto “Dove la porto?” “In via Garibaldi”*, andai a sedermi in fondo, non riuscendo a trattenermi mi voltai cercando di incrociare un paio di splendidi occhi celesti, ma non c’erano … e nemmeno lui c’era.

Non avevo la minima idea di come avesse fatto, ma era sparito.

 

Di lui nessuna traccia.

 

 

 

 

 

Nda: Ciao a tutti :). Prima di tutto mi scuso per il ritardo, il mio computer si è quasi suicidato, e vi avviso che, causa scuola, aggiornerò con tempi un po' più lunghi (tra poco ricominceranno le interrogazioni di matematica :S) ... Che ne pensate del capitolo? Questo sarà l'ultimo "normale", dal quarto ma soprattutto dal quinto il lato vampiresco comincerà a mostrarsi...abbiate ancora un po' di pazienza care :D ... Bhe che dirvi, il solito: recensite, recensite, recensite!

Attendo con ansia i vostri pareri!

Christelle*

P.S perdonate eventuali errori grammaticali e segnalatemeli: non mi sento molto bene ed è probabile che mi sia sfuggito qualcosa, ma soprattutto non volevo farvi aspettare troppo.

  
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