3- Non ti dirò nulla
-Che cosa?! Ho capito bene? Hai raccontato la
verità, parola per parola?!-
Kanon guardò incredulo Shareen, in piedi
davanti a lui. Lei, incurante, si strinse nelle spalle, guardandosi indietro per
assicurarsi che nessuno li ascoltasse.
Si chinò appena su di lui e sibilò.
-Avrei dovuto mentire? Ho raccontato ad
Athena cosa è successo, pregandola di non farne parola con nessuno se non fosse
strettamente necessario. Perché vuoi tenere nascosto
il fatto che ti trovi in pericolo, Kanon? Io
posso aiutarti. È per questo che sono qui-
lui sbuffò, non del tutto convinto.
Inclinò il capo da un lato, rimuginando su
qualcosa, dando solo dopo alcuni secondi di silenzio voce al suo pensiero.
-Dove credi di dormire? Questo non è un albergo-
-Questa casa ha doppie stanze, hai detto. Non
vedo il problema-
-IO invece si- disse lui secco –si chiama
Saga. Mio fratello occupa la stanza doppia. Mi dispiace, cara-
-Non mi avevi detto di avere un fratello-
-Ha rilevanza?-
Shareen sostenne il suo sguardo finché lui
non sospirò, scuotendo la testa.
La ragazza passò una mano sul copriletto
bianco, sedendosi accanto a Kanon; sembrava stesse valutando la situazione.
-Bè, questo è un letto a due piazze. Mi farà anche comodo, così potrò
tenerti d’occhio. Buon pomeriggio, Kanon. Ci vediamo stasera-
-Hei, aspetta! Cosa vuol dire…?-
lui
cercò di afferrarla per un braccio, ma Shareen sgattaiolò via e uscì senza dire
una parola.
Gemini scosse la testa alzando gli occhi al
cielo, e stava per alzarsi quando una voce inconfondibile lo inchiodò sul
posto.
-Carino quel ciondolo-
Kanon si voltò a guardare il fratello con
aria di sufficienza: Saga, appoggiato allo stipite, con le braccia conserte e
le ginocchia accavallate, lo guardava con interesse distaccato.
Si staccò dalla porta ed avanzò di qualche
passo nella stanza, fermandosi poco distante da lui.
-Posso sapere perché mio fratello di punto in
bianco indossa gioielli da donna?-
-Non ti ci mettere anche tu, Saga…-
-Hanno detto che Poseidone ha intenzione di
attaccare di nuovo…- iniziò il gemello senza
ascoltarlo. Gli pianto lo sguardo addosso e chiese –non è che tu c’entri
qualcosa?-
Kanon deglutì –I-io…?
Che assurdità!-
-Già… assurdo, vero? Me lo auguro caldamente-
-Sei passato di qua solo per sapere questo?-
Gli chiese Kanon cercando di cambiare
argomento.
Non voleva assolutamente che suo fratello
scoprisse la verità, né tantomeno che si insospettisse.
Gli avrebbe rimproverato per l’ennesima volta
il suo comportamento, il suo andare a cercare guai senza un attimo di tregua.
“Mi
spiace, Saga. stavolta non ti dirò una sola parola. Non voglio che tu sappia
nulla, stavolta. Me la caverò da solo, senza bisogno di nessuno…
men che meno di te”
Dopo avergli lanciato un’ultima occhiata
furtiva, Saga si allontanò, indugiando sulla porta quel tanto che bastava per
far credere a Kanon che sarebbe tornato indietro intimandogli
di sputare il rospo, senza tanti complimenti.
Quando finalmente il fratello uscì dalla
stanza, Kanon guardò con stizza il ciondolo che gli pendeva sul petto come se
fosse il responsabile di tutti i suoi problemi.
Con un gesto brusco, se lo sfilò e lo scaglio
sul cuscino, alzandosi contemporaneamente, deciso a fare una doccia per lavare
via il sale che gli era rimasto attaccato alla pelle ed i capelli.
Mentre offriva il viso al getto freddo della
doccia, pensò per la centesima volta quanto fosse assurda quella situazione.
Che motivo aveva Poseidone di rinascere?
Era passato troppo tempo, dalla sua
sconfitta. Forse era una tattica, far credere a tutti di essere stato abbattuto
per poi ripresentarsi all’improvviso.
Si scostò una ciocca bagnata dal viso e
chiuse di scatto l’acqua.
Qualcosa strisciava su per la sua gamba,
qualcosa di freddo, umido, che arrivò alla coscia senza accennare a fermarsi.
“E
ora cosa diavolo…?”
Abbassò lo sguardo, infastidito, e credette
di avere le allucinazioni: il suo corpo era quasi interamente ricoperto
d’acqua, che avanzava lentamente, su per il torace, ricopriva i polsi, le mani,
pigramente ma inesorabilmente.
Cercò di scrollarsela di sopra, ma qualunque
cosa facesse la superficie compatta si ricomponeva in poco tempo.
“Kanon…”
-Dannazione a te, Poseidone!-
Kanon!
Era un’altra voce, quella che aveva sentito
la seconda volta.
Una voce femminile, che lo chiamava senza
sosta, affannata, forse addirittura impaurita.
Nel momento in cui la patina d’acqua gli
avvolse il collo, Shareen fece il suo ingresso nella sala, aprendo di scatto la
porta; nello stesso istante, l’acqua accumulata su quasi tutto il corpo
del Saint cadde producendo un secco splash!.
Shareen si ritrasse, sorpresa ed imbarazzata,
vedendolo gocciolante senza nulla a fare da barriera tra i suoi occhi ed il
corpo.
Si voltò portandosi le mani davanti agli
occhi, sentendosi battere il cuore a mille, mentre Kanon si riprendeva a sua
volta e cercava affannosamente un asciugamano; legò le due estremità ai fianchi
alla meno peggio e sbottò, rivoltò a lei.
-Si può sapere cosa cavolo fai?!-
-N-non ho visto nulla!- si difese lei, voltandosi appena,
sbirciando dallo spazio tra due dita. Cercò di ricomporsi –Ecco…
ti cercavo perché avevo paura che facessi qualche…
azione avventata. Sai, ormai ho imparato a conoscerti-
Kanon deglutì, sentendosi messo con le spalle
al muro.
-Ad esempio…?-
-Bè… fare la doccia senza questo addosso-
Shareen aprì il palmo della mano, e la pietra
azzurra brillò alla luce del sole che penetrava dalla finestra.
Si avvicinò a lui e fece passare il sottile
laccio d’oro lungo il collo leggermente piegato del Saint, alzando lo sguardo
su di lui, per un lungo istante.
-Kanon, l’acqua è il tuo nemico peggiore in queste circostanze-
-Lo so. Scusa, va bene? Giuro che non andrò
più in giro senza questo dannato ciondolo! Posso vestirmi, adesso?-
Shareen annuì e si fece da parte per farlo
passare, restando prudentemente nella stanza finché lui non gli diede una voce
di poter uscire.
Si avvicinò al letto con le mani incrociate
dietro la schiena, circospetta, sedendosi accanto a lui.
Aspettò un po’ di tempo prima di parlare,
aspettando che lui si rilassasse prima di iniziare la conversazione.
-Kanon… tu non mi hai detto tutto, vero?-
Lui emise uno sbuffo –Non so di cosa stai
parlando-
-Io credo che tu lo sappia…
mi riferisco a Lui. È successo
qualcosa prima di questo, non è vero?-
Kanon scattò a sedere, un’espressione
colpevole stampata sul volto, eppure non disse nulla; cercò di dissimulare il
disagio abbassando lo sguardo sul ciondolo, in modo che i capelli gli
ricadessero davanti al viso.
Le mani di Shareen lo spinsero dolcemente
facendolo tornare alla posizione originale, disteso accanto a lei; lei cominciò
con dei leggeri massaggi alla base del collo, sentendo i muscoli del Saint
liberarsi dalla tensione.
-Non funziona, Shareen…-
La avvertì lui senza però sottrarsi;
ignorandolo, lei risalì lentamente il collo.
Kanon avvertì qualcosa che non andava, come
un sesto senso che gli diceva di fermarla. Un attimo troppo tardi.
Non appena le dita della principessa gli si
poggiarono sulle tempie, ebbe di nuovo il flashback di lui rinchiuso a Sounion, la sala del trono del palazzo di Poseidone…
Dovette impiegare tutta la sua forza di
volontà per sottrarsi alle mani di Shareen; si ritrovò seduto all’altro capo
del letto, con il fiato corto, guardandola con espressione ferita ed al
contempo vendicativa.
-Shareen!-
-Ho dovuto farlo-
Replicò lei, pacata. Gli si avvicinò per la prima
volta con fare amichevole.
-Era questo che ti pesava? Non sono qui per
giudicarti, Kanon… io…
voglio solo aiutarti-
-Senti, non ne voglio parlare, va bene?-
disse lui distogliendo lo sguardo.
Shareen si alzò, allontanandosi.
Si avvicinò alla porta e prima di uscire lo
guardò con un sorriso stranamente dolce.
-Non ti forzerò, se è quello che vuoi… ma sappi che con me puoi parlare. Qualsiasi cosa,
qualsiasi dubbio…-
*
Il primo incontro tra Saga e Shareen avvenne
quello stesso pomeriggio. Prima di allora, infatti, i due non si erano mai
incontrati direttamente, ma avevano solo sentito parlare l’uno dell’altra
attraverso Kanon; ovviamente, a modo suo.
Così quando Saga, perso nei suoi pensieri, quasi
la travolse, per prima cosa la principessa lanciò un occhiata al petto del
Cavaliere fermamente convinta che Kanon fosse finalmente uscito dalla sua
camera.
-Gemini! Maledizione a te ed a tutta la tua
discendenza! Ti ho detto che non devi togliere per nessun motivo al mondo il
ciondolo!-
Saga la guardò perplesso, sorpreso
dall’assalto improvviso.
-Quale ciondolo? Cosa stai dicendo?-
-Non fare il finto tonto! Il ciondolo che
serve a contrastare l’aura di Posei-…?-
In quel momento la principessa ricordò
vagamente che Kanon aveva accennato di avere un fratello.
E se quello davanti a lui non sapeva nulla, o
Kanon le stava giocando uno scherzo di pessimo gusto, oppure…
Shareen cercò di ricordarne il nome.
-Ah-ahem… Saga…?-
-Cosa stavi dicendo su Poseidone,
principessa? Allora avevo ragione io, Kanon come al solito si è messo in
qualche casino ed ha deciso di fare di testa sua! Quello prima o poi si farà
ammazzare, stanne certa-
Saga appoggiò la mano sulla maniglia, aprì la
porta con un gesto deciso ed entrò furente nella camera del gemello,
afferrandolo per le spalle e costringendolo a guardarlo in faccia.
-Cosa – hai – combinato?-
Gli chiese scandendo le parole.
Kanon guardò Shareen con espressione
assassina ma Saga prese le sue difese.
-Lei non c’entra. Cosa è successo, Kanon?
Perché devi nascondermi tutto? Non ti fidi di tuo fratello? Credi che non sia
capace di aiutarti?-
Kanon si ostinò a non rispondere, guardando
fisso il fratello.
Provava una specie di repulsione anche solo
ad aprire bocca. Non per Saga. Non voleva rendere pubblico quello che gli stava
succedendo; già bastava Shareen a fargli la predica, non aveva alcuna
intenzione di andare a piangere dal fratello; avrebbe sconfitto Poseidone da
solo.
Avrebbe fatt0o vedere ad entrambi che era
capacissimo di cavarsela senza stupidi ciondoli o gemelli super ansiosi.
Ma l’altra parte di lui, sentiva un bisogno
disperato di confidarsi con qualcuno.
Fosse Shareen, fosse Saga.
Persino Saga.
Il fratello gli lasciò le spalle ed uscì
dalla stanza a testa bassa.
“Vorrei dirtelo, Saga…
ma so benissimo che non servirebbe ad altro che a farti preoccupare ancora di
più. È un tuo difetto… ti addossi i problemi degli altri,
e ne soffri...”
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