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Autore: Hiraedd    22/02/2012    13 recensioni
James Potter, è esattamente come chiunque non abbia gli occhi rivestiti di prosciutto e i capelli rossi (qualunque riferimento a persone realmente esistenti è pienamente voluto) può osservare ogni giorno… simpatico, sempre pronto a far ridere gli altri, generoso, darebbe la vita per i suoi amici e per quelli più deboli.
Peter Minus, beh, è Minus. Facendo coppia con lui nell’aula di Trasfigurazione ho imparato a conoscerlo meglio. Sempre in seconda fila, senza essere visto, sembrerebbe più una pedina che un giocatore. In realtà, mi sono accorta, è un giocatore tanto quanto gli altri.
Sirius Black... Sirius definisce tutti i confini. Gira per il mondo con scritto in fronte “QUI FINISCONO I BLACK E COMINCIO IO”.
Remus Lupin è la mente diabolica del gruppo. È il classico esempio di persona che tira la pietra e nasconde la mano, non per codardia, ma per quieto vivere. O meglio, fa tirare la pietra agli altri, decisamente, e si mantiene la sua reputazione da Prefetto e bravo ragazzo. Tutto quello che ci mette, è il cervello. Decisamente un personaggio degno di stima, un idolo (Dai pensieri di Marlene McKinnon)
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mary MacDonald, Peter Minus, Remus Lupin | Coppie: James/Lily, Sirius Black/Marlene McKinnon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'oltre il fuoco comincia l'amore'
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NOTE:
so benissimo di essere imperdonabile, come so che il capitolo che segue non è quello che vorreste leggere, per il semplice motivo che non è quello che avrei voluto scrivere.
Ultimamente ho troppo caos intorno e un blocco dello scrittore che nemmeno immaginate, questo è il massimo che sono riuscita a tirare fuori -il che è dire tanto-.
Prometto solennemente, visto che ho già alcune idee per il prossimo capitolo, di pubblicare entro domenica!
E vi rassicuro dicendo che non ho alcuna intenzione di lasciare le mie ff incompiute, assolutamente. Pubblico coi miei tempi, forse, ma pubblico.
Confidate mentre io schivo tutte le vostre maledizioni!
Buona lettura,
giuro che pubblico presto perchè questo è un po' corto,
Hir
 
 
LILY
JAMES
MARLENE
SIRIUS
REMUS
EMMELINE
PETER
FRANK
ALICE
MARY
REGULUS 
RABASTAN
CORRISPONDENZA


 
Mi guardo attorno un po’ spaesato, il braccio ancora stretto nella morsa ferrea della Evans. 
Sul serio, questa ragazza ha una presa da Boa Constrictor. Incredibile che James sia ancora vivo.
-Black, che posto mai sarebbe questo?- mi chiede scettica guardandosi attorno.
In effetti non posso darle tutti i torti: il vicolo in cui ci troviamo è scuro e piuttosto sporco, isolato e decisamente stretto. Nell’insieme, è piuttosto malridotto.
Proprio da Zio Alphard, a mia madre si rivolteranno le budella non appena capirà di dover mettere un piede in questa fogna.
-non conosco molto della tua famiglia- riprende la Evans continuando a scrutare l’aspetto degradato del luogo –ma non mi immaginavo frequentasse posti del genere-.
Sorrido appena, sommamente divertito dall’espressione di educato disgusto che arriccia il volto di Lily.
-diciamo che Zio Alphard era un po’ particolare, come persona-.
-sai, Black, un’antenata che cerca di promuovere la caccia ai babbani, una che taglia le teste agli elfi domestici quando finiscono la loro carriera, uno che è il peggior preside che Hogwarts ricordi e una che si diverte ad incendiare il proprio albero genealogico al solo scopo di cancellare la parte normale della famiglia…- terminò di contare mostrandomi un sorriso e quattro dita tese –inizio a temere i casi particolari, quando si parla della tua famiglia-.
Scoppio a ridere divertito, indicandole la porta sgangherata a poco più di una decina di metri da noi.
-beh, se la metti così non posso proprio darti torto. Zio Alphard era normale, più o meno… almeno a quanto io ricordi- le racconto, dicendomi che forse non è stata tutta sta brillante idea quella di informarla un po’ sul conto dei Black, quando ha accettato di accompagnarmi –non l’ho mai visto molto, stava sempre via. Era il fratello di Walburga, ma non si sopportavano un granché, e credo sia per questo che veniva a casa nostra molto di rado. In genere, quando arrivava, ci portava qualche regalo particolare, per questo era il mio parente preferito e…-
-Sirius!-.
Una voce delicata ma entusiasta mi costringe a voltarmi verso l’ingresso del vicolo e, di conseguenza, una volta realizzata la figura slanciata che mi trovo davanti, a scoppiare in una risata divertita. 
-Meda! Per Merlino, Zio Al ha proprio giocato sporco questa volta, se ha costretto Walburga e Cygnus a chiamare anche…-
Ouf.
Sono costretto a ripiegarmi su me stesso quando una specie di fungo dai capelli corti e verdi mi raggiunge con una testata, artigliandomi le gambe in una morsa che dovrebbe sapere di abbraccio affettuoso.
-Merlino, questa qui non ha certo preso l’eleganza dai Black, si muove con la grazia di un drago con la spruzzolosi- mormoro divertito con voce soffocata dal momentaneo dolore. Mi rialzo, attento a tenere la piccola marmocchia quanto più distante le mie braccia riescano a fare –Evans, ti presento ufficialmente quell’unico pezzo di famiglia decente che mi resta. Andromeda Tonks e sua figlia Ninfadora-.
La Evans sorride rivolta alla mia cuginetta, che ricambia il sorriso con una smorfia appena accentuata.
-voi vi sposate?- chiede poi con quella schiettezza tipica dei bambini, che Merlino solo sa come fanno a tirare fuori nei momenti più impensabili. Sembra un po’ un uscita tipica di Mac.
La Evans, impettita, rivolge a Dora uno sguardo dapprima scioccato, poi appena meno sbalordito. Alla fine, scoccandomi un’occhiata irritata e facendo un passo indietro come a confermare che, no, io e lei non ci sposeremmo nemmeno ubriachi, scuote la testa.
-assolutamente no, te lo posso garantire- le risponde alla fine chinandosi per portarsi alla stessa altezza di mia cugina, per poterla guardare negli occhi con facilità. Con un sorriso, poi, sfodera il mignolo destro porgendolo alla bambina –prometto-.
Dora, con un sorriso sfacciato, afferra con il proprio il dito teso di Lily.
-bene, perché quando sono grande mi sposa a me, Sius- le comunica solenne, annuendo convinta –vero, Sius?-.
-assolutamente si, Dora- rispondo ricambiando il sorriso e prendendola in braccio con un gemito soffocato –stiamo crescendo, vedo. Sentimi un po’, le mangi le verdure buone che ti fa la mamma? Perché sennò io mica ti sposo-.
 
*
 
La signora Tonks mi rivolge un sorriso gentile come di scuse indicando la figlia, poi ci fa cenno verso la porta per indicarci di entrare.
È incredibile quanto assomigli a Bellatrix Black. A quanto ho capito, deve essere la sorella. Ha la stessa altera bellezza, ingentilita però da tratti dolci e morbidi che su quella strega di Bellatrix stonerebbero troppo. Ha le labbra più piene, noto, i capelli lievemente più chiari e gli occhi più grandi e dolci, similissimi a quelli della figlia.
La bambina è adorabile, anche se a quanto da a vedere sembrerebbe essere un terremoto personificato. 
-sai, Black, non credevo che avrei mai detto una cosa del genere rivolta a te…- lo rassicuro scuotendo la testa –ma ci sai fare con i bambini-.
-certo, mi sono allenato- mi conferma con un sorrisetto derisorio –sennò chi è che vizierà i piccoli Potter, quando tu e James metterete al mondo una piccola squadra di quidditch?-.
Incapace di trattenermi, scoppio in un colpo di tosse che mi evita l’imbarazzo del silenzio.
-una squadra di quidditch?- chiedo delucidazioni interessata.
-ne preferisci una di gobbiglie? Non che io abbia pregiudizi, Evans, ma i giocatori di gobbiglie me li immagino tutti con la schiena piegata, occhialuti e con la pancia-.
Faccio in tempo solo a inarcare le sopracciglia, interdetta, poi mi accorgo che la stanza in cui ci troviamo adesso è già ingombra di gente. Sulla destra, appena oltre la porta, una donna dall’aria severa, i capelli neri e le labbra tirate accompagna il Regulus Black dall’aria rigida che siamo abituati a vedergli a scuola. Vicino a lei, Bellatrix Black e la sua espressione a metà tra lo sprezzo e la follia affianca una ragazza alta, con folti capelli biondissimi, che ricordo di aver già visto a Hogwarts, probabilmente qualche anno fa.  Narcissa, che deve essere la sorella di Andromeda e Bellatrix, è accompagnata da un ragazzo alto che ricordo di aver visto più volte a scuola, era prefetto serpeverde al nostro primo anno. Dietro di loro, impettiti e rigidi esattamente come Walburga, stanno una donna dai capelli biondi quanto quelli della sua secondogenita e un uomo dall’aria importante, l’espressione colma di tronfio disgusto.
Vista tutta insieme, la famiglia Black impressiona. Sembra essere un gruppo scultoreo, le espressioni cesellate con incredibile capacità su volti marmorei e sprezzanti. C’è ogni colore, dai capelli biondi platino di Druella Rosier a quelli scuri come ali di corvo di Walburga, dagli occhi grigi di Regulus –così simili a quelli del fratello tanto odiato- a quelli neri di Bellatrix, che a loro volta sembrano una copia con contrasto di quelli della sorella. 
E in mezzo alla sala, come una creatura quasi ultraterrena, tra il lato dei Black –e annessi- giusti e quello di quelli ripudiati e sfrattati, c’è la meravigliosa nota di colore data dai capelli di un verde cangiante di Ninfadora, che si guarda attorno un po’ intimorita e un po’ curiosa.
La stanza è rettangolare, più lunga che larga, e al lato opposto rispetto a quella dalla porta dall’aria malconcia noto una scrivania di robusto legno di quercia dall’aria piuttosto spartana. Seduto alla scrivania, un folletto dall’aria puntigliosa e sgradevole fissa alcune carte che tiene tra le dita come volesse estirparne ogni parola. Dall’esterno, dall’aspetto dimesso del vicolo e da quello decisamente poco rassicurante dell’ingresso l’ufficio si direbbe un posto decadente. All’interno, sebbene non sfarzosa, la sala mantiene un’aura di intatta dignità che incute, se non timore, per lo meno una qualche forma di rispetto.
-bene, adesso che siamo tutti presenti…- dichiara con voce roca ma piuttosto acuta il folletto –possiamo iniziare con la lettura del testamento di Alphard Arcturus Black, deceduto il giorno 21 dicembre 1977 all’età di quarantasette anni. il defunto, privo di moglie in vita e figli legittimi, ha nominato nel suo testamento i signori Regulus e Sirius Black, le signore Narcissa Black in Malfoy e Andromeda Black in Tonks e la signorina Bellatrix Black. Passo a leggere le ultime volontà del defunto-.
Vedo Walburga Black farsi attenta, gli occhi ridotti a due fessure sottili, e stringere con una mano la spalla del figlio prediletto. Più che stringerla, pare la stia artigliando.
Sirius sembra non notare il gesto, gli occhi puntati attentamente alla scrivania. 
Quando mi ha chiesto di accompagnarlo, non ho ben capito ancora adesso il perché, mi sono sentita in dovere di assecondare la sua richiesta. È strana, questa mia empatia con Black: è come se cercassi di ritrovare in lui un po’ di me, perché rivedo nello sprezzo che suo fratello nutre nei suoi confronti un po’ dell’odio che anima mia sorella, e mi servo della sua forza per non sentir svanire la mia. 
E poi, è sorprendente quanto Sirius riesca a soffrire senza nemmeno farlo notare. Anche adesso, sembra completamente rilassato in questa sua posa strafottente, con le braccia incrociate al petto e lo sguardo puntato sul notaio. Solo i pugni nascosti mostrano, o forse nascondono, la vera rigidità che il sorriso sghembo è volto a smentire.
-io, Alphard Arcturus, lascio ad ognuno dei miei nipoti una lettera vergata di mio pugno. In ognuna di queste lettere, spiego le mie decisioni sui lasciti che ho intenzione di fare. Le lettere sono incantate, si mostrano solo al destinatario: in quest’ultima categoria, non sono compresi né mia sorella Walburga Berenice né mio fratello Cygnus Phineas-.
Il notaio si interrompe un solo attimo per prendere cinque buste tra le mani e disporle sul tavolo più o meno ordinatamente.
-a Narcissa lascio la mia collezione di pennelli e colori ad olio, memore della sua passione per la pittura, e la mia collezione di quadri, sorvegliati nella camera 302 della banca dei maghi Gringott. A Bellatrix lascio gli spartiti manoscritti contenuti nella stessa camera blindata, e il mio pianoforte a coda perché possa continuare a godere della musica che suona. A Regulus Arcturus lascio la mia collezione di armi magiche antiche, collezione conservata per intero nella camera blindata citata sopra. Ad Andromeda lascio la mia casa nel Wiltshire oltre al cottage vicino Edimburgo, protetti dall’incanto Fidelius. A Sirius lascio tutta la mia eredità pecuniaria contenuta nella camera blindata 746 della Banca dei maghi Gringott, nella camera blindata 003 della Banca Internazionale dei maghi Sassoni e nella camera blindata 209 della Banca Illustre di Cipango, confidando che lo aiuti nell’immediato futuro-.
Delle precedenti parole, lette con tono veloce e sbrigativo, ho capito solo questo:
Sirius Orion Black, da membro ripudiato di una famiglia illustrissima -e quindi accolto sotto il tetto di una lontana parente che ormai per lui vale più di una madre- è diventato un ricchissimo ereditiero.
 
*
 
La parte migliore delle visite di Zio Alphard era sempre il regalo con cui ci salutava appena arrivato.
Il resto della mia famiglia compra il proprio regalo in modo che sia il più bello, il più costoso e lussuoso di tutti: è sempre stata una specie di gara, nella mia famiglia. 
Non che questo mi facesse schifo, da piccolo. Mi piacevano i regali in generale, quelli lussuosi ancora di più.
Eppure i regali di Zio Alphard avevano un fascino tutto loro: i carboncini di diversa morbidezza che portava a Narcissa, i ricettari di dolci esotici per Andromeda, gli spartiti di ballate tradizionali che aveva sempre per Bella, l'immancabile coltellino di qualche antica tribù che regalava a Regulus... e per me, puntualmente di nascosto da mia madre, i modellini babbani di motociclette e moto varie, con cui mi divertivo a giocare durante le punizioni eterne che Walburga mi assegnava per "temprare la mia fibra Black".
La posso vedere, adesso, impettita e rigida, con le spalle dritte rivolte al muro e lo sguardo -e che sguardo- incendiato da una rabbia folle per le ultime parole del folletto.
-quel... bastardo lurido traditore del suo sangue- esclama alla fine sdegnata rivolgendosi al folletto, l'indice accusatore puntato eloquentemente verso la pergamena -come ha potuto, carne della carne dei Black, come ha osato... ma non può! Non può assolutamente farlo, mi oppongo. L'eredità di cui parla è divisa in parti uguali anche tra me e Cygnus e...!-.
Vedo il folletto guardarsi attorno sulla scrivania, lanciando occhiate spazientite ai cumili di carta. Alla fine, artigliando con lunghe dita la pergamena in questione, la fissa per qualche secondo.
-i controlli eseguiti hanno confermato l'appartenenza al Signor Alphard Arcturus Black delle camere 746, 003 e 209. Per quanto riguarda la camera 302, appartiene in pari misura al Signor Alphard Arcturus Black, al Signor Cygnus Phineas Black e alla signora Walburga Berenice Black in Black. Gli oggetti nominati dal signor Alphard Arcturus Black, in particolare i colori da disegno, i pennelli, la collezione di quadri, la collezione di spartiti e quella di armi antiche, appartengono anch'essi al signor Alphard Arcturus Black. Questi controlli sono certificati dal Dipartimento Controllo delle eredità pericolose e dei Testamenti del Ministero della Magia Inglese-.
 
*
 
La prima ad andarsene, neanche a dirlo, è Walburga Black. 
Dapprima scioccata, poi piano piano sempre più sclerata, ha alzato i tacchi lasciando la sala con la bacchetta in pugno e urla tonanti a seguirla nel fruscio del mantello nero.
Alla fine, mantello dopo mantello, espressione di sprezzo dopo espressione di sprezzo, se ne sono andati tutti. 
Regulus dietro a sua madre, lo sguardo un po' basso e un po' alto come chi non ha ancora deciso che strada seguire, il ragazzo alto e biondo, Lucius Malfoy, preceduto dal suo bastone da passeggio con la testa di un serpente e seguito dalla moglie e dalla cognata. Narcissa e Bellatrix, due bellezze quasi ultraterrene, la prima chiara e la seconda scura, gli sguardi sprezzanti puntati sulla sorella ormai perduta, ripudiata da loro stesse, e su quello che, ai loro occhi, deve essere l'abominio personificato, la mistura di un sangue puro come il loro al fango più infimo.
Druella Rosier e il suo sguardo saccente, puntato sulla porta come se non avesse una figlia e una nipote in quella stessa stanza. Cygnus Black, ancora intento a salmodiare maledizioni verso il fratello morto.
Sembra quasi che il gruppo di statue che prima avevo intravisto contro il muro della sala si sia animato dando vita allo settacolo più scadente di un varietà di second'ordine. 
 
*
 
-Black... credo sia ora di andare- mi richiama gentilmente la Evans, una mano sulla spalla per... confortarmi?
Non so bene cosa mi abbia spinto a chiederlo alla Evans.
Potevo chiedere a James di accompagnarmi: si sarebbe divertito a insultare mia madre nemmeno troppo velatamente e a lodare il mio defunto zio per l'abile mossa nel lasciarmi tutto quell'oro.
Potevo chiederlo a Lène. Lei, a me, lo aveva chiesto. Forse glielo dovevo anche. Ma le avrebbe fatto male, rivedere Reg, rivedere mia madre.
E Remus? Rem mi avrebbe accompagnato volentieri, abbastanza calmo e posato per non inveire contro mia madre e abbastanza ditaccato da non soffrire.
Forse anche a Peter, spalla onesta un po' vigliacca, ma pur sempre leale.
No, ho chiesto alla Evans.
In realtà, non l'avevo programmato. Era successo davanti alla sua camera, lei usciva, io passavo per entrare nella mia, e l'avevo incrociata.
 
Flasback- 1 gennaio 1978 ore 21.35
 
Incrociare la Evans per i corridoi di Casa Potter ha ancora un che di strano. 
Ogni volta che la vedo mi pare quasi di risentire quei "Speraci, Potter!" o "Sparisci, ho già un appuntamento con un maride, mi dispiace" che seguivano sempre gli inviti di James negli anni passati. Erano quasi una cantilena, ormai, e c'era chi -io ovviamente no!- passava le proprie colazioni a scommettere con i compagni di casa su quale sarebbe stata la risposta del giorno a James Potter. La più gettonata, neanche a dirlo, era "preferisco la piovra gigante".
Quella che ho scoperto in questi giorni è una Evans molto diversa. Potrei quasi arrivare a chiamarla Lily... quasi, però!
Quando la vedo uscire dalla stanza, con i capelli in disordine e un decisamente buffo pigiama a fiorellini rossi e neri in campo bianco, non posso non scoppiare a ridere, pensando alla tipica ragazza che siamo tutti abituati a vedere a Hogwarts, linda e in perfetto ordine nella sua tenuta da Caposcuola.
Inizio a vedere di cosa può essersi innamorato James, soprattutto quando vedo il suo viso, dapprima corrucciato poi sempre più sorpreso, illuminarsi alla luce di una risata inconsapevole e un po' sbalordita... penso non sappia neanche perchè sto ridendo.
Le faccio cenno di lasciar perdere e la saluto con l'intenzione di andarmene a dormire, stanotte fra tutti non abbiamo riposato molto e prevedo che domani sarà una giornata piuttosto... lunga e faticosa.
-Sirius, tu come...-
La Evans che si azzarda per prima a parlare con me merita da se un segno sul calendario, ma la Evans che mi chiama addirittura per nome in tono così serio merita proprio che io mi fermi ad ascoltarla!
Mi blocco, quindi, sui due piedi, voltandomi lentamente. Guardandola in viso mi accorgo di quanto sia stupita lei stessa della sua serietà, e un po' imbarazzata. Eppure ricordo che non è la prima volta in cui ci troviamo a parlare seriamente di ciò che ci sta più a cuore: c'è stata la sera nel nostro dormitorio, e quella in infermeria mi ha rivelato i suoi sospetti -a quanto pare fondati- su Rabastan Lestrange.
-si?- mi limito quindi ad aspettare.
-Auguri, per domani- dice alla fine, arrancando fra i propri pensieri probabilmente per trovare le parole giuste -immagino che non sarà facile, per te. A quanto ho capito tuo Zio era l'unico che...-
Ah, era questo.
-si, certo- taglio corto gelidamente.
Perchè vuole farsi gli affari miei? 
So di essere stato cattivo, con la mia risposta simile ad una doccia fredda, ma proprio non riesco a soffrire chi parla della mia famiglia con un simile tono di pena impresso nella voce. 
Possibile che non riescano a capire? Sempre con quel tono accondiscendente, come se fosse stata anche una mia scelta, quella di andarmene.
-buonanotte, Evans- le auguro poi con un sorriso stanca, riprendendo la solita aria un po' ilare e un po' strafottente -e non sgattaiolare nel bel mezzo della notte in camera di James, io vi vedo!-.
-Sirius, davvero io...-
-no- replico quando vedo che il mio tentativo di sviare il discorso va a vuoto -non voglio auguri, patetiche dimostrazioni di pena o di affetto, non voglio abbracci e baci e non...-
-forse dovresti stare zitto-.
Eccola la vera Evans, la Caposcuola che con un ringhio degno della McGrannitt ti fa temere l'inferno.
-come...?-.
-non importa quello che vuoi, importa quello di cui hai bisogno- mi dice alla fine, un sorriso sincero e un po' imbarazzato a sostituire la smorfia tesa delle labbra -e se hai bisogno, io sono qui-.
involontariamente mi ritrovo a sorridere, e mi odio per questo.
Ho pensato più volte di chiedere a Lène di accompagnarmi, e un paio di chiedere a James. Ma la prima è ancora troppo scottata dall'esperienza di dieci giorni fa, il secondo non è decisamente tipo da trascinarsi dietro in situazioni del genere... ha qualche problema con il rancore, e Merlino solo sa che ne serba un bel po' per mia madre e mio padre a causa di tutti i nostri arretrati.
Ho anche rifiutato l'invito di Dorea e Charlus perchè mi accompagnassero, visto che domani non lavorano. Non sono molto il tipo che si nasconde dietro alle gonne di qualche adulto.
E questo è il bello: non ho mai pensato alla Evans.
E in realtà non ci ho pensato nemmeno adesso, anche se mi ritrovo con chissà quale voce e quale idea in mente a chiederlo proprio a lei.
-Mi accompagni?-.
Prima di potermi controllare mi ritrovo a guardarmi attorno come a cercare chi ha posto la domanda. Solo in un secondo momento mi accorgo che sono stato io.
-si-.
La stessa reazione da parte sua mi conferma i miei stessi pensieri.
 
Fine Flashback
 
-Black, credo sia ora di andare-.
Lily mi richiama alla realtà, la mano di nuovo sulla mia spalla, la stanza ormai vuota esclusi noi due e Meda con la piccola Dora, che se è rimasta turbata dalla reazione dei propri peggiori parenti -o dalla mancata reazione, visto che si sono limitati a non guardarla neanche- non lo mostra assolutamente, al'esterno nel vicoletto, tutta presa a contare le formiche in fila imitandone i colori con tutte le sfumature di capelli che riesce a trovare.
-si, credo di si- annuisco distogliendo lo sguardo dal punto sul muro che ho fissato per gli ultimi tre minuti, il tempo che è servito a tutti gli altri per lasciare l'ufficio.
-Sir, noi... Dora! Dora, non allontanarti, e lascia stare quelle formiche, Morgana Benedetta, stai un po' calma! Sir, noi dobbiamo andare, dovremmo essere a pranzo dai genitori di Ted, e siamo già molto in ritardo- mi saluta Meda con il suo tipico sorriso dolce ma un po' altezzoso, una delle poche cose che, caratterialmente, ha ereditato da suo padre. 
-si, ora andiamo anche noi- le rispondo ricambiando il sorriso e la conseguente stretta di mano rassicurante. 
Noi Black non siamo persone molto fisiche, nelle relazioni. Non tutte le relazioni, ovviamente. Ci sono momenti -che poi sono quelli che preferisco- che necessitano di fisicità. Ma mai in queste situazioni. 
-Sirius, promettimi che non ti caccerai nei guai- mi raccomanda Meda con lo stesso tono di una madre premurosa -che studierai per i M.A.G.O. e che...-
-Meda, ti stai calando troppo nella parte della mamma- le faccio notare con una risata divertita -ma stai tranquilla, fidati di me-.
-ah, questo non è certo un modo per farmi stare tranquilla!- mi fa presente lasciandomi un leggero schiaffetto sulla nuca -e passa a trovarci, quando puoi. A Dora manchi-.
-signorina Evans?-.
Una voce ci distoglie facendoci spostare gli occhi verso l'ingresso del vicolo. 
Un gruppo di persone, sette per la precisione, richiama la nostra attenzione capeggiata da un uomo dall'aria burbera che, a mio parere, potrebbe sembrare la controfigura venuta male di Alastor Moody.
-signorina Evans?- ripete l'uomo avvicinandosi zoppicando, il volto rugoso costellato da cicatrici tirato in una smorfia severa.
-si?-.
-ci segua, prego- le dice mostrando un distintivo dall'aria logora -Dipartimeno Auror del Ministero della Magia, lei è sotto la nostra tutela-.
-cosa...?- la Evans pare non capire. E nemmeno io, infatti, capisco.
-scusi, è successo qualcosa?- chiedo seriamente -Dorea, Charlus stanno bene?-.
-il Signore e la Signora Potter verranno informati, la Signorina Evans deve venire con noi-.
 
 
NOTE BIS:
scusate ancora per tutto il tempo che vi ho fatto aspettare, ci provo a pubblicare prima, ma proprio non ci riesco! è un po' il periodo frenetico e un po' "no", speriamo passi presto.
Grazie davvero per le recensioni, per chi mette nei preferiti e nelle seguite, e anche per chi legge soltanto!
Non credo di avere altro da dire, ma sono mezza morta di sonno e quindi potrei dimenticarmi qualcosa!
Un bacio, Hir
 
 
 
 
 
   
 
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