La
maggior parte delle persone è spaventata dal vuoto negli
occhi della gente.
Anch’io lo avevo ritenuto inquietante una volta, ma sembrava
fosse stato secoli
fa. Ora avrei voluto il vuoto, specchiarmi nelle loro iridi e cadere
nel nulla,
invece il riflesso di quegli occhi di tenebra urlava tante emozioni da
bruciare
i miei e anche le lacrime, che mi avrebbero salvato da quel doloroso
contatto,
sembravano evaporate.
Tutte le mie certezze erano ridotte in cenere... gli occhi di Sai, che
mi
avevano celato il loro contenuto con tanta determinazione, e gli occhi
di
Sasuke, in cui mi ero ostinata a vedere soltanto quello che non
c’era mai
stato, mi avevano ingannato entrambi ed io, che avevo temuto il vuoto
percepito
guardandoli, non avevo capito che quella era solo la superficie e che
l’abisso
era molto più profondo.
Il vuoto era un’illusione, io avevo per prima lottato per far
comprendere a Sai
questa verità, fargli accettare le sue emozioni, ma non ero
riuscita a vedere
oltre i suoi occhi, non ero riuscita a scavare oltre le emozioni che mi
venivano inflitte da quegli abissi oscuri così simili ai suoi
occhi.
Presi il pennello e lo intinsi nell’inchiostro, mi sentivo
quasi una ladra,
un’assassina, una profanatrice a toccare quelle cose, che
erano state più di
una tecnica o di uno svago, erano state la sua anima, il riflesso dei
suoi
occhi che si perdeva nel loro colore. Feci scorrere lentamente la punta
del
pennello, tracciando delle linee da una parte all’altra del
foglio.
Non c’era più, Sai, i suoi colori non avrebbero
più solcato quelle tele
conservate con tanta cura.
Presi a tracciare figure a caso, a scarabocchiare, creando spazi vuoti
e
macchie di nero che inzupparono il foglio e gocciolarono a terra: mi
sembrava
descrivessero le mie sensazioni, rappresentassero veramente qualcosa.
Presi la boccetta e la rovesciai sul foglio, che si tinse tutto di
nero; come
io avevo visto i loro occhi, prima di uno e poi dell’altro,
assenti, vuoti,
come volevo essere io in quel momento.
Quanto mi ero sbagliata... se fossi stata attenta non sarebbe successo
niente
di tutto quello, se avessi saputo leggere le loro anime ora
non sarei
stata a casa di Sai a comportarmi da idiota... a dire il vero, se
avessi saputo
andare oltre quello che vedevano i miei occhi probabilmente non lo
avrei mai
incontrato.
Già, perché avrei fermato lui, Sasuke,
l’amore della mia vita, quella notte. Mi
sarei battuta, avrei chiamato qualcuno, avrei fatto qualcosa invece di
piangere
come una stupida.
Il suono delle mie lacrime codarde, che toccavano terra vili e inutili,
si
confuse con il gocciolio sinistro della vernice nera che colava sul
pavimento,
macchiandolo. Forse avrei dovuto ripulire tutto, ma chi sarebbe venuto
a
commemorare la casa vuota e fredda di una persona che aveva nascosto
tutto se
stesso dietro due occhi freddi e vuoti?
Era come se non riuscissi a staccarmi da lui, forse avevo accettato
troppo in
fretta la sua morte, forse non l’avevo accettata affatto.
Dirigendomi in camera sua mi sembrava di commettere un ulteriore
oltraggio ma
non sembravo più riuscire a controllare i miei passi.
La stanza mi accolse come qualcosa di freddo e dimenticato, ma ero
sicura che
fosse così anche prima di tutto quello che era successo:
letto, armadio,
scrivania, tutto estremamente ordinato e di un grigio monocorde,
l’unica nota
di colore era un dipinto appeso affianco al letto, quello in cui Sai si
era
rappresentato con me e Naruto, forse troppo importante per il salotto.
C’erano
due libri sul comodino, ne afferrai uno che si rivelò
essere, invece, un
diario.
17 Aprile - Ho letto che avere un diario può
aiutare ad analizzare i propri
sentimenti, perciò proverò a scrivere ogni volta
quello che sento. Sakura e
Naruto credono che io possa essere un ragazzo come gli altri,
perciò vedremo se
hanno ragione.
Gli
altri appunti erano senza data, solo stralci di emozioni... i
miei occhi
si soffermarono sulle annotazioni che erano state sottolineate con un
tratto
rosso:
Naruto mi ricorda Shin, credo che la cosa mi renda felice ma
forse anche
triste... credo si chiami malinconia, o nostalgia, non ho capito bene
la
differenza.
Mi è sembrato di sentirmi migliore, più
forte, quando Ino ha flirtato con me
(mi ha detto Sakura) e ha accettato i miei complimenti, forse sono
vanitoso.
Che bello, finalmente ho capito come si parla con una ragazza, credo,
almeno
non mi ha picchiato.
Non penso di aver capito Sakura, ogni tanto mi stupisce; mi
picchia quando
penso di aver fatto bene e mi sorride quando sbaglio... bah, vorrei
farla
sorridere di più ma non riesco a valutare mai le sue
reazioni, Devo ancora
lavorare molto sulla comprensione, ma alcuni libri mi dicono che capire
le
donne è impossibile. E allora?
Come può disprezzare il loro legame e rinnegare dei
sentimenti così forti
dei suoi amici? L’ho visto e nei suoi occhi arde soltanto
l’odio, non ha niente
in comune con Sakura e Naruto. Da quando ho incrociato lo sguardo di
quello lì,
ho una stretta allo stomaco che è chiara persino a me.
Io odio Uchiha Sasuke.
Nessun credo, nessun penso. Sai era sicuro per la prima volta di un
sentimento,
ed era l’odio per Sasuke; lui aveva visto dietro i suoi occhi
in un attimo più
di quanto io fossi riuscita a fare in anni, ed era notoriamente bravo a
fraintendere le persone. Questo avrebbe dovuto dirmi qualcosa su me
stessa.
Afferrai di scatto l’altro libro, ancora una volta un manuale
di psicologia.
Non aveva ancora finito tutti quelli che c’erano a Konoha?
Un sorriso
amaro mi solcò il viso per un attimo, scossi la testa
ricacciando le lacrime e
aprii il volume dove era rimasto il segnalibro.
Avevo sempre amato il profumo della carta e dell’inchiostro,
così chiusi gli
occhi prima di leggere la prima frase che mi fosse capitata davanti.
Gli occhi sono lo specchio dell’anima. Per capire le
persone a volte è
sufficiente...
Era troppo, tutto sembrava burlarsi di me, ma ero io che non avevo
voluto
vedere, i miei occhi tanto acuti erano sempre stati appannati da un
velo di
lacrime. Anche ora una cortina perlacea era scesa a oscurarmi la
vista... ma che
importava che ora non vedessi più se non ero riuscita a
scorgere l’unica cosa
che importava?
Troppo tardi... troppo tardi avevo capito che il nero non è
vuoto ma è colmo,
che dagli stessi pozzi oscuri poteva sorgere la vita come la morte, che
io
avevo scelto la seconda... ma anche questa mi aveva rigettata, si era
presa il
resto ma mi aveva lasciato a marcire in quella terra
maledetta e vuota,
bianca.
Qualcosa che mi scorreva sul viso e lungo la gola mi diede un attimo di
refrigerio, come rare gocce d’acqua bramate da un fiore nel
deserto di Suna, ma
quella che mi era parsa acqua era in realtà una scia di
cianuro, veleno che
stillava ricordi, ricordi che stillavano veleno.
Sasuke.
Non mi sarei stupita se tutto quell’odio fosse colato via
lentamente dai suoi
occhi e fosse strisciato fino ad avvolgere il mondo, distrutto da quel
colore
denso come la pece. Per quanto riguardava il mio cuore, ero sicura che
fosse
scomparso, annegato in quei laghi oscuri che tanto avevo bramato,
eppure mi
sentivo ancora cadere, l’errore e la colpa si spingevano a
fondo lungo la mia
gola, si agitavano in me come a voler esplodere e rigettarsi
all’esterno, mi
sentivo soffocare.
Sasuke era a terra, il volto sofferente, ancora più
pallido del solito.
Aveva aperto gli occhi per guardarmi, non c’era forse una
scintilla nel suo
sguardo? La sua anima non stava sorridendo attraverso qui pozzi oscuri?
“Lasciami” una parola sola detta in modo
così tagliente, mi aveva immobilizzata
ma era stato sentire la freddezza e il disprezzo nella sua voce a
gelare le mie
dita attorno al suo polso, a farle scivolare inerti.
Sasuke si era parato davanti a me, a braccia spalancate,
voleva proteggermi,
lo voleva a tal punto di rischiare la sua vita, il suo futuro, i suoi
progetti;
aveva assunto una posizione svantaggiosa pur di tenermi al sicuro.
Non era forse perché non sarebbe stato da lui accettare che
un nemico uccidesse
un membro qualunque della sua squadra? Le ferite da evitare non erano
forse
quelle del suo orgoglio?
L’ansia stava defluendo lentamente dal mio corpo,
Sasuke stava bene. Portai
lentamente uno spicchio di mela alla bocca del mio compagno, sentii
solo un
colpo che mi scansò la mano e il rumore del piatto
infranto... il frastuono del
mio cuore colpito a stilettate dallo sguardo d’odio e andato
in frantumi
continuava a risuonare soltanto nella mia testa.
Strinsi il corpo di Sasuke al mio ancora acerbo, strinsi tanto
da farmi
dolere le spalle. Mi aspettavo di essere insultata a momenti, ma non
m’importava,
non contava nient’altro che il fatto che fosse in fin di
vita. All’improvviso
non ne fui tanto sicura... aveva aperto gli occhi e mi aveva guardato,
non
aveva detto niente ma io avevo sentito che era stato felice che io ci
fossi,
che fossi io.
“La solitudine non ha niente a che fare con
l’essere sgridati da mamma e
papà”.
Senza di lui mi sentivo disperatamente sola, se qualcuno era
vicino a me, sentivo
come se fosse uno spazio rubato alla sua assenza, soltanto nel nulla
dei suoi
occhi pretendevo di trovare calore, compagnia, amore.
“Smetti di importunarmi” Chinavo la testa
e annuivo, non riuscendo a
nascondere le lacrime e guadagnandomi disprezzo.
“No, vado da solo” Potevo capirlo,
riuscivo a stento a immaginare come stava
ma ci provavo, forse ero egoista... io volevo solo sostenerlo, ero
disposta a
tutto per lui ma Sasuke non aveva bisogno di me.
Mai cercava il mio volto, ma perché mai la luna
avrebbe dovuto cercare
qualcosa nella luce del giorno? Lui voleva
l’oscurità, la vendetta, ed io sarei
anche scesa all’inferno per lui, gli avrei voluto tenere la
mano.
Era tanto tempo che aspettavo quel momento, finalmente eravamo
soltanto noi
due...
Stavo stupidamente parlando di Naruto, ma cercavo un punto di
contatto,
qualsiasi cosa. Non credevo di poter riuscire a sopportare un
imbarazzante
silenzio quando potevo tentare.
“Sei insopportabile”
“Sei ancora così
insopportabile” Mi aveva detto di non ricordare... Lo avevo
pregato di restare con me, ero sicura di potergli dare quello di cui
aveva
bisogno, ma Sasuke non era stato dello stesso avviso. Ancora una volta
le
lacrime filtravano il mondo ai miei occhi e lo sguardo di Sasuke mi era
apparso
sfocato, confuso, ma sentivo ancora il suo respiro sul collo e
quell’“Arigatou”
che per me era tutto.
Non gli ero stata di peso, non mi detestava, era felice che
qualcuno
provasse a fermarlo, forse, in fondo, sapeva di non stare facendo la
scelta
giusta.
Ti stavo tenendo la mano ma non mi ero accorta che alla fine
non ci sarei stata.
Sasuke Uchiha, il mio compagno di squadra, il ragazzo che
amavo da sempre,
aveva tentato veramente di uccidermi, non aveva esitato e non si
sarebbe
fermato affatto.
“Uccidila e ti porterò con me”
Ero andata da lui per trarlo in inganno, ma
per un attimo avevo valutato seriamente l’ipotesi di
scegliere Sasuke e lasciare
tutto il mondo indietro perché non mi sarebbe importato se
fossi potuta
rimanere veramente al suo fianco. Gli occhi della ragazza che giaceva
ai miei
piedi sembravano specchi che riflettevano i miei, delusione, amore,
orrore... mentre
io valutavo di ucciderla lei mi aveva salvato la vita.
Io non avevo saputo scorgere l’inganno, avevo
creduto di essere io a tessere
la tela, invece ero solo la mosca che vi si era impigliata, avevo
vacillato ma
avevo voluto credere che ci fosse ancora qualcosa del ragazzo che mi
aveva
preso al volo e mi aveva legato a se con gli occhi e che mi aveva
lasciato
sulla panchina invece che a terra, come se mi potesse importare del
corpo giacché
avevo perso il cuore.
Non
avevo accettato la verità, mi ero ostinata a vedere negli
occhi di Sasuke
soltanto iridi castane un po’ più scure, in fondo
anche Naruto vi aveva scorto
speranza e amore, ma Naruto era sempre stato un baka.
Per questo non avevo mai guardato direttamente gli occhi di Sasuke
quando erano
insanguinati dal mortale scarlatto dello sharingan, in quei momenti vi
vedevo
soltanto morte e sofferenza, follia e dolore.
Quel giorno invece mi ero decisa ad alzare la testa, avevo
ignorato Sai che
tremava per la rabbia e cercava di non offendere Sasuke prima di quando
non
avrebbe più avuto importanza e mi ero costretta a non
serrare le palpebre e
scappare via piangendo.
Non appena avevo incontrato lo sguardo del mio vecchio
compagno, ero rimasta
pietrificata: i suoi occhi, sanguigni, demoniaci, mi fissavano come se
fossi
stata un insetto da schiacciare; lo sharingan lampeggiava funesto
attraverso
quel volto diafano che mi aveva stregata... cominciavo a credere che
anche
quello fosse parte un jutsu, nascondere l’odio e la
crudeltà dietro un viso
angelico.
Il male era radicato in lui e i nefasti fiori scarlatti di
quella pianta
maligna erano rivolti verso di me. Se mai fino a quel momento avevo
creduto in
un principio negativo assoluto, ora sentivo che si era incarnato
davanti a me.
Un’altra volta avevo sentito quel brivido gelido
correre sotto la pelle,
un’altra volta il simulacro adamantino di Sasuke che
conservavo nel mio cuore
si era incrinato, un’altra volta il suo sguardo aveva gelato
tutto il mondo
attorno a me. Quella volta avevo seguito la mia anima, ero andata
contro
l’istinto di conservazione, non mi ero fermata a riflettere,
ero corsa ad
abbracciarlo.
Calore, avevo sentito il calore affluire in me mentre i segni
del sigillo
maledetto si ritiravano dal corpo di Sasuke. Poi lui si era girato a
guardarmi
e avevo trovato gratitudine nei suoi occhi, per averlo strappato al
male, e
gioia, affetto.
L’impressione di quell’attimo era rimasta nella mia
mente e si era sovrapposta
a tutti gli sguardi, a tutti i volti che avevo visto da allora e li
aveva
filtrati attraverso gli occhi insolitamente dolci di Sasuke.
Niente aveva avuto tanto impatto su di me, finché non avevo
visto i contorni di
quella maschera sovrapporsi perfettamente a un viso indisponente e
alieno, che
non avrebbe potuto urlare cose tanto diverse da Sasuke. Sai,
irriverente e
ironico ma privo di sentimenti, per me era troppo.
Io, che ero abituata a scavare in un guscio gelido in cerca di
emozioni, non
riuscivo a non attraversare la patina di calore di Sai fino a trovare
il vuoto,
ma sulla natura di quel vuoto non avevo voluto indagare,
perché avrebbe fatto
troppo male trovare gli stessi sentimenti che avevo perduto.
Sai non voleva che entrassi nella sua vita, mi sbarrava continuamente
la strada
con un sorriso e un insulto. Io non volevo conoscerlo, non avevo
intenzione di
affezionarmi a lui, ma era tanto schietto e sincero e tanto falso e
bugiardo
allo stesso tempo che la sua personalità mi aveva
affascinata.
Non distingueva un sorriso da un’espressione irosa, ma sapeva
quanto stimassi
Naruto e come farmelo ammettere, non sapeva che le ragazze erano
ipersensibili
alle critiche ma mostrava una gentilezza tanto innata da lasciarmi a
bocca
aperta, tentava di consolare i ragazzi con delle avances sessuali ma
l’amicizia
per lui era una reliquia d’inestimabile valore.
Mi ricordai improvvisamente di come, quando lo avevamo appena
conosciuto, mi
aveva lasciata precipiatare nel vuoto; poiché per lui
esisteva soltanto la
missione, i compagni non erano che colleghi. Non avevo visto il
cambiamento nei
suoi occhi, non avevo visto la luce che baluginava alla fine del
tunnel, non
avevo voluto abbandonare il preconcetto che mi ero fatta su di lui.
Avevo sbagliato due volte su due, i miei occhi erano stati accecati
dall’amore
e dai ricordi, avevo guardato allo stesso modo specchi
d’acqua profondissimi e un
cielo infinito, senza cogliere i flutti torbidi dell’uno e le
scie luminose
dell’altro.
Scacciai un velo di lacrime con la mano, raccogliendo il libro che mi
era
scivolato di mano.
Stupido bastardo, non avrebbe dovuto farmi questo, soprattutto non
avrebbe
dovuto fare questo a se stesso... se avevo imparato qualcosa da tutta
quella
storia che chiamavano vita, cui sentivo di non appartenere
più, era che il mio
egocentrismo aveva creato un’infinità di danni;
eppure ero seduta sul letto di
un ragazzo che era morto per proteggere persone e legami che non gli
appartenevano e stavo piangendo ancora per me stessa.
Naruto era impegnato contro l’impostore che si era
spacciato per Madara
Uchiha, non aveva potuto fare altrimenti, sapeva che era la cosa giusta
in quel
momento ma a lui importava soltanto di Sasuke e ne avevo avuto la
conferma con
lo sguardo che mi aveva lanciato: assicurati che non sia ucciso,
eventualità
molto improbabile comunque, e fai attenzione che non sparisca prima che
io
ritorni.
Non sapevo se Naruto ce l’avrebbe fatta e non volevo
nemmeno immaginare che
cosa sarebbe dovuto avvenire dopo.
Sentivo di non stare facendo abbastanza mentre Sai e gli altri
tentavano di
fermare la furia devastatrice portata dagli occhi fatali di Sasuke ma,
se a
dodici anni avendo visto quello che mi appariva ora sarei fuggita
terrorizzata
per non mettere mai più piede sullo stesso continente di
Sasuke, ora stavo
cercando di resistergli, di non affogare nel vuoto e nel dolore.
“Spero che almeno col sesso ci abbiate dato dentro,
perché con l’allenamento
tu e Orochimaru non avete concluso granché!” Sai
sogghignò e evitò per un
soffio l’amaterasu, guadagnandosi un’ occhiata
rancorosa dell’altro e
continuando ad attaccarlo.
Il sole stava calando e la luna sarebbe stata contro di loro,
l’alba
seguente avrebbe illuminato un campo annegato nel sangue. Fermati o
sole...
Il
loro sole era Naruto, se lui ce l’avesse fatta avrebbero
potuto finirla una
volta per tutte, Sasuke sarebbe stato fermato, la pace ristabilita e
gli altri
avrebbero ricominciato a sorridere.
Se per me Sasuke portava il marchio della luna e Naruto lo
stemma del sole,
solo ora vedevo in Sai tutto il resto del firmamento.
In quella notte diurna proprio Sai pareva porgere un astro a
ognuno di noi,
per aspettare insieme la luce e non cadere nelle tenebre.
Come
in una grottesca burla, fu il sinistro luccichio della Kusanagi a
creare quel
bagliore che rese gli occhi di Sai come un cielo infinito pieno di
stelle. Le
stelle caddero una dopo l’altra ma nessun desiderio fu
espresso, il suo corpo
diafano continuò la sua elegante caduta
all’indietro, toccando scompostamente
terra, ma anche in quella posa, in mezzo alla polvere, mantenne
inalterato il
suo androgino splendore. Sai gorgogliò, ignorando il sangue
che abbandonava il
suo corpo e si mescolava all’inchiostro che si era riversato
sotto di lui.
“Touchè, ma ciò non cambia che hai
abbandonato una ragazza fantastica per correre
dietro a un uomo”.
Mi alzai di scatto dal letto, vergognandomi delle lacrime che avevano
contaminato
un luogo che probabilmente non ne aveva mai viste.
Sasuke se n’era andato, senza nemmeno degnarsi di tagliarmi
la gola, tanto mi
aveva già uccisa attimo per attimo, quel giorno. Naruto
appena tornato al campo
si era precipitato a combattere contro di lui, io invece ero tornata al
villaggio insieme ai feriti più gravi e ora non sapevo
più niente dei miei
compagni.
Uscii dall’appartamento di Sai e mi diressi alla porta del
villaggio, ignorando
gli sguardi preoccupati e critici sui miei abiti ancora sporchi di
sangue,
sugli occhi gonfi di pianto e completamente vuoti. Mi ero guardata allo
specchio istintivamente prima di scendere per strada, per la prima
volta ero
sicura che il nulla non celasse altro... non erano soltanto ombre
occultatrici
in occhi neri ma era limpida assenza nei miei occhi verdi.
Rimasi impietrita all’esterno dell’entrata di
Konoha, avrei aspettato lì tutto
il tempo che fosse stato necessario, anche se fosse stato per sempre.
Il vento implacabile che batteva il villaggio portò via i
brandelli di Sakura
Haruno uno per volta, un sentimento, un’emozione, un
pensiero, via verso un
orizzonte senza più luce, finché non era rimasta
che la mia immagine a vegliare
su un ritorno ormai vano.
Note dell'autrice (si fa per dire): Pensavo di arrivare penultima e, bè, è successo... ma sono anche arrivata prima, yuppie! ;D
Allego il link dov'è il giudizio della giudice (che io non ho corrotto): Niente di vero tranne gli occhi...