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Autore: Falsa dea molto adorata    24/02/2012    7 recensioni
Vi lascio una fanfic che è stata molto tempo bloccata in attesa di giudizio.
[SaiSaku/ SasuSaku]
Frammento:
Gli occhi di Sai, che mi avevano celato il loro contenuto con tanta determinazione, e gli occhi di Sasuke, in cui mi ero ostinata a vedere soltanto quello che non c’era mai stato, mi avevano ingannato entrambi ed io, che avevo temuto il vuoto percepito guardandoli, non avevo capito che quella era solo la superficie e che l’abisso era molto più profondo.
Prima classificata al contest "Niente di vero tranne gli occhi" indetto da The forgotten dreamer e giudicato da ChibyLilla, non me lo aspettavo!!
Genere: Drammatico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Sai, Sakura Haruno, Sasuke Uchiha
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
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La maggior parte delle persone è spaventata dal vuoto negli occhi della gente. Anch’io lo avevo ritenuto inquietante una volta, ma sembrava fosse stato secoli fa. Ora avrei voluto il vuoto, specchiarmi nelle loro iridi e cadere nel nulla, invece il riflesso di quegli occhi di tenebra urlava tante emozioni da bruciare i miei e anche le lacrime, che mi avrebbero salvato da quel doloroso contatto, sembravano evaporate.  
Tutte le mie certezze erano ridotte in cenere... gli occhi di Sai, che mi avevano celato il loro contenuto con tanta determinazione, e gli occhi di Sasuke, in cui mi ero ostinata a vedere soltanto quello che non c’era mai stato, mi avevano ingannato entrambi ed io, che avevo temuto il vuoto percepito guardandoli, non avevo capito che quella era solo la superficie e che l’abisso era molto più profondo.
Il vuoto era un’illusione, io avevo per prima lottato per far comprendere a Sai questa verità, fargli accettare le sue emozioni, ma non ero riuscita a vedere oltre i suoi occhi, non ero riuscita a scavare oltre le emozioni che mi venivano inflitte da quegli abissi oscuri così simili ai suoi occhi.
Presi il pennello e lo intinsi nell’inchiostro, mi sentivo quasi una ladra, un’assassina, una profanatrice a toccare quelle cose, che erano state più di una tecnica o di uno svago, erano state la sua anima, il riflesso dei suoi occhi che si perdeva nel loro colore. Feci scorrere lentamente la punta del pennello, tracciando delle linee da una parte all’altra del foglio.
Non c’era più, Sai, i suoi colori non avrebbero più solcato quelle tele conservate con tanta cura.
Presi a tracciare figure a caso, a scarabocchiare, creando spazi vuoti e macchie di nero che inzupparono il foglio e gocciolarono a terra: mi sembrava descrivessero le mie sensazioni, rappresentassero veramente qualcosa.
Presi la boccetta e la rovesciai sul foglio, che si tinse tutto di nero; come io avevo visto i loro occhi, prima di uno e poi dell’altro, assenti, vuoti, come volevo essere io in quel momento.
Quanto mi ero sbagliata... se fossi stata attenta non sarebbe successo niente di tutto quello, se avessi saputo leggere  le loro anime ora non sarei stata a casa di Sai a comportarmi da idiota... a dire il vero, se avessi saputo andare oltre quello che vedevano i miei occhi probabilmente non lo avrei mai incontrato.
Già, perché avrei fermato lui, Sasuke, l’amore della mia vita, quella notte. Mi sarei battuta, avrei chiamato qualcuno, avrei fatto qualcosa invece di piangere come una stupida.
Il suono delle mie lacrime codarde, che toccavano terra vili e inutili, si confuse con il gocciolio sinistro della vernice nera che colava sul pavimento, macchiandolo. Forse avrei dovuto ripulire tutto, ma chi sarebbe venuto a commemorare la casa vuota e fredda di una persona che aveva nascosto tutto se stesso dietro due occhi freddi e vuoti?
Era come se non riuscissi a staccarmi da lui, forse avevo accettato troppo in fretta la sua morte, forse non l’avevo accettata affatto.
Dirigendomi in camera sua mi sembrava di commettere un ulteriore oltraggio ma non sembravo più riuscire a controllare i miei passi.
La stanza mi accolse come qualcosa di freddo e dimenticato, ma ero sicura che fosse così anche prima di tutto quello che era successo: letto, armadio, scrivania, tutto estremamente ordinato e di un grigio monocorde, l’unica nota di colore era un dipinto appeso affianco al letto, quello in cui Sai si era rappresentato con me e Naruto, forse troppo importante per il salotto. C’erano due libri sul comodino, ne afferrai uno che si rivelò essere, invece, un diario.

17 Aprile - Ho letto che avere un diario può aiutare ad analizzare i propri sentimenti, perciò proverò a scrivere ogni volta quello che sento. Sakura e Naruto credono che io possa essere un ragazzo come gli altri, perciò vedremo se hanno ragione.

Gli altri appunti erano senza data, solo stralci di emozioni...  i miei occhi si soffermarono sulle annotazioni che erano state sottolineate con un tratto rosso:

Naruto mi ricorda Shin, credo che la cosa mi renda felice ma forse anche triste... credo si chiami malinconia, o nostalgia, non ho capito bene la differenza.

Mi è sembrato di sentirmi migliore, più forte, quando Ino ha flirtato con me (mi ha detto Sakura) e ha accettato i miei complimenti, forse sono vanitoso. Che bello, finalmente ho capito come si parla con una ragazza, credo, almeno non mi ha picchiato.

Non penso di aver capito Sakura, ogni tanto mi stupisce; mi picchia quando penso di aver fatto bene e mi sorride quando sbaglio... bah, vorrei farla sorridere di più ma non riesco a valutare mai le sue reazioni, Devo ancora lavorare molto sulla comprensione, ma alcuni libri mi dicono che capire le donne è impossibile. E allora?

Come può disprezzare il loro legame e rinnegare dei sentimenti così forti dei suoi amici? L’ho visto e nei suoi occhi arde soltanto l’odio, non ha niente in comune con Sakura e Naruto. Da quando ho incrociato lo sguardo di quello lì, ho una stretta allo stomaco che è chiara persino a me.
Io odio Uchiha Sasuke.

Nessun credo, nessun penso. Sai era sicuro per la prima volta di un sentimento, ed era l’odio per Sasuke; lui aveva visto dietro i suoi occhi in un attimo più di quanto io fossi riuscita a fare in anni, ed era notoriamente bravo a fraintendere le persone. Questo avrebbe dovuto dirmi qualcosa su me stessa.
Afferrai di scatto l’altro libro, ancora una volta un manuale di psicologia.
Non aveva ancora finito tutti quelli che c’erano a Konoha?  Un sorriso amaro mi solcò il viso per un attimo, scossi la testa ricacciando le lacrime e aprii il volume dove era rimasto il segnalibro.
Avevo sempre amato il profumo della carta e dell’inchiostro, così chiusi gli occhi prima di leggere la prima frase che mi fosse capitata davanti.
Gli occhi sono lo specchio dell’anima. Per capire le persone a volte è sufficiente...
Era troppo, tutto sembrava burlarsi di me, ma ero io che non avevo voluto vedere, i miei occhi tanto acuti erano sempre stati appannati da un velo di lacrime. Anche ora una cortina perlacea era scesa a oscurarmi la vista... ma che importava che ora non vedessi più se non ero riuscita a scorgere l’unica cosa che importava?
Troppo tardi... troppo tardi avevo capito che il nero non è vuoto ma è colmo, che dagli stessi pozzi oscuri poteva sorgere la vita come la morte, che io avevo scelto la seconda... ma anche questa mi aveva rigettata, si era presa il resto  ma mi aveva lasciato a marcire in quella terra maledetta e vuota, bianca.
Qualcosa che mi scorreva sul viso e lungo la gola mi diede un attimo di refrigerio, come rare gocce d’acqua bramate da un fiore nel deserto di Suna, ma quella che mi era parsa acqua era in realtà una scia di cianuro, veleno che stillava ricordi, ricordi che stillavano veleno.
Sasuke.
Non mi sarei stupita se tutto quell’odio fosse colato via lentamente dai suoi occhi e fosse strisciato fino ad avvolgere il mondo, distrutto da quel colore denso come la pece. Per quanto riguardava il mio cuore, ero sicura che fosse scomparso, annegato in quei laghi oscuri che tanto avevo bramato, eppure mi sentivo ancora cadere, l’errore e la colpa si spingevano a fondo lungo la mia gola, si agitavano in me come a voler esplodere e rigettarsi all’esterno, mi sentivo soffocare.

Sasuke era a terra, il volto sofferente, ancora più pallido del solito. Aveva aperto gli occhi per guardarmi, non c’era forse una scintilla nel suo sguardo? La sua anima non stava sorridendo attraverso qui pozzi oscuri?

“Lasciami” una parola sola detta in modo così tagliente, mi aveva immobilizzata ma era stato sentire la freddezza e il disprezzo nella sua voce a gelare le mie dita attorno al suo polso, a farle scivolare inerti.

Sasuke si era parato davanti a me, a braccia spalancate, voleva proteggermi, lo voleva a tal punto di rischiare la sua vita, il suo futuro, i suoi progetti; aveva assunto una posizione svantaggiosa pur di tenermi al sicuro.
Non era forse perché non sarebbe stato da lui accettare che un nemico uccidesse un membro qualunque della sua squadra? Le ferite da evitare non erano forse quelle del suo orgoglio?

L’ansia stava defluendo lentamente dal mio corpo, Sasuke stava bene. Portai lentamente uno spicchio di mela alla bocca del mio compagno, sentii solo un colpo che mi scansò la mano e il rumore del piatto infranto... il frastuono del mio cuore colpito a stilettate dallo sguardo d’odio e andato in frantumi continuava a risuonare soltanto nella mia testa.

Strinsi il corpo di Sasuke al mio ancora acerbo, strinsi tanto da farmi dolere le spalle. Mi aspettavo di essere insultata a momenti, ma non m’importava, non contava nient’altro che il fatto che fosse in fin di vita. All’improvviso non ne fui tanto sicura... aveva aperto gli occhi e mi aveva guardato, non aveva detto niente ma io avevo sentito che era stato felice che io ci fossi, che fossi io.

“La solitudine non ha niente a che fare con l’essere sgridati da mamma e papà”.
Senza di lui mi sentivo disperatamente sola, se qualcuno era vicino a me, sentivo come se fosse uno spazio rubato alla sua assenza, soltanto nel nulla dei suoi occhi pretendevo di trovare calore, compagnia, amore.

“Smetti di importunarmi” Chinavo la testa e annuivo, non riuscendo a nascondere le lacrime e guadagnandomi disprezzo.

“No, vado da solo” Potevo capirlo, riuscivo a stento a immaginare come stava ma ci provavo, forse ero egoista... io volevo solo sostenerlo, ero disposta a tutto per lui ma Sasuke non aveva bisogno di me.  

Mai cercava il mio volto, ma perché mai la luna avrebbe dovuto cercare qualcosa nella luce del giorno? Lui voleva l’oscurità, la vendetta, ed io sarei anche scesa all’inferno per lui, gli avrei voluto tenere la mano.

Era tanto tempo che aspettavo quel momento, finalmente eravamo soltanto noi due...
Stavo stupidamente parlando di Naruto, ma cercavo un punto di contatto, qualsiasi cosa. Non credevo di poter riuscire a sopportare un imbarazzante silenzio quando potevo tentare.
“Sei insopportabile”

“Sei ancora così insopportabile” Mi aveva detto di non ricordare... Lo avevo pregato di restare con me, ero sicura di potergli dare quello di cui aveva bisogno, ma Sasuke non era stato dello stesso avviso. Ancora una volta le lacrime filtravano il mondo ai miei occhi e lo sguardo di Sasuke mi era apparso sfocato, confuso, ma sentivo ancora il suo respiro sul collo e quell’“Arigatou” che per me era tutto.
Non gli ero stata di peso, non mi detestava, era felice che qualcuno provasse a fermarlo, forse, in fondo, sapeva di non stare facendo la scelta giusta.

Ti stavo tenendo la mano ma non mi ero accorta che alla fine non ci sarei stata.

Sasuke Uchiha, il mio compagno di squadra, il ragazzo che amavo da sempre, aveva tentato veramente di uccidermi, non aveva esitato e non si sarebbe fermato affatto.

“Uccidila e ti porterò con me” Ero andata da lui per trarlo in inganno, ma per un attimo avevo valutato seriamente l’ipotesi di scegliere Sasuke e lasciare tutto il mondo indietro perché non mi sarebbe importato se fossi potuta rimanere veramente al suo fianco. Gli occhi della ragazza che giaceva ai miei piedi sembravano specchi che riflettevano i miei, delusione, amore, orrore... mentre io valutavo di ucciderla lei mi aveva salvato la vita.
Io non avevo saputo scorgere l’inganno, avevo creduto di essere io a tessere la tela, invece ero solo la mosca che vi si era impigliata, avevo vacillato ma avevo voluto credere che ci fosse ancora qualcosa del ragazzo che mi aveva preso al volo e mi aveva legato a se con gli occhi e che mi aveva lasciato sulla panchina invece che a terra, come se mi potesse importare del corpo giacché avevo perso il cuore.

Non avevo accettato la verità, mi ero ostinata a vedere negli occhi di Sasuke soltanto iridi castane un po’ più scure, in fondo anche Naruto vi aveva scorto speranza e amore, ma Naruto era sempre stato un baka.
Per questo non avevo mai guardato direttamente gli occhi di Sasuke quando erano insanguinati dal mortale scarlatto dello sharingan, in quei momenti vi vedevo soltanto morte e sofferenza, follia e dolore.

Quel giorno invece mi ero decisa ad alzare la testa, avevo ignorato Sai che tremava per la rabbia e cercava di non offendere Sasuke prima di quando non avrebbe più avuto importanza e mi ero costretta a non serrare le palpebre e scappare via piangendo.
Non appena avevo incontrato lo sguardo del mio vecchio compagno, ero rimasta pietrificata: i suoi occhi, sanguigni, demoniaci, mi fissavano come se fossi stata un insetto da schiacciare; lo sharingan lampeggiava funesto attraverso quel volto diafano che mi aveva stregata... cominciavo a credere che anche quello fosse parte un jutsu, nascondere l’odio e la crudeltà dietro un viso angelico.
Il male era radicato in lui e i nefasti fiori scarlatti di quella pianta maligna erano rivolti verso di me. Se mai fino a quel momento avevo creduto in un principio negativo assoluto, ora sentivo che si era incarnato davanti a me.

Un’altra volta avevo sentito quel brivido gelido correre sotto la pelle, un’altra volta il simulacro adamantino di Sasuke che conservavo nel mio cuore si era incrinato, un’altra volta il suo sguardo aveva gelato tutto il mondo attorno a me. Quella volta avevo seguito la mia anima, ero andata contro l’istinto di conservazione, non mi ero fermata a riflettere, ero corsa ad abbracciarlo.
Calore, avevo sentito il calore affluire in me mentre i segni del sigillo maledetto si ritiravano dal corpo di Sasuke. Poi lui si era girato a guardarmi e avevo trovato gratitudine nei suoi occhi, per averlo strappato al male, e gioia, affetto.

L’impressione di quell’attimo era rimasta nella mia mente e si era sovrapposta a tutti gli sguardi, a tutti i volti che avevo visto da allora e li aveva filtrati attraverso gli occhi insolitamente dolci di Sasuke.
Niente aveva avuto tanto impatto su di me, finché non avevo visto i contorni di quella maschera sovrapporsi perfettamente a un viso indisponente e alieno, che non avrebbe potuto urlare cose tanto diverse da Sasuke. Sai, irriverente e ironico ma privo di sentimenti, per me era troppo.
Io, che ero abituata a scavare in un guscio gelido in cerca di emozioni, non riuscivo a non attraversare la patina di calore di Sai fino a trovare il vuoto, ma sulla natura di quel vuoto non avevo voluto indagare, perché avrebbe fatto troppo male trovare gli stessi sentimenti che avevo perduto.
Sai non voleva che entrassi nella sua vita, mi sbarrava continuamente la strada con un sorriso e un insulto. Io non volevo conoscerlo, non avevo intenzione di affezionarmi a lui, ma era tanto schietto e sincero e tanto falso e bugiardo allo stesso tempo che la sua personalità mi aveva affascinata.
Non distingueva un sorriso da un’espressione irosa, ma sapeva quanto stimassi Naruto e come farmelo ammettere, non sapeva che le ragazze erano ipersensibili alle critiche ma mostrava una gentilezza tanto innata da lasciarmi a bocca aperta, tentava di consolare i ragazzi con delle avances sessuali ma l’amicizia per lui era una reliquia d’inestimabile valore.
Mi ricordai improvvisamente di come, quando lo avevamo appena conosciuto, mi aveva lasciata precipiatare nel vuoto; poiché per lui esisteva soltanto la missione, i compagni non erano che colleghi. Non avevo visto il cambiamento nei suoi occhi, non avevo visto la luce che baluginava alla fine del tunnel, non avevo voluto abbandonare il preconcetto che mi ero fatta su di lui.
Avevo sbagliato due volte su due, i miei occhi erano stati accecati dall’amore e dai ricordi, avevo guardato allo stesso modo specchi d’acqua profondissimi e un cielo infinito, senza cogliere i flutti torbidi dell’uno e le scie luminose dell’altro.
Scacciai un velo di lacrime con la mano, raccogliendo il libro che mi era scivolato di mano.
Stupido bastardo, non avrebbe dovuto farmi questo, soprattutto non avrebbe dovuto fare questo a se stesso... se avevo imparato qualcosa da tutta quella storia che chiamavano vita, cui sentivo di non appartenere più, era che il mio egocentrismo aveva creato un’infinità di danni; eppure ero seduta sul letto di un ragazzo che era morto per proteggere persone e legami che non gli appartenevano e stavo piangendo ancora per me stessa.

Naruto era impegnato contro l’impostore che si era spacciato per Madara Uchiha, non aveva potuto fare altrimenti, sapeva che era la cosa giusta in quel momento ma a lui importava soltanto di Sasuke e ne avevo avuto la conferma con lo sguardo che mi aveva lanciato: assicurati che non sia ucciso, eventualità molto improbabile comunque, e fai attenzione che non sparisca prima che io ritorni.
Non sapevo se Naruto ce l’avrebbe fatta e non volevo nemmeno immaginare che cosa sarebbe dovuto avvenire dopo.
Sentivo di non stare facendo abbastanza mentre Sai e gli altri tentavano di fermare la furia devastatrice portata dagli occhi fatali di Sasuke ma, se a dodici anni avendo visto quello che mi appariva ora sarei fuggita terrorizzata per non mettere mai più piede sullo stesso continente di Sasuke, ora stavo cercando di resistergli, di non affogare nel vuoto e nel dolore.
“Spero che almeno col sesso ci abbiate dato dentro, perché con l’allenamento tu e Orochimaru non avete concluso granché!” Sai sogghignò e evitò per un soffio l’amaterasu, guadagnandosi un’ occhiata rancorosa dell’altro e continuando ad attaccarlo.
Il sole stava calando e la luna sarebbe stata contro di loro, l’alba seguente avrebbe illuminato un campo annegato nel sangue. Fermati o sole...

Il loro sole era Naruto, se lui ce l’avesse fatta avrebbero potuto finirla una volta per tutte, Sasuke sarebbe stato fermato, la pace ristabilita e gli altri avrebbero ricominciato a sorridere.
Se per me Sasuke portava il marchio della luna e Naruto lo stemma del sole, solo ora vedevo in Sai tutto il resto del firmamento.
In quella notte diurna proprio Sai pareva porgere un astro a ognuno di noi, per aspettare insieme la luce e non cadere nelle tenebre.

Come in una grottesca burla, fu il sinistro luccichio della Kusanagi a creare quel bagliore che rese gli occhi di Sai come un cielo infinito pieno di stelle. Le stelle caddero una dopo l’altra ma nessun desiderio fu espresso, il suo corpo diafano continuò la sua elegante caduta all’indietro, toccando scompostamente terra, ma anche in quella posa, in mezzo alla polvere, mantenne inalterato il suo androgino splendore. Sai gorgogliò, ignorando il sangue che abbandonava il suo corpo e si mescolava all’inchiostro che si era riversato sotto di lui. “Touchè, ma ciò non cambia che hai abbandonato una ragazza fantastica per correre dietro a un uomo”.

Mi alzai di scatto dal letto, vergognandomi delle lacrime che avevano contaminato un luogo che probabilmente non ne aveva mai viste.
Sasuke se n’era andato, senza nemmeno degnarsi di tagliarmi la gola, tanto mi aveva già uccisa attimo per attimo, quel giorno. Naruto appena tornato al campo si era precipitato a combattere contro di lui, io invece ero tornata al villaggio insieme ai feriti più gravi e ora non sapevo più niente dei miei compagni.
Uscii dall’appartamento di Sai e mi diressi alla porta del villaggio, ignorando gli sguardi preoccupati e critici sui miei abiti ancora sporchi di sangue, sugli occhi gonfi di pianto e completamente vuoti. Mi ero guardata allo specchio istintivamente prima di scendere per strada, per la prima volta ero sicura che il nulla non celasse altro... non erano soltanto ombre occultatrici in occhi neri ma era limpida assenza nei miei occhi verdi.
Rimasi impietrita all’esterno dell’entrata di Konoha, avrei aspettato lì tutto il tempo che fosse stato necessario, anche se fosse stato per sempre.
Il vento implacabile che batteva il villaggio portò via i brandelli di Sakura Haruno uno per volta, un sentimento, un’emozione, un pensiero, via verso un orizzonte senza più luce, finché non era rimasta che la mia immagine a vegliare su un ritorno ormai vano.

Note dell'autrice (si fa per dire): Pensavo di arrivare penultima e, bè, è successo... ma sono anche arrivata prima, yuppie! ;D

Allego il link dov'è il giudizio della giudice (che io non ho corrotto):  Niente di vero tranne gli occhi...
   
 
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