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Autore: marthiachan    24/02/2012    4 recensioni
Un piccolo racconto sulla settimana di due persone. Possono essere i nostri amati Ryo e Kaori, ma potrebbero anche non esserlo. In fondo si tratta solo della storia di un uomo e una donna che si amano in segreto da anni, e che vivono nella stessa casa. I due personaggi non hanno un nome, potete chiamarli Ryo e Kaori o no. Io ho preferito lasciarli anonimi.
Genere: Introspettivo, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Kaori/Greta, Ryo Saeba/Hunter
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: City Hunter
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Una settimana.

Un piccolo racconto sulla settimana di due persone. Possono essere i nostri amati Ryo e Kaori, ma potrebbero anche non esserlo. In fondo si tratta solo della storia di un uomo e una donna che si amano in segreto da anni, e che vivono nella stessa casa. I due personaggi non hanno un nome, potete chiamarli Ryo e Kaori o no. Io ho preferito lasciarli anonimi.

Spero vi piaccia. Buona lettura.


Lunedì.

Si infilò la giacca. Aveva già la mano sulla maniglia della porta d'ingresso quando lei lo chiamò.
“Esci?”
Lui si voltò a guardarla ed annuì, sentendosi in colpa come sempre, ma cercando di nasconderlo persino a se stesso.
“Ok. Non fare troppo tardi.” replicò lei con tono rassegnato dirigendosi verso il divano e sedendocisi.
Lui rimise la mano sulla maniglia ma si bloccò quasi subito. Fece un passo indietro per guardarla. Poteva vedere le sue spalle, sembravano così basse, come se fosse molto stanca o, molto più probabile, molto triste. Avrebbe voluto prenderla tra le braccia e stringerla, sussurrarle dolci parole affettuose e farla sorridere, ma non ne era mai stato capace.
Fece un altro passo nella sua direzione, non riuscendo ad allontanarsi da lei.
“Tu che farai?” chiese infine cercando di posticipare il più a lungo possibile il momento in cui sarebbe dovuto uscire di casa e lasciarla sola.
“Niente di importante. Guarderò un po' di TV. Perchè?”
Bella domanda. Avrebbe potuto dirle che voleva stare con lei, abbracciarla e passare la serata su quel divano a guardare stupidi programmi televisivi, solo per non lasciarla, solo per affondare il viso fra i suoi capelli e aspirare il suo profumo. Avrebbe potuto dirle che l'amava e che era stanco di nasconderlo, ma non lo fece. Invece, si tolse la giacca e si sedette accanto a lei con aria casuale.
“Non ho molta voglia di uscire, in fondo. È una serata fiacca, sarebbe solo una noia. Resto a casa.”
Finse di non notare il sorriso che lei tentava di nascondere. Era felice di averlo con lei e, anche se non lo avrebbe mai ammesso, anche lui lo era.

Dopo un'ora passata a guardare uno stupido programma televisivo sulle candid camera, lei si era addormentata sulla sua spalla. Il suo respiro regolare era come musica nelle sue orecchie. Avrebbe potuto facilmente prenderla in braccio e portarla nel suo letto, oppure svegliarla e invitarla ad andarci da sola, ma non voleva. Stava troppo bene con lei vicino. La strinse a sé e, delicatamente, la stese accanto a lui. Non voleva lasciarla, non voleva addormentarsi senza di lei anche quella sera. Forse il divano non era il posto più comodo del mondo dove prendere sonno, ma era sicuramente l'unico posto in cui voleva stare in quel momento, con lei.

Martedì.

Aprendo gli occhi quella mattina, si sentiva stranamente rilassata, ma niente l'aveva preparata alla sorpresa di ritrovarsi sul divano accanto a lui. I loro corpi si erano intrecciati nel sonno, come se cercassero di fondersi insieme, e ora non sapeva dove finiva lei e iniziava lui.
Lui dormiva profondamente e sembrava molto sereno. Si chiese perchè non si era spostato nel suo letto in modo da dormire più comodo. Perchè era rimasto su quel divano bitorzoluto, per di più con lei? Mentre era assorta da questi pensieri, si accorse che le braccia di lui la stringevano in maniera quasi possessiva. Anche volendo, non avrebbe potuto allontanarsi da lui, se non svegliandolo. D'altra parte, lei voleva restare fra le sue braccia. Emise un leggero sospiro e sorrise prima di adagiare nuovamente il viso sul suo petto. Avrebbe potuto restare lì tutto il giorno.

Era stata una giornata piacevole. Lui era stato gentile e non l'aveva fatta arrabbiare nemmeno una volta. Questo poteva essere considerato una sorta di record. Non l'aveva presa in giro né insultata, non era stata sarcastico o presuntuoso. Era stata una giornata ideale e le sembrava quasi un peccato che stesse per finire.
Dopo aver rassettato la cucina, si diresse stancamente verso il divano per rilassarsi un po', magari ripensando a quanto era stato piacevole stare tra le sue braccia quella mattina. Non si aspettava certo di trovarlo nel salotto, comodamente disteso sullo stesso divano mentre faceva zapping con il telecomando.
“Stasera c'è un documentario sui pinguini, ti va di vederlo?” propose lui con aria casuale.
Lei rimase immobile domandandosi se aveva capito bene. Intendeva dire vederlo con lui? Insieme? Come la sera prima? Era stata lusingata del fatto che lui avesse rinunciato a uscire per stare con lei, e ora sembrava che lui volesse replicare. Era più di quanto potesse sperare.
“D'accordo.” acconsentì sedendosi accanto a lui come se fosse la cosa più normale del mondo, mentre in realtà il suo cuore martellava fin troppo velocemente. Ci vollero dieci minuti perchè il suo battito tornasse a una velocità normale.
Circa un'ora dopo, notò divertita che lui si era addormentato con la testa poggiata sul polso, come se avesse tentato a tutti i costi di restare sveglio. Con delicatezza per non svegliarlo, lo adagiò sul suo grembo in modo che fosse più comodo. Da quel momento in poi, la vita dei pinguini dell'Antartide passò decisamente in secondo piano. Non riusciva più a distogliere lo sguardo dal suo viso, il profilo del suo naso e la forma delle sue labbra erano per lei qualcosa di ineguagliabilmente perfetto. Mentre con una mano cominciò ad accarezzargli i capelli scuri sempre in disordine, con l'altra mano percorse i delicati contorni del suo viso. Le sopracciglia decise, gli zigomi alti e la sua mascella squadrata e mascolina si impressero a fuoco nella sua mente, tanto che avrebbe potuto ritrarlo a memoria.
A risvegliarla dalla sua contemplazione furono i titoli di coda del documentario. Aveva completamente dimenticato lo scorrere del tempo e si rese conto solo in quel momento che era decisamente tardi. Anche se non avrebbe voluto, doveva svegliarlo in modo che entrambi potessero andare a dormire.
“Sveglia, dormiglione!” gli sussurrò nell'orecchio. “Dovresti andare nel tuo letto.”
Lui mugugnò dei suoni indistinti, come un bambino capriccioso, e si sfregò la faccia con le mani.
“No, voglio restare qui, è meglio.” rispose infine tenendo ostinatamente chiusi gli occhi.
“Va bene, ma almeno fammi alzare, così almeno io potrò andare a dormire nel mio letto.”
“Non mi va. Resta anche tu qui.”
Lei aprì immediatamente la bocca per protestare, ma si bloccò subito. Perchè avrebbe dovuto rifiutare? Lei voleva restare lì con lui. La notte prima aveva dormito meravigliosamente fra le sue braccia ed era felice di poterne avere nuovamente l'occasione. Avrebbe potuto dirgli che temeva di essere di troppo e che così avrebbe dormito scomodo, ma non lo fece perchè lui avrebbe potuto darle ragione e mandarla via.
“Allora fammi spazio.” disse invece cercando di avere un tono spontaneo e rilassato.
Lui si tirò su a sedere dandole lo spazio per sdraiarsi accanto. Un minuto dopo erano sdraiati su un fianco, uno di fronte all'altro, e lui le circondava la vita con le braccia. Lei sorrise e affondò il viso nella sua spalla mentre ascoltava il suo respiro farsi sempre più profondo sino a prendere sonno.

Mercoledì.

Ancora prima di aprire gli occhi, la sua mente e il suo corpo avevano iniziato a reagire al fatto che lei fosse così vicina. Un dolce profumo lo avvolgeva e il suo morbido corpo era come complementare al suo, rendendo possibile persino dormire comodi su quel divano.
Come la mattina precedente, lei si era svegliata per prima, ma questa volta non aveva reagito irrigidendosi per la sorpresa. Era rimasta appoggiata al suo petto, mentre con una mano gli solleticava il collo. Non era facile per lui rimanere impassibile a quel delicato contatto che lo divertita e lo eccitava allo stesso tempo. Resistette sinché poté, ma poi dovette cedere e lasciarsi andare in un sorriso mentre apriva gli occhi.
“Buongiorno.” la salutò dandole un delicato bacio sulla fronte. “Sei sveglia da molto tempo?” continuò ignorando il rossore che aveva colorato violentemente il suo viso.
“B-Buongiorno.” replicò lei imbarazzatissima. “Non è da molto, circa mezz'ora.”
“E ti diverte molto farmi il solletico mentre dormo? Non ti facevo così sadica!” scherzò lui approfittandone per stringerla leggermente di più a sé.
“Io non volevo essere sadica, e nemmeno farti il solletico. Volevo solo svegliarti delicatamente.” replicò lei con lo sguardo basso.
“E ci sei riuscita, però mi hai anche fatto il solletico, e ora sai cosa ti aspetta?” domandò lui cercando di trattenersi dal ridere mentre lei lo guardava confusa.
La mano di lui si avvicinò lentamente al fianco di lei e, prima che lei potesse rendersene conto, le stava facendo il solletico. Lei lanciò un urlo di stupore prima di scoppiare a ridere mentre cercava di liberarsi dalla sua stretta.
“Non mi scappi!” insisteva lui divertito mentre lei continuava a ridere e a urlare pregandolo di fermarsi.
“Ti prego!” urlava lei non riuscendo più a contenersi. “Farò quello che vuoi!”
Lui si fermò immediatamente e la fissò negli occhi diventando improvvisamente serio.
“Qualsiasi cosa?” chiese maliziosamente prima di scoppiare a ridere quando vide il suo viso stupito.

Era stato davvero tentato di sfruttare l'occasione per chiederle qualcosa di piccante, solo per il gusto di vederla arrossire. Avrebbe potuto dirle che voleva passare la notte con lei in un letto e non in un divano, e che avrebbe voluto stringerla a sé senza avere tra loro la barriera dei vestiti. Avrebbe potuto dirle che voleva fare l'amore con lei, in maniera lenta e appassionata, e che avrebbe voluto sentirla gemere di piacere mentre lui baciava ogni centimetro della sua candida pelle, ma non lo aveva fatto. Con noncuranza, aveva chiuso il discorso fingendo di aver scherzato, e da quel momento non faceva altro che ripetersi di essere stato un idiota. Forse non sarebbe dovuto essere così diretto come aveva pensato, ma avrebbe dovuto comunque dire qualcosa.
Dopo averci rimuginato per tutto il giorno, era giunto a una conclusione. Forse proporle di fare l'amore, così, di punto in bianco, era troppo, ma avrebbe potuto almeno baciarla. Perchè non l'aveva ancora fatto? Cosa lo aveva bloccato? Avevano passato due notti appiccicati l'uno all'altra, in una situazione che chiunque altro avrebbe sfruttato, eppure l'unica cosa che era riuscito a fare era stata baciarla sulla fronte e farle il solletico. Non che fosse stato spiacevole, tutt'altro, ma avrebbe potuto fare il primo passo per delineare il loro rapporto e, invece, si era vigliaccamente rifiutato. Sì, era decisamente un codardo. Nessuno probabilmente avrebbe avuto il coraggio di accusarlo di ciò sperando di tornare a casa intero, ma lui sapeva benissimo di esserlo. Non in generale, ma per quanto riguardava lei, sì, e ne era stufo. Risoluto, si decise a fare qualcosa quella sera stessa.
Dopo una passeggiata che lo aveva aiutato a schiarirsi le idee, rientrò a casa con in mano dei fiori. Per puro caso, si era imbattuto in un venditore ambulante di rose e ne aveva comprato un mazzo per pochi spiccioli. Non sapeva perchè, ma aveva pensato che poteva essere un gesto adatto per rompere il ghiaccio.
“Sono a casa!” gridò appena chiusa la porta d'ingresso mentre si toglieva la giacca e cercava di nascondere il mazzo di fiori.
Fu sorpreso di non trovarla né in cucina né in salotto. Incuriosito, girò il resto della casa alla sua ricerca e, sorprendentemente, si rese conto che era nella sua camera da letto.
“Cosa fai qui?” domandò più sorpreso che infastidito.
“Oh, ciao. Nulla, sto riordinando. Ho pensato che nella tua camera c'è troppa confusione e volevo farti una sorpresa e sistemarla prima del tuo rientro.” ammise lei con lo sguardo basso per l'imbarazzo.
Lui sorrise e fece qualche passo nella sua direzione sino a trovarsi a solo un metro da lei. Con una mano le accarezzò il mento, costringendola ad alzare il viso e a guardarlo negli occhi.
“Grazie.” disse semplicemente e la vide illuminarsi felice. “Ti ho comprato questi.” aggiunse scoprendo i fiori che sino a quel momento erano rimasti nascosti dalla sua giacca.
Lei spalancò la bocca per la sorpresa mentre prendeva fra le mani il mazzo di rose. Era ammutolita, non riusciva a parlare. Sorrideva e i suoi grandi occhi castani si stavano riempendo di lacrime di commozione. Senza dire una parola, gli gettò le braccia al collo e lo abbracciò con forza, come se avesse paura di vederlo scappare. Lui sorrise e la strinse a sé aspirando il suo dolce profumo.
“Deduco che le rose ti piacciano.” commentò lui ironico mentre cercava di allontanarsi da lei il tanto sufficiente per vederla in viso.
“Sei uno stupido. Certo che mi piacciono, sono bellissime!” replicò infine lei ricambiando il suo sguardo. “Solo che non me le aspettavo.”
“Credo che sia per questo che si chiamano “sorprese”, non credi?”
Lei si finse arrabbiata e gli diede un piccolo pugno sulla spalla, ma in realtà stava solo cercando di nascondere il sorriso che le era spuntato spontaneamente in viso.
“Perchè mi hai comprato dei fiori?” chiese lei tornando seria e fissandolo con qualcosa che a lui sembrava speranza.
“E tu perchè volevi sistemare la mia stanza?” replicò lui per prendere tempo.
Divertito, la vide abbassare nuovamente il viso imbarazzata mentre giocherellava distrattamente con uno dei fiori.
“Comunque,” aggiunse lui per non insistere, “ti ho comprato dei fiori perchè mi andava di farti un regalino. Ho incontrato un venditore ambulante di rose e ho pensato che ti sarebbero piaciuti. A quanto pare avevo ragione.” concluse facendo spallucce.
Lei rialzò gli occhi lucidi e lo guardò con uno strano sorriso. Sembrava che stesse per scoppiare a piangere.
“E a me andava di fare una cosa gentile per te.” replicò lei con voce strozzata.
Oh, accidenti, si disse lui, cosa sto aspettando? La prese fra le braccia e la strinse a sé. I loro visi erano a pochi centimetri l'uno dall'altro.
“Allora, grazie anche a te.” disse lui prima di poggiare delicatamente le sue labbra su quelle morbide di lei. Aveva un sapore dolce e fresco, come una bibita ghiacciata in una calda giornata d'estate ma, allo stesso modo, quella sensazione piacevole fu di breve durata. Ora capiva perchè non l'avesse mai baciata prima. Sapeva che non si sarebbe accontentato di un breve contatto. La voleva in maniera totale, possessiva e appassionata. Fece violenza a se stesso per allontanarsi da lei. La guardò negli occhi e vi lesse felicità e paura al tempo stesso. Lui le sorrise per tranquillizzarla e poi uscì dalla stanza diretto a fare una doccia fredda.

Giovedì.

Svegliarsi quella mattina non era stato piacevole come le due precedenti. Si era ritrovata sola e infreddolita nel suo letto. Il calore e l'emozione che aveva provato tra le braccia di lui erano lontane mille miglia. Anche se ripensare a quel bacio le faceva decisamente aumentare la temperatura corporea.
Lui l'aveva baciata. Lui. Aveva baciato lei. Di sua iniziativa. E non era uno scherzo, era stato serio. Aveva paura di aver sognato tutto. Dopo quel bacio lui si era allontanato, ma non prima di averle indirizzato un sorriso dolce e rassicurante. Dopo averlo visto andar via, lei si era chiusa nella sua camera, confusa e ansimante. Il suo cuore martellava, il suo respiro era accelerato, la sua pelle scottava. Cosa stava succedendo? Perchè negli ultimi giorni lui era così galante, gentile e sembrava improvvisamente interessato a lei? Poteva essere vero? Poteva essere arrivato il momento in cui i suoi sogni si sarebbero realizzati?

Non sapendo ancora come comportarsi, evitò di incrociarlo per tutta la giornata, ma all'ora di cena le fu impossibile. Mangiò in silenzio, senza alzare lo sguardo dal piatto per non incontrare quello di lui. Aveva paura che guardandolo negli occhi avrebbe riconosciuto il suo solito atteggiamento strafottente e sarcastico o, peggio, avrebbe visto pentimento per quell'unico bacio.
“Vuoi dividere con me l'ultima arancia?” le chiese all'improvviso lui risvegliandola dai suoi pensieri confusi.
“No, mangiala pure.”
“Sei sicura? È l'ultima e, in più, è piuttosto grande. Per me è troppa.” insistette lui con tono gentile.
Imprecando fra sé, si decise ad alzare lo sguardo. Lui era seduto all'altro capo del tavolo e la fissava, in attesa. Non sembrava sarcastico né pentito. Sorrideva e le mostrava l'arancia.
“D'accordo, allora.” acconsentì lei infine.
Stupita, lo vide alzarsi e sedersi accanto a lei, e poi iniziare a pulire il frutto. Tagliò la buccia in modo da fare un lunghissimo e perfetto ricciolo che poi dispose nel tavolo come un fiore.
Lei lo guardava incantata. Era un caso, o lui voleva farle ricordare lo splendido mazzo di rose che le aveva regalato la sera prima?
Era ancora intenta a pensarci mentre lui tagliò uno spicchio e glielo mise davanti al viso, invitandola a mangiare dalle sue mani.
“Non è necessario, io...” cercò di obbiettare lei alzando la mano per prenderlo.
“Non ha senso che ti sporchi le mani anche tu, non credi? Le mie ormai sono già sporche di succo d'arancia.” si giustificò lui alzando le spalle.
Lei riabbassò la mano e si avvicinò con il viso alla sua mano per prendere fra le labbra il frutto succoso. Notando che lui la guardava abbassò lo sguardo e rise nervosamente.
“Mi sento molto sciocca.”
“Non devi. Non lo sei.” la confortò lui addentando un altro spicchio.
Involontariamente, rimase a fissare la sua bocca che masticava in maniera voluttuosa il frutto. Nella sua mente quella semplice azione risvegliava il tenue ricordo di quando le loro labbra si erano incontrate la sera prima. Riprese coscienza solo quando la mano di lui le tese nuovamente uno spicchio d'arancia. Imbarazzata per essersi scoperta così facilmente, addentò il frutto e poi abbassò lo sguardo.
“Vieni con me dopo?” domandò lui mentre separava delicatamente un altro spicchio.
“Cosa? Dove?” replicò lei allarmata.
“Usciamo. Andiamo a bere qualcosa, magari a ballare, o anche solo a fare una passeggiata sotto le stelle. Che ne pensi?”
Non sapeva cosa dire. Avrebbe potuto dire che non se la sentiva di uscire con lui, soprattutto per l'imbarazzo, e che vista l'ora tarda era piuttosto stanca, ma non lo fece. Lui non le chiedeva mai di uscire, era una sorta di evento miracoloso. Non poteva perdere questa occasione.
“Va bene.” disse semplicemente con un sorriso timido.
Mezz'ora dopo si stava guardando allo specchio dandosi della stupida. Non era un appuntamento, lo sapeva bene, ma non poteva fare a meno di pensare che finalmente sarebbe uscita con lui.
Per l'occasione aveva indossato una camicetta nuova che aveva comprato qualche settimana prima ma che non aveva ancora avuto occasione di usare. Si chiese se non fosse troppo appariscente, la scollatura era piuttosto ampia, troppo per le sue abitudini, e il tessuto era leggero e un poco trasparente. Si poteva intravedere chiaramente il reggiseno di pizzo che indossava sotto. Forse stava esagerando, avrebbe dovuto cambiarsi o sarebbe stata ridicola.
“Sei pronta?” chiedeva la voce di lui oltre la porta.
Si guardò per l'ennesima volta dubbiosa. Avrebbe potuto cambiare la camicetta in pochi minuti, ma non lo fece. Un guizzo d'orgoglio femminile la spinse a osare. Al diavolo tutto, era uno schianto.
Con decisione imboccò l'uscio e si ritrovò di fronte a lui. Per poco non ebbe un mancamento, era bellissimo. Non che si fosse vestito in maniera elegante, ma era diverso dal solito. Come se avesse posto più attenzione ai dettagli. Ed era dannatamente sexy.
“Andiamo?” chiese lei cercando di nascondere il suo turbamento.
“Certo.”  replicò lui con un tono indefinibile dopo averla guardata velocemente.
Era stata una sua impressione o si era accigliato per un momento?

Stava vivendo una serata magica. Lui l'aveva portata a ballare ed era stato gentile e galante per tutta la sera e poi, tornando a casa, l'aveva dolcemente presa per mano mentre si dirigevano a piedi verso casa. Il contatto delle loro mani era stato sconvolgente. Non aveva idea che un gesto così banale potesse essere così intimo. Era così emozionata che quasi non si rese conto del fatto che ormai erano davanti alla porta d'ingresso.  Le loro mani si separarono quando lui dovette cercare le chiavi e in quel momento lei senti uno strano gelo penetrargli nelle ossa. Istintivamente si strinse nelle braccia anche se sapeva benissimo che non sarebbe servito.
“Hai freddo?”
“Ecco... Un po', ma non è nulla. Ora metterò il pigiama e me ne andrò sotto le coperte, entro qualche minuto starò meglio.”
Lui annuì mentre le cedeva il passo nell'ingresso di casa. Improvvisamente lei si sentì imbarazzata, fuori posto. Come avrebbero dovuto salutarsi? Era stato un appuntamento o una semplice uscita fra amici? Doveva cambiare qualcosa nel suo solito atteggiamento? Lo guardò in viso e gli sembrò di leggervi dell'aspettativa, il problema era che lei non sapeva che cosa lui si aspettava.
“Io... Io credo che andrò a letto. È piuttosto tardi. Grazie della bella serata... Anzi, nottata. Sono quasi le cinque del mattino. Forse dovrei augurarti “buongiorno” e non “buonanotte”. In ogni caso, dormi bene.” concluse lei rendendosi conto di aver sproloquiato fin troppo.
Si voltò per andare verso la sua stanza ma si sentì trattenere dolcemente la spalla. Impaurita ed emozionata al tempo stesso, si voltò trovandosi con il viso a pochi centimetri da quello di lui.
“Non mi dai nemmeno il bacio della buonanotte?” chiese lui con un sorriso malizioso.
Sentì il rossore salirle alle guance e abbassò lo sguardo, ma lui le sfiorò il mento costringendola ad alzare il viso verso il proprio. Dopo pochi secondi che a lei sembrarono un eternità, in cui lui la guardò con intensità, finalmente le loro labbra si incontrarono. All'inizio fu un bacio dolce, come quello della sera prima, ma poco dopo la bocca di lui cominciò a esigere di più. Con passione malcelata le mordicchiò il labbro inferiore e lei dischiuse le labbra lasciando che la lingua di lui la accarezzasse. Intanto, i loro corpi si strinsero sempre più, fusi insieme in un abbraccio appassionato. Quando si separarono, erano entrambi ansimanti ed eccitati. I loro occhi brillavano per la passione che li divorava. Non sapendo come gestire il fuoco che le ardeva nelle vene, lei fece un passo indietro, assicurandosi che la lasciasse andare. Lui non disse nulla, ma le rivolse un sorriso triste.
“È stata una bellissima nottata, ma ora è meglio che io torni nel mio guscio. Buonanotte.” disse lei dirigendosi verso la sua camera.
“Non è necessario se non vuoi.” replicò lui con voce roca.
Quando si voltò a guardarlo notò i suoi occhi che sembravano volerla supplicare. Terrorizzata da quello che avrebbe potuto fare se avesse atteso ancora un minuto,  fuggì nella sua camera e vi si chiuse dentro.

Venerdì.

Cercare di prendere sonno era stato inutile. Neanche dopo una lunga doccia fredda. Tutto a causa di quel bacio. Quando l'aveva avuta fra le braccia e le loro labbra si erano incontrate, aveva perso il controllo. Aveva preso possesso di lei e della sua bocca, senza remore. La voleva, con tutto se stesso.
D'altra parte, quel bacio non era stata l'unica causa della sua insonnia forzata. Erano giorni che non  riusciva più a reprimere ciò che provava, che non riusciva a starle lontano. La sera prima era stata solo l'ultima delle tante tentazioni a cui si sottoponeva continuamente, ma questa volta aveva ceduto. Vederla così felice e sexy mentre rideva e ballava con lui, era stata una lenta tortura. A fine serata era ormai sull'orlo del baratro. Non era riuscito a evitare di tenerla per mano, rendendosi conto che non avrebbe più voluto lasciarla. E, infine, quel bacio. Era stato come gettare benzina nell'incendio che aveva in corpo. Avrebbe voluto tenerla con sé per tutta la notte e per tutte le notti avvenire, ma lei era fuggita. Era sembrata spaventata. Perchè era scappata? Forse non provava gli stessi sentimenti che provava lui? Eppure era convinto che lei avesse ricambiato il suo bacio...
Dopo essersi rivoltato nel letto per qualche ora con questi pensieri contrastanti, decise di alzarsi. Era inutile, quella notte non avrebbe dormito affatto. D'altra parte, non poteva certo definirla notte. Era mattino inoltrato quando si vestì e uscì dalla sua camera e dalla casa. Di lei non c'era traccia, forse dormiva ancora dato che erano rientrati all'alba. Sospirò pensando che forse era meglio così, per il momento.

Dopo aver passato tutta la giornata fuori, cercando di tenersi occupato in mille e inutili modi, rientrò a tarda sera. Non fu necessario domandarsi se lei era in casa, perchè gli era andata incontro sulla porta di casa.
“Ciao.” la salutò lui sorpreso e anche un po' interdetto. “Tutto bene?”
“Sì, ciao... Ecco, io... Io ero preoccupata. Sei sparito tutto il giorno.” replicò lei con voce flebile.
Sembrava vergognarsi per la sua reazione ed era arrossita violentemente mentre i suoi occhi guardavano ovunque pur di non posarsi su di lui.
“Avevo alcune cose da fare, mi spiace se ti sei preoccupata. La prossima volta ti avviserò se farò tardi.” disse lui accigliandosi.
Perchè lei aveva quello strano atteggiamento? Era solo intimidita per quello che era successo la sera prima o c'era dell'altro?
“No, scusami tu. Non devi rendere conto a me di come impieghi il tuo tempo. È solo che quando fai tardi ho sempre paura che ti succeda qualcosa di brutto.”
Lui fece qualche passo verso il salotto, si levò la giacca e la poggio sul divano, poi si voltò verso di lei. Si era appoggiata al muro, con lo sguardo rivolto a terra, come una bimba in punizione. Era assolutamente bellissima.
Si avvicinò a lei sino a trovarsi solo a un passo di distanza. Le prese le mani fra le sue e le strinse.
“Grazie.” disse semplicemente mentre cercava di non farsi distrarre dalla morbidezza della sua pelle.
“Perchè mi ringrazi?” domandò lei perplessa alzando lo sguardo verso di lui.
“Perchè non merito che una persona eccezionale come te si preoccupi per me.” concluse portandosi le sue dita alle labbra e baciandole.
Il colorito della ragazza diventò incandescente e lui poté percepire il suo polso accelerare e il suo respiro affannato.
“Io... Io non sono così speciale.”
Lui sorrise e le circondò la vita con le braccia stringendola a sé beandosi del calore della sua pelle delicata contro la sua.
“Tu sei molto più che speciale. Non ho usato la parola eccezionale a caso. Non ho mai conosciuto una donna come te e sinceramente dubito che ce ne siano altre al mondo.”
Lei abbassò il viso affondandolo sul suo petto e istintivamente lui si chinò e le baciò la nuca con dolcezza. Una volta, due volte, mille volte aveva sognato di stringerla a sé e di posare le sue labbra su ogni centimetro di quella pelle diafana e ora finalmente lo stava facendo.
E, a quel punto, fu come se il tempo si fermasse. Nessuno dei due avrebbe potuto dire quanto durarono quei baci e per quanto tempo i loro corpi rimasero abbracciati. Non ci furono più parole perchè ogni singolo sguardo, ogni sfiorarsi di labbra era diventato più significativo di un qualsiasi discorso.

Sabato.

Aprì gli occhi lentamente, non voleva svegliarsi, non dopo il sogno che aveva appena vissuto.
Era tra le sue braccia, coccolata e amata, come aveva sempre desiderato. Le loro labbra si erano cercate per tutta la notte e le loro mani non avevano cessato di esplorarsi freneticamente sino a che non li aveva raggiunti l'oblio del sonno.
Era stata la notte più importante della sua vita, non si era mai svegliata così felice. Lui l'abbracciava ancora, con il viso addormentato poggiato sulla sua spalla. Sembrava sereno e felice come lei.
Avrebbe potuto svegliarlo, avrebbe potuto domandargli cosa sarebbe successo ora, avrebbe potuto pentirsi di aver passato la notte con lui senza avere la certezza di avere conquistato anche il suo cuore, ma non fece nessuna di queste cose. Rimase immobile a guardarlo dormire e avrebbe potuto continuare a farlo per il resto della propria vita.
Lui spalancò gli occhi un'ora dopo, languido e assonnato come solo lui sapeva essere. Per un attimo temette di scorgere in lui una smorfia di delusione quando i loro occhi si sarebbero incontrati, ma non accadde. Lui sorrise. Senza dire una parola, le baciò le labbra, dolcemente, con un affetto che non pensava potesse mai dimostrarle.
“Ciao.” disse lei appena le fu possibile.
“Ciao.” replicò lui divertito mentre le dava un ultimo bacio sulla punta del naso. “Tutto bene?”
“Sì, sì, certo...” si affrettò lei a rispondere temendo di sembrare troppo insicura. “E tu?” chiese infine non riuscendo a evitare di preoccuparsi ancora di quello che lui avrebbe potuto provare.
“Come potrei non stare bene? Sei ancora fra le mie braccia, non sei fuggita, potrei restare qui per sempre.”
Dopo un attimo di stupore, lei sorrise imbarazzata e tentò di abbassare lo sguardo intimidita, ma lui intercettò il suo viso e la baciò ancora, con una dolcezza tale da farla commuovere. Mentre calde lacrime le solcavano il viso, lui le asciugava il viso con le sue labbra.
Forse stava impazzendo, forse aveva perso il senno a causa dell'amore che provava per lui, l'ossessione aveva preso il sopravvento e ora cominciava a considerare reali le sue fantasie.
Eppure era tutto dannatamente reale. I suoi baci, le sue carezze i loro corpi che reagivano alla vicinanza reciproca, non poteva essere solo frutto della sua immaginazione. Decise di smettere di pensare e di lasciarsi semplicemente trasportare dalle miriadi di emozioni che provava in quel magico momento.

Riuscì a lasciare il letto e a separarsi da lui solo quando ormai era sera. Ogni volta che aveva provato prima di allora, lui l'aveva attirata nuovamente a sé, non sopportando di lasciarla andare. Finalmente lei era riuscita a fargli capire che avevano entrambi bisogno di fare una doccia e vestirsi oltre che di mangiare, ma non era stato facile perchè lui voleva seguirla nella doccia e questo le avrebbe impedito di essere rapida come sempre.
“Non se ne parla. Tu farai la doccia dopo. Ci metterò solo cinque minuti.” gli aveva detto con tono deciso.
“Ma potremmo risparmiare molta acqua facendo la doccia insieme, non credi?” aveva insistito lui mentre le baciava lentamente il collo.
“No!” esclamò lei attingendo a tutta la sua forza di volontà. “Succederebbe l'esatto contrario. Ora vado io e quando avrò terminato potrai lavarti tu, mentre io preparerò la cena.”
“D'accordo, ma non sarà divertente.” acconsentì lui sbuffando e nascondendo un sorriso.
Mentre si occupava della cena, non poteva fare a meno di ripensare a quello che era successo negli ultimi giorni e, in particolare, nelle ultime ventiquattro ore. Era felice e sorrideva senza neanche rendersene conto.
Aveva appena posato i piatti sul tavolo quando lui le arrivò alle spalle e l'abbracciò, infilando il viso nell'incavo della sua spalla.
“Che profumino...” sussurrò lui con dolcezza.
“Non ho preparato niente di elaborato, si tratta solo di...”
“Parlavo di te, non del cibo. Sei molto più appetitosa di qualsiasi manicaretto.”
Lei arrossì e rise. Una frase del genere avrebbe potuto suonare banale e sciocca detta da chiunque altro, ma sentirla uscire dalle labbra dell'uomo che amava era decisamente fantastico.

Domenica.

Lottando contro se stesso, quella mattina si era separato da lei che dormiva ancora nel suo letto. Se avesse potuto esprimere un desiderio, sarebbe stato quello di dilatare il tempo e fare in modo che quel momento di felicità durasse in eterno. Ecco, questo è il mio paradiso, pensava, non so cosa ho fatto per meritarlo, ma ora che ci sono, nessuno me lo porterà via.
Si era svegliato con quella consapevolezza e aveva preso all'istante una decisione: avrebbe fatto di tutto, qualsiasi cosa, per preservare la felicità raggiunta.
Ecco perchè si era alzato quella mattina, ecco perchè l'aveva lasciata sola a dormire nel suo letto, anche se avrebbe voluto con tutto se stesso restare con lei e continuare a tenerla fra le braccia per giorni e giorni, a costo di morire di inedia.
Doveva fare in modo che quella giornata fosse speciale perchè sarebbe divenuta l'inizio della sua nuova vita. Una vita accanto alla donna che amava da anni ma che sino a quel momento aveva tenuto a distanza, e lui era certo che lei ne avesse sofferto tremendamente. Ora con un unico gesto poteva espiare per quello che le aveva fatto passare e, allo stesso tempo, coronare un sogno che coltivava da anni, praticamente dal momento che l'aveva incontrata.

Quella sera tutto era pronto. Il suo geniale piano era stato attentamente pianificato, non poteva fallire. Quella mattina le aveva lasciato un biglietto in cui, in modo molto vago, le diceva di avere alcuni impegni per la giornata ma che sarebbe riapparso in tempo per portarla fuori a cena. Sperava che questa informazione creasse in lei una gioiosa aspettativa e che sarebbe stata radiosa quando l'avrebbe raggiunta. Era così bella quando era felice!

Si era presentato da lei alle otto in punto, vestito elegantemente e con una splendida orchidea come omaggio. Lei gli aveva sorriso arrossendo e aveva sussurrato un timido  “Grazie” poco prima di posargli un casto bacio sulla guancia, proprio all'angolo della bocca.
Galantemente, lui aveva stoicamente mantenuto il controllo e poi le aveva offerto il braccio per guidarla fuori casa dove li attendeva un taxi.
Lei era sorpresa ma vi salì volentieri. Era lusingata da tutte quelle attenzioni e non sapeva come esprimere la sua gioia se non sorridendo.
“Dove mi porti?” gli chiese infine emozionata.
“È una sorpresa e, proprio per questo, dovrai indossare questa.” rispose lui porgendole una sciarpa scura.
“Che cos'è?”
“Una benda.” replicò lui mentre faceva scorrere il morbido tessuto sulla pelle di lei. “Non devi preoccuparti di nulla. Ti fidi di me, vero?”
“Lo sai che ho totale fiducia in te, ma tutto questo mi mette un po' in agitazione.”
Lui fece un nodo alla benda e poi gentilmente la fece voltare verso di lui. Senza dire una parola, posò le sue labbra su quelle morbide di lei. Mentre il loro bacio diventava più intenso, le braccia di lei gli circondarono il collo e i loro corpi si strinsero l'un con l'altro. Avrebbe potuto farla sua in qualsiasi momento, anche in quel taxi, fregandosene del tassista e di chiunque altro, solo loro due, ma non lo fece. Aveva un piano, aveva organizzato ogni cosa. I suoi istinti dovevano tacere, almeno per il momento.
Quando l'auto si fermò entrambi ripresero fiato. I loro respiri affannati correvano alla stessa velocità, come anche i loro cuori.
“Posso toglierla ora?” chiese lei riferendosi alla benda.
“Non ancora.”
Lui scese dall'auto e fece il giro dall'altro lato per aprirle lo sportello e aiutarla a scendere. La prese per mano e le si posizionò leggermente alle spalle per guidarla.
Le indicò ogni gradino, ogni dislivello, ogni porta e, infine, si fermò.
“Siamo arrivati ma tieni la benda ancora un po'.”
“Sii più preciso. Cosa intendi con “un po'”?”
“Solo qualche minuto, giuro. È solo che, prima che tu veda, ho qualcosa da dirti.”
“Allora dimmi. Ti ascolto.”
“Quest'ultima settimana avrebbe potuto essere una settimana come le altre ma non lo è stata. Non sono mai stato così felice. E non posso fare a meno di ripetermi che sono un idiota. Avrei dovuto arrivare a questo punto molto tempo fa, ma per orgoglio e paura, non l'ho fatto. Sono rimasto a guardare mentre tu soffrivi per la mia indifferenza. Sono stato un vigliacco. Avrei dovuto dirti anni fa che sei la cosa più bella che mi sia mai capitata. Avrei dovuto prenderti fra le braccia e baciarti e farti mia, avrei dovuto sposarti e renderti la madre di una mezza dozzina di piccole pesti. E invece non l'ho fatto. Ho finto con tutti, e soprattutto con me stesso, di non vedere il male che ti facevo e di non provare nulla per te. Ora però, le finzioni spariranno. Ora le cose andranno per il verso giusto.” concluse infine mentre le toglieva la benda.
La vide sbattere le palpebre per trattenere le lacrime e guardarsi intorno confusa.  Lo stupore si disegnò sul suo volto e si portò una mano alle labbra per reprimere un urlo di sorpresa. Milioni di fiori li circondavano ed erano di ogni colore. Margherite, orchidee, rose, azalee, gigli, tulipani, ortensie, giacinti, magnolie, viole... Lui non ricordava nemmeno tutti i nomi di tutti i fiori, ma sapeva che lei li conosceva. E sapeva che avrebbe amato quel posto all'istante. Non sapeva se era mai stata al giardino botanico prima di allora, ma era certamente il luogo ideale per quella serata.
“È bellissimo.” sussurrò lei commossa.
“Sapevo che ti sarebbe piaciuto.” replicò lui prendendole una mano fra le sue e portandosela delicatamente alle labbra. “Spero che l'atmosfera sia quella giusta perchè non posso più aspettare per dirti che ti amo.” aggiunse infine.
La vide deglutire e chiudere gli occhi per un secondo mentre delle lacrime le rigavano le guance. Quando li riaprì sorrideva.
“Anche io ti amo. Lo sapevi già, ma sono felice di potertelo dire.” rispose lei voce roca per l'emozione.
Lui sorrise e la baciò, assaporando le sue labbra e le sue lacrime. Quando si separò da lei si inginocchiò e la guardò mentre il suo viso impallidiva per lo stupore.
“Sposami.” disse semplicemente mentre sfilava un astuccio dalla tasca della sua giacca e lo apriva di fronte a lei.
Lei era rimasta immobile, senza parole, guardandolo come se temesse che potesse scomparire da un momento all'altro. Forse era stato troppo. Forse aveva agito troppo in fretta, non le aveva dato abbastanza tempo.
“Dici davvero?” domandò lei con un filo di voce.
“Non avrei fatto tutto questo se non ne fossi convinto. Sai, generalmente, questo posto non è aperto ai visitatori la domenica. Ho dovuto farmi restituire alcuni favori per rendere questa serata unica e speciale, e non lo avrei fatto se avessi avuto anche solo un dubbio.”
Lei annuì ma lo guardava ancora confusa e taceva. Lui si rialzò e la prese fra le braccia.
“Capisco che tu abbia dei dubbi. Una settimana fa non avresti immaginato che le cose sarebbero andate in questa maniera e, soprattutto, che sarebbe cambiato tutto così in fretta. Però, io sono dell'idea che bisogna recuperare tutto il tempo che abbiamo perso, per colpa mia, lo ammetto. Non sprechiamo un minuto di più a farci inutili domande. Sappiamo entrambi di appartenerci e di voler passare il resto della nostra vita insieme. È inutile rimandare solo perchè sembra troppo affrettato, non credi?”
Lei abbassò il viso e si guardò intorno, come se cercasse una conferma nei fiori che la circondavano. Poi chiuse gli occhi e fece un profondo respiro. Quando li riaprì, sorrideva.
“Hai ragione. Forse è tutto affrettato e folle, ma d'altra parte sono anni che aspetto questo momento e l'amore è folle, giusto? Quindi, se davvero vuoi sposarmi, la mia risposta è sì.”
Un esplosione di gioia lo invase facendolo sentire come ubriaco. La prese ancora fra le braccia e la sollevò sino a che i loro visi erano alla stessa altezza.
“Amore mio, mi rendi così felice! Farò del mio meglio per essere il marito che meriti.” disse prima di baciarla con dolcezza, come per suggellare quella promessa.




Un mese dopo.

Lo specchio rifletteva la sua immagine, ma faceva fatica a riconoscersi. Il viso truccato, i capelli acconciati con eleganza, l'abito che faceva risaltare il suo corpo, quella nello specchio non sembrava lei. Forse era un sogno, un bellissimo e crudele sogno da cui si sarebbe svegliata più triste che mai.
“Sei pronta?” le chiese la sua migliore amica comparendo nello specchio accanto a lei. “Sei bellissima. Nervosa?”
“Io... Sono terrorizzata.” replicò lei senza riuscire a distogliere lo sguardo dal suo riflesso.
“Ti capisco cara, ci sono passata anche io, però ora devi farti coraggio. Mio marito ti aspetta per accompagnarti all'altare.”
L'ultima parola la risvegliò dal suo torpore, ricordandole che era tutto vero.
Era il giorno del suo matrimonio. Lei era la sposa. L'uomo che amava l'attendeva all'altare. Non poteva e non doveva esitare. Tutto era pronto, tutto era perfetto.
Se solo i suoi genitori e suo fratello fossero stati ancora vivi per assistere a quello che sarebbe stato il giorno più bello della sua vita! Loro l'avrebbero osservata dal cielo.
Guardò ancora in viso la sua migliore amica che le avrebbe fatto anche da damigella d'onore. Suo marito avrebbe fatto le veci di suo padre accompagnandola. Ormai erano diventati loro la sua famiglia, c'erano stati in ogni momento difficile degli ultimi anni, aiutandola sempre come una figlia. Era quindi giusto che rappresentassero un po' i suoi genitori.
Si fece coraggio e raggiunse la sua postazione. Il suo accompagnatore era rigido e impacciato nello smoking mentre arrossiva e sudava copiosamente.
“Sei molto bella.” si sforzò di dire il gigante.
“Grazie.”
Quando partì la musica il suo cuore mancò un battito. Era arrivato il momento. Aveva di nuovo paura. E se qualcosa fosse andato storto? E se lui non si fosse presentato? O peggio, se si fosse pentito ma magari la volesse sposare comunque per semplice orgoglio?
Mentre questi pensieri le vorticavano intesta avevano iniziato il lento percorso lungo la navata della piccola chiesa. Avrebbe dovuto concentrarsi sul non calpestare il vestito ma riusciva solo a pensare che sicuramente sarebbe andato tutto male.
Tutti i loro amici erano presenti. Si trattava di un gruppo piuttosto piccolo, perchè i veri amici di cui si fidavano non erano tanti, ma eccoli tutti lì, felici e sorridenti perchè finalmente si erano decisi a dichiarare al mondo il loro amore.
Guardando verso l'altare lo vide. Accanto al prete, sulla destra, lui era lì che l'aspettava con un sorriso felice e incoraggiante. Nessun segno di pentimento gli si leggeva in viso. Sentendosi più rilassata, anche lei sorrise, giusto in tempo per arrivare davanti all'altare e fermarsi di fronte all'uomo che amava.
Avrebbe potuto andare tutto male, ma non accadde. Fu un matrimonio semplice e perfetto, come lei aveva sempre desiderato.

FINE.
   
 
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