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Autore: fila    24/02/2012    1 recensioni
Questa è la mia personale visione di ciò che può succedere un San Valentino qualsiasi a Volterra. Corin e Santiago, Marcus, Gianna, Demetri e Heidi, Caius e Athenodora, Aro e Sulpicia vi aspettano per festeggiare.
La storia partecipa all'iniziativa "Latin Lover" indetta da Collection of Starlight
Genere: Generale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Corin, Volturi
Note: Raccolta | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
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E' in un giorno di pioggia che ti ho conosciuta, il vento dell'ovest rideva gentile e in un giorno di pioggia ho imparato ad amarti mi hai preso per mano portandomi via.

In un giorno di pioggia - Modena City Rambles -

 

 

Per sempre

 

 

Lo strano trio di cantori si guardò attorno nella penombra, appena rischiarata da qualche candela, e videro ampie librerie cariche di libri dall'aspetto vetusto.

«Che freddo!» balbettò quello che sembrava il portavoce del gruppo, l'angelo tarchiato.

Marcus si accomodò in una poltrona e chiuse gli occhi. «Sono pronto, iniziate pure.»

«Cosa desiderate ascoltare?» domandò l'angelo magro.

«Tutto il repertorio» fu la laconica risposta.

«Tutto?» bisbigliò l'angelo alto all'orecchio dell'amico che aveva appena parlato. «Questo mi sembra un po' tocco.»

«Poco ma sicuro! Però hai visto quanti bei bigliettoni viola ha allungato a Luca? Per tutto quel ben di Dio sono disposto a qualsiasi cosa» rispose l'amico.

Marcus accennò un debole sorriso.

Luca, l'angelo grassoccio, richiamò i due all'ordine con un colpetto di tosse. Enrico, il magro, estrasse nuovamente l'i Phone e la musica tornò a riecheggiare a Palazzo dei Priori.

 

 

E' in un giorno di pioggia che ti ho conosciuta,

il vento dell'ovest rideva gentile

e in un giorno di pioggia ho imparato ad amarti

mi hai preso per mano portandomi via.

 

 

 

Era una giornata uggiosa di metà marzo, quando Aro tornò alla domus, che divideva con Caius e Marcus, con un'ospite.

«Hai portato un ben misero spuntino!» disse Caius e indicò l'esile figura ammantata che seguiva Aro.

«Ti sbagli, amico mio, lei è qui per restare a vivere con noi» replicò il vampiro bruno.

Caius brontolò qualcosa sul fatto che non gradisse per casa ospiti di sesso femminile e si allontanò.

Marcus, al contrario, posò la pergamena che stava vergando con calligrafia minuta e precisa, e si avvicinò alla figura sorridendole.

«Benvenuta, cara ospite. Entra pure, non restare sotto la pioggia a inzupparti» disse. «Aro, perché non mi presenti la tua invitata?» chiese.

L'interpellato cinse la vita della ragazza e l'accompagnò all'interno della dimora.

«Vieni, mia cara, asciugati vicino a questo braciere» disse Aro. «Marcus, ti presento mia sorella, Didyme.»

Lei si avvicinò al fuoco e si tolse il logoro mantello zuppo d'acqua. I suoi riccioli bruni le aderivano, bagnati, al viso, incorniciandolo e mettendo in evidenza un paio di vivaci occhi scuri.

Marcus s'incantò nel fissare quel volto ammaliatore; Didyme arrossì ma lo fissò a lungo a sua volta.

«Volete che torni più tardi?» domandò Aro, dopo un paio di minuti di silenzio.

Didyme divenne paonazza e distolse lo sguardo, Marcus riacquistò il controllo delle sue emozioni e l'uso della parola.

«Non dire sciocchezze, amico mio. Didyme, sii la benvenuta in questa dimora» commentò e con un cenno richiamò i servitori perché conducessero la ragazza ove potesse cambiarsi e rifocillarsi.

Didyme guardò il fratello, dubbiosa, poi rassicurata da un suo cenno di assenso, seguì l'ancella.

«Vai tranquilla, d'ora in poi non dovrai più temere nulla, perché ci penserò io a proteggerti» le disse Aro, prima che si allontanasse.

«Ci penseremo noi» lo corresse Marcus, sorridendole.

«La ringrazio, nobile Marcus, per la sua ospitalità» disse Didyme, gli rivolse un sorriso radioso e poi corse dietro l'ancella.

Marcus capì che avrebbe detto o fatto qualsiasi cosa pur di vedere ancora quel sorriso.

 

 

«Ancora» disse Marcus ad occhi chiusi.

«Scusi?» chiese l'angelo alto.

«In un giorno di pioggia, cantatela ancora» replicò il vampiro.

 

 

Didyme, ormai vampira, rideva ballando sotto la pioggia.

«Vieni, Marcus, finalmente è tornata la primavera! Adoro quando la vita riprende dopo la pausa invernale» gridò.

Un'ondata di felicità avvolse Marcus come una coperta calda in un giorno d'inverno. Lui sorrise e la raggiunse nel campo pieno di pratoline e violette. Didyme lo prese per mano e lo condusse fino alla riva di un ruscello. Lì si sedette e cominciò a raccogliere mazzolini di fiori. Marcus le si accomodò a fianco e le scostò un ricciolo ribelle che le era scivolato sul viso, scappando dall'acconciatura. Rimirò a lungo la vampira ridere e chiacchierare, poi, con un movimento fluido, le mise davanti agli occhi un piccolo scrigno dorato.

«È per te» disse serio. Lei prese l'oggetto con mani tremanti, lo aprì e, dopo aver ammirato con occhi sfavillanti l'anello al suo interno, gettò le braccia al collo di Marcus.

«Sì» disse Didyme tra un bacio e l'altro.

Marcus sorrise. «Sei proprio come tuo fratello: non dovresti aspettare che ti chieda di sposarti prima di rispondermi?» chiese.

«Allora domandamelo!»

 

 

«Di nuovo!» disse Marcus.

«È sicuro di non voler sentire altro? Sono due ore che ripetiamo sempre lo stesso pezzo!» disse l'angelo alto con un sospiro.

«Di nuovo» fu la risposta.

 

 

«Andiamo via, lasciamo tutto questo!» disse Didyme allargando le braccia e mostrando Volterra. «Non vedi che questo non è più il nostro sogno? Cosa ce ne facciamo di un impero? Mi basti tu per essere felice e questa vita ti allontana troppo tempo da me.»

«Amore mio, questa è la nostra casa, perché vuoi lasciarla? Abbiamo faticato così tanto per costruire ciò che abbiamo...» rispose Marcus.

«Quindi questo Palazzo vale più di noi?» domandò la vampira, triste.

«Nulla vale più del nostro amore. Ho giurato di aver cura di te, per sempre, il primo giorno che ti vidi: se per te è così importante andare, allora lo faremo» promise il marito.

L'ondata di felicità che lo raggiunse era così pura e intensa da rendere superflua ogni altra parola.

 

 

«No! Ora basta! Non voglio più ricordare ciò che successe!» ringhiò Marcus e balzò fulmineo sul gruppo di cherubini terrorizzati. L'I phone cadde a terra e finì in mille pezzi, facendo ripiombare la biblioteca nel silenzio.

Marcus prese un astuccio dorato dalla tasca, lo aprì, lo posò sul tavolo vicino alla sua poltrona e infilò una rosa scarlatta nell'anello che aveva regalato a Didyme tanti secoli prima.

«Mi prenderò cura di te ogni giorno della mia vita, mia adorata, anche se solo nei miei ricordi, ormai» disse.

Abbassò lo sguardo a terra e vide i corpi senza vita dei tre angeli.

«Decisamente erano meglio come dessert che come cantori. Devo ricordarmi di ricompensare Gianna» pensò aprendo la porta per chiamare qualcuno a pulire la biblioteca.

Aveva quasi chiuso l'uscio alle sue spalle, quando gli parve di udire la risata dolce e gioiosa della moglie che lo seguiva.

«Sarai con me per sempre; buon San Valentino, amore mio» disse Marcus con un sorriso.

 

 

 

Note: dopo aver fatto da Cupido per tutte le coppie di Volterra, ecco un capitolo tutto dedicato a Marcus. Spero vi sia piaciuto.

 

 

  
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