Botta
L'aveva
aspettata per tutto quel tempo.
Mesi,
forse anni, la voleva, la desiderava.
Sembrerà
assurdo, sì, ma tra le tante situazioni che si divertiva
a creare e sviluppare, magari a suon di musica, quella era l'unica che aveva
lasciato in sospeso, senza immaginarne un seguito.
Non c'era un motivo preciso, forse perchè era la più vero simile,
la più probabile.
Forse
perchè lei sapeva che prima o poi sarebbe
successo.
Questo
perchè lei, non appena suonava la campana che annunciava l'inizio della
ricreazione, si avvicinava alle sue compagne per trascinarle in quel bagno così
lontano, nel corridoio superiore.
E fremeva d'impazienza se queste si dilungavano a
parlare o avevano in mente un tragitto un po' diverso.
Perchè
lei sapeva che lui se ne stava sempre lì, circondato dagli amici, sulla
soglia della sua aula che, guardacaso, era proprio
davanti a quel bagno.
Le scuse
che usava per portare le sue amiche dall'altra parte della scuola
erano multeplici: una volta perchè quella partita di bagni era l'unica ad avere
i cestini per gli assorbenti, altre volte diventava inspiegabilmente l'unico
che possedeva uno specchio.
Ma le ragazze lo sapevano e non si lamentavano.
La
seguivano fino a lì, risparmiandosi le battutine ironiche.
Oppure si mettevano in fila davanti al distributore delle
bibite calde, ma proprio QUEL distributore, davanti a QUELLA classe.
All'inizio
le bastava vederlo all'entrata e talvolta incontrarlo per i corridoi per essere
felice.
Ma ora non più.
Troppo
tempo era passato da quando si era sentita felice per
così poco.
Troppo.
Perchè
lei sapeva che lui non la voleva.
E quindi soffriva.
Aveva un
bisogno psicologico di lui, lo amava.
Forse
davvero, forse no.
Ma comunque ne era convinta.
Così
aveva cominciato a creare sogni a lieto fine, baci
inaspettati, dichiarazioni inaspettate.
Ogni cosa
alla fine trovava il suo giusto tassello e non c'era nessun problema.
Ogni
volta che le veniva un'idea diversa, la storia era diversa
e così via.
Ma quando
le era venuta in mente quella, aveva deciso di non
farne un seguito.
Forse
perchè era la meno spettacolare delle sue idee.
Forse
perchè comunque lei sapeva che sarebbe
accaduto.
Voleva
una botta.
Un
semplice scontro casuale per i corridoi.
Forse
avrebbe risvegliato la loro amicizia, morta da più di un anno ormai.
Forse
avrebbe risvegliato persino l'amore.
Sì,
perchè magari, se entrambi andavano di fretta senza
prestare troppa attenzione agli altri studenti, al primo incrocio si sarebbero
scontrati.
Una bella
botta, s'immaginava, e all'inizio qualche insulto quasi-amichevole.
Poi
sarebbero scappati quei due timidi sorrisi, e avrebbero ricominciato a salutarsi quando s'incontravano.
Era un
inizio, e non era andata oltre.
Perchè le
probabilità di una botta così, infondo, non erano troppo poche.
Pensava a
questo mentre tornava in classe dopo la fine della
ricreazione.
L'aveva
già visto davanti alla sua classe, ma in quel momento lui era nella sua aula,
un piano più su, e lei percorreva ridente il remoto corridoio della parte
vecchia della scuola, dov'era stata emarginata la terza B.
Camminava
chiaccherando allegra con Jean, quando un compagna
dietro di lei la chiamò per salutarla.
Sì girò
per scambiare quattro battute, senza fermarsi, procedendo all'indietro come un
gambero, come spesso fanno i ragazzi che sono in
ritardo a una lezione.
Fece
mezza giravolta per tornare sui suoi passi, senza guardare bene dove andava,
ormai i corridoi erano deserti!
E allora sentì l'urto non indifferente alla spalla.
Si girò
di scatto, con l'intenzione di aggredire chiunque avesse osato venirle addosso
in quel modo, ma non appena aprì la bocca, vide il fruscio dei suoi capelli
biondi sparire veloce dietro l'angolo e ogni imprecazione le morì in gola.
In effetti lui andava di fretta e non prestava troppa
attenzione agli altri studenti.
Avrebbe
voluto dire qualcosa, forse qualcosa di brutto, forse qualcosa di strano.
Sbattè
due o tre volte gli occhi neri.
Ma tutto quello che riuscì a dire fu: << Oh!
>>
Eccola
qui, la sua botta.
Mao chan