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Autore: StephEnKing1985    25/02/2012    1 recensioni
- Marco? - chiamò Manuel. Marco era lì seduto sul panettone di cemento a piangere sconsolato.
Manuel gli andò vicino e s'inginocchiò di fronte a lui, incontrando i suoi grandi occhi color cioccolato, ora bagnati dalle calde lacrime- Ehi - gli disse - Ma perché piangi? Guardati intorno. C'è Torino di notte che è tutta per noi. E poi... Ci sono io con te. - Gli sorrise e gli porse la mano. Marco lo guardò. In quegli occhi azzurri c'era molta più sincerità di quanta non ne avesse mai vista in vita sua... Quegli occhi color cristallo gli sorridevano, e sembravano dire "Non abbandonarmi, amico mio. Se mi abbandoni, tutto sarà stato vano." Marco allora prese quella mano e Manuel dolcemente lo tirò su. - Andiamo - disse soltanto.
- Ti voglio bene, Manuel. - sussurrò Marco all'orecchio di Manuel, mentre sotto di loro il Po scorreva tranquillo...
- Ti voglio bene anch'io, Marco. - rispose Manuel, stringendolo ancora di più nell'abbraccio.
*****

Marco e Manuel. Un anno d'età di differenza, anni luce differenti per modi di pensare ed agire. Eppure così simili, così saldamente uniti da un legame fraterno che li farà incontrare e sperare di nuovo nella vita. Sostegno l'uno dell'altro contro le delusioni della vita, prime fra tutte quelle d'amore. Una meravigliosa storia di amicizia, che vede protagonisti Marco De Cristina e Manuel Chiaravalle, già presenti nelle fiction di Notrix "Finalmente... Laureati!" e "Troppo bello per essere vero". In questo nuovo romanzo, Notrix ci conduce per mano verso un grande ed inesplorato parco (la città di Torino, che ha dato i natali a Marco e Manuel), dove la falsità e l'opportunismo sono elementi del paesaggio, e dove due ragazzi, così differenti in tutto e per tutto, trovano nell'amicizia una sicurezza contro le avversità della vita.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quella mattina in ufficio Marco aveva più lavoro che aria da respirare. Tra una chiamata e l’altra, tra una pratica di smarrimento colli e una lamentela per colli danneggiati, stava esaurendo la pazienza. C’erano quattro chiamate in coda al centralino, e lui doveva essere veloce a risolvere i problemi di tutti.

- Buongiorno sono Marco, come posso aiutarla? –

- Marco? Sono Rocco. – disse la persona dall’altro capo del telefono.

Marco si toccò la cuffia sinistra per essere sicuro di aver capito bene. Davanti a lui, lo schermo mostrava il gestionale dell’azienda, un insieme di cifre e stringhe di dati.

- Rocco?!? – il suo tono era tra il sorpreso e lo sconcertato – Ma che cosa cazzo ti salta in mente di chiamarmi in ufficio? Non sai che …? –

- Ho parlato con tre dei tuoi colleghi prima di beccarti. Ascolta, io mi sono reso conto di aver fatto un errore. Vieni fuori. – disse Rocco, chiudendo la telefonata.

Come trasportato da una strana forza, Marco si alzò lentamente dalla poltrona, andando verso la finestra. Quel matto del suo ex ragazzo era lì, che lo aspettava con le mani in tasca. Senza accorgersene, si ritrovò fuori. Lì, Rocco era lontano. Cercò di raggiungerlo, ma lui si allontanava progressivamente, al tempo stesso non riusciva più a correre. Si sentiva il fiatone.

- Rocco… - disse, ma dalla sua bocca non uscì alcun suono.

 

*****

 

- Marco – disse la voce di Manuel, accanto a lui – Sei sveglio? –

- Mmm – mormorò Marco, stropicciandosi un po’ gli occhi. Leggermente sbalestrato, non si rese conto subito di essere sul treno, gli ci vollero un po’ di secondi affinché il suo cervello riconoscesse il fatto che era stato tutto un sogno.

Dolcemente, Manuel gli prese la mano. Marco alzò lo sguardo e incontrò quel sorriso franco e cordiale, e lo ricambiò a sua volta.

- Stavi facendo un brutto sogno. – lo avvertì Manuel, stringendogli un po’ la mano – Continuavi a chiamare il tuo ragazzo. –

- Ho sognato di lui. Mi chiamava, ma non riuscivo a raggiungerlo… - disse piano Marco, sospirando. – Manca ancora molto? – domandò, guardando fuori dal finestrino. Il tempo era un po’ grigio, minaccioso di pioggia.

- Non molto. Siamo quasi arrivati. –

Il treno si infilò in una galleria, divenendo buio all’istante. Nello scompartimento c’erano soltanto loro, e la galleria sembrava abbastanza lunga. Il rumore delle ruote sulle rotaie era ritmico e continuativo, quasi ipnotico. Nel generale silenzio che si era creato, rotto soltanto dal frastuono del treno, Marco e Manuel si rilassarono, le loro mani ancora unite nella stretta. Improvvisamente, qualcosa colpì il finestrino, facendo un rumore distinto, come uno splat.

- Ahhh! – strillò Marco. Lo stesso fece Manuel, contemporaneamente abbracciandosi forte. Restarono così per un bel po’ di secondi, fino a che la luce non rischiarò di nuovo lo scompartimento. Aprirono gli occhi, scoprendo di essere ancora vivi, e si guardarono. Marco era spaventato, e così anche Manuel. Come due gemelli, guardarono il finestrino. Era sporco di sangue e c’erano delle piume attaccate.

- Probabilmente un piccione ha colpito il vetro – disse Manuel. Le sue braccia ancora avvolgevano le spalle di Marco.

- Già. Poveretto. – tagliò corto Marco, ancora abbracciato. Arrossì leggermente, poi i due si sciolsero dall’abbraccio e non dissero più una parola fino all’arrivo.

   
 
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