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Autore: Willy Wonka    26/02/2012    2 recensioni
George scoppiò in una risata pazzesca, come mai aveva riso in vita sua. Questo era il suo grande potere: riusciva sempre a strappargli un sorriso, anche nelle situazioni meno appropriate. “Sei proprio un pazzo Ringo!” disse dandogli un piccolo pugno sulla spalla. Si lasciò invadere le orecchie dalla risata dell'altro, poi chiuse gli occhi divertito. Si appoggiò allo schienale morbido del suo posto, forse poteva sperare di dormire almeno un po', quanto bastava per potersi risvegliare a terra e in un altro stato. Sarebbe stato possibile chiudere gli occhi per un secondo e BAM! riaprirli in un'altra dimensione? Puff. Tutto finito. Ma la paura di precipitare tornava feroce e gli faceva salire brividi su per tutta la spina dorsale. Stava per prendere le pastiglie dalla tasca del cappotto quando... un calore alla guancia lo colse alla sprovvista.
Genere: Comico, Fluff, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: George Harrison, Ringo Starr
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Quando alla fine decise di rimanere ancora un po'



Ringo continuava a saltare dentro a tutte le pozzanghere che vedeva, sembrava un cane con il muso contro la pioggia.
E questa scendeva, scendeva feroce, scivolava sui capelli di George, sul suo viso, sui suoi vestiti, sulle sue scarpe. Cercava di correre e di seguire Ringo verso casa sua, ma veramente tutta quell'acqua impediva anche solo di scorgere l'orizzonte.
“Hey Ring-” cercò di gridare George, ma un tuono gli fece morire le parole in gola, così dovette ripetersi urlando più forte. “RINGO!”
“Che c'è?” chiese l'altro voltandosi e tenendosi il cappello fermo sulla testa in modo da combattere il vento.
“Se continui così ti verrà un accidente!”
“Cos'è che ha il mio agente???”
“Daah!” lo mandò al diavolo George. E sempre mandandolo al diavolo, saltellò verso di lui mezzo spazientito. “Sei davvero insopportabile Ringo!”
“Sì! Ti adoro anch'io George!” gli gridò in faccia sorridendo.
Il chitarrista lo guardò confuso.
“Ringo che ore sono?”
“Di solito il Lunedì!!!”
L'altro scosse la testa arreso, e gli si avvicinò ancor di più borbottando fra sé e sé. Gli afferrò i baveri del suo cappotto troppo leggero per quell'acquazzone.
“G-George ma cosa stai-”
“Sta zitto!” rispose abbottonandolo sul davanti “sei sordo più di una campana! Sei tutto aperto sul davanti! Capito? Sul davanti!!!”
“Oh ma chi se ne importa! Dai che ho freddo!”
George nemmeno lo stette a sentire e continuò a sistemagli il cappotto. Quando ebbe finito, e dopo essersi preso un'occhiata terribile dall'altro, della serie ti-comporti-come-mia-madre, lo fissò ancora qualche istante, fece una smorfia, esitò un attimo e poi si decise.
Trafficò con la sua lunga sciarpa rossa, se la tolse e paratosi nuovamente di fronte all'amico gliela sistemò per bene attorno al collo stringendola appena. Vedendo gli occhi confusi dell'altro, cercò di dare spiegazioni, ma ben presto si ricordò che i tuoni, la gente intorno a loro che parlava e le auto che incessantemente passavano sopra alle grandi pozzanghere della strada non aiutavano di certo.
Tenne le sue mani salde sulla sciarpa, inclinò leggermente la testa e curvatosi appena verso di lui avvicinò le sue labbra al suo orecchio.
“...sennò morirai assiderato...” bisbigliò con voce calda ma sufficiente per farsi capire dall'altro.
Ringo rimase di pietra. L'amico si allontanò da lui con un dolce sorrisetto, e lo lasciò lì, per qualche secondo buono, impalato in mezzo al marciapiede mentre la gente gli passava da ogni parte. Non sapeva spiegarselo, davvero. Solo una canzone di John e Paul ci sarebbe riuscita. Sentiva una specie di tremore, di formicolio, salirgli su per tutta la spina dorsale ed arrivare fino alle punte dei capelli. E che cos'erano in quel momento i clacson delle auto in coda, gli uomini che sbraitavano ordini al telefono, il cielo che suonava le percussioni? C'erano solo lui e George. La sua voce. Il suo odore. Le sue...
“Dai vieni!” lo scosse dal suo stato semi-cosciente. “Ringo!”
“S-sì! Arrivo!” e lo seguì a passo affrettato fino all'incrocio, per poi girare a sinistra.


Dopo un paio di minuti i due erano già fortunatamente rinchiusi in casa di Ringo, a cercare di accendere il camino sgocciolando acqua da tutte le parti. George si avvicinò un attimo alla finestra del salotto e con una mano scostò la tenda leggera. “Appena si sarà calmato là fuori, me ne andrò non preoccuparti”
Ringo lo guardò sconcertato tirando fuori da un cassettone coperte e cuscini e gettandoli sul divano.
“Tranquillo, questi temporali non durano mai troppo a lungo”
“Sei un cretino George!”
“Ti ringrazio per la dolce risposta” disse sarcastico.
“Non puoi uscire in piena notte!”
“Hai ragione! O-oddio R-ring-go....”
“COSA? CHE C'E'?”
“E SE INCONTRASSI JACK LO SQUARTATORE???????” gridò voltandosi di scatto ed afferrando la lampada accesa che stava sul mobile lì vicino.
“A-ah piantala dai” gli rispose seccato l'altro.
“Ehi dai, scherzavo” si scusò “ma che hai?”
“Nnnh? Nulla nulla”
George lo esaminò per bene e lo seguì ovunque stesse andando.
“Sei tutto rosso in volto...”
“h-ho solo un po' di mal di testa, tutto qui”
“Sicuro?”
“Certo! E ora vattene di sopra prima che t'ammazzi...” gli ordinò stringendosi gli occhi con le dita.
“Oh Ringo ma io non voglio-”
“No. Voglio io. Fila in camera Harrison! O dirai addio alla tua carriera da chitarrista!”
“Ok ok vado! Ma sappi che non è perché mi fai paura!!!”
Il batterista aspettò che l'altro avesse salito completamente le scale, poi esausto si buttò sul divano, e senza forze, piombò nel sonno senza nemmeno sistemarsi le coperte.
George di sopra rimase stupito dall'ordine che regnava in quella camera da letto non grandissima ma confortevole. Si sedette sul letto togliendosi le scarpe e diede velocemente un'occhiata in giro. Su una scrivania di legno c'erano una radio con l'ago fisso su un canale di musica di Elvis ed alcune foto incorniciate. Si alzò e ne guardò qualcuna, giusto per farsi gli affari di Ringo. In una c'erano lui e suo padre in quello che sembrava il retro della loro casa, lui avrà avuto sì e no cinque anni. Aveva un'espressione talmente divertita che fece sorridere Harrison stesso. Poi, circondata da una preziosa cornice in legno nero, c'era una stupidissima foto di loro due e Paul, con lui che teneva in mano un cuscino tondo con su cucito: I love George. E lui stesso aveva un'aria terribilmente ebete che non poteva nemmeno credere di essere lui. Mamma mia, penso George scuotendo la testa e ridacchiando. Chiuse per bene la porta finestra che dava su un piccolo balcone, in modo che il vento non l'aprisse di colpo e non l'avesse fatto morire di paura, così si ficcò sotto le coperte e dopo essersi gonfiato per bene il cuscino allungò il braccio e spense la luce. Chiuse gli occhi pensando a qualcosa che potesse farlo addormentare. Però un po' gli dispiaceva che Ringo dovesse starsene di sotto a dormire in divano, specie se quella era casa sua! Si sentiva come un ladro ricattatore che si era impadronito del suo spazio. Si girò su un fianco riflettendo su come si sarebbe comportato se la polizia lo avesse scovato. Quando improvvisamente i suoi pensieri vennero spezzati in due.
Un colpo sordo e il suono cristallino di qualcosa che andava in frantumi.
Proveniva dal piano di sotto.
George scattò sul posto, si liberò in fretta del groviglio di lenzuola che lo teneva imprigionato e si precipitò giù per le scale preoccupato per quel rumore.
“Ringo! Ringo cos'è successo??”
A metà scala rimase immobilizzato a guardare Ringo steso per terra davanti al divano ed un bicchiere a pochi centimetri da lui completamente in pezzi. “Ehi Ringo!”
Corse verso di lui e lo scosse appena continuando a chiamarlo con la tensione che saliva sempre di più. “Andiamo non far scherzi!!!”
Si sentì rispondere con un gemito strozzato, e un piccolo “stava cercando di prendere... ma....” e quando cercò di farlo alzare mettendosi un suo braccio intorno al collo si accorse che le sue guance stavano andando a fuoco, ma tremava come un pulcino. “Dai stenditi sul divano, così-”
Lo sistemò meglio poteva sopra le coperte, e non gli servì nemmeno appoggiargli una mano sopra la fronte: aveva la febbre alta.
“S-scusa George... non sto molto-”
“Lo vedo!” ribatté l'altro sedendosi vicino a lui.
“Nel- nel secondo cassetto in cucina... c'è.. il termometro e un'aspirina...”
“Altro che aspirina” si alzò andando di fretta verso la stanza adiacente “ti ci vorrebbe l'ospedale!”
Quando tornò con l'occorrente, si risedette sul divano dove un Ringo ammalato si sorreggeva la testa con entrambe le mani.
“Hai ancora freddo?” gli chiese premurosamente il chitarrista.
“M-meno grazie...”
Tolse il termometro dalla custodia di plastica, lo scosse un po' e lo porse a Ringo.
“Prendilo e mettilo in bocca”
Immediatamente Ringo balzò sul posto sgranando gli occhi come due palline da ping-pong fissandolo con aria sconvolta.
“C-che diavolo ti prende????” gli domandò stupito l'altro. Nessuna risposta, ma solo uno sguardo sconvolto ed allucinato. “Ringo.... il termomeeeetroooo.... devi misurarti la febbre...”
“IL TERMOMETRO! MA CERTO!!!!!!IL TERMOMETRO! IL MIO CARO TERMOMETRO!” Ringo tornò coricato coprendosi gli occhi con una mano.
“Tu non stai molto bene” borbottò Harrison.
Alla fine, risultò che aveva 39 e uno di febbre e che una semplice aspirina non avrebbe fatto alcun effetto.
George frugò in tutti i cassetti della casa, poi finalmente riuscì a trovare una scatola di pastiglie contro l'influenza e febbre alta.
“Questa dovrebbe essere più efficace di un'aspirina” disse George facendo ingoiare all'altro la medicina.
“Grazie...” la voce dell'amico si era ormai ridotta ad un bisbiglio, così gli appoggiò sulla fronte un panno che aveva precedentemente bagnato con dell'acqua gelida. Il malato mugugnò e rabbrividì per un attimo. Aveva gli occhi chiusi ma non appena George si accorgeva che stava per addormentarsi, subito si risvegliava con un sussulto a causa di una febbre che non voleva lasciarlo riposare. Gli tolse lo straccio ormai tiepido.
“Shhh... cerca di dormire” gli sussurrò accarezzandogli piano i ciuffi di capelli castani, ma poi pensò che quello era il gesto più stupido che avesse mai fatto e così spostò subito la mano. Eppure non poteva lasciarlo lì solo e ritornarsene a letto.
Così, rimboccandosi una coperta sulle ginocchia, si appoggiò allo schienale del divano, accanto a Ringo, e socchiuse appena gli occhi, tentando di riposare ma stando attento a svegliarsi in caso di bisogno.
Abbandonò la mano fra i cuscini ed inclinò un po' il capo, e come se fosse il gesto più naturale del mondo, percepì le dita dell'altro farsi sempre più avanti, timide, ed intrecciarsi con le sue. L'ultima cosa che le sue orecchie sentirono prima di addormentarsi fu un sospirato “grazie di essere qui con me”.





Scusate il ritardissimissimo!!!!!!!!!!!!!!!!
Per questa storia mi sono ispirata a...... a me stessa, perchè in questi giorni sono chiusa in casa con la febbre e l'influenza );
Quindi niente besos perchè sennò vi attacco la mallllora (ma vi voglio bene lo stesso *O*)
Ringraziamenti:

a  malandrini_xs: anch'io vorrei saltare nelle pozzanghere con George! :D :D :D sono davvero felice che questa storia continui a piacerti, spero che anche questo capitolo sia di tuo gradimento! <3

a CarrieGallagher:  Grazie mille!!! *www* sei dolcissima, e mi fa davvero tanto piacere che ti piaccia la storia! Spero tu possa continuare a leggerla e a trovarla bella come dici! un abbraccione! <3

a Silv_: Eheheheheheheheh *sguardo perverso Non osiamo immaginare cosa stiano combinando quei due u___u o osiamo? >:3
            Ti ringrazio per aver continuato a seguire questa fanfic, un mega abbraccione e speriamo che anche questo capitolo ti possa piacere! <3
   
 
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