Libri > Harry Potter
Segui la storia  |       
Autore: Lily White Matricide    26/02/2012    15 recensioni
Tutto ha inizio durante un viaggio in Irlanda, verde come gli occhi di Lily. Un viaggio per allontanarsi da Spinner's End per Severus, per averla ancora più vicina ... Per capire, tra uno sprazzo di sole ed uno scroscio di pioggia, che cosa sia averla vicina ogni giorno. La pioggia purifica e salva, il sole asciuga il senso di colpa .... E in tutti quegli anni e mesi e giorni, la pioggia irlandese accompagnerà sempre Lily e Severus. Un lungo viaggio nella loro adolescenza, che andrà ad incupirsi per l'ascesa di Lord Voldemort e dei suoi Mangiamorte, ma che li spingerà a prendere una posizione ben precisa in questa guerra all'orizzonte. Riusciranno i due ragazzi a sopravvivere alla guerra?
Genere: Drammatico, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Albus Silente, Lily Evans, Severus Piton, Voldemort | Coppie: Lily/Severus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Irish Rain Saga' Questa storia è tra le Storie Scelte del sito.
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

29.

The Dark Eternal Night

“He has risen up
Out of the blackness
Chaos
The last of the prophets
Sinister
A sickening monstrous sight”

“Amidst fallen ruins
Grotesque creatures battle
Shadowed on a screen
Yellow evil faces leer”

“Vacant monuments
Corpses of dead worlds left behind”

“Drifting beyond all time
Out of a churning sky
Drawn to the beckoning light
Of the dark eternal night”

Dream Theater – The Dark Eternal Night

 

 

Todendorf.
Bisdorf.
Lemkendorf.
Vadersdorf.

 
I piccoli villaggi di quell’isolotto piatto e monotono del Mar Baltico avevano finito per confondersi l’uno con l’altro. Terminavano quasi tutti per quel maledetto “-dorf” ed a Lucius parevano tutti identici: la maggior parte di essi era percorso da una stradina principale polverosa, battuta dal vento perennemente gelido, a prescindere dalla direzione da cui soffiasse, ed era costeggiata da qualche casupola di pietra scura. Non c’era niente d’interessante in quella distesa di nulla e di desolazione. Gli abitanti erano pochi e non molto socievoli – anzi, guardavano con occhio piuttosto ostile quei due uomini inglesi che sembravano non capire sino in fondo il loro Niederdeutsch - e Lucius Malfoy ogni giorno di più continuava a chiedersi il motivo di quella partenza anticipata e di quella permanenza in terra tedesca oltremodo prolungata. Anche perché, di Karkaroff non vi era ancora stata traccia, né tantomeno aveva potuto visitare la fantomatica fortezza da lui descritta, poiché, molto semplicemente, sull’isola Fehmarn non c’era alcun castello, stregato o Babbano che fosse.
L’uomo si era ben guardato dal porre simili domande al Signore Oscuro, giacché Lord Voldemort non tollerava delle insopportabili e superflue domande, e si era limitato a sopportare in silenzio la noia di quei giorni, seguendo il proprio superiore ovunque si andasse, passando interminabili ore nella nutrita biblioteca di Burg auf Fehmarn, intanto che il Signore Oscuro consultava volumi enormi sulla storia dello Schleswig-Holstein. Almeno lui parlava e capiva il tedesco e poteva ammazzare il tempo documentandosi sul luogo e la regione circostante, ma Lucius non sapeva che cosa fare, e diventava sempre più irrequieto, cercando un modo per disintegrare quel tempo che non passava più.  Alla sera, appena rientrato nella sua stanza di un semplice albergo di Burg, si buttava sul letto e si lambiccava il cervello, pensando che il Signore Oscuro ed Igor Karkaroff fossero totalmente ammattiti. E poi, come si permetteva quel folle polacco a far attendere così il mago più temuto del mondo magico? Sperava che ci fosse un buon motivo nel farlo attendere così tanto, altrimenti, Malfoy sarebbe stato molto lieto di cruciarlo di persona. Per di più, quell’albergo gli pareva decisamente squallido in confronto allo sfarzo ed all’eleganza a cui era abituato. Ma il Signore Oscuro aveva deciso così, e di certo Lucius non l’avrebbe contraddetto neanche se avessero dormito in mezzo alla strada.
Finalmente, l’estenuante attesa finì una notte d’Ottobre.

La Luna era svanita dietro le nubi spesse cariche di pioggia e Lucius si era sdraiato da poco, e stava fissando il soffitto. Poco prima che si coricasse, gli era stato ordinato di tirare fuori dal baule il suo lungo mantello nero da Mangiamorte, rifinito con degli alamari argentati, perché sarebbero potuti uscire da un momento all’altro, dato che entro breve sarebbe giunto Igor Karkaroff. Malfoy, decisamente rinvigorito da quella notizia, aveva tirato fuori il proprio indumento dal baule e l’aveva appeso ad una gruccia di legno. Poi, aveva estratto dal sacco in velluto la propria maschera da Mangiamorte, che fino a qualche attimo prima riluceva sul tavolino accanto all’armadio, toccata dai raggi lunari.
Un paio di colpi secchi alla porta lo fecero balzare giù dal letto e corse prontamente ad aprire.
Una figura alta, ammantata anch’essa di nero, lo stava aspettando. Igor Karkaroff non aveva la maschera addosso, se l’era tolta per non destare sospetti all’interno dell’albergo, dove comunque sembravano dormire tutti sonni tranquilli.
I due non si salutarono, ma si fecero un cenno col capo, come se non si vedessero che da poche ore.
“Lucius,  il Signore Oscuro ci aspetta nella stanza accanto” disse molto semplicemente il polacco, che si allontanò dalla stanza di Lucius, per raggiungere quella di Lord Voldemort. Il Mangiamorte indossò velocemente il mantello, afferrò la maschera e la bacchetta magica, infilandosela in una piccola tasca interna del manto. Lasciò la stanza, avendo cura di non fare troppo rumore e raggiunse Karkaroff, che diede due colpi rapidi alla porta del loro superiore.
Lord Voldemort aprì la porta, perfettamente vestito ed anche lui indossava un mantello nero, impeccabile come sempre. Qualsiasi indumento si mettesse, risultava per sembrare sempre più elegante che addosso ad altre persone.
Una volta dentro la stanza del Signore Oscuro, immersa nel buio totale, salvo per la scarsa illuminazione proveniente da fuori, Igor si mise a trafficare con un borsello, nascosto sotto il suo mantello, agganciato alla spessa cintura di cuoio che portava in vita.
Il Mangiamorte estrasse un fagotto, fatto di un tessuto lucido e rosso, che tolse subito, per rivelare tre piccole daghe dalle lame damascate. Gli altri due presenti le afferrarono incuriositi. Sul diritto delle lame vi era incisa una frase poco leggibile nell’oscurità della stanza, ma Lucius si sforzò di leggerla ad alta voce.
Meine Ehre heißt… Rein, Rain…” lesse con fatica il Mangiamorte. Tedesco, quella maledetta lingua un’altra volta, pensò Malfoy, chiedendosi a che diavolo servissero quelle daghe con quelle incisioni.
Meine Ehre heißt Reinheit” ripeté Karkaroff con voce sicura, senza nemmeno guardare la daga.
“Il mio onore si chiama purezza” tradusse Lord Voldemort, che continuava ad esaminare la lama con sguardo attento. Il rovescio, assieme ad altre decorazioni intricate, portava la data d’incisione e un simbolo che tutti e tre conoscevano bene. Dentro un triangolo, vi erano incisi un cerchio e un’asta verticale.
“Mio Signore” disse stupito Lucius “Queste daghe appartenevano…”. Si fermò, sapendo che Lord Voldemort non amava molto le domande superflue.
Il mago fissò il suo fedele servitore con una strana luce sinistra negli occhi. Il dito indice della mano destra di Tom Riddle picchettava sulla punta dell’arma ben affilata.
“Vai avanti” lo esortò.
“Queste daghe d’onore appartenevano all’organizzazione oscura di Gellert Grindelwald”. Lucius finì la frase estremamente sorpreso. Gli venne la curiosità di chiedergli come avesse fatto a trovarle, giacché si diceva che non fosse sopravvissuto nessun oggetto appartenente all’esercito di morte e di distruzione, proprio per evitare che nessun mago dopo Grindelwald potesse avere idee distorte e folli. Ma Lord Voldemort non aveva avuto bisogno di impugnare una daga d’onore oscura e maledetta per diventare quello che era diventato. A volte i maghi che contrastavano le forze del male erano in grado di avere idee tremendamente stupide. Ed era per questa loro grossolana ingenuità che rimanevano soltanto dalla parte dei buoni, al contrario dei maghi oscuri, che potevano avere accesso a molto di più.
“Esatto, ed il buon Karkaroff ha provveduto a recuperarne un po’ per noi, per farle diventare delle Passaporte”.
“Ci condurranno verso la Fortezza, non è così?” tornò alla carica Malfoy, ma Lord Voldemort non rispose e cercò con lo sguardo Karkaroff, che si limitò a riaprire il borsello per consegnare agli altri due foderi di metallo nero e grigio, per proteggerle dopo l’utilizzo.
Karkaroff si tirò su il cappuccio e indossò la maschera da Mangiamorte e venne subito imitato da Lucius. Lord Voldemort si limitò a coprirsi la testa con il cappuccio del proprio mantello. Non indossava maschere e non lo aveva mai fatto, probabilmente perché desiderava che le sue vittime s’imprimessero nella memoria le sue fattezze, prima di chiudere gli occhi per sempre o venire torturati. I suoi lineamenti erano decisamente inquietanti, illuminati in parte dalla fioca luce esterna, in parte totalmente oscurati dal tessuto spesso dell’indumento. Gli occhi rimanevano brillanti e vivi sia nella luce che nella penombra, in qualsiasi circostanza.
“Mio Signore, Lucius” iniziò Igor, tendendo la mano che reggeva la daga di fronte a sé “Vi prego di venire avanti con le vostre armi e di appoggiare le vostre lame sulla mia”.
I due fecero quanto detto dal Mangiamorte, facendo attenzione a non fare troppo rumore nell’appoggiare i pugnali uno sopra l’altro.
Rimasero in quella posizione per qualche istante, quando Karkaroff, con un cenno del capo, autorizzò il Signore Oscuro a dare vita alla Passaporta.
Portus” disse piano Lord Voldemort.
Le tre daghe vennero avvolte da un alone bluastro e i tre scomparvero velocemente nella notte.
 

“Maledizione, Lynch! Perché non ci hai lasciato salire di sopra!? Potevamo prenderli!” esclamò furioso Gideon Prewett, sbattendo la bacchetta sul tavolo della rustica hall dell’albergo di Burg. Il ragazzo, dai capelli rossicci e dal fisico molto atletico, era fuori di sé ed aveva voglia di distruggere tutto. Gli occhi scuri desideravano incenerire l’uomo di mezza età, Gabriel Lynch, che se ne stava seduto tranquillo dall’altra parte del tavolo, nelle sue eccentriche vesti blu notte.
Fabian, il gemello di Gideon, allungò la mano e nascose prontamente la bacchetta del fratello e gli fece segno di darsi una calmata, in quanto non avrebbe ottenuto nulla con quelle urla. Il giovane mago era rosso in volto, con la mascella contratta, per evitare di rovesciare ulteriori improperi verso Gabriel, che lo guardava con gli occhi azzurri gelidi. L’uomo si portò una mano sulla lunga barba brizzolata, ed assunse un’espressione assorta, ma non sembrava dare minimamente retta al ragazzo infuriato.
“Dannata testa di troll” sibilò Gideon, che incrociò le braccia, aspettando che l’uomo gli rispondesse.
“Gideon, non mi costringere a scagliare un Novox su quella lingua lunga che ti ritrovi!” lo minacciò Fabian.
“Abbi rispetto per le scelte del Maestro e soprattutto, dobbiamo attenerci a quanto ci è stato ordinato dall’Ordine e da Albus…”.
“Me ne infischio dell’Ordine e delle sue ridicolaggini! Ce li avevamo a portata di bacchetta quei Mangiamorte!” sbraitò e si alzò in piedi, camminando nervosamente per la piccola hall.
In quel momento, Gabriel si alzò e si parò davanti a Gideon, che fu tentato dal mettergli le mani addosso.
“Mio caro Prewett, sei proprio sicuro che fossero solo tre Mangiamorte?” gli chiese con voce pacata.
“Ma certo che sì!” sbottò Gideon, che indicò il piccolo mucchio di pergamene appoggiate sul tavolo “I rapporti degli Auror e del Ministero della Magia tedesco dicono che…”.
Gabriel gli scoccò un’occhiata sprezzante.
“Gli Auror e tutti quei politicanti sono inaffidabili” rispose con sdegno l’uomo “Non sono sensibili abbastanza per percepire le forze che smuovono il mondo magico. Quindi, scrivono corbellerie in rapporti insulsi e puramente accessori, vi spingono a fare idiozie, facendovi sottovalutare il vostro nemico, e morite come degli insetti arrostiti nel fuoco. Altro che morte da eroi”.
Ci risiamo” pensò con un sospiro Fabian, che si portò una mano agli occhi “Ancora con questa storia che al Ministero sono tutti dei mentecatti, che non sono maghi attenti, ma persi nella burocrazia, che è davvero una pessima scelta non insegnare più le Arti Arcane nelle scuole di magia, che questi sono i risultati…”.
“Allora, di grazia” lo canzonò Gideon “Maestro Evocatore, chi erano quei tre che si sono o Smaterializzati o che hanno utilizzato una Passaporta, là di sopra? E se hanno usato una Passaporta, sarà stata creata con la Magia Oscura, per sfuggire ai controlli del Ministero…”. Con un gesto secco della mano, Gabriel interruppe quelle elucubrazioni, così veementi e graffianti.
“Due Mangiamorte e Lord Voldemort in persona” rispose lapidario l’Evocatore “Poco importa che abbiano adoperato Passaporte legali o meno, loro sono Maghi Oscuri e possono tutto”.
Fabian sobbalzò, lasciandosi scappare un “Che cosa!?”.
Il fratello gemello, poi, non si sarebbe mai aspettato una risposta simile, pensò che Gabriel stesse semplicemente scherzando. Ma un mago così speciale, che prendeva la sua arte ed il suo lavoro troppo sul serio, non sarebbe mai stato in grado di scherzare su quel tipo di cose.
“Pensi ancora di salire di sopra e scagliare su quei tre un Anatema che Uccide?”.
Gideon tacque, abbassando la testa e si fissò i piedi, imbarazzato.
Il ragazzo aveva troppa foga di attaccare, di fare più di quello che gli era stato ordinato. Non che lo facesse per vanto o per mettersi in mostra: detestava visceralmente la Magia Oscura e Lord Voldemort ed era desideroso di mettere a disposizione dell’Ordine le sue abilità come mago e combattente. Come suo fratello Fabian, era un osso duro nei duelli, ed era molto rapido nel lanciare incantesimi e nel difendersi dagli attacchi degli avversari. Tutta questa abilità e bravura, però, delle volte lo portavano a sottovalutare la pericolosità del nemico e lo portavano ad agire in maniera troppo plateale.
Quel silenzio era decisamente pesante: Fabian non sapeva più da che parte guardare, Gideon era mortificato, piegato dallo sguardo freddo e fermo dell’uomo. Gabriel si alzò in piedi, lisciandosi la veste con una mano.
“Quante volte te lo devo ripetere che dobbiamo essere delle ombre?” disse pacato “Ma ora vieni, Gideon, non abbiamo ancora terminato il nostro compito, stasera”.
L’interpellato si avvicinò a lui, ancora dispiaciuto.
“Fabian, tu resta qua nella hall e scrivi subito una pergamena ad Albus. Libera il tuo gufo e fa che voli verso la Scozia il più velocemente possibile”. Il ragazzo non attese ulteriori disposizioni, e si alzò, dirigendosi verso le scale che lo avrebbero condotto al piano di sopra, verso la sua stanza.
L’altro giovane Prewett afferrò il lungo mantello scuro e se lo mise addosso e altrettanto fece Gabriel.
“Dove andiamo?” chiese Gideon, curioso.
“Andiamo a scoprire dove si trova il loro nascondiglio” spiegò Gabriel, mentre apriva la porta che dava sulla strada, a dire il vero non molto illuminata e totalmente deserta. L’Evocatore si tirò su il cappuccio e si guardò attorno, prima di mettersi in cammino. Il giovane mago lo seguì a breve distanza, perplesso, ed incerto se estrarre la bacchetta magica per illuminare ulteriormente il proprio cammino. Bisognava stare all’erta e pronti a difendersi in caso di attacco a sorpresa, e Gideon doveva proteggere l’Evocatore, che era una risorsa preziosissima all’interno dell’Ordine della Fenice.
L’uomo, Gabriel Lynch, era un mago estremamente orgoglioso delle sue origini ed aveva deciso, seppur con qualche tentennamento, di mettere a disposizione dell’Ordine la propria profonda conoscenza delle Arti Arcane. Discendente da una grande famiglia di Evocatori che risiedeva da secoli presso l’Isola di Anglesey, sulla costa nord-occidentale del Galles, Gabriel aveva frequentato Hogwarts a suo tempo, alla fine degli Anni Venti, ed era stato uno dei migliori studenti che Corvonero avesse mai avuto negli ultimi decenni. Nella sua carriera di studente si era distinto per la sua personale battaglia per la reintroduzione delle Arti Arcane nella prestigiosa Scuola di Magia e Stregoneria, dopo che erano state lasciate da parte con il declino del Rinascimento Inglese, fondando un piccolo movimento all’interno del castello, dove l’allora giovane mago si era impegnato a cercare dei maghi simili a lui, che non erano coscienti di essere predisposti alla pratica di quell’arte misteriosa e molto nebulosa agli occhi del giovane Prewett, che peraltro, non aveva ancora ben capito in cosa consistesse essere degli Evocatori.
Non che i maghi specializzati in quella pratica parlassero volentieri delle proprie abilità, proprio perché, nei secoli passati, troppa tolleranza e trasparenza avevano fatto sì che la Confraternita degli Evocatori venisse decimata, sia nel Regno Unito che in Irlanda, oltre che nel resto d’Europa. Per reazione, i superstiti della grande gilda si erano gelosamente chiusi nella piccola isola, che per loro era sempre stata semplicemente Inis Mona, in lingua gallese.
Gideon Prewett dapprima l’aveva preso per un delirante ed un ciarlatano, che parlava di concentrazione, di sensibilità e di forze non percepibili da tutti i maghi. Poi, una sera, Gabriel – che alcuni chiamavano ossequiosamente “Maestro” – aveva parlato di loro. Delle Creature Arcane. E non solo ne aveva parlato in maniera appassionata e decisa, ma ne aveva evocate, per dimostrare di non essere un impostore.
L’Evocatore aveva percepito la diffidenza di alcuni dei membri dell’Ordine della Fenice e la plateale ostilità iniziale di Gideon, quindi, durante una delle prime riunioni dell’organizzazione di Silente, li aveva portati in un piccolo bosco poco distante dalla Tana di Arthur e Molly Weasley. Quel luogo era noto per essere infestato da creature inquietanti, alcune delle quali provenivano dalla Luna, per quel fenomeno che pareva solamente leggendario alle orecchie dei più.
Gabriel con pochi gesti aveva messo a tacere le speculazioni e le cattiverie. Prima dell’invocazione, aveva tirato fuori dalla tasca un ciondolo a forma di albero, racchiuso dentro un cerchio impreziosito da nodi celtici. A bassa voce, appena udibile da Silente e da pochi altri maghi, aveva invocato l’aiuto dell’Albero della Vita:


“Albero della Vita,
lascia che io possa toccare la tua chioma sacra,
splendente nella luce dei Tre Mondi dei Giusti.
Rendimi degno di chiamare a me gli Spiriti Puri.
Albero della Vita,
fa che distruggano le tenebre che attanagliano questo Mondo,
fa che ricaccino sotto le tue radici le Creature Oscure,
fa che mi rendano Giusto tra i Giusti".

 
L’aria si era fatta carica di energia, persino gli altri maghi se n’erano resi conto. L’Evocatore aveva puntato verso il cielo la propria bacchetta, e poco dopo una luce fortissima ed accecante aveva fatto breccia nella notte. Per qualche istante, quella specie di figura umana candida, di cui erano chiaramente distinguibili solamente le braccia, i piedi, ed una testa dalla forma un po’ allungata e dalla lunghissima chioma, dato che il resto del corpo era avvolto da fiamme bianche e vive, si era avvicinata all’Evocatore, che le aveva parlato, e con la bacchetta le aveva indicato la via. Quella creatura si era librata in aria ed in un istante era sparita nella foresta, che si era animata di bagliori e lampi accecanti poco dopo. Gideon Prewett era rimasto sbalordito e da quella sera, non aveva più osato mettere in discussione le capacità straordinarie di quel mago, sebbene talvolta continuassero a scontrarsi, per via dei loro caratteri e dei loro modi di agire nettamente differenti.

 
Ancora una volta, l’impulso di estrarre la bacchetta e di fare di testa propria si era impossessato del guardiano dell’Evocatore. Continuavano a camminare, lasciandosi alle spalle Burg ed addentrandosi nella campagna deserta. Non c’erano rovine, non c’erano fortezze, nulla di così straordinario, ma solo cascine modeste e campi sconfinati, battuti dal vento freddo ed avvolti nell’oscurità, giacché la Luna era stata coperta da densi strati di nuvole.
I mantelli dei due maghi ondeggiavano, seguendo il ritmo della loro camminata, e talvolta erano sbatacchiati da un’improvvisa folata di vento più intensa. Nei cespugli a bordo della strada si avvertiva qualche fruscio al loro passaggio. Probabilmente, era qualche piccolo roditore o uccello notturno spaventato da quelle presenze.
A giudicare dai pochi cartelli che fornivano indicazioni precise, dovevano aver camminato – e perché non avevano utilizzato la Smaterializzazione? Si era chiesto Gideon più volte – verso nord-ovest per una buona mezz’ora, diretti verso Landkirchen, che si era fatta sempre più vicina. Ad un certo punto, però, Gabriel aveva svoltato verso destra, verso nord, e si erano addentrati nuovamente nella campagna, lasciandosi alle spalle quell’ultima parvenza di civiltà.
Quella notte lunga, oscura ed eterna sembrava non finire mai in mezzo a quell’isola piatta e monotona.
“Chiedo scusa, Gabriel, si può sapere perché ci stiamo allontanando da Landkirchen?” chiese Gideon lievemente irritato.
L’Evocatore rallentò il passo, accostandosi al giovane mago.
“Perché non abbiamo nulla da fare, là. Le forze oscure si stanno concentrando lontano dai centri abitati. Questa sembra essere la strada giusta”.
Prewett tacque, e continuò a seguirlo, scalciando via un sasso in maniera distratta, che colpì la strada violentemente, per poi rallentare la propria corsa sull’erba ed infine rotolare nel piccolo canale lì di fianco.
Non sentiva alcun pericolo attorno, sembrava tutto a posto in quei campi estesi ed ordinati, mietuti da pochissimi mesi, in attesa di poter ridare buoni frutti nella bella stagione dalle temperature più clementi.
Non si era reso conto che lui e Gabriel si stavano dirigendo verso un piccolo cumulo di macerie, forse i resti di una fattoria crollata. Eppure, sembrava che nessuno volesse rimuovere quel cumulo di pietre accatastate l’una sopra l’altra. Dei rampicanti crescevano su alcune di esse, coprendole alla vista dei due maghi. L’Evocatore si fermò a qualche metro da esse ed estrasse la bacchetta.
Lumos!” esclamò, facendo in modo che l’area circostante s’illuminasse, per esaminare meglio quel mucchio di macerie. Un piccolo topo scappò via spaventato, passando accanto a Gideon e perdendosi nel buio.
Gabriel tirò fuori il suo ciondolo, e camminò attorno alle pietre, guardandole circospetto. Procedeva lento e attento a non abbassare la guardia. Il fruscio del suo mantello sull’erba era alquanto inquietante, date le circostanze. Teneva la bacchetta magica ben puntata davanti a sé.
Homenum Revelio” mormorò a bassa voce e delle scintille fuoriuscirono dalla bacchetta, schizzando poco lontano da lui . Quell’incantesimo non diede i risultati sperati, perché l’uomo scosse la testa.
“Eppure sono qua, lo sento”.
“Ma l’Homenum Revelio non funziona” constatò Gideon Prewett, avvicinandosi all’Evocatore e tenendo lo sguardo fisso su quelle pietre così innocenti ed innocue.
“Temo ci vorrà altro per capire se si nascondono qua sotto” disse Gabriel, arrotolandosi le maniche del mantello e della veste “Allontanati da qua”.
“Ma, Lord Voldemort e i suoi Mangiamorte si trovano qua sotto?” chiese Gideon.
“Sotto queste rovine si potrebbe trovare di tutto, persino il Mondo degli Inferi. Non mi stupirebbe”.
Con un gesto secco della mano fece segno al giovane mago di allontanarsi da lì, e prontamente Prewett si allontanò, osservando Gabriel allargare le braccia verso il cielo nuvoloso e mormorare parole incomprensibili. Che fosse un’altra delle sue litanie da invocatore? Non le utilizzava sempre, però quando ciò accadeva, era per motivi molto gravi ed avversari decisamente ostici, come in quel caso.
Bodva, infondi la Saggezza in noi e mostraci la strada del Bene!”.
Fu un attimo interminabile: le nubi parvero dissolversi di fronte a quella sfera di fuoco che scendeva lentamente dal cielo, accompagnata da scintille biancastre e gialle. Durante la discesa prese lentamente forma, e pareva un corpo di donna – per quanto fosse etereo e fatto di fiamme - per la parte superiore, mentre dai fianchi in giù le gambe erano possenti e squamate come quelle di un drago. La Creatura Arcana rimase sospesa a mezz’aria, illuminando non solo i due maghi e le rovine, ma buona parte dei campi circostanti. Si guardò attorno, per poi aprire di schianto le due ali che teneva nascoste tra le fiamme e volare in picchiata verso il suolo. Gideon d’istinto si parò gli occhi ed indietreggiò, e rischiò di cadere a terra. Vide che Bodva venne inghiottita dalla terra – o era lei che era semplicemente riuscita a penetrare nel sottosuolo? – e il buio calò nuovamente, denso come non mai.


Lily era felice di avere Severus tutto per sé, in quello sgabuzzino poco distante dal piccolo magazzino del professor Lumacorno. Avevano scelto quel rifugio per poter preparare la Pozione Polisucco indisturbati, dato che potevano avere accesso agli ingredienti dell’insegnante di Pozioni, in caso di necessità.

La Grifondoro aveva voluto evitare l’utilizzo della Stanza delle Necessità, in quanto troppo prevedibile: d’altronde, da un paio d’anni a quella parte, il nuovo custode di Hogwarts, Argus Gazza, aveva preso il posto di Apollyon Pringle, e si era rivelato una vera e propria spina nel fianco per gli studenti, dato che li detestava con tutte le sue forze. I quattro Malandrini non avevano perso occasione per tartassarlo di scherzi e per trovare un buon motivo per poter finire in punizione, stracciando qualsiasi record di punizioni date a degli studenti in pochi mesi. In più, il custode Magonò si avvaleva dell’aiuto di un’odiosa gatta da lui adorata, Mrs. Purr, che sembrava essere perennemente tra i piedi in ogni angolo del castello.
Quello sgabuzzino, dove Lily qualche mese prima aveva sorpreso due ragazzi più grandi ad amoreggiare, era stato chiuso da una grossa catena con un lucchetto pesante. Ma dato che il custode non era in grado di compiere magie, bastò un semplice Alohomora per ovviare al problema.
Inizialmente, muoversi in quello piccolo spazio angusto fu un po’ difficile, ma i due ragazzi si erano organizzati in maniera che i loro movimenti non toccassero il calderone o che non rovesciassero gli ingredienti per la Pozione Polisucco. Se prima Lily si sentiva in imbarazzo per i piccoli contatti con Severus – forse memore di quanto visto proprio in quello sgabuzzino – in seguito ci fece l’abitudine e ridacchiava divertita quando le loro mani s’incontravano mentre afferravano lo stesso ingrediente o i piedi si pestavano inavvertitamente. Le piaceva perché sentiva Sev nuovamente vicino, più vicino al cuore, più vicino alla loro vita più spensierata e felice di timidi ragazzi innamorati.
Non era una ragazza sciocca e frivola, aveva compreso che qualcosa avesse tenuto lontano da lei il suo ragazzo. Qualcosa nell’atteggiamento del Serpeverde era mutato. Si era fatto più sfuggente, sempre più silenzioso, come se la sua mente non fosse mai troppo concentrata sul presente. Oramai, sapeva come trattarlo e come riuscire a metterlo a suo agio, senza che lui dovesse necessariamente spiegare come si sentisse o che cosa gli passasse per la testa.
Eppure, qualcosa non le tornava e temeva che fosse qualcosa di troppo grande da poter gestire. E temeva che quell’ombra che vedeva gli portasse via Severus, costringendola a rincorrerlo, ad inseguirlo affannosamente come nel sogno ricorrente che le infestava il sonno. Temeva di diventare come quella Principessa Biancogiglio, senza sorriso, con una maschera sul viso a nascondere un volto senza espressione. Lei voleva essere la Principessa Nerogiglio che correva a salvare il suo Principe Mezzosangue dalle trappole che la vita gli avrebbe teso. E chiudersi per qualche ora in quello sgabuzzino piccolo, accovacciarsi attorno al calderone ed agli ingredienti, spalla contro spalla, era un modo per richiamarlo ad una vita forse un po’ più spensierata, che comunque non gli avrebbe fatto male.
Severus era un po’ turbato dal fatto che Lucius Malfoy non si fosse più fatto vedere alle cene del Professor Lumacorno e che Mulciber ed Avery fossero troppo, troppo tranquilli. Si era torturato per giorni nell’ultimo mese, nel cercare di capire che piani avessero, ma sembravano anche loro in attesa. Anche con Silente era sempre più irrequieto, ed il Preside lo rassicurava e lo esortava a portare pazienza, certo che Severus sarebbe stato rapido e pronto nel momento in cui i due Serpeverde avrebbero scoperto le carte, soprattutto perché si erano avvicinati molto di più al ragazzo.
Ma in maniera molto graduale ed estremamente piacevole, Severus stava prendendo le giuste distanze dalla sua missione e dai suoi compiti di spia, per riavvicinarsi a Lily. Con il senno di poi, si era reso conto di averla un po’ trascurata e lasciata da parte. D’altronde era un ragazzo di quindici anni, e, come tutti i ragazzi, necessitava di bilanciare costantemente la propria vita. E la sua vita era stata un costante allontanarsi e riavvicinarsi a qualcosa o a qualcuno. Si era avvicinato al mondo magico e si era allontanato da quello Babbano. Si era molto allontanato da suo padre, fino a separarsi definitivamente da lui e più avanti nella sua vita aveva ritrovato sua madre. Si era allontanato da quell’istinto malefico di fare del male alle persone diverse da lui in maniera gratuita e totalmente priva di senso. Si era avvicinato all’idea che si potessero scegliere le tenebre per far sì che la splendida luce di un’altra persona potesse continuare a brillare.
Quel giorno con ogni probabilità avrebbero avuto la conferma che la Pozione Polisucco avrebbe necessitato solamente di qualche giorno in più per la preparazione. Alla ragazza dispiaceva, perché aveva trascorso dei bei pomeriggi con Severus, dove si erano trovati l’uno talmente vicino all’altra da scoppiare a ridere all’improvviso, per quella vicinanza così netta, fatta di piccoli contatti costanti e di qualche bacio più lungo e leggermente più intenso di quelli brevi e frettolosi nei corridoi, per non farsi vedere dagli altri. Si godevano quei momenti, anche a costo di perdere qualche Mosca Criospa o qualche Sanguisuga in fuga dai barattoli. 
Lily si era appena tolta il lungo mantello nero con lo stemma di Grifondoro, e l’aveva appoggiato sullo sgabello polveroso, ed osservava Severus fare altrettanto con il suo indumento con il logo di Serpeverde. Le dava le spalle e lei sentì il bisogno urgente di abbracciarlo, di fargli capire che lei sarebbe stata sempre il suo sostegno. Sentiva la necessità di riportarlo prepotentemente dalla sua parte, nella sua piccola realtà forse meno intricata e complessa rispetto a quella che li attendeva fuori da quello sgabuzzino angusto. Lily si avvicinò a lui, e gli circondò la vita con le braccia, appoggiando la testa sulla sua schiena ampia, ma ancora poco robusta. Qualche ciocca di capelli neri le solleticava la fronte, il naso e gli occhi e le venne da ridere. Si appoggiò al ragazzo ad occhi chiusi, godendosi quel lieve profumo di legno che si avvertiva tra i vestiti del giovane. Severus non si era affatto opposto a quell’abbraccio, e anzi, si sentì felice di quel gesto spontaneo ed affettuoso. Forse perché era ciò di cui avesse veramente bisogno. Di quelle mani appena più calde di tutto il resto, che lo afferravano, lo strappavano dal freddo di una vita accuratamente pianificata e fatta di tante piccole maschere, silenzi e sotterfugi, per riportarlo in quel piccolo mondo fatto solo di due adolescenti e le loro paturnie, i loro amori ed i loro libri di scuola. Aveva bisogno di entrambi i mondi per sentirsi vivo ed in movimento.
Non scappare da me” disse Lily seria, stringendo le dita sui fianchi di Sev, come se volesse andare oltre il maglioncino e il tessuto della camicia, per artigliarsi alla pelle del ragazzo.
Severus sospirò, ed un sorriso apparve tra le sue labbra. Quanto fosse intelligente quella ragazza, lo sapeva solo lei: capiva molto di lui, senza che il diretto interessato dovesse parlarne apertamente. Inoltre, aveva persino quell’incredibile capacità di andare oltre quelle piccole difese erette dal Serpeverde, che gli servivano per proteggere se stesso e lei da quello che veniva progettato nelle tenebre e nel sottosuolo da maghi ancora troppo potenti per loro.
Lily sembrava non volerne sapere di rimanere a guardare, eludendo qualsiasi ostacolo che potesse darle solamente una visione parziale del mondo. Non aveva paura della verità, nella maniera più assoluta. Ma da brava ragazza ostinata e fin troppo determinata, non aveva ancora imparato che la verità cruda e bruciante era in grado di fare molto male. Severus temeva davvero il giorno in cui Lily si fosse ferita nella foga di sapere qualcosa di troppo scottante per essere confessato subito.
Si concentrò su quelle mani piccole che lo stringevano affettuose e liberò le proprie, per poterle appoggiare su quelle della ragazza.
Nel frattempo, scosse la testa per risponderle che, no, non sarebbe scappato da lei, poiché non l’avrebbe mai voluto. I capelli neri del ragazzo le solleticarono la faccia e lei prese a ridere forte e di cuore, assai divertita.
Severus ebbe appena il tempo di godersi quella risata, che Lily fece scivolare via le mani, tirandole indietro e sentì che si era allontanata da lui di qualche passo. Si voltò e la vide già china sulla Pozione Polisucco che ribolliva nel piccolo calderone. Aveva assunto un colore verdastro, più un verde “alga ammuffita” secondo la Grifondoro, che sembrava essere decisamente adatto al professor Lumacorno.
“Sembra essere pronta” constatò Lily, rimestando il mestolo nel liquido non propriamente invitante. Severus si accovacciò accanto a lei, i loro volti erano molto vicini. Sev con la coda dell’occhio poté vedere la felicità negli occhi verdi della ragazza, mista a quella soddisfazione da canaglia impaziente di poter compiere il suo misfatto.
Il Serpeverde allungò una mano per tirare indietro i capelli di Lily, che stavano crescendo parecchio e rischiavano di impiastricciarsi nel preparato. Poi, sempre con la stessa mano, prese in mano il mestolo, per assicurarsi che la pozione fosse realmente pronta. Non aveva un buon odore, anzi, pensò con una smorfia disgustata sul volto.
“Sa di alga marcia da secoli, altro che ammuffita” sibilò inorridito.
“Mi farò coraggio” deglutì Lily, con l’entusiasmo che andava scemando a causa dell’odore poco piacevole dell’intruglio “…E la berrò”.
Sev sobbalzò.
“Non se ne parla nemmeno, la berrò io” disse risoluto. Così, si convinse, in caso di imprevisto, Lily sarebbe stata fuori dai guai.
Lily incrociò le braccia e lo fissò indispettita.
“Scherzi? Il piano è mio, mi prendo le mie responsabilità. Non dire idiozie, la bevo io, buona o cattiva che sia!”.
Il Serpeverde sbuffò. Convincerla a fare alla sua maniera sarebbe stato più difficile che distillare l’Elisir di Lunga Vita. Era un’irremovibile testona. Iniziarono a battibeccare, sembrando più due gattini che soffiavano l’uno contro l’altro, ancora timorosi di prendersi a graffiate.
Ad un certo punto, Lily esasperata gli lanciò una proposta assurda, per cavarsi da quella situazione scomoda.
“D’accordo, dato che hai la testa dura come il muro, ti propongo un duello” fece, con il suo sorrisetto furbo.
Severus si coprì gli occhi con una mano. Era per caso impazzita?
“Merlino, Lily Evans, riesci ad avere un’idea normale o ultimamente ti ha dato di volta il cervello?” esclamò spazientito.
“Mi stai costringendo tu a prendere decisioni drastiche” brontolò la ragazza, estraendo la bacchetta magica dalla tasca del mantello che aveva lasciato appoggiato sullo sgabello. Tirò fuori anche quella di Severus e gliela lanciò. Il ragazzo l’afferrò al volo, perplesso.
“La regola di questo duello è una e semplicissima: al mio tre, tenteremo di disarmarci a vicenda con un Expelliarmus. Chi vince, berrà la pozione. Facile, no?”.
Severus sapeva bene che Lily era molto rapida nello scagliare incantesimi ed era un altro dei suoi punti di forza, oltre al talento naturale nella preparazione delle pozioni. Lui non era veloce quanto lei, era molto più potente e preciso, quello sì. Ma la ragazza generalmente era una scheggia nel disarmare gli altri maghi.
Non aveva altra scelta, dato che l’alternativa era finire a prendersi a male parole senza concludere nulla, con il rischio magari di rovesciare la pozione, se il conflitto fosse degenerato. Sperò di essere rapido abbastanza nel disarmarla.
“Tutto questo è una follia, lo sai?” le chiese il ragazzo, mentre si alzava in piedi, sistemandosi con cura i pantaloni.
“Non sarei una strega, se fossi normale” rispose lei sarcastica.
In quel momento, erano uno di fronte all’altra, con la bacchetta ben puntata verso l’avversario.
“Ti avverto che non ho la minima intenzione di essere gentile in questo duello” la minacciò lui, più per convincersi che sarebbe riuscito a spuntarla, cosa per nulla certa.
“Nemmeno io. Pronto?”.
Severus annuì. Strinse forte la sua bacchetta, sperando che le dita non diventassero scivolose per la tensione.
Uno…”.
Il ragazzo si concentrò sulla bacchetta avversaria, cercando di respirare con regolarità e profondamente. Per i suoi occhi, esisteva solo una mano ed una bacchetta in legno di salice.
Due…”.
Lily non era la sua fidanzata, non era la persona che amava di più in tutto il mondo Babbano o magico che fosse. In quel frangente, era solo un nemico da battere in un duello fatale. Continuò a ripeterselo come un folle, fino a quando le parole non si confusero tra loro, perdendo qualsiasi senso logico.
Tre!” esclamò Lily.
Due scintille dorate uscirono dalla punta delle loro bacchette magiche, con un fischio forte e secco come una frustata. Ma soltanto una perforò l’aria più veloce e scattante, decisa a disarmare l’avversario.

 

* * *

Miei cari, ben ritrovati! <3 Una piccola parentesi dedicata alle note che vi possono aiutare (ma anche no, forse) :D

Schleswig-Holstein e Isola di Fehmarn (e relative cittadine di Burg, Landkirchen ed altre): qua. E’ stupenda come regione <3 Così piatta, così piena di vento e mare. E poi c’è Wacken in quella regione. *fine delirio* Ah, della frase "Meine Ehre heißt Reinheit" ho già messo la traduzione nel testo (bravo Tom che impari il tedesco, così si fa <3). Quelle daghe sappiate che assomigliano molto a quelle d'onore dei soldati tedeschi nella Seconda Guerra Mondiale. Ho fatto un po' di ricerche nell'antiquariato militare, che peraltro mi piace tanto.

Isola di Anglesey / Inis Mona: qua.

Le cose iniziano a farsi interessanti e complicate, lo so. E vi dico, amo Peter Gab… Ehm, Gabriel Lynch! E l’Evocazione, davvero, è un aspetto della magia (che fa parte delle Arti Arcane) che amo molto. Spero piaccia ed interessi anche voi, perché è fondamentale contro le Creature Oscure. Comunque, saprete ulteriori cose con il tempo e con i capitoli! :D

E Lily e Sev, awwww *se li coccola, schivando il loro duello*. Si accettano scommesse su chi vincerà XD Sono due matti, io li adoro quando fanno così. Sì, lo so, Severus lo faranno santo e Lily dimostra tutta la sua natura di rossa di capelli (NIENTE BATTUTE STRANE XD Cioè se dovete, fatele a distanza, non traumatizzatemi i bambini). Comunque, quella Pozione Polisucco… Puargh. Non la berrei nemmeno sotto tortura XD

E dato che ho visto martedì scorso, per la quinta volta, i Dream Theater in concerto, i Nostri danno il titolo ad un nuovo capitolo! Qua il brano.

Vi ricordo per la milionesima volta la mia pagina Facebook. E vi ricordo ancora una volta il mio contest!

Grazie per tutto questo affetto e seguito, ancora una volta sono decisamente commossa e fortunata ad avervi!! Siete la mia piccola famiglia. Cercherò di aggiornare quando posso, anche perché sto iniziando a scrivere la tesi. Help! Ma non abbandono Irish Rain! Vi chiedo solo un po’ di pazienza!

   
 
Leggi le 15 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Harry Potter / Vai alla pagina dell'autore: Lily White Matricide