29.
The Dark Eternal
Night
“He
has
risen up
Out of the blackness
Chaos
The last of the prophets
Sinister
A sickening monstrous sight”
“Amidst
fallen ruins
Grotesque creatures battle
Shadowed on a screen
Yellow evil faces leer”
“Vacant monuments
Corpses of dead worlds left behind”
“Drifting beyond all time
Out of a churning sky
Drawn to the beckoning light
Of the dark eternal night”
Dream Theater – The Dark Eternal Night
Todendorf.
Bisdorf.
Lemkendorf.
Vadersdorf.
I
piccoli villaggi di quell’isolotto piatto e monotono del Mar
Baltico avevano
finito per confondersi l’uno con l’altro.
Terminavano quasi tutti per quel
maledetto “-dorf”
ed a Lucius
parevano tutti identici: la maggior parte di essi era percorso da una
stradina
principale polverosa, battuta dal vento perennemente gelido, a
prescindere
dalla direzione da cui soffiasse, ed era costeggiata da qualche
casupola di
pietra scura. Non c’era niente d’interessante in
quella distesa di nulla e di
desolazione. Gli abitanti erano pochi e non molto socievoli –
anzi, guardavano
con occhio piuttosto ostile quei due uomini inglesi che sembravano non
capire
sino in fondo il loro Niederdeutsch - e Lucius
Malfoy ogni giorno di più
continuava a chiedersi il motivo di quella partenza anticipata e di
quella
permanenza in terra tedesca oltremodo prolungata. Anche
perché, di Karkaroff
non vi era ancora stata traccia, né tantomeno aveva potuto
visitare la
fantomatica fortezza da lui descritta, poiché, molto
semplicemente, sull’isola
Fehmarn non c’era alcun castello, stregato o Babbano che
fosse.
L’uomo
si era ben guardato dal porre simili domande al Signore Oscuro,
giacché Lord
Voldemort non tollerava delle insopportabili e superflue domande, e si
era
limitato a sopportare in silenzio la noia di quei giorni, seguendo il
proprio
superiore ovunque si andasse, passando interminabili ore nella nutrita
biblioteca di Burg auf Fehmarn, intanto che il Signore Oscuro
consultava volumi
enormi sulla storia dello Schleswig-Holstein. Almeno lui parlava e
capiva il
tedesco e poteva ammazzare il tempo documentandosi sul luogo e la
regione
circostante, ma Lucius non sapeva che cosa fare, e diventava sempre
più
irrequieto, cercando un modo per disintegrare quel tempo che non
passava più. Alla
sera, appena rientrato nella sua stanza
di un semplice albergo di Burg, si buttava sul letto e si lambiccava il
cervello, pensando che il Signore Oscuro ed Igor Karkaroff fossero
totalmente
ammattiti. E poi, come si permetteva quel folle polacco a far attendere
così il
mago più temuto del mondo magico? Sperava che ci fosse un
buon motivo nel farlo
attendere così tanto, altrimenti, Malfoy sarebbe stato molto
lieto di cruciarlo
di persona. Per di più, quell’albergo gli pareva
decisamente squallido in
confronto allo sfarzo ed all’eleganza a cui era abituato. Ma
il Signore Oscuro
aveva deciso così, e di certo Lucius non l’avrebbe
contraddetto neanche se
avessero dormito in mezzo alla strada.
Finalmente,
l’estenuante attesa finì una notte
d’Ottobre.
Un
paio di colpi secchi alla porta lo fecero balzare giù dal
letto e corse
prontamente ad aprire.
Una
figura alta, ammantata anch’essa di nero, lo stava
aspettando. Igor Karkaroff
non aveva la maschera addosso, se l’era tolta per non destare
sospetti
all’interno dell’albergo, dove comunque sembravano
dormire tutti sonni
tranquilli.
I
due non si salutarono, ma si fecero un cenno col capo, come se non si
vedessero
che da poche ore.
“Lucius, il
Signore Oscuro ci aspetta nella stanza
accanto” disse molto semplicemente il polacco, che si
allontanò dalla stanza di
Lucius, per raggiungere quella di Lord Voldemort. Il Mangiamorte
indossò
velocemente il mantello, afferrò la maschera e la bacchetta
magica,
infilandosela in una piccola tasca interna del manto. Lasciò
la stanza, avendo
cura di non fare troppo rumore e raggiunse Karkaroff, che diede due
colpi
rapidi alla porta del loro superiore.
Lord
Voldemort aprì la porta, perfettamente vestito ed anche lui
indossava un
mantello nero, impeccabile come sempre. Qualsiasi indumento si
mettesse,
risultava per sembrare sempre più elegante che addosso ad
altre persone.
Una
volta dentro la stanza del Signore Oscuro, immersa nel buio totale,
salvo per
la scarsa illuminazione proveniente da fuori, Igor si mise a trafficare
con un
borsello, nascosto sotto il suo mantello, agganciato alla spessa
cintura di
cuoio che portava in vita.
Il
Mangiamorte estrasse un fagotto, fatto di un tessuto lucido e rosso,
che tolse
subito, per rivelare tre piccole daghe dalle lame damascate. Gli altri
due
presenti le afferrarono incuriositi. Sul diritto delle lame vi era
incisa una
frase poco leggibile nell’oscurità della stanza,
ma Lucius si sforzò di
leggerla ad alta voce.
“Meine Ehre
heißt… Rein, Rain…” lesse
con fatica il Mangiamorte. Tedesco, quella maledetta lingua
un’altra volta,
pensò Malfoy, chiedendosi a che diavolo servissero quelle
daghe con quelle incisioni.
“Meine Ehre heißt Reinheit”
ripeté
Karkaroff con voce sicura, senza nemmeno guardare la daga.
“Il
mio onore si chiama purezza” tradusse Lord Voldemort, che
continuava ad
esaminare la lama con sguardo attento. Il rovescio, assieme ad altre
decorazioni
intricate, portava la data d’incisione e un simbolo che tutti
e tre conoscevano
bene. Dentro un triangolo, vi erano incisi un cerchio e
un’asta verticale.
“Mio
Signore” disse stupito Lucius “Queste daghe
appartenevano…”. Si fermò, sapendo
che Lord Voldemort non amava molto le domande superflue.
Il
mago fissò il suo fedele servitore con una strana luce
sinistra negli occhi. Il
dito indice della mano destra di Tom Riddle picchettava sulla punta
dell’arma
ben affilata.
“Vai avanti” lo esortò.
“Queste
daghe d’onore appartenevano all’organizzazione
oscura di Gellert Grindelwald”.
Lucius finì la frase estremamente sorpreso. Gli venne la
curiosità di
chiedergli come avesse fatto a trovarle, giacché si diceva
che non fosse
sopravvissuto nessun oggetto appartenente all’esercito di
morte e di
distruzione, proprio per evitare che nessun mago dopo Grindelwald
potesse avere
idee distorte e folli. Ma Lord Voldemort non aveva avuto bisogno di
impugnare
una daga d’onore oscura e maledetta per diventare quello che
era diventato. A
volte i maghi che contrastavano le forze del male erano in grado di
avere idee
tremendamente stupide. Ed era per questa loro grossolana
ingenuità che
rimanevano soltanto dalla parte dei
buoni, al contrario dei maghi oscuri, che potevano avere accesso a
molto di
più.
“Esatto,
ed il buon Karkaroff ha provveduto a recuperarne un po’ per
noi, per farle
diventare delle Passaporte”.
“Ci
condurranno verso
Karkaroff
si tirò su il cappuccio e indossò la maschera da
Mangiamorte e venne subito
imitato da Lucius. Lord Voldemort si limitò a coprirsi la
testa con il
cappuccio del proprio mantello. Non indossava maschere e non lo aveva
mai fatto,
probabilmente perché desiderava che le sue vittime
s’imprimessero nella memoria
le sue fattezze, prima di chiudere gli occhi per sempre o venire
torturati. I
suoi lineamenti erano decisamente inquietanti, illuminati in parte
dalla fioca
luce esterna, in parte totalmente oscurati dal tessuto spesso
dell’indumento.
Gli occhi rimanevano brillanti e vivi sia nella luce che nella
penombra, in
qualsiasi circostanza.
“Mio
Signore, Lucius” iniziò Igor, tendendo la mano che
reggeva la daga di fronte a
sé “Vi prego di venire avanti con le vostre armi e
di appoggiare le vostre lame
sulla mia”.
I
due fecero quanto detto dal Mangiamorte, facendo attenzione a non fare
troppo
rumore nell’appoggiare i pugnali uno sopra l’altro.
Rimasero
in quella posizione per qualche istante, quando Karkaroff, con un cenno
del
capo, autorizzò il Signore Oscuro a dare vita alla
Passaporta.
“Portus” disse
piano Lord Voldemort.
Le
tre daghe vennero avvolte da un alone bluastro e i tre scomparvero
velocemente
nella notte.
“Maledizione,
Lynch! Perché non ci hai lasciato salire di sopra!? Potevamo
prenderli!”
esclamò furioso Gideon Prewett, sbattendo la bacchetta sul
tavolo della rustica
hall dell’albergo di Burg. Il ragazzo, dai capelli rossicci e
dal fisico molto
atletico, era fuori di sé ed aveva voglia di distruggere
tutto. Gli occhi scuri
desideravano incenerire l’uomo di mezza età,
Gabriel Lynch, che se ne stava
seduto tranquillo dall’altra parte del tavolo, nelle sue
eccentriche vesti blu notte.
Fabian,
il gemello di Gideon, allungò la mano e nascose prontamente
la bacchetta del
fratello e gli fece segno di darsi una calmata, in quanto non avrebbe
ottenuto
nulla con quelle urla. Il giovane mago era rosso in volto, con la
mascella
contratta, per evitare di rovesciare ulteriori improperi verso Gabriel,
che lo
guardava con gli occhi azzurri gelidi. L’uomo si
portò una mano sulla lunga
barba brizzolata, ed assunse un’espressione assorta, ma non
sembrava dare
minimamente retta al ragazzo infuriato.
“Dannata
testa di troll” sibilò Gideon, che
incrociò le braccia, aspettando che l’uomo
gli rispondesse.
“Gideon,
non mi costringere a scagliare un Novox su quella lingua lunga che ti
ritrovi!”
lo minacciò Fabian.
“Abbi
rispetto per le scelte del Maestro e soprattutto, dobbiamo attenerci a
quanto
ci è stato ordinato dall’Ordine e da
Albus…”.
“Me
ne infischio dell’Ordine e delle sue ridicolaggini! Ce li
avevamo a portata di
bacchetta quei Mangiamorte!” sbraitò e si
alzò in piedi, camminando
nervosamente per la piccola hall.
In
quel momento, Gabriel si alzò e si parò davanti a
Gideon, che fu tentato dal
mettergli le mani addosso.
“Mio
caro Prewett, sei proprio sicuro che fossero solo tre
Mangiamorte?” gli chiese
con voce pacata.
“Ma
certo che sì!” sbottò Gideon, che
indicò il piccolo mucchio di pergamene
appoggiate sul tavolo “I rapporti degli Auror e del Ministero
della Magia tedesco
dicono che…”.
Gabriel
gli scoccò un’occhiata sprezzante.
“Gli
Auror e tutti quei politicanti sono inaffidabili”
rispose con sdegno l’uomo “Non sono sensibili
abbastanza per percepire le forze
che smuovono il mondo magico. Quindi, scrivono corbellerie in rapporti
insulsi
e puramente accessori, vi spingono a fare idiozie, facendovi
sottovalutare il
vostro nemico, e morite come degli insetti arrostiti nel fuoco. Altro
che morte
da eroi”.
“Ci risiamo”
pensò con un sospiro Fabian,
che si portò una mano agli occhi “Ancora
con questa storia che al Ministero sono tutti dei mentecatti, che non
sono
maghi attenti, ma persi nella burocrazia, che è davvero una
pessima scelta non
insegnare più le Arti Arcane nelle scuole di magia, che
questi sono i
risultati…”.
“Allora,
di grazia” lo canzonò Gideon “Maestro Evocatore,
chi erano quei tre che si sono o Smaterializzati o che hanno utilizzato
una
Passaporta, là di sopra? E se hanno usato una Passaporta,
sarà stata creata con
“Due Mangiamorte e Lord Voldemort in persona”
rispose lapidario l’Evocatore
“Poco importa che abbiano adoperato Passaporte legali o meno,
loro sono Maghi
Oscuri e possono tutto”.
Fabian
sobbalzò, lasciandosi scappare un “Che
cosa!?”.
Il
fratello gemello, poi, non si sarebbe mai aspettato una risposta
simile, pensò
che Gabriel stesse semplicemente scherzando. Ma un mago così
speciale, che
prendeva la sua arte ed il suo lavoro troppo sul serio, non sarebbe mai
stato
in grado di scherzare su quel tipo di cose.
“Pensi
ancora di salire di sopra e scagliare su quei tre un Anatema che
Uccide?”.
Gideon
tacque, abbassando la testa e si fissò i piedi, imbarazzato.
Il
ragazzo aveva troppa foga di attaccare, di fare più di
quello che gli era stato
ordinato. Non che lo facesse per vanto o per mettersi in mostra:
detestava
visceralmente
Quel
silenzio era decisamente pesante: Fabian non sapeva più da
che parte guardare,
Gideon era mortificato, piegato dallo sguardo freddo e fermo
dell’uomo. Gabriel
si alzò in piedi, lisciandosi la veste con una mano.
“Quante
volte te lo devo ripetere che dobbiamo essere delle ombre?”
disse pacato “Ma
ora vieni, Gideon, non abbiamo ancora terminato il nostro compito,
stasera”.
L’interpellato
si avvicinò a lui, ancora dispiaciuto.
“Fabian,
tu resta qua nella hall e scrivi subito una pergamena ad Albus. Libera
il tuo
gufo e fa che voli verso
L’altro
giovane Prewett afferrò il lungo mantello scuro e se lo mise
addosso e
altrettanto fece Gabriel.
“Dove
andiamo?” chiese Gideon, curioso.
“Andiamo
a scoprire dove si trova il loro nascondiglio”
spiegò Gabriel, mentre apriva la
porta che dava sulla strada, a dire il vero non molto illuminata e
totalmente
deserta. L’Evocatore si tirò su il cappuccio e si
guardò attorno, prima di
mettersi in cammino. Il giovane mago lo seguì a breve
distanza, perplesso, ed
incerto se estrarre la bacchetta magica per illuminare ulteriormente il
proprio
cammino. Bisognava stare all’erta e pronti a difendersi in
caso di attacco a
sorpresa, e Gideon doveva proteggere l’Evocatore, che era una
risorsa
preziosissima all’interno dell’Ordine della Fenice.
L’uomo,
Gabriel Lynch, era un mago estremamente orgoglioso delle sue origini ed
aveva
deciso, seppur con qualche tentennamento, di mettere a disposizione
dell’Ordine
la propria profonda conoscenza delle Arti Arcane. Discendente da una
grande
famiglia di Evocatori che risiedeva da secoli presso l’Isola
di Anglesey, sulla
costa nord-occidentale del Galles, Gabriel aveva frequentato Hogwarts a
suo
tempo, alla fine degli Anni Venti, ed era stato uno dei migliori
studenti che
Corvonero avesse mai avuto negli ultimi decenni. Nella sua carriera di
studente
si era distinto per la sua personale battaglia per la reintroduzione
delle Arti
Arcane nella prestigiosa Scuola di Magia e Stregoneria, dopo che erano
state
lasciate da parte con il declino del Rinascimento Inglese, fondando un
piccolo
movimento all’interno del castello, dove l’allora
giovane mago si era impegnato
a cercare dei maghi simili a lui, che non erano coscienti di essere
predisposti
alla pratica di quell’arte misteriosa e molto nebulosa agli
occhi del giovane
Prewett, che peraltro, non aveva ancora ben capito in cosa consistesse
essere
degli Evocatori.
Non
che i maghi specializzati in quella pratica parlassero volentieri delle
proprie
abilità, proprio perché, nei secoli passati,
troppa tolleranza e trasparenza
avevano fatto sì che
Gideon
Prewett dapprima l’aveva preso per un delirante ed un
ciarlatano, che parlava
di concentrazione, di sensibilità e di forze non percepibili
da tutti i maghi.
Poi, una sera, Gabriel – che alcuni chiamavano
ossequiosamente “Maestro” –
aveva parlato di loro. Delle
Creature
Arcane. E non solo ne aveva parlato in maniera appassionata e decisa,
ma ne
aveva evocate, per dimostrare di non essere un impostore.
L’Evocatore
aveva percepito la diffidenza di alcuni dei membri
dell’Ordine della Fenice e
la plateale ostilità iniziale di Gideon, quindi, durante una
delle prime
riunioni dell’organizzazione di Silente, li aveva portati in
un piccolo bosco
poco distante dalla Tana di Arthur e Molly Weasley. Quel luogo era noto
per
essere infestato da creature inquietanti, alcune delle quali
provenivano dalla
Luna, per quel fenomeno che pareva solamente leggendario alle orecchie
dei più.
Gabriel
con pochi gesti aveva messo a tacere le speculazioni e le cattiverie.
Prima
dell’invocazione, aveva tirato fuori dalla tasca un ciondolo
a forma di albero,
racchiuso dentro un cerchio impreziosito da nodi celtici. A bassa voce,
appena
udibile da Silente e da pochi altri maghi, aveva invocato
l’aiuto dell’Albero
della Vita:
“Albero
della Vita,
lascia
che io possa toccare la tua chioma sacra,
splendente
nella luce dei Tre Mondi dei Giusti.
Rendimi
degno di chiamare a me gli Spiriti Puri.
Albero della Vita,
fa che distruggano le tenebre che attanagliano questo Mondo,
fa che ricaccino sotto le tue radici le Creature Oscure,
fa che mi rendano Giusto tra i Giusti".
L’aria
si era fatta carica di energia, persino gli altri maghi se
n’erano resi conto.
L’Evocatore aveva puntato verso il cielo la propria
bacchetta, e poco dopo una
luce fortissima ed accecante aveva fatto breccia nella notte. Per
qualche
istante, quella specie di figura umana candida, di cui erano
chiaramente
distinguibili solamente le braccia, i piedi, ed una testa dalla forma
un po’
allungata e dalla lunghissima chioma, dato che il resto del corpo era
avvolto da
fiamme bianche e vive, si era avvicinata all’Evocatore, che
le aveva parlato, e
con la bacchetta le aveva indicato la via. Quella creatura si era
librata in
aria ed in un istante era sparita nella foresta, che si era animata di
bagliori
e lampi accecanti poco dopo. Gideon Prewett era rimasto sbalordito e da
quella
sera, non aveva più osato mettere in discussione le
capacità straordinarie di
quel mago, sebbene talvolta continuassero a scontrarsi, per via dei
loro
caratteri e dei loro modi di agire nettamente differenti.
Ancora
una volta, l’impulso di estrarre la bacchetta e di fare di
testa propria si era
impossessato del guardiano dell’Evocatore. Continuavano a
camminare,
lasciandosi alle spalle Burg ed addentrandosi nella campagna deserta.
Non
c’erano rovine, non c’erano fortezze, nulla di
così straordinario, ma solo
cascine modeste e campi sconfinati, battuti dal vento freddo ed avvolti
nell’oscurità, giacché
I
mantelli dei due maghi ondeggiavano, seguendo il ritmo della loro
camminata, e
talvolta erano sbatacchiati da un’improvvisa folata di vento
più intensa. Nei
cespugli a bordo della strada si avvertiva qualche fruscio al loro
passaggio.
Probabilmente, era qualche piccolo roditore o uccello notturno
spaventato da
quelle presenze.
A
giudicare dai pochi cartelli che fornivano indicazioni precise,
dovevano aver
camminato – e perché non avevano utilizzato
Quella
notte lunga, oscura ed eterna sembrava non finire mai in mezzo a
quell’isola
piatta e monotona.
“Chiedo
scusa, Gabriel, si può sapere perché ci stiamo
allontanando da Landkirchen?”
chiese Gideon lievemente irritato.
L’Evocatore
rallentò il passo, accostandosi al giovane mago.
“Perché
non abbiamo nulla da fare, là. Le forze oscure si stanno
concentrando lontano
dai centri abitati. Questa sembra essere la strada giusta”.
Prewett
tacque, e continuò a seguirlo, scalciando via un sasso in
maniera distratta,
che colpì la strada violentemente, per poi rallentare la
propria corsa
sull’erba ed infine rotolare nel piccolo canale lì
di fianco.
Non
sentiva alcun pericolo attorno, sembrava tutto a posto in quei campi
estesi ed
ordinati, mietuti da pochissimi mesi, in attesa di poter ridare buoni
frutti
nella bella stagione dalle temperature più clementi.
Non
si era reso conto che lui e Gabriel si stavano dirigendo verso un
piccolo
cumulo di macerie, forse i resti di una fattoria crollata. Eppure,
sembrava che
nessuno volesse rimuovere quel cumulo di pietre accatastate
l’una sopra
l’altra. Dei rampicanti crescevano su alcune di esse,
coprendole alla vista dei
due maghi. L’Evocatore si fermò a qualche metro da
esse ed estrasse la
bacchetta.
“Lumos!”
esclamò, facendo in modo che
l’area circostante s’illuminasse, per esaminare
meglio quel mucchio di macerie.
Un piccolo topo scappò via spaventato, passando accanto a
Gideon e perdendosi
nel buio.
Gabriel
tirò fuori il suo ciondolo, e camminò attorno
alle pietre, guardandole
circospetto. Procedeva lento e attento a non abbassare la guardia. Il
fruscio
del suo mantello sull’erba era alquanto inquietante, date le
circostanze.
Teneva la bacchetta magica ben puntata davanti a sé.
“Homenum Revelio” mormorò
a bassa voce e
delle scintille fuoriuscirono dalla bacchetta, schizzando poco lontano
da lui .
Quell’incantesimo non diede i risultati sperati,
perché l’uomo scosse la testa.
“Eppure
sono qua, lo sento”.
“Ma l’Homenum Revelio non funziona”
constatò Gideon Prewett, avvicinandosi
all’Evocatore e tenendo lo sguardo fisso su quelle pietre
così innocenti ed
innocue.
“Temo
ci vorrà altro per capire se si nascondono qua
sotto” disse Gabriel,
arrotolandosi le maniche del mantello e della veste
“Allontanati da qua”.
“Ma,
Lord Voldemort e i suoi Mangiamorte si trovano qua
sotto?” chiese Gideon.
“Sotto
queste rovine si potrebbe trovare di tutto, persino il Mondo degli
Inferi. Non
mi stupirebbe”.
Con
un gesto secco della mano fece segno al giovane mago di allontanarsi da
lì, e
prontamente Prewett si allontanò, osservando Gabriel
allargare le braccia verso
il cielo nuvoloso e mormorare parole incomprensibili. Che fosse
un’altra delle
sue litanie da invocatore? Non le utilizzava sempre, però
quando ciò accadeva,
era per motivi molto gravi ed avversari decisamente ostici, come in
quel caso.
“Bodva, infondi
Fu
un attimo interminabile: le nubi parvero dissolversi di fronte a quella
sfera
di fuoco che scendeva lentamente dal cielo, accompagnata da scintille
biancastre e gialle. Durante la discesa prese lentamente forma, e
pareva un
corpo di donna – per quanto fosse etereo e fatto di fiamme -
per la parte
superiore, mentre dai fianchi in giù le gambe erano possenti
e squamate come
quelle di un drago.
Lily
era felice di avere Severus tutto per sé, in quello
sgabuzzino poco distante
dal piccolo magazzino del professor Lumacorno. Avevano scelto quel
rifugio per
poter preparare
Quello
sgabuzzino, dove Lily qualche mese prima aveva sorpreso due ragazzi
più grandi
ad amoreggiare, era stato chiuso da una grossa catena con un lucchetto
pesante.
Ma dato che il custode non era in grado di compiere magie,
bastò un semplice Alohomora
per ovviare al problema.
Inizialmente,
muoversi in quello piccolo spazio angusto fu un po’
difficile, ma i due ragazzi
si erano organizzati in maniera che i loro movimenti non toccassero il
calderone o che non rovesciassero gli ingredienti per
Non
era una ragazza sciocca e frivola, aveva compreso che qualcosa
avesse tenuto lontano da lei il suo ragazzo. Qualcosa
nell’atteggiamento del Serpeverde era mutato. Si era fatto
più sfuggente,
sempre più silenzioso, come se la sua mente non fosse mai
troppo concentrata
sul presente. Oramai, sapeva come trattarlo e come riuscire a metterlo
a suo
agio, senza che lui dovesse necessariamente spiegare come si sentisse o
che
cosa gli passasse per la testa.
Eppure,
qualcosa non le tornava e temeva che fosse qualcosa di troppo grande da
poter
gestire. E temeva che quell’ombra che vedeva gli portasse via
Severus,
costringendola a rincorrerlo, ad inseguirlo affannosamente come nel
sogno
ricorrente che le infestava il sonno. Temeva di diventare come quella
Principessa
Biancogiglio, senza sorriso, con una maschera sul viso a nascondere un
volto
senza espressione. Lei voleva essere
Severus
era un po’ turbato dal fatto che Lucius Malfoy non si fosse
più fatto vedere
alle cene del Professor Lumacorno e che Mulciber ed Avery fossero
troppo,
troppo tranquilli. Si era torturato per giorni nell’ultimo
mese, nel cercare di
capire che piani avessero, ma sembravano anche loro in attesa. Anche
con
Silente era sempre più irrequieto, ed il Preside lo
rassicurava e lo esortava a
portare pazienza, certo che Severus sarebbe stato rapido e pronto nel
momento
in cui i due Serpeverde avrebbero scoperto le carte, soprattutto
perché si
erano avvicinati molto di più al ragazzo.
Ma
in maniera molto graduale ed estremamente piacevole, Severus stava
prendendo le
giuste distanze dalla sua missione e dai suoi compiti di spia, per
riavvicinarsi a Lily. Con il senno di poi, si era reso conto di averla
un po’
trascurata e lasciata da parte. D’altronde era un ragazzo di
quindici anni, e,
come tutti i ragazzi, necessitava di bilanciare costantemente la
propria vita.
E la sua vita era stata un costante allontanarsi e riavvicinarsi a
qualcosa o a
qualcuno. Si era avvicinato al mondo magico e si era allontanato da
quello
Babbano. Si era molto allontanato da suo padre, fino a separarsi
definitivamente da lui e più avanti nella sua vita aveva
ritrovato sua madre.
Si era allontanato da quell’istinto malefico di fare del male
alle persone
diverse da lui in maniera gratuita e totalmente priva di senso. Si era
avvicinato all’idea che si potessero scegliere le tenebre per
far sì che la
splendida luce di un’altra persona potesse continuare a
brillare.
Quel
giorno con ogni probabilità avrebbero avuto la conferma che
Lily
si era appena tolta il lungo mantello nero con lo stemma di Grifondoro,
e
l’aveva appoggiato sullo sgabello polveroso, ed osservava
Severus fare
altrettanto con il suo indumento con il logo di Serpeverde. Le dava le
spalle e
lei sentì il bisogno urgente di abbracciarlo, di fargli
capire che lei sarebbe
stata sempre il suo sostegno. Sentiva la necessità di
riportarlo
prepotentemente dalla sua parte, nella sua piccola realtà
forse meno intricata
e complessa rispetto a quella che li attendeva fuori da quello
sgabuzzino
angusto. Lily si avvicinò a lui, e gli circondò
la vita con le braccia,
appoggiando la testa sulla sua schiena ampia, ma ancora poco robusta.
Qualche
ciocca di capelli neri le solleticava la fronte, il naso e gli occhi e
le venne
da ridere. Si appoggiò al ragazzo ad occhi chiusi, godendosi
quel lieve profumo
di legno che si avvertiva tra i vestiti del giovane. Severus non si era
affatto
opposto a quell’abbraccio, e anzi, si sentì felice
di quel gesto spontaneo ed
affettuoso. Forse perché era ciò di cui avesse
veramente bisogno. Di quelle
mani appena più calde di tutto il resto, che lo afferravano,
lo strappavano dal
freddo di una vita accuratamente pianificata e fatta di tante piccole
maschere,
silenzi e sotterfugi, per riportarlo in quel piccolo mondo fatto solo
di due
adolescenti e le loro paturnie, i loro amori ed i loro libri di scuola.
Aveva
bisogno di entrambi i mondi per sentirsi vivo ed in movimento.
“Non scappare da me”
disse Lily seria,
stringendo le dita sui fianchi di Sev, come se volesse andare oltre il
maglioncino e il tessuto della camicia, per artigliarsi alla pelle del
ragazzo.
Severus
sospirò, ed un sorriso apparve tra le sue labbra. Quanto
fosse intelligente
quella ragazza, lo sapeva solo lei: capiva molto di lui, senza che il
diretto
interessato dovesse parlarne apertamente. Inoltre, aveva persino
quell’incredibile capacità di andare oltre quelle
piccole difese erette dal
Serpeverde, che gli servivano per proteggere se stesso e lei da quello
che
veniva progettato nelle tenebre e nel sottosuolo da maghi ancora troppo
potenti
per loro.
Lily
sembrava non volerne sapere di rimanere a guardare, eludendo qualsiasi
ostacolo
che potesse darle solamente una visione parziale del mondo. Non aveva
paura
della verità, nella maniera più assoluta. Ma da
brava ragazza ostinata e fin
troppo determinata, non aveva ancora imparato che la verità
cruda e bruciante
era in grado di fare molto male. Severus temeva davvero il giorno in
cui Lily
si fosse ferita nella foga di sapere qualcosa
di troppo scottante per essere confessato subito.
Si
concentrò su quelle mani piccole che lo stringevano
affettuose e liberò le
proprie, per poterle appoggiare su quelle della ragazza.
Nel
frattempo, scosse la testa per risponderle che, no, non sarebbe
scappato da
lei, poiché non l’avrebbe mai voluto. I capelli
neri del ragazzo le
solleticarono la faccia e lei prese a ridere forte e di cuore, assai
divertita.
Severus
ebbe appena il tempo di godersi quella risata, che Lily fece scivolare
via le
mani, tirandole indietro e sentì che si era allontanata da
lui di qualche
passo. Si voltò e la vide già china sulla Pozione
Polisucco che ribolliva nel
piccolo calderone. Aveva assunto un colore verdastro, più un
verde “alga ammuffita”
secondo
“Sembra
essere pronta” constatò Lily, rimestando il
mestolo nel liquido non
propriamente invitante. Severus si accovacciò accanto a lei,
i loro volti erano
molto vicini. Sev con la coda dell’occhio poté
vedere la felicità negli occhi
verdi della ragazza, mista a quella soddisfazione da canaglia
impaziente di
poter compiere il suo misfatto.
Il
Serpeverde allungò una mano per tirare indietro i capelli di
Lily, che stavano
crescendo parecchio e rischiavano di impiastricciarsi nel preparato.
Poi,
sempre con la stessa mano, prese in mano il mestolo, per assicurarsi
che la
pozione fosse realmente pronta. Non aveva un buon odore, anzi,
pensò con una
smorfia disgustata sul volto.
“Sa
di alga marcia da secoli, altro che ammuffita”
sibilò inorridito.
“Mi
farò coraggio” deglutì Lily, con
l’entusiasmo che andava scemando a causa
dell’odore poco piacevole dell’intruglio
“…E la berrò”.
Sev
sobbalzò.
“Non
se ne parla nemmeno, la berrò io” disse risoluto.
Così, si convinse, in caso di
imprevisto, Lily sarebbe stata fuori dai guai.
Lily
incrociò le braccia e lo fissò indispettita.
“Scherzi?
Il piano è mio, mi prendo le mie responsabilità.
Non dire idiozie, la bevo io,
buona o cattiva che sia!”.
Il
Serpeverde sbuffò. Convincerla a fare alla sua maniera
sarebbe stato più
difficile che distillare l’Elisir di Lunga Vita. Era
un’irremovibile testona.
Iniziarono a battibeccare, sembrando più due gattini che
soffiavano l’uno
contro l’altro, ancora timorosi di prendersi a graffiate.
Ad
un certo punto, Lily esasperata gli lanciò una proposta
assurda, per cavarsi da
quella situazione scomoda.
“D’accordo,
dato che hai la testa dura come il muro, ti propongo un
duello” fece, con il
suo sorrisetto furbo.
Severus
si coprì gli occhi con una mano. Era per caso impazzita?
“Merlino,
Lily Evans, riesci ad avere
un’idea
normale o ultimamente ti ha dato di volta il cervello?”
esclamò spazientito.
“Mi
stai costringendo tu a prendere decisioni drastiche”
brontolò la ragazza,
estraendo la bacchetta magica dalla tasca del mantello che aveva
lasciato
appoggiato sullo sgabello. Tirò fuori anche quella di
Severus e gliela lanciò.
Il ragazzo l’afferrò al volo, perplesso.
“La
regola di questo duello è una e semplicissima: al mio tre,
tenteremo di
disarmarci a vicenda con un Expelliarmus. Chi vince, berrà
la pozione. Facile,
no?”.
Severus
sapeva bene che Lily era molto rapida nello scagliare incantesimi ed
era un
altro dei suoi punti di forza, oltre al talento naturale nella
preparazione
delle pozioni. Lui non era veloce quanto lei, era molto più
potente e preciso,
quello sì. Ma la ragazza generalmente era una scheggia nel
disarmare gli altri
maghi.
Non
aveva altra scelta, dato che l’alternativa era finire a
prendersi a male parole
senza concludere nulla, con il rischio magari di rovesciare la pozione,
se il
conflitto fosse degenerato. Sperò di essere rapido
abbastanza nel disarmarla.
“Tutto
questo è una follia, lo sai?” le chiese il
ragazzo, mentre si alzava in piedi,
sistemandosi con cura i pantaloni.
“Non
sarei una strega, se fossi normale” rispose lei sarcastica.
In
quel momento, erano uno di fronte all’altra, con la bacchetta
ben puntata verso
l’avversario.
“Ti
avverto che non ho la minima intenzione di essere gentile in questo
duello” la
minacciò lui, più per convincersi che sarebbe
riuscito a spuntarla, cosa per
nulla certa.
“Nemmeno
io. Pronto?”.
Severus
annuì. Strinse forte la sua bacchetta, sperando che le dita
non diventassero
scivolose per la tensione.
“Uno…”.
Il
ragazzo si concentrò sulla bacchetta avversaria, cercando di
respirare con
regolarità e profondamente. Per i suoi occhi, esisteva solo
una mano ed una
bacchetta in legno di salice.
“Due…”.
Lily
non era la sua fidanzata, non era la persona che amava di
più in tutto il mondo Babbano o magico che fosse. In quel
frangente, era solo un nemico da battere in
un duello fatale. Continuò a ripeterselo come un folle, fino
a quando le parole
non si confusero tra loro, perdendo qualsiasi senso logico.
“Tre!”
esclamò Lily.
Due
scintille dorate uscirono dalla punta delle loro bacchette magiche, con
un
fischio forte e secco come una frustata. Ma soltanto una
perforò l’aria più veloce
e scattante, decisa a disarmare l’avversario.
* * *
Miei cari, ben ritrovati! <3
Una piccola parentesi dedicata alle note che vi possono aiutare (ma
anche no, forse) :D
Schleswig-Holstein e Isola di
Fehmarn (e relative cittadine di Burg, Landkirchen ed altre): qua.
E’ stupenda come regione <3 Così piatta,
così piena di vento e mare. E poi
c’è Wacken in quella regione. *fine delirio* Ah,
della frase "Meine Ehre heißt Reinheit" ho già
messo la traduzione nel testo (bravo Tom che impari il tedesco,
così si fa <3). Quelle daghe sappiate che
assomigliano molto a quelle d'onore dei soldati tedeschi nella Seconda
Guerra Mondiale. Ho fatto un po' di ricerche nell'antiquariato
militare, che peraltro mi piace tanto.
Isola di Anglesey / Inis Mona: qua.
Le cose iniziano a farsi
interessanti e complicate, lo so. E vi dico, amo Peter Gab…
Ehm, Gabriel
Lynch!
E l’Evocazione, davvero, è un aspetto della magia
(che fa parte delle Arti
Arcane) che amo molto. Spero piaccia ed interessi anche voi,
perché è
fondamentale contro le Creature Oscure. Comunque, saprete ulteriori
cose con il
tempo e con i capitoli! :D
E Lily e Sev, awwww *se li
coccola, schivando il loro duello*. Si accettano scommesse su chi
vincerà XD
Sono due matti, io li adoro quando fanno così.
Sì, lo so, Severus lo faranno
santo e Lily dimostra tutta la sua natura di rossa di capelli (NIENTE
BATTUTE
STRANE XD Cioè se dovete, fatele a distanza, non
traumatizzatemi i bambini).
Comunque, quella Pozione Polisucco… Puargh. Non la berrei
nemmeno sotto tortura
XD
E dato che ho visto
martedì
scorso, per la quinta volta, i Dream Theater in concerto, i Nostri
danno il
titolo ad un nuovo capitolo! Qua
il brano.
Vi ricordo per la milionesima volta la mia pagina Facebook. E vi ricordo ancora una volta il mio contest!
Grazie
per tutto questo affetto e seguito, ancora una volta sono decisamente
commossa
e fortunata ad avervi!! Siete la mia piccola famiglia.
Cercherò di aggiornare quando posso, anche perché
sto
iniziando a scrivere la tesi. Help! Ma non abbandono Irish Rain! Vi
chiedo solo
un po’ di pazienza!