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Autore: Scar_    26/02/2012    2 recensioni
La carriera di Tom Felton sembra precipitare improvvisamente, quando, nello stesso giorno, riesce a farsi lasciare dalla sua ragazza e beccarsi un'accusa per aggressione. La sua immagine ha subito un duro colpo e, per farsi bello agli occhi dei paparazzi, servirebbe un piano... Ma cosa succederebbe se il bastone fra le ruote di questo ritorno alla popolarità fosse il suo caro amico Matt Lewis?
[...]
- Perché dovrei farlo? -
- perché questo posto cade a pezzi, e io potrei irrobustirne la struttura, comprare qualche nuova attrezzatura… e fare tanta pubblicità -
- Tom! La stai comprando! – non riesco a trattenermi, questa volta ha superato i limiti
- io lo definirei “dare un incentivo” – ribatte, rivolgendosi poi a Scar – a te la scelta, io non ti obbligo -
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Tom Felton
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
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Buona domenica a tutti! :D
Eccomi qui con questo nuovo capitolo, che, sinceramente, non è dei più allegri... però non vi rivelo nulla, leggerete e saprete! ahahahah
Inutile aggiungere altro... Un bacio a tutti/e! :D
Buona lettura, Scar

p.s.: se volete lasciare una recensionina piccina piccina, io non mi offendo ;) a presto (:

Capitolo 6


- che ne dici di questo? -
- mh? -
- Matt! Avevi detto che mi avresti aiutato! – Scar ributta malamente a posto il pullover che mi stava mostrando, mettendo su un broncio non troppo convincente
- e va bene… scusami – le prendo il viso con le mani e le do un bacio sulla fronte, subito si riapre in un sorriso
Siamo in giro per Londra alla ricerca del perfetto regalo di Natale che una perfetta fidanzata farebbe al suo perfetto fidanzato famoso. Siamo ancora ai primi di Dicembre, ma a quanto pare Scarlett odia lo shopping sotto Natale perché è costretta a prendere decisioni in fretta, cosa che, appunto, odia fare. Tom è in Galles per una riunione con tutta la famiglia o qualcosa del genere, quindi nessuno trova strano che lei passi gran parte del suo tempo con me, a noleggiare film idioti, comprare schifezze e passeggiare con Neville, che mi ostino a chiamare “cavallo”, viste le dimensioni.
Sono passati altri 10 giorni, dopodomani la felice coppietta festeggerà le prime due settimane in un esclusivo ristorante nel cuore della City. Il maitre, probabilmente in cambio di un piccolo incentivo, si è già lasciato sfuggire tavolo e ora della prenotazione davanti a ben più di un paparazzo, quindi siamo certi che ci sarà tutta la stampa londinese. Proprio come Tom aveva previsto, la stampa ha benaccolto questo piccolo scandalo rosa, Damien telefona tutti i giorni per comunicarci “grandi, importanti novità!”.
Ma la vera star è lei, inutile negarlo.
Adorano il suo abbigliamento “così giovanile ma elegante”, adorano la sua dedizione al lavoro.
Io adoro il sorriso che fa quando mi vede, il modo in cui arrossisce quando si trova davanti ai paparazzi e le sue manine calde che mi stringono la vita.

- oddio di nuovo no! – borbotta quando vede sbucare un uomo sulla quarantina che comincia a farci foto a raffica dall’altro lato della strada – vieni! -
Mi prende per un polso e mi trascina a passo di marcia verso il bar più vicino, mi fa sedere e ordina due cioccolate calde alla fragola.
La mia preferita, che dolce.
Nonostante l’iniziale riluttanza del cassiere, ci permettono di tenere Neville nel locale, che subito si accuccia affianco alla sedia di Scar.
Non abbiamo più parlato di quei due brevissimi baci, anche se i nostri sentimenti sono gli stessi di due settimane fa, se non più intensi… almeno, per me la cosa peggiora di giorno in giorno. Sono morbosamente geloso, divento scontroso con entrambi ogni volta che escono assieme, Scar l’ultima volta c’è rimasta così male che ha mollato Tom a metà del film ed è scappata dal cinema, in lacrime.
Mi sento ancora una verme ogni volta che ci penso… l’ho fatta piangere. Io. Proprio io, che ormai tengo più a lei che a qualunque altra cosa.
Non dico di amarla, ma ho paura di esserci ogni giorno più vicino.
- chi è il mio Big Teddy Bear? – mi chiede allungando una mano fino alla mia guancia, per tirarmi un pizzicotto
- iiiio – rispondo con un sorriso sornione, provocandola la solita, meravigliosa risata ilare e spontanea
Torniamo a casa sua a braccetto, mi sta praticamente costringendo a rimanere a cena da lei, dice che da sola si annoia. Mi ha comprato con una pizza, non mi faccio mai pregare troppo.
Non appena entriamo nell’ingresso, nota un pacco nella sua cassetta della posta.
- Kilkenny? – chiedo sbirciando l’indirizzo, vedo il suo viso rabbuiarsi
- dev’essere di mia madre… te l’avevo detto che sono irlandese, no? – tenta di sorridermi, ma credo ormai d’essere capace di leggerle dentro
- perché fai quella faccia? -
- che faccia? – entra in casa sua prima di me, con troppa fretta, butta le chiavi dove capita e corre dietro il bancone della cucina, con la scusa della cena
- Scar… che c’è dentro quel pacco? – la raggiungo e blocco il passaggio
- ma niente, te l’ho detto! -
Le strappo di mano il pacco e lo apro, cerca di fermarmi ma poi si rifugia nell’angolo, comincia a mangiarsi voracemente le unghie senza smettere un solo attimo di fissarmi.
- cosa diavolo… ? -
Mi trovo davanti un libro con la copertina bianca, un po’ anonima, una donna pallida mi fissa, sormontata dal titolo rosso fuoco.
“Drinking – a Love Story”. Scar sta piangendo.
- che significa? -
- ero in terapia dagli alcolisti anonimi. Poi mi sono laureata, ho cercato posto a Londra, mi sono trasferita il prima possibile e ho abbandonato il gruppo. Mia madre non l’ha ancora accettato -
- eri in cura per l’alcolismo a vent’anni? – chiedo sgomento, non l’ho mai vista bere più di una birra o un paio di bicchieri di vino
- oh sì. Il mio strizzacervelli mi chiamava Spongebob, come la spugna – ridacchia fra le lacrime, stringe il bordo del piano cottura dietro di sé, cerca di controllare la rabbia – e mia madre continua a mandarmi libri su come controllare l’alcolismo, e mi procura appuntamenti con gruppi o medici a cui puntualmente do buca! Non ne ho bisogno, sto bene! – grida, con una voce acuta e sopraffatta, scossa dai singhiozzi
- quanto sei stata in cura? -
- io… bevo da sempre, come tutti gli irlandesi. Sì lo so è uno stereotipo, ma è vero. Dai quindici anni in poi la cosa ha cominciato a peggiorare, tornavo a casa sempre molto tardi… e il più delle volte priva di sensi. Poi… una sera… eravamo andati sulla costa, sai, a Wexford, ci sentivamo i migliori al mondo, quelli che potevano fregare il tempo, la vita… la morte. È stato come nella Febbre del Sabato Sera. L’hai mai vista quella scena? Un momento Gerry era lì… il momento dopo era spiaccicato sulle rocce. – parla senza riuscire a fermarsi, se non per prendere aria e cercare di fermare il pianto, la sua voce è sempre più sottile, sempre più spezzata – abbiamo chiamato polizia e ambulanza, sono arrivati i nostri genitori, ci hanno interrogati per tutta la notte, poi hanno deciso che si trattava di un incidente. Ci siamo allontanati, io ho cominciato l’università ma non ho mai smesso di bere. Si sono verificati i classici “sintomi”… psicosi, depressione, ansia… e così mia madre mi ha presentato il dottor Murray -
Cala un profondo silenzio tra noi, quel metro scarso che ci separa sembra un milione di volte più grande, questa verità è profonda e spaventosa come un burrone. Tutto quello che volevo dire sparisce dalla mia mente – bevi… bevi ancora? –
- tutte le sere. Due bicchieri di tequila, a volte tre. Non è molto, no?- si giustifica - mi aiuta a dormire… -
- sogni ancora quella notte? -
- il più delle volte sì. Altrimenti penso ai miei ragazzi, alla vita che li aspetta e al fatto che non farò mai abbastanza per aiutarli. Ti faccio schifo? – mi chiede a bruciapelo
- perché dovresti? -
- mentre parlavo hai fatto tre passi indietro, preambolo perfetto per un rifiuto. -
- no, non mi fai schifo. Hai solo un problema… e se mai vorrai parlarne ancora, o tentare di risolverlo… o se vorrai prenderti una sbronza in compagnia… io sono sempre disponibile. Non ti abbandono, te lo prometto -
- resta qui stanotte – mi sussurra dopo essersi buttata fra le mie braccia, ammetto di essermi commosso anch’io durante il suo racconto. Ci stringiamo fra le lacrime, fra il frigorifero e il forno, fra le parole appena dette e questo silenzio intimo, che adesso sembra perfetto.
- non posso -
- invece si. Tom capirà -
- andiamo a dormire, allora? – le accarezzo i capelli e le sorrido, mi fissa con i suoi occhi ormai gonfi e rossi, ancora umidi. Mi prende per mano e mi porta fino alla sua stanza – niente tequila? – le chiedo, non appena si stende sulle coperte e mi invita a fare lo stesso
Si china su di me, sento le sue mani sulle mie guance, mi bacia. La stringo per la vita, i suoi capelli mi solleticano il volto, il suo corpo si posa per un solo istante sul mio, prima di ritornare sul letto – no, oggi no -

Fine capitolo 6
  
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