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Autore: LizTheStrange    26/02/2012    6 recensioni
Mike è un normale adolescente appena trasferitosi in una caotica e rumorosa capitale, abituato ai vecchi metodi e cresciuto in campagna.
Sarebbe fantastico se riuscisse a farsi degli amici... e sarebbe fantastico se riuscisse a trovare un modo per nascondere agli altri il suo piccolo problema...
Pare che l'unica a stargli accanto nonostante questo sia quella strana ragazza, conosciuta per puro caso in una situazione bizzarra, che gli farà aprire gli occhi e aiutarlo a rialzarsi dopo essere caduto...
Dal capitolo 3:
Mentre Mike si guardava intorno, come era solito fare, scorse una figura conosciuta che passeggiava nella strada di fronte al cortile di casa BrownLee.
Trascinava aggraziatamente un trolley da scuola, probabilmente ripieno di libri.
Si affacciò maggiormente e scorse un paio di codini rossi.
Non credette ai suoi occhi.
Era forse lei?
Genere: Romantico, Slice of life, Song-fic | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altro personaggio
Note: What if? | Avvertimenti: Triangolo
Capitoli:
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The Perfect Life
La storia di chi cade e sa rialzarsi per continuare
 
 
Capitolo 1
Ricominciare da qui
 
 
- MAMMA, - Mike BrownLee si voltò ancora una volta verso il suo zaino traboccante di libri, ansioso come non lo era mai stato. - Credi che mi servirà il compasso? -
- Per l'amor del cielo, Mike, devi solo andare a scuola, non in vacanza. Fra sole cinque ore tornerai qui. - la signora Giudy BrownLee rovesciò le lenzuola sul materasso del figlio e aprì la finestra.
Mike fece un respiro profondo.
- Troppe cose da decidere e poco tempo per deciderle. - si lamentò.
La signora BrownLee scoppiò a ridere.
- Sono le 7 appena, Mike. L'autobus passa alle 7 e mezza. -
Il ragazzo si guardò intorno. - Hai visto le mie scarpe? -
- No... perchè? Non le trovi più? -
- Ehm... -
- Se fossi più ordinato, una volta tanto, avresti meno problemi a ritrovare le tue cose. - la madre abbassò lo sguardo e tornò a sbattere il materasso, sconsolata.
Mike uscì dalla camera.
Scese le scale velocemente e raggiunse la cucina.
Si avvicinò alla finestra e la aprì.
Era bello sentire il venticello autunnale sul viso.
Appoggiò la testa fra le mani e guardò il cielo. 
Era davvero limpido, attraversato da un sole lucente.
Sorrise, fra sé e sé.
Ed eccolo lì, il suo caro amico. Lo aspettava, tutte le mattine, ed era sempre lui a salutarlo prima che Mike uscisse.
Primo giorno di scuola qui. pensò il ragazzo. Scuola nuova, ambiente nuovo, prof nuovi... e forse nuovi amici. Potrò sempre contare su di te, vecchio amico? 
La Vecchia Quercia lasciò che il vento facesse dondolare avanti e indietro la sua chioma.
Evidentemente era un sì.
Ne ero certo. Ci vediamo quando torno.
 
***
 
L'AUTOBUS partì alle 7 e trentacinque. 
Mike era seduto, solo, in un sedile nelle file centrali.
Guardava fuori dal finestrino.
La madre sorrideva, agitando una mano.
C'era davvero confusione, là dentro.
Non puoi immaginare quanta confusione.
Risate, grida, schiamazzi.
E il bello è che l'autista non dice niente... si sorprese Mike.
Davanti a lui era seduta una ragazza.
Non potè vederle il viso, era voltata in avanti.
Aveva lunghi capelli neri, ben pettinati.
All'improvviso si voltò verso di lui.
Mike le osservò gli occhi, sommersi da tonnellate di ombretto e mascara. Quasi non si riusciva a riconoscere il colore delle iridi.
Non c'era una ciglia in disordine.
Era accuratamente truccata. 
Troppo truccata, precisò il ragazzo in mente sua.
Stava ridendo con una sua amica.
- Ehi, nerd. Sei nuovo, vero? - disse l'altra ragazza, la biondina.
Nerd?
- Dovrei anche risponderti? - mormorò Mike, offeso.
Lei non fece caso alla risposta. 
La ragazza dai capelli neri aveva smesso di ridere.
Fissava Mike, stranita.
- Senti, ti piacerebbe avere una ragazza? - la biondina prese il gloss dalla borsetta e se ne applicò un velo sulle labbra.
- C-cosa? -
- Lei è libera! - la tizia prese per un braccio l'amica dai capelli neri, risvegliandola dai suoi pensieri.
- Piantala, Dakota. - la ragazza si alzò, infastidita. 
Se ne andò, sotto gli occhi di Mike, che non stava capendo per nulla la situazione.
Dakota si alzò e seguì l'amica. 
- Ma che ti prende? - la sentì mormorare Mike. - Fino a poco fa avresti riso di uno scherzo. -
- Non sono in vena. Lasciami stare. -
Scherzi cretini per cominciare bene la prima giornata di scuola... pensò il ragazzo, guardando fuori dal finestrino i passanti. Non credevo che le galline andassero a beccare anche i nuovi arrivati nel pollaio.
Accese l'Mp3.
Aveva capito l'ambiente che aleggiava.
Non era un gran bell'ambiente.
In men che non si dica, Avril Lavigne cominciò a cantare le parole di Take Me Away
All the pain
I thought I knew
All the thoughts lead back to you
Back to what
Was never said
Back and forth
Inside my head
I can't handle this confusion
I'm unable come and take me away
 
***
 
LA SCUOLA era un grande e definito edificio, delimitato da un modesto giardino, sommerso di alti gruppi di foglie. 
In fondo, era la fine di settembre.
Gli studenti passeggiavano allegramente per il cortile interno, chiacchierando, correndo e lanciando libri davanti agli occhi allibiti di Mike.
Deglutì, dopo aver abbassato la testa e aver schivato per pura fortuna un quaderno in faccia.
Va tutto bene. si incoraggiò. Sarà una passeggiata. Una passeggiata caotica e terrificante, ma pur sempre una passeggiata.
E sorrise. A cosa non lo sapeva nemmeno lui. Ma sorrise.
- Scusa, amico. - gli gridò il ragazzo che aveva lanciato il quaderno.
- Figurati! -
Aveva un fisico asciutto e ben allenato. Tirava gli oggetti come una palla da football americano; indossava infatti una maglia dei Bears, col numero 1 ben evidenziato sulla schiena.
Pareva che la campanella non fosse ancora suonata.
Mike si avventurò fra i gruppi di ragazzi e andò a sedersi sul muretto laterale della scuola.
Non c'era quasi nessuno lì vicino, apparte una pallida ragazza, seduta all'estremo del muretto, lontana minimo una decina di metri da Mike.
Aveva lunghi capelli biondi che oscillavano al vento e gli occhi chiusi. 
Era molto carina.
Sembrava stesse meditando a gambe incrociate.
Chissà... potrebbe essere nella mia classe, anche se dimostra meno anni di una liceale. 
Mike gettò un'occhiata veloce allo schermo dell'Mp3.
Quando rialzò lo sguardo... la ragazzina bionda si trovava a qualche centimetro da lui. 
- Madre del cielo! - sobbalzò Mike. 
- Oh, scusami. Non volevo spaventarti. - disse lei. Aveva una voce melodica, angelica. Sembrava il tintinnio di un campanellino.
- Non... non fa niente. -
- E' difficile farsi amici qui, vero? Non preoccuparti di questo. Oh, che sciocca, non mi sono ancora presentata. Sono Dawn. -
Mike rimase piuttosto perplesso davanti alle sue parole, ma per non mancare di rispetto, si presentò senza fare domande.
- Mike, piacere. -
Dawn sorrise tranquillamente. 
- Sai, credo saremo nella stessa classe. -
- Davvero? Ne sono felice. -
- Ti piace così tanto Madonna? -
Mike all'inizio non capì cosa intendeva, poi vide lo schermo dell'Mp3 acceso e comprese. Fino a poco prima stava ascoltando Celebrate.
- Oh... sì, sì. Ma preferisco... -
- Avril Lavigne, lo so. - sorrise Dawn, incrociando le gambe sul muretto.
Il ragazzo si inquietò.
- Come fai a saperlo? - domandò, la voce tremante.
Lei esitò un attimo a rispondere. 
- Hai una spilla di Avril attaccata nello zaino. Mi è sembrato un segnale chiaro. - ridacchiò.
- Oh, certo... - sorrise Mike a sua volta. 
Che sciocco sono stato... Per un attimo mi ha fatto quasi paura...
La campanella trillò, forte e chiara.
- Ti va se ti accompagno in classe, Mike? Sai, conosco bene questa scuola. -
 
***
 
- E' questa. -
Dawn indicò a Mike una piccola auletta all'angolo del corridoio.
La porta era aperta.
Mike lesse la targhetta accanto allo stipite.
- 3^A? -
- Esatto. Ti va di entrare? -
- Ho altra scelta, forse? - il ragazzo fece spallucce.
Dawn, calma, varcò la soglia della classe, sorridendo un: - Buongiorno, prof. -
Il suo portamento era leggiadro, aggraziato.
Sembrava persino che ad ogni piccolo passo nemmeno toccasse il pavimento mentre raggiungeva il banco in fondo alla classe e si siedeva leggera a gambe incrociate.
Mike esitò un istante, disorientato.
La classe, al contrario di come immaginava e, forse, sperava, era assolutamente zitta e aleggiava un silenzio di tomba.
Era strano, in una classe di terza superiore.
Molto strano.
Questo, il più delle volte, stava a significare o che il prof era l'incarnazione umana del male assoluto o che il prof era l'incarnazione umana della perfidia assoluta.
Tutti gli studenti fissavano il nuovo arrivato, in piedi, immobile, sulla soglia.
- B-Buongiorno... - farfugliò Mike.
Il prof alzò lo sguardo dal registro.
Aveva due occhi di ghiaccio, contornati da un paio di occhiali quadrati e neri. 
Rigorosamente neri.
Scrutavano il ragazzo dall'alto in basso, senza nessuna pietà.
- Lei deve essere il signor BrownLee, sbaglio? - disse, con un tono tanto basso e pacato che Mike a fatica lo percepì.
Si stupì anche del modo in cui lo aveva denominato.
Signor BrownLee.
Non aveva mai incontrato un insegnante che usasse il Lei con i propri alunni.
Li aveva visti nei film, questo è vero, e gli erano sempre sembrati estremamente severi. Cattivi, oserei dire.
Non promette niente di buono... pensò Mike, annuendo titubante alla domanda a cui era stato sottoposto.
- Sì, sono io. -
- Bene. Può accomodarsi accanto al signor Stevenson. -
Mike scorse velocemente con lo sguardo tutta la classe, notando che un ragazzo, in prima fila, seduto da solo, aveva alzato la testa di scatto da qualcosa che velocemente aveva nascosto sotto al banco.
Aveva folti capelli ricci e agli occhi due tonde lenti che aspiravano a donargli un'aria quasi simpatica.
Non sembra male. Meglio del quaterback accanto alla finestra.
Il ragazzo che prima gli aveva quasi lanciato un quaderno in testa in quel momento stava masticando un chewing-gum, nella sua stessa classe.
Notò il nome sulla parte posteriore della maglia rossa dei Bears.
Lightning.
- Accanto a me, prof? - domandò quello che fra pochissimo sarebbe diventato il nuovo compagno di banco di Mike.
- Sì. Ci sono problemi, signor Stevenson? -
- No. No, affatto. -
Mike deglutì.
Si avvicinò al banco e poggiò il suo zaino a terra.
- Piacere, sono Sam. -
 
 
***
 
 
- Com'è andato il primo giorno di scuola, tesoro? - la signora BrownLee aprì la porta al figlio.
Mike lasciò scivolare lo zaino in un angolo e si stravaccò sulla poltroncina.
Sì, quella coi braccioli, sempre accanto al termosifone, la sua preferita.
- Bene. Anche se papà è arrivato in ritardo... -
Giudy fece un sospiro profondo.
Fin troppo profondo.
- Come al solito è più importante il lavoro. -
Le parole della madre erano fredde.
Sprezzanti.
E Mike sapeva il perchè. Fin troppo bene.
- Mamma, non ho detto questo. -
Seguì una piccola pausa.
- Ehm... sai, ho conosciuto due nuovi ragazzi. - sorrise il ragazzo.
La mamma si sedette sul divano e... sorrise.
Già, sorrise.
Forse non del tutto sinceramente.
Ma sapeva che Mike ne aveva già subite abbastanza.
- Davvero? E' fantastico. Come si chiamano? -
- Sam e Dawn. Lui è il mio compagno di banco, lei una mia compagna di classe. -
- Che bello. Ne sono felice. Che mi dici dei prof? Come ti sono sembrati? -
- Vuoi davvero saperlo? Diciamo... terrificanti, innaturali, anche un po' diabolici. -
Mike lo disse con una tale naturalezza che entrambi ci radacchiarono su.
Poi il ragazzo si guardò intorno, improvvisamente serio.
- Dove sono gli zii? -
- Non sono potuti venire. - mormorò tristemente la madre. - E' successa un cosa. - 
- Cosa? Cos'è successo? -
- Niente di grave. Stacy è malata. Influenza. Promettono di venire qui il prima possibile. -
Mike appoggiò la testa allo schienale, depresso.
- Oh, grandioso. Almeno con l'influenza si spera che Stacy chiacchieri di meno. -
La madre sorrise e si alzò, per andare a preparare il pranzo.
Il figlio rimase qualche istante seduto.
Ammirava i riflessi dorati che filtravano dalle persiane.
Erano uno specchio di cristalli.
Si alzò, quasi senza volerlo.
- Mamma, vado in giardino. Quan'è pronto chiamami. -
E prima di sentire la risposta si richiuse la porta alle spalle.
Andò sul retro della casa.
Era tutto ombreggiato, come immaginava.
Si sedette sull'altalena di legno e cominciò a dondolarsi lentamente.
Alzò lo sguardo.
Il cielo era di un azzurro intenso.
Gli piaceva rimanere in quel piccolo rifugio a pensare, il tempo scorreva senza che Mike se ne accorgesse.
Pensava, sì, ma a cosa, di preciso?
Al cambio di stagione, alle vacanze appena passate, al trasloco, alla famiglia...
Ultimamente questo campo lasciava un po' a desiderare.
Mamma e papà litigavano continuamente,
E Mike temeva.
Temeva del divorzio.
Vedeva il viso della madre rigato dalle lacrime e sentiva le grida furiose del padre anche quando non litigavano.
Ed era terribile.
E temeva.
Temeva che potesse accadere.
Si portò una mano fra i capelli, sospirò a fondo.
E come sempre faceva quando era stanco, o triste, o malinconico, accese l'Mp3.
Stavolta l'ospite speciale della serata era la band dei Coldplay.
Paradise...
Continuò a dondolarsi, lentamente.
Improvvisamente sentì il campanello del cancello d'ingresso.
Si alzò con un piccolo salto dall'altalena.
- Vado io. - avvertì Mike alla madre che, con la musica di Michael Bublé a tutto volume, probabilmente non aveva nemmeno sentito.
Mike raggiunse di trotto il cancello.
Rimase immobile, come pietrificato.
La bocca spalancata e gli occhi sgranati.
Davanti a lui c'era una ragazza.
Aveva dei bellissimi capelli rossi, morbidi e lucidi.
E due occhi castani.
Due occhi castani grandi e sinceri.
- Ehm... - mormorò lei, evidentemente intimidita dalla presenza di un suo coetaneo maschile. - E'... E' qui che abita la signora Stewart? -
- Err... - balbettò Mike. - I-io... sì, cioè... la signora Stewart? No, mi spiace, questa è casa B-BrownLee. -
La ragazza sembrò parecchio imbarazzata.
- Ah... in tal caso, m-mi dispiace del disturbo. Arrivederci. -
Mike rimase a fissare gli occhi della ragazza.
Sembravano magici.
Poi si riprese, d'un tratto.
- Ahm... non fa niente, non... non preoccuparti. 
Lei sorrise e si voltò per andarsene.
- E... se cerchi la signora Stewart, abita due case più in là, nella palazzina gialla.
- Oh... grazie.
E se ne andò.
Mike si chiese per quale ragione al mondo una bella ragazza come lei cercava una vecchia sclerotica come la signora Stewart.
Forse è una sua parente, azzardò, tornando nel retro del giardino. Anche se non hanno nessunissima somiglianza... Non le ho nemmeno chiesto il suo nome. Sciocchezze! Cosa le dicevo? "Ehi, sei carina, come ti chiami?". Bah, mi avrà preso per un idiota.
Mentre discuteva coi propri pensieri, si era seduto sull'erba.
La madre si affacciò dalla finestra della cucina, che si apriva sul vialetto prima di raggiungere il cortile.
- Chi era, tesoro? -
Mike sorrise fra sé e sé.
- Come faccio a saperlo? Mica le ho chiesto il nome! -
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Piccole Note al profumo di... Stranezze:
 
Ciao! Lo so, lo so, è decisamente demente come storia, ma mi è venuta in mente mentre passeggiavo per tornare a casa da scuola.
Mi piaceva tanto l'idea. Perchè la storia vera e propria deve ancora inziare, siamo solo al primo capitolo.
Avrete capito chi è la ragazza... (Come diavolo posso riuscire a tenerla segreta?!). Avrete capito più o meno la situazione:
Mike.
Un povero teenager costretto a traslocare per il lavoro dei suoi (che si scoprirà essere solo per colpa del padre... Cavolo! Devo stare zitta!).
Incontra una ragazza, per caso.
Bene, vi lascio al prossimo capitolo che ho già iniziato e che direi presto posterò.
Eh, no... non potete ammazzarmi per aver creato una sorta di cretinata incredibile e... lasciamo stare.
Un piccolo avviso: per i fan di Anne Maria, Dakota, Dawn, Scott, Sam e dei nuovi personaggi, questa è pane per i vostri denti.
(fa un inchino, cadendo a terra; ma prima che si possa chiudere il sipario, lo ferma con le dita esili)
Un'ultimissima cosa poi sparisco: dedico questo capitolo a tutte le persone dal cuore grande che hanno recensito la mia one-shot su Mike e Zoey, e poi in particolare a Kate. Grazie amica! 
 
**Svetlana**
  
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