-Dai, Blaine: ce la puoi fare! Non ti
scoraggiare: parlami
della caduta della borsa di New York del 1929. –Kurt era
esasperato. Ormai
erano passate un paio di settimane da quando aveva cominciato a dare
ripetizioni al suo amico, e nonostante tutti i suoi sforzi non riusciva
a fare
qualcosa di veramente concreto. Non che non fosse migliorato, solo che
non era
abbastanza.
-Non ci riesco proprio, Kurt.
–Blaine sembrava esasperato. I
nomi gli risultavano troppo difficili, non era capace di esprimere
fatti senza
martoriare la sintassi, e non era capace di pronunciare le date.
–Allora
torniamo un po’ indietro. –disse Kurt, prendendo il
libro di storia in mano e
sfogliandolo.
-L’Imperialismo; parlami
della guerra civile del Messico.
–Kurt accennò un sorriso, mentre
Blaine
si lasciò cadere pesantemente sul divano di Kurt. Avevano
già fatto geografia e
letteratura. Era seduto su quei cuscini eccentrici da più di
tre ore.
-Yo soy de
Puerto
Rico! – Blaine aveva alzato la voce,
così Kurt si sentì in colpa, anche se
in realtà non aveva nessuna intenzione di offenderlo.
–Guarda bello, che io ti
ho solo fatto una domanda di storia. Lo so benissimo da dove vieni!
–anche Kurt
si accasciò sul divano, tenendo le bracca incrociate sul
petto e lo sguardo
fisso davanti a sé.
-Lo siento, mi
sono comportato como un
cavernicolo.
Scusami. –Blaine lo guardava con un’ espressione
che avrebbe dato del filo da
torcere ad un gattino.
-Dilata le pupille. –disse
Kurt, alzando appena il mento.
–Estàs loco? –Blaine era alquanto
allibito dalla risposta del soprano. –Oh,
uffa! Non sei lui. –Kurt riabbassò lo sguardo
fingendosi deluso, ma Blaine non
aveva capito che stava scherzando, e soprattutto non aveva capito di
chi stesse
parlando.
-Lui chi? –chiese il
portoricano. –Il gatto con gli stivali!
– detto questo Kurt scoppiò a ridere –Te
l’ ha mai detto nessuno che parli como
lui? –Kurt abbracciò con affetto
Blaine dicendo –Perdonato. Ma devi imparare a dilatare le
pupille, sennò che
gatto con gli stivali sei? –Blaine sospirò e
annuì fingendosi esasperato.
-Stavamo parlando della caduta della
crisi di New York, del ’29?
–chiese ad un tratto Blaine. –Sì.
–gli rispose Kurt, visibilmente compiaciuto. Era
vero: Blaine non riusciva ad esporre un argomento di storia, ma
sicuramente non
si sarebbe arreso. Però era anche vero che Blaine non era
uno stupido, e che s’
impegnava tantissimo, quindi era inspiegabile come mai non riuscisse a
migliorare
ancora.
Mentre Kurt era immerso nei suoi
pensieri, Blaine aveva già
preso a parlare della crisi americana del 1929, utilizzando frasi
formate da
soggetto, predicato e complemento oggetto. Se andava bene anche da un
complemento di tempo, o uno di luogo.
Dopo poco meno di un’ ora
decisero che per oggi sarebbe
bastato. Cominciarono a parlare, scoprendo di avere molte cose in
comune. Kurt notò
che ogni che volta che poneva una domanda un po’
più personale Blaine diventava
schivo, e girava intorno al quesito cercando qualcos’altro da
dire.
Mentre Kurt esponeva i suoi motivi
per amare Wicked, anziché
Rent, il display del cellulare di Blaine s’
illuminò, e allo stesso tempo partì
Last Friday Night. Kurt guardò storto Blaine.
-Che c’è? Te
l’ ho detto che mi piace Katy Perry. –
RRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRRR
Blaine rispose e Kurt non
capì niente della conversazione,
perché era in spagnolo. In più non riusciva a
sentire cosa dicesse l’ altro interlocutore,
infatti avvertiva solo un brusio proveniente dal microfono del
telefono.
-Hola,
mamà.- -Estoy en casa de
un amigo.- -No te
preocupes. - -No: no pasasà mucho tiempo.- -Ahora voy.
Magnana, mamà.-
Kurt aveva capito solo una cosa: che
era sua madre, ma
chiese lo stesso –Chi era? –Blaine alzò
lo sguardo, si era scordato di essere
con Kurt –Mamà. Mi ha chiamato per chiedermi
dov’ero e per dirmi che non posso
stare fino a tardi da te. –
Kurt interpretò male
quest’ ultima frase –Come non puoi
stare da me? –chiese leggermente seccato. –Mi
dispiace, ma ho un impegno che
non posso proprio saltare. –disse Blaine candidamente.
“Dispiace anche a
me.” Pensò Kurt, fissando Blaine con
espressione idiota, poi si rese conto e riprese in mano la sua
dignità. –Che cosa
devi fare? –domandò Kurt, il quale non si sarebbe
mai immaginato una risposta
brusca. –Ti ho detto che ho un impegno, fattelo bastare!
– rispose duramente
Blaine.
-Io non volevo essere invadente.
–la voce di Kurt era un
sibilo. Se ne stava rannicchiato su quel divano con tono indifeso:
faceva
tenerezza, così Blaine si sentì in colpa.
–Non volevo Kurt, mi dispiace. Non so
che mi stia succedendo: negli ultimi giorni m’ innervosisco
per un nonnulla. –Kurt
non rispondeva, così Blaine capì che quel ragazzo
si stava pentendo di tutti
gli aiuti che gli aveva offerto.
-Io devo andare. –disse
piano. Si diresse verso la porta,
notando che Kurt non lo aveva accompagnato. sapeva che il suo amico
fosse molto
educato, infatti tutte le volte che andava via, veniva scortato alla
porta.
Uscì, quando Kurt
finalmente si fece capolino dalla porta d’
ingresso. –Blaine: -lo chiamò; la sua voce era
ferma, sicura e fredda –Domani mi
dovresti aiutare per quella cosa delle elezioni per diventare
rappresentante d’istituto.
te lo ricordi, giusto? –non ciò che si aspettava
Blaine, ma almeno aveva la
certezza che non avrebbe smesso di dargli ripetizioni.
-Certo, còmo
podrìa?-
rispose Blaine. Kurt salutò con un cenno della mano e, senza
aspettare una
risposta, richiuse sonoramente la porta.
Il giorno dopo Blaine se ne stava al
suo armadietto, perché
doveva prendere alcuni libri, ma non si ricordava più quali,
così ne prese un
paio a caso.
Kurt non riuscì a vedere
la faccia del suo amico, perché era
coperta dall’ anta aperta dell’ armadietto, ma lo
riconobbe lo stesso.
--Ciao, Blaine!
–salutò con enfasi. L’ altro ragazzo
chiuse
l’ anta, così Kurt riuscì a vederlo in
volto.
Era pallido. Molto pallido. E aveva
due occhiaie che
sembravano spicchi d’ arancia. I capelli non erano oppressi
dal gel, e molto
probabilmente quella mattina non erano stati oppressi nemmeno dal
pettine.
-Stai bene? –chiese Kurt,
visibilmente preoccupato. –Eh? Ah…
sì, sì. Sono solo un po’ stanco, non ho
dormito un granché bene. –Kurt corrugò
la fronte.
-E’ per via di
quell’ impegno di cui parlavi ieri sera? –Kurt
era molto sospettoso, così il moro evitò
d’ incrociare il suo sguardo. –Sì!
Esatto.
Ho fatto un po’ tardi. Ma non è nulla.
–Blaine era sfuggente.
S’ incamminarono verso
l’ aula di storia, e mentre
camminavano a Blaine scivolarono i suoi libri di francese, facendoli
fare una
caduta alquanto sonora. Si chinò per raccoglierli.
Cominciò a traballare: non
riusciva a stare in equilibrio.
-Hai bisogno di una mano?
–a questa domanda il ragazzo
scosse la testa, poi il Kurt continuò –Ma
perché hai preso francese? –Blaine
non sapeva cosa rispondere, così sorrise, fingendo una
piccola distrazione. In realtà
non era un po’ distratto: era proprio fuso.
-Senti: -disse Blaine con incertezza
–hai qualcosa da
mangiare? –Kurt frugò nella sua tracolla,
estraendone un pacchetto di Pavesini.
-Grazie. Ieri non ho cenato, e oggi
non ho fatto colazione. –disse
Blaine afferrando il pacchetto di biscotti.
-Quindi non mangi da…?
–chiese Kurt con la stessa ansia, e
la stessa premura, di una mamma. –Ieri a pranzo. Grazie mille
per i Pavesini. –Kurt
non rispose.
Quel ragazzo gli nascondeva qualcosa,
e quel qualcosa non
era trascurabile. Doveva aiutarlo. si stava rovinando la vita, e tutti
se ne
potevano benissimo accorgere. Ma nessuno interveniva. Né i
professori, né il
preside, né gli assistenti sociali, né la sua
famiglia.
Già, la sua famiglia. Non
ne parlava mai, e quando gli aveva
detto che aveva parlato con sua madre si era quasi vergognato.
Non voleva certo intromettersi nella
vita di quel ragazzo,
ma se non lo avesse fatto lui, gli altri avrebbero lasciato solo, a
rovinarsi
la vita.
Buongiorno a tutti!
O dovrei dire buonasera…
comunque, mi dispiace per il
ritardo. Spero che vi sia piaciuto anche questo capitolo. Come al
solito, se vi
è piaciuto recensite. Questo vale per tutti tranne che per
Gleeklove. Grazie per
aver letto.
<3 Margy <3