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Autore: sayuri_88    26/02/2012    8 recensioni
« Le tre regole d’oro delle ragazze dello chalet. Prima regola: niente amici nello chalet. Seconda regola: feste finché vuoi, basta che la colazione sia sul tavolo alle otto in punto. Se non ti svegli, fai i bagagli. Terza regola: non si va a letto con i clienti. Salvo che non siano in forma o ricchi o che ci provino ».
« In pratica, ci sono solo due regole ».
« In pratica ».
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ciao! Capitolo lungo, lungo. Spero di essermi fatta perdonare per la lunga attesa^^

Ringrazio tutti quelli che hanno aggiunto la storia tra le seguite e preferite, sono davver felice e 10000000000 di grazie alle ragazze che hanno recensito lo scorso capitolo.

Vi ricordo la mia pagina FB dove potete trovare spoiler avvisi, ecc...

Buona lettura!!

 

 

 











Capitolo 4 - febbraio

2 parte


 


 

Faccio fatica ad aprire gli occhi mentre la mia testa sembra essere presa di mira da un martello pneumatico. Emetto un lamento mentre mi muovo per cercare di capire dove sono finita.

Che è successo? Dove mi trovo?

Sono le domande che mi frullano nella mente, tutto è sfocato e il mio cervello sembra elaborare il tutto a rallentatore e poi qualcosa mi colpisce il viso, è vischiosa e fredda.

Neve mista a pioggia.

« Dafne! » un urlo che mi fa spaventare, facendomi riprendere contatto con la realtà.

Stavo scendendo i gradini, la cesta della legna in mano e sugli ultimi gradini sono scivolata.

Spalanco gli occhi e quello che vedo è neve, tanta neve che mi circonda. Io sento freddo, tanto, e sono completamente zuppa. Inizio a tremare e guardo nella direzione in cui è arrivata la voce. Ora ci sono altre voci, mormorii.

« Dafne! » un’altra volta la voce allarmata mi chiama, ma questa volta è vicina, non arriva da dentro la casa.

È accompagnata da rapidi passi, il cui suono è smorzato dalla neve. Giro la testa e quello che vedo è una luce, forse un cellulare o una piccola torcia venire verso di me. È troppo buio per capire chi sia l’uomo anche se la voce mi è familiare.

« Oddio, Dafne, mi senti?! » un ultimo sforzo della mia mente e capisco perché la conosco.

« David? »

Il ragazzo scivola vicino a me e sento le sue mani fredde sfiorare il mio corpo, come ad accertarsi che sia tutto a posto.

« Grazie al cielo, sei viva » lo sento dire per poi rilasciare un lungo sospiro.

« Ho… ho fr….freddo » balbetto. David mi prende in braccio e mi stringe a lui.

« Sì, non preoccuparti, ora andiamo dentro. Andrà tutto bene » mormora mentre ricomincia a correre. Dopo poco sento il tepore della casa che mi avvolge e libero un sospiro di sollievo rilassandomi contro il petto del mio salvatore.

« O Dio, Dafne » il viso di Lizzy è a pochi centimetri dal mio e riflette tutta la sua preoccupazione.

« Chiama il Dottor Wasser e digli di venire qui subito » gli ordina lui continuando a camminare. Sulla porta del salotto vedo gli ospiti dei Modigliani guardarci, anzi guardarmi, chi curioso, chi preoccupato.

Io vorrei solo morire per l’imbarazzo ma David li ignora e sale le scale. Alzo la testa per guardarlo.

Il viso è scuro e preoccupato, lo osservo in silenzio perché non riuscirei a dire nemmeno una parola. I denti battono tra di loro a ritmo forsennato tanto che potrei sostituire la batteria in un gruppo rock.

« Che… » inizio vedendo che la direzione che ha preso lo porta in camera sua, ma non riesco and andare oltre troppo scossa dagli spasmi che percorrono il mio corpo. Cavolo, quanto tempo sono stata svenuta fuori sotto neve?

 

La sua camera la conosco molto bene. È la mia preferita.

Grande, soffitto con travi di legno a vista, pareti dipinte con un pallido colo panna che ha l’effetto di rilassarmi, mobili in legno. Il letto matrimoniale sistemato davanti alla grande vetrata, con un piccolo terrazzo, che dà sul paese. Una vista su tutto il paese e le montagne circostanti.

Sulla sinistra è sistemato un piccolo salottino, con una stufa in ceramica che da sola riscalda tutta la stanza. Ed è quella la sua meta.

Velocemente mi sistema su una delle poltroncine, s’inginocchia davanti a me e tenta di togliermi il giaccone. Io rafforzo la presa, nonostante sia bagnato, mi trasmette calore.

« Non fare la sciocca » mi richiama con voce tremante « è peggio se lo tieni indosso ».

Guardo le sue mani ferme sulla zip, pensando che ha ragione, quando mi accorgo che tremano. Alzo lo sguardo preoccupata su di lui e vedo che non solo le mani ma tutto il suo corpo. 

I tremori non erano solo miei ma anche suoi. Questo pazzo è uscito solo in smoking!

La giacca, la camicia e i pantaloni sono bagnati per colpa mia.

« Stu… stupido » sputo a mezza voce mentre lo aiuto a liberarmi della giacca. Lo sento ridacchiare.

« Io ti salvo e sono stupido? » anche la sua voce trema ma è più ferma della mia. Sorride mentre lo dice, ma subito questo scompare quando con la mano delicatamente mi accarezza la fronte.

« Ahio… » mi lamento sentendo il punto in cui mi ha toccato bruciare e pulsare.

« Scusa ».

« David! » la voce di Adrianna ci fa sobbalzare entrambi.

« Mamma, potresti scendere e chiedere a Lizzy di preparare qualcosa di caldo per Dafne ».

« Cosa? Non sono una cameriera e non è nostro compito curarla, per questo hanno una copertura sanitaria. Il dottore si occuperà di lei quando arriverà. Tu hai degli ospiti a cui badare ».

« Mam! Dafne stava per morire congelata, credo che i tuoi ospiti possano aspettare ».

Spalanco gli occhi stupida nel sentirlo rivolgersi in quel modo alla madre. Lui, che è sempre stato molto rispettoso e accondiscendete con la sua genitrice ora la guarda con rabbia e delusione.

La donna ricambia lo sguardo, scioccata dal tono con cui lui si è rivolto a lei.

« Non ho detto questo. Non sei un medico e non puoi fare molto. Portala in una camera per gli ospiti, mettila nel letto e torna giù assieme agli ospiti mentre aspettiamo il dottore. Lana vuole sapere che fine hai fatto » dice tenendo un tono calmo.

« Io rimango qui fino a che il medico non arriva » ringhia e io lo sguardo sempre più stupita. Qualcuno si è impossessato del corpo di David.

« Ma… » ritenta la donna ma viene subito bloccata dal figlio.

« Mamma, non vorrai lasciare i tuoi ospiti da soli ancora a lungo? » è la domanda sarcastica di David. La donna rimane per un momento spiazzata, devono essere davvero rare le volte che David gli risponde in questo modo.

« Va bene, darling, manderò subito il medico appena arriva ».

Fa due passi indietro e poi, dandoci le spalle, se ne va.

David si gira verso di me ed io mi sento come un pulcino bagnato e impaurito. Sta per dire qualcos’altro ma uno spasmo più forte degli altri mi fa tremare e questo lo fa scattare.

Senza che io riesca più a opporre resistenza mi libera del giaccone buttandolo malamente a terra, lo vedo sporsi verso di me e automaticamente chiudo gli occhi, sembra abbracciarmi ma in realtà fa scendere la cerniera del vestito.

« D… David » balbetto cercando di allontanarmi ma il suo corpo emana così tanto calore che non riesco a imporre a nessun muscolo nessun movimento, o meglio si muovono, ma verso di lui.

 Con un unico gesto rapido fa scivolare il vestito ai miei piedi, lasciandomi in mutande e reggiseno, ma non ho tempo di provare imbarazzo perche mi prende in braccio e mi infila sotto le coperte coprendomi fino al naso.

Sento subito sollievo ma i brividi non accennano a fermarsi ed è inutile stringersi il piumino addosso, questi non fanno che aumentare.

« Ora tocca a me » mormora prima di prendere un bel respiro come a infondersi coraggio. Ma… ma che sta facendo?!

« Ch… che f… fa… fai? » chiedo con voce stridula appena inizia a slacciarsi la camicia.

« Forse non te ne sei accorata ma sei congelata. Il calore umano è il più efficace in questi casi » dice mentre si libera definitivamente della camicia lasciandola cadere a terra, subito dopo seguita dai pantaloni. Alla fine rimane solo in boxer.

Cosa? No, no, e no non va bene soprattutto se sono in questo stato!

Questa volta si che avvampo per l’imbarazzo della situazione.

È una cosa che ho visto succedere in molti film e spesso mi sono immaginata al posto della protagonista con il bell’attore di turno che la abbraccia per riscaldarla, i loro visi che si avvicinano, le labbra che si sfiorano… ma mai ho immaginato che questa mia fantasia diventasse realtà, poi con David.

Certo che non mi tirerei indietro… Oddio, Dafne ma che pensi?!

Scosta le coperte e una folata di aria fredda mi fa venire la pelle d’oca, vorrei lamentarmi ma la voce mi muore in gola quando con le braccia mi circonda il busto ed io mi ritrovo schiacciata contro il suo petto. Trema quando viene a contatto con la mia pelle fredda, ma non si scosta, al contrario aumenta la presa.

Cavoli, è così imbarazzante, ma così caldo…

Mi stringo a lui e i brividi piano, piano, diminuiscono, anche se alcuni non sono sicura siano per il freddo. Le immagini di noi due che ci comportiamo come nei film smielati che tanto amo si affollano nella mia mente.

 

Rimaniamo in religioso silenzio, dal piano di sotto arrivano rumori soffusi che mano a mano diminuiscono come se la gente se ne stesse andando.

La mia mente lavora a briglia sciolta e il desiderio di baciarlo si fa sempre più impellente ma è proprio quando sto per attuare il mio piano che lui apre bocca bloccandomi prima che combinassi qualche pasticcio.

« Dafne, come va? » sussurra al mio orecchio. Il suo respiro è caldo e mi manda in confusione.

« Mmh… » mugugno e lo sento sospirare. Cerco di riprendere il controllo di me stessa ma la mia mente è leggermente annebbiata e i miei pensieri vanno a rallentatore.

« So che sono stato un vero idiota questa settimana » e la sua frase risveglia la parte arrabbiata di me, cancellando completamente l’immagine di noi due che ci baciamo e ci spingiamo anche oltre.

« Id…iota non r…iesce a def… definire pienamente quello che s… sei stato questa settimana » sbotto. Dentro di me esulto per essere riuscita a formulare una frase di senso compiuto.

« Almeno mi hai parlato » mormora iniziando ad accarezzarmi i capelli. « Dio, quando ti ho visto a terra in mezzo alla neve mi hai fatto prendere un accidente ».

Sento freddo e caldo, sono stanca e questo suo nuovo atteggiamento ha intensificato il mio mal di testa tanto che credo che questa scoppierà da un momento all’altro.

« Una volta… sei il Dottor Jakyle, un… un’altra volta Mr Hyde… Mi spieghi che problema hai? Per… ché io non ce la fa… ccio a capirti » gli confesso con voce stanca.

« Dottor Jakyle e Mr Hyde, eh? » dice sghignazzando, solo che io non ci trovo nulla di divertente così gli lascio un pizzicotto sul braccio che lo azzittisce.

« Okay… me lo sono meritato ».

Sto per ribattere quando qualcuno apre la porta. Sia io che David ci giriamo a guardare il nuovo arrivato.

« Il dottore è arrivato! » esclama Lizzy entrando nella stanza e in mano una tazza fumante. Già immagino la sensazione di calore.

« Oh… mamma » continua quando registra la scena.

« David! Che cosa stai facendo!? » questa è Adrianna. Effettivamente la posizione può essere facilmente fraintesa.

In un altro momento - anche se devo dire che non ci sarebbero state altre situazioni che mi avrebbero portato a questo risultato - mi sarei allontanata da lui e sarei scappata a Timbuctu ma sto così bene al calduccio che nonostante l’imbarazzo non mi muovo e se possibile mi spiaccico maggiormente contro di lui.

« Mam… » inizia David. Lo guardo in viso, è completamente rosso e non riesco a non ridacchiare della situazione, anche se poi un pensiero mi fa morire l’entusiasmo in gola.

Adrianna mi licenzia perché ho tentato di circuire suo figlio!

Lo dico e lo ribadisco, i ricchi portano solo problemi…

Caccio il capo sotto le coperte e cerco di farmi il più piccola possibile.

« Oh, ragazzo bravo. Hai fatto molto bene » è il commento pacato e per nulla sconcertato di quello ch deve essere il medico.

« Dottore, finalmente… tremava come una foglia e non sapevo che fare poi mi sono ricordato delle lezioni di primo soccorso… » inizia a parlare David mentre lo sento muoversi nel letto per uscire.

« Elisabetta, esci subito » tuona la Signora Modigliani. Alzo la testa facendola uscire dall’ammasso di coperte e vedo la mia amica imboccare la porta come un gatto a cui brucia la coda, poi sposto lo sguardo sul dottore, anche se faccio fatica a tenere gli occhi aperti tanto sono pesanti.

È un signore panciuto, con una valigetta nera, simile a quella che usano i dottori nelle loro visite a domicilio. Un sorriso gentile, che non posso non ricambiare, gli increspa le labbra. Ha l’aria simpatica e il viso ispira fiducia e bonarietà.

Sembra un nonno.

« Allora ragazza, vediamo » inizia poggiando la sua valigetta sul bordo del letto. Il suo inglese è un po' malmesso ma abbastanza comprensibile. Apre la sua valigetta e ne estrae un fonendoscopio, lo indossa e poi si gira verso i due padroni di casa.

 « Emh… ecco potreste uscire dalla stanza, per favore? » chiede l’uomo a madre e figlio.

La prima acconsente ed esce tenendo la porta a David che esita scrutandomi con lo sguardo.

« Va bene, sono qua fuori se serve qualcosa » risponde mentre segue la madre fuori.

« Bene, ah… » lo richiama quando la porta è quasi chiusa « servirebbero dei vestiti per la ragazza qualcosa di caldo » .

« Le do qualcosa di mio, dottore » risponde David ritornando sui suoi passi e recuperando dall’armadio una tuta, dei boxer e una canottiera e li poggia su una seggiola vicino al letto e dopo un ultimo sguardo rassicurante nella mia direzione se ne va. Non lo vedo uscire ma sento chiaramente il tonfo della porta. Una parte di me vorrebbe che lui tornasse dentro, che rimanesse qui con me mentre il dottore mi visita.

 

Mezz’ora dopo, visitata e vestita - devo confessare che è stato imbarazzante indossare la biancheria intima di un ragazzo -, il dottore lascia entrare David.

Per tutto quel tempo avevo sentito mormorii arrivare dalla camera di fronte, quella occupata dai suoi genitori. Non so che si sono detti e la curiosità è tanta. Avranno discusso di me? Del mio licenziamento? David, avrà spiegato come stanno realmente le cose?

« Come stai? » è la prima cosa che mi chiede usando un tono apprensivo. Io annuisco, per fargli capire che sto bene, mentre mi stringo di più le coperte addosso. Si è cambiato, indossa una semplice maglietta a maniche corte e dei pantaloni della tuta. Anche così è proprio bello.

Bello e impossibile.

In mano regge la tazza fumante che Lizzy aveva portato poco prima.

« La sua amica sta bene, ha qualche linea di febbre e probabilmente domani avrà un bel raffreddore ma nulla che non passi dopo qualche giorno di riposo sotto le coperte ».

« Perché sei uscita? » mi chiede David dopo essersi seduto al mio fianco sul letto. Con gentilezza mi scosta una ciocca di capelli che era caduta sul mio viso e la sistema dietro all’orecchio. Con l’altra mano mi porge la tazza e m’incita a bere qualche sorso. Subito gli effetti benefici della tisana si fanno sentire e gli sorrido riconoscente.

I tremori spariscono e ora l’unica cosa che voglio è scivolare nell’incoscienza del sonno e svegliarmi scoprendo che tutto questo è stato solo un sogno.

« Ecco… c’era la legna… mi ha detto… » cerco di spiegare ma le parole che escono dalla mia bocca sono sconnesse e senza senso. La spossatezza inizia ad avere il sopravvento su di me.

« Ne parlerete domani dopo una bella dormita » dice dottore bloccando qualsiasi altra domanda del moro.

Il Signor Wasser prima di andarsene mi prescrive assoluto riposo e mi fa promettere che, se le mie condizioni non migliorano entro la metà settimana, di andare in ospedale per una visita.

 « Sei stata fortunata, lo sai? Se non avessi guardato fuori dalla finestra chissà quando, ti avremmo trovato… » mormora l’ultima parte mentre mi accarezza la testa come una bambina piccola che ha paura dei tuoni. È una situazione troppo intima.

Perché lo fa? Che cosa significa?

L’unica cosa che so è che me ne devo andare prima di crollare in questo letto.

« Forse è meglio se vado in camera » mormoro iniziando a scivolare fuori da letto, ma David mi blocca.

« Non se ne parla, tu stai qui questa notte e fino a che non ti riprenderai per bene. Poi non vorrai far ammalare anche Lizzy. Poi chi lavora? » sorride tranquillo e per quanto il tono è stato scherzoso, vi rimango male. Il mio cervello ha registrato solo che non vuole che anche la mia amica si ammali perché altrimenti nessuno lavorerebbe per lui.

« Tu non ti devi preoccupare per me » cerca di rassicurarmi. Sbuffo e tiro le coperte fin sopra il naso. Il problema è che io non sono preoccupata per lui.

Come al solito i ragazzi fraintendono sempre quello che diciamo e poi dicono che siamo noi le complicate, basta che interpreti la nostra frase al contrario e ci hai capito.

“Non voglio regali per il compleanno, san Valentino, mesiversario, anniversario e tutte le altre feste comandate e non” vuol dire che li vogliamo. Non è così difficile, così come “ non è necessario andare in vacanza alle Maldive, sotto il sole a rilassarci, soli soletti, anche per me va bene andare con tua madre al mare “ vuol dire che se non ci portate alle Maldive per stare con la vostra mamma, in puro stile mammoni, noi vi piantiamo in tronco.

« Io dormirò su una delle poltrone. Così se non dovessi stare bene questa notte, ci sono io » risponde con un’alzata di spalle.

Prende la tazza e la poggia sul comodino vicino alla parete e si alza. Recupera una coperta da un ripiano dell’armadio e raggiunge il salottino sistemandosi su una poltrona e si copre con la coperta. Lo vedo armeggiare con i cuscini per cercare una posizione comoda ed io mi ritrovo a sorridere malefica. Esco dal mio bozzolo giusto per alzarmi abbastanza da guardarlo bene e dico:

« Ti starebbe bene dormire su quelle belle, quanto scomode poltrone, di un qualche designer famoso ».

Se non fosse stato per il mio attuale stato, non avrei mai detto ciò, ma forte dei miei trentotto gradi e mezzo, continuo a tirarmi la zappa suoi piedi.

« Perché sei stato un vero stronzo questa settimana ».

David ascolta la mi arringa a bocca semiaperta.

« Ma la febbre parla per me. Quindi dormi pure sul letto. Che lato vuoi? »

In un primo momento esita, ma poi sorride e si alza poggiando in malo modo la coperta sul tavolino.

« Di solito dormo a destra » dice mentre si avvicina al letto per raggiungere la sponda citata.

Eh no, mio caro, hai toppato alla grande…

« Bene, allora prendi il sinistro » dico appropriandomi del lato destro e abbracciando il cuscino.

La febbre mi fa ragionare come una bambina di cinque anni, lo so.

Una risata sommessa e poi sento il materasso piegarsi, le coperte alzarsi e l’aria fredda colpirmi la schiena, facendomi rabbrividire, e poi ancora il caldo. Percepisco ogni suo singolo movimento e il cuore accelera i suoi battiti. È strano sentirlo così vicino e subito mi pento della mia geniale idea.

Il calore si fa più intenso mentre i movimenti del materasso si fanno sempre più vicini, ma io sto già crollando nel mondo dei sogni e forse quello che sento poco prima di addormentarmi fa solo parte della mia immaginazione.

« Prometto che non farò più lo stronzo. Mi farò perdonare, tengo molto a te per perderti a causa delle mie cavolate ».

 

La mattina seguente mi sveglio infastidita da un raggio di sole che, birichino, fa capolino tra le pieghe delle tende. Infastidita, nascondo la testa sotto le coperte per quello che mi è possibile visto che qualcosa mi blocca. Con gli occhi chiusi tasto quel coso che mi stringe all’altezza della vita e realizzo che sono due braccia, calde, forti e sode.

Le braccia di un uomo.

Sento le guance bruciare dall’imbarazzo, il cuore dopo aver arrancato per qualche secondo inizia a battere furioso mentre le immagini della notte prima si susseguono come un film.

Io che cado dalle scale, David che mi porta in casa tra le sue braccia, che litiga con la madre per me, che rimane nel letto con me. 

Muovo i piedi e li trovo intrecciati con i suoi. È un gesto intimo e tenero, di notte ho sempre i piedi freddi e nessuno aveva fatto questo per me, si allontanano tutti.

« Dafne? » lo sento mormorare con una voce arrochita dal sonno. « Dormi? » chiudo gli occhi facendo finta di dormire.

Allenta la presa sulla mia vita e lo sento sistemarsi meglio per alzare il busto.

« Dafne, so che sei sveglia... » cantilena e io, beccata in flagrante ho la faccia tosta di far finta di svegliarmi in questo momento.

Storto la bocca, schiaccio gli occhi, mi lamento e lentamente apro gli occhi voltando il capo per guardarlo. Bello come il sole, i capelli castani arruffati, gli occhi rossi per il sonno, il segno del cuscino sulla guancia ricoperta da un leggero strato di barba ispida.

Tenero, come l'orso dell'Algida.

« Ehi... Come stai? » mormora con un sorriso dolce.

« Bene » biascico continuando la mia messa in scena stropicciando gli occhi, « anche se la testa mi scoppia e mi sembra di essere in un forno ».

Subito mi tasta la fronte con le sue mani, fresche che mi danno subito sollievo. Sorrido e mi lascio andare al suo gesto per poi ricordarmi come si è comportato nella settimana e mi scosto mettendo una certa distanza tra noi. Per quello che potevo, visto che il signorino si è spalmato sul mio lato e un movimento di troppo sarei finita con il sedere a terra.

Lui accenna un sorriso amaro ma non dice nulla e torna a sdraiarsi senza togliere gli occhi dal mio viso.

« Che ore sono? » dico cercando con lo sguardo un orologio. Qualsiasi cosa per non guardarlo. David alza lo sguardo verso qualcosa alle mie spalle.

« Sono le sei » e ritorna a sdraiarsi. « Dafne, perché sei uscita ieri? »

« Adrianna aveva mandato Lana a dirmi che serviva della legna e così sono uscita e poi la porta si è chiusa non so come e poi beh… sai come finisce ».

« Non ci posso credere che ci sia dietro mia madre… » ma lo interrompo poggiando una mano sul suo braccio.

« No, David è stato un incidente non è certo colpa di tua madre se la porta si è bloccata… certo, più di una volta ho pensato che potesse fare magie, maledizioni e tutte quelle cose da matrigna cattiva, lo ammetto » borbotto facendolo ridere « ma non credo che tu debba incolparla per questo ».

« Hai ragione, Dafne. Forza, controlliamo la febbre » dice alzandosi e da perfetto dottorino sexy mi controlla la febbre e si occupa di me. Nessuna traccia del ragazzo che è stato per tutta settimana.

Voi direte: perché non glielo chiedi? Bene me lo sono detto anch’io ma l’effetto della febbre non è diminuito e non riuscirei a reggere un discorso di questa portata. Insomma ho già il mal di testa, febbre e sto covando una bella influenza, non ho la forza per affrontare il confronto.

Così lascio che David e Lizzy si prendano cura di me per tutto il fine settimana. David è quello che più mi stupisce, nei miei momenti di coscienza lo trovo sempre al mio fianco con un libro in mano, universitario o di piacere e sempre mi rivolge un sorriso dolcissimo e si premura di sapere se ho bisogno di qualcosa.

Non sono una che si ammala spesso, al liceo avrò fatto sì e no una decina di assenze in totale ma quando mi ammalo, lo faccio per bene. Posso benissimo assomigliare a una moribonda, sul letto di morte che attende solo l’estrema unzione.

 

I signori Modigliani lasciano lo Chalet sabato pomeriggio. Lizzy mi ha raccontato che Adrianna non è stata particolarmente felice di sapere che suo figlio sarebbe rimasto qui, ma David non ha voluto sapere ragioni, additando alla scusa di un po’ di tranquillità rispetto al caos di Padova.

Se Lana fosse rimasta a Sant. Anton invece che partire sabato mattina, per ritornare a Londra per sostenere alcuni esami, Adrianna non avrebbe trovato nulla di male, giacché martedì sarebbe stato San Valentino.

 

« David è lunatico » mormoro sconsolata con voce bassa e roca. Poi recupero in tutta fretta un fazzoletto e soffio il naso.

È domenica è ho dormito in pratica tutta la mattinata e il primo pomeriggio. Mi sono svegliata giusto quella mezz’ora per pranzare e poi sono ritornata nel mio stato di coma. David era al mio fianco quando mi sono svegliata ed è uscito solo quando è arrivata Lizzy.

« Effettivamente è strano. È sempre stato uno posato e controllato, probabilmente avrà qualche problema all’Università. Vedrai che ci farai l’abitudine ».

« Non voglio farci l’abitudine. Insomma è irritate. Prima fa il gentile poi il cafone patentato e poi torna ad essere gentile. Voglio che mi spieghi ».

« Perché non glielo dici? Sembra avere un occhio di riguardo per te ».

« Perché mi piace il Dottor Jekil e non voglio farlo arrabbiare e quindi risvegliare Mr. Hyde… » sbotto esasperata.

« Dr. Jekil? Mr. Hyde? » mi chiede con un sopracciglio alzato. La supplico con lo sguardo di non continuare. Come posso parlare con David se già mi scaldo con Lizzy?

E non so se sono i miei occhi grandi come il gatto con gli stivali o il mio naso che cola muco e gli occhi arrossati a bloccare qualsiasi sua domanda ma alla fine mi liquida con un “ Lasciamo perdere” e recuperati i miei indumenti da lavare esce avvisandomi che sarebbe tornata per cena.

Sbuffai e mi lascia cadere sul letto tirando con forza su con il naso.

David non riappare, così rimango sola con i miei pensieri che subito prendono il sopravvento. Cerco di distrarmi leggendo “Romeo e Giulietta” ma nemmeno quello che è una delle mie opere preferite di Shakespeare riesce a distrarmi. Le parole si assomigliano tutte fino a formare un mare nero e indefinito.

“ Tengo molto a te per perderti a causa delle mie cavolate “.

È la frase che mi ronza in testa per tutto il weekend e che più di una volta ha provocato un forte rossore sulle guance e orecchie tanto da far preoccupare David. Lo avrò immaginato o l'ha detto davvero?

Se è vera, la cosa mi fa andare in bestia perché mi dico: se ci tieni così tanto perché ti sei comportato da stronzo patentato?

 

Lunedì inizio a stare un po' meglio, riesco a muovermi senza barcollare e nel pomeriggio riesco anche a convincere David a lasciarmi scendere in salotto.

 

Per convincerlo a tornare in camera mia ci sto ancora lavorando…

 

È martedì sera, i sintomi dell’influenza sono quasi scomparsi del tutto ma ne Lizzy, ne David hanno accettato di lasciarmi libera.

 

Così con tre scatole di Kleenex pronte all’uso, altre due già terminate, uno scialle sulle spalle, una coperta che mi avvolge come un bozzolo e una bolla dell’acqua calda sui piedi sono comodamente sdraiata sul divano del salotto. Lizzy alla mia destra e Axel alla mia sinistra.

 

Sembriamo un dipinto della Santa Trinità.

 

David è uscito per non so cosa, ha detto che aveva qualcosa da fare.

 

Questa è la prima volta che esce da casa lasciandomi sola, almeno che io sappia, visto che la maggior parte delle giornate le passo a dormire. Già da sabato sera David si è fatto preparare da Lizzy una camera degli ospiti e così non ho più dovuto dormire con lui nel letto.

 

Mi dispiace farlo scomodare tanto, alla fine io sono solo una dipendente e non si è mai visto un datore di lavoro prodigarsi così per una domestica e quando glielo ho fatto presente, ha liquidato la faccenda con un gesto rapido della mano e si è inalberato quando mi sono scusata per l’ennesima volta per tutto il fastidio. Probabilmente mi avrebbe chiuso la bocca con uno di quegli scotch da imballaggio o direttamente cucito la bocca con ago e filo.

 

No, questo sarebbe troppo macabro.

 

C’è un lato positivo in questa cosa, ho un letto matrimoniale tutto per me, caldo, spazioso, morbido e con lenzuola di alta qualità non come il mio nel piano dei dipendenti.  Una settimana e nessuno, sarebbe riuscito a schiodarmi da quel letto.

 

Più di una volta mi sono chiesta come dorme David. Come me a pancia in giù o si spaparanza per tutto il letto? Dorme solo in boxer o con il pigiama?

 

Poi mi do subito della stupida per aver pensato una cosa del genere…

 

 

 

 

« Ragazzi davvero, uscite » dico per l’ennesima volta. La coppietta aveva deciso di rimanere con me bloccati in casa.

 

« No, Dafne, non preoccuparti » è la risposta di Lizzy che ormai ha messo il “ripeti singola frase”. Come negli stereo, o Ipod per la nuova generazione tecnologica, quando vuoi ascoltare la stessa canzone.

 

« Ma è San Valentino! » obbietto « quindi ora uscite e fate quello che dovete fare ».

 

« Hai sentito? » interviene Axel « non ti ucciderà se esci, e poi ci sarà David a controllarla. Ha il tuo numero e se arriverà, il momento dell’estrema unzione ci chiamerà ».

 

Lancio un’occhiataccia a quello che ho iniziato a vedere come un buon amico.

 

Dovete sapere che sono un po' superstiziosa. Insomma non sono una di quelle che credono ciecamente a oroscopi e tutte le storie del gatto nero o del passare sotto una scala, della zampa di coniglio e tutto il resto ma ci sono volte in cui mi ritrovo a pensare che veramente il malocchio, o quello che è, stia inveendo contro di te.

 

Per esempio durante il liceo se incontravo qualche conoscente sul treno, o metro, era matematico che la verifica andava male. Non scherzo, trovavo l’amico di mio padre che andava al lavoro o la signora della lavanderia ed io prendevo un cinque o nell’interrogazione il professore mi chiedeva l’unica cosa che non sapevo e se ero a tanto così dalla sufficienza, non la prendevo per colpa di quella domanda. Quindi mi capirete se ora faccio le corna e tocco ferro. 

 

Prevenire è meglio che curare, no? Soprattutto con la mia salute in ballo.

 

Lizzy, invece, cara ragazza, mi vuole bene ma se non si fosse impuntata sul fatto che è per colpa sua che io mi ritrovo con un piccolo taglio in testa e l’influenza, lei sarebbe già fuori a divertirsi.

 

 Letteralmente scalpita sul posto.

 

« Axel, smettila non possiamo. Esci tu se vuoi » risponde con tono categorico.

 

So perché il ragazzo insiste, ha prenotato al Grunter Grum, non fatevi ingannare dal nome - che sembra tanto saltato fuori dall’era preistorica, quando gli uomini comunicavano a gesti e grugniti - ma è il miglior ristorante della zona, elegante, raffinato e Axel ha lavorato tanto per permettersi di portarla lì.

 

« No, smettila tu » intervengo guadagnandomi uno sguardo speranzoso da parte del tedesco e uno stupido dalla mia amica. Non ho mai alzato la voce così.

 

« Non è colpa tua se sono in questa situazione » il discorso dovrebbe essere diciamo solenne, o almeno serio, purtroppo la mia voce da Paperino non è di grande aiuto ma la ignoro e continuo cercando di darmi un certo tono. « È stato un incidente e sono io che sono stata sbadata. Quindi ignora tutti quei sensi di colpa, per altro inutili, ed esci. Prima però mettiti qualcosa di decente. » concludo additando al suo abbigliamento. A furia di stare con Lizzy credo di essere stata contagiata dalla sua mania per i vestiti.

 

Aiuto…

 

« E niente ma » aggiungo quando la vedo aprire bocca. Imbronciata si alza ma presto sorride riconoscente che ricambio.

 

« Sono pronta tra dieci minuti » e sparisce al piano di sotto.

 

« Grazie, Paperina, ti abbraccerei ma se mi ammalassi la serata andrebbe a rotoli » dice con tono malizioso e alzando ritmicamente le sopracciglia. « Soprattutto il dopocena ».

 

« Per favore, potresti risparmiarmi i dettagli? » gli dico con finta faccia disgustata.

 

« I dettagli di cosa? »

 

David fa il suo ingresso con alcuni sacchetti di carta in mano. Fuori nevica, tanto per cambiare. Certo non come venerdì sera ma quel che basta per coprire il suo giaccone e il cappello di tante pagliuzze bianche.

 

« Ehi, David. Lizzy ed io usciamo… Non ti spiace… »

 

« Mi occuperò io di Dafne, non preoccuparti. È San Valentino andate a festeggiare » lo anticipa con un sorriso che va da un orecchio all’altro.

 

« Grazie amico » e gli da una pacca sulla spalla. Il carattere del tedesco è così estroverso che riesce a fare amicizia con chiunque nel giro di cinque minuti, così com’è successo con David, anche se continua a mantenere una certa distanza. Axel è completamente il suo opposto, la diffidenza è comprensibile. Ma è grazie alla sua buona parola che il tedesco ha rimediato un posto al Grunter.

 

 

 

 

Solo ora un pensiero percorre la mia mente. Passerò la serata con David da sola per San Valentino e l’idea di insistere per farli uscire appare stupida. Perché ho insistito? Non potevo starmene zitta?

 

Il mio grillo parlante però interviene subito.

 

Non devi essere egoista. È giusto che la tua amica si diverta e festeggi il giorno degli innamorati.

 

Sì, ma insomma, certe volte San Valentino è sopravvalutato. Per festeggiare l’amore non bisogna limitarsi a un giorno, tutti i giorni bisogna festeggiare... è la mia geniale risposta da perfetta single che odia essere tale durante il giorno degli innamorati e nasconde litri di invidia dietro quintali di rabbia e menefreghismo.

 

Dafne, mi rimprovera il grillo e abbasso il capo, come se il piccolo insettino fosse davanti a me con un dito puntato contro di me in segno di rimprovero, e me ne sto zitta, consapevole che ha ragione.

 

Come a proteggermi, mi nascondo sotto le coperte e cerco di organizzare le idee mentre a pochi metri da me i due ragazzi parlano allegramente. David non ha nessun problema di interloquire con il tedesco il suo inglese è perfetto ed è Axel che deve tentennare per parlare con lui.

 

Passano dieci minuti in cui Lizzy finalmente scende e dopo un rapido saluto e, un caloroso ringraziamento da parte di entrambi - che mi fa sentire uno schifo per il solo aver pensato di rifiutargli l’uscita per un mio tornaconto - se ne vanno, facendo piombare la casa in un silenzio tombale e molto imbarazzante. Almeno da parte mia, visto che il mio compare sembra perfettamente a suo agio.

« Allora, che vuoi fare? » mi chiede scostandomi la coperta dal viso. « Tutto bene? »

« Sì » mormoro sistemando la coperta in grembo e evitando il suo sguardo. « Comunque io andrei a letto ».

« Andare a letto la sera di San Valentino? Non vuoi passare il tuo tempo al telefono con il tuo ragazzo? »

« Sai perfettamente che non ho il ragazzo ».

« No, che non lo so ».

« Non chiamo nessuno se non Anna che tra parentesi è la mia migliore amica. Che razza di fidanzata sarei? » e a proposito di Anna dovrei chiamarla prima che muova mari e monti per sapere se sono ancora viva.

« Vero, ma non si sa mai » è la sua risposta accompagnata da un’alzata di spalle e un sorrisino che non so interpretare.

« Piuttosto tu, non dovresti chiamare Lana? » lo provoco. David serra la mascella nervoso e a disagio.

« Non stiamo assieme e ho capito che non ci potrà essere nulla con lei » confessa spedendo il mio cuore fuori dal petto. Perché la notizia mi rende particolarmente felice?

« Peccato, sembravate molto uniti » dico stizzita mentre ricordo le loro risate allegre e i loro continui appuntamenti. Soprattutto quello di giovedì, quando l’ho visto rientrare alle sei di mattina. Mi ero alzata perché non riuscivo a dormire e così ero andata in cucina a fare colazione. Lui era arrivato qualche minuto dopo, fortunatamente non mi aveva visto, giacché avevo avuto la prontezza di nascondermi.

« A volte vorrei che mi mostassi il mondo che è nella tua testa » mormora riportandomi al presente. Sbatto le palpebre cancellando l’immagine di lui con gli abiti trasandati che sale svogliato le scale e osservo la versione che ho dinnanzi a me perfettamente curata e rilassata.

 

« Non ci sarebbe nulla di interessante » ribatto con un alzata di spalle.

 

« Io non ne sarei così sicuro. La mente umana è la cosa più interessante che ci sia al mondo ».

 

« Ma tu mica stai studiando giurisprudenza? »

 

Sogghigna e si alza dal divano per buttare altra legna nel fuoco.

 

« Mi diletto anche in psicologia » dice lanciandomi uno sguardo da sopra la spalla. Anna il ritorno.

 

Lo guardo scettica e mi lascio scivolare lungo il divano spostando lo sguardo sul soffitto. Non voglio guardarlo, non in quegli occhi. Chiacchierare con lui, quando è Dr. Jekyll, è facile, naturale ed io non posso parlargli come se nulla fosse. Cavolo è stato un vero…, okay avete capito, no? E non posso ricominciare così, cancellando con un colpo di spugna tutto quello che è successo.

 

« Hai cenato? » domanda e in risposta il mio stomaco brontola scatenando una sua sommessa risata. Arrossisco e mi nascondo sotto le coperte. Nego con il capo ma poi ricordo di essere nascosta e lui non può vedermi e così riemergo e gli rispondo.

 

« No ».

 

« Perfetto, allora possiamo mangiare tutte le schifezze che vogliamo » annuncia alzandosi e sparendo dalla mia vista. Dai rumori capisco che sta armeggiando in cucina. Sembra stai facendo una specie di caccia al tesoro.

 

Sboffo e a fatica mi libero dal groviglio di coperte e cuscini e con un semplice plaid rosso raggiungo l’origine di tutto quel fracasso.

 

« Cha fai? » chiedo sorprendendolo con la testa infilata nell’armadietto dei detersivi. Sembra tanto uno struzzo che nasconde la testa sotto terra e per poco non scoppio a ridere per questo pensiero stupido. Sobbalza, pestando la testa ed esce snocciolando imprecazioni a mezza voce. Massaggia la parte lesa e si gira verso di me con gli occhi lucidi per la botta.

« Che fai, tu! Torna a sdraiarti devi riposare, io recupero delle ciotole e arrivo » dice tornando a guardare nel ripiano. Sospiro e tenendo la coperta con una mano lo sposto e mi chino per aprire l’armadietto e recuperare due ciotole di medie dimensioni.

« Vanno bene? »

« Sì » borbotta recuperandole. Traffica in una delle borse della spesa e recupera degli spiedini a due punte di ferro con un manico di legno, lunghi come un braccio e li poggia sull’isola.

 

« Lo sai vero che ne hai almeno venti nell’armadietto del barbecue? » gli chiedo retorica, consapevole che non sappia cosa ci sia in cucina.

« Davvero? »

« Già ».

« Beh, adesso ne abbiamo almeno venticinque » dice con un alzata di spalle. Dai sacchetti estrae anche un pacchetto di biscotti secchi, una barretta da 200 gr., di cioccolato fondente e marshmallow.

« Marshmallow a forma di cuore? » chiedo palesando il mio disappunto.

« È san Valentino, sono gli unici che vendono. Come si fa la fonduta? »

Emisi un sospiro e recuperato il cioccolato dalle sue mani, prendo le pentole per il bagnomaria e faccio sciogliere il cioccolato con un po' di acqua per velocizzare l’operazione. Rimango concentrata sul cioccolato senza più guardare verso David.

Dai rumori so che fa avanti e indietro dalla cucina al salotto da cui, a un certo punto sono provenuti strani movimenti, come di mobili che vengono spostati.

Mi guardo attorno e la scatola blu della Ciobar attira la mia attenzione e non ci metto molto a decidere. Abbiamo fatto trenta, facciamo trentuno, vorrà dire che prima di andare a dormire metterò un sacco di crema idratante e antibrufoli e una volta che sarò completamente ristabilita, mi farò una bella maschera facciale.

Sì, al massimo mi metterò un bel sacchetto in testa con cinque fori: per gli occhi, le narici e la bocca. Farò un sacchetto per ogni espressione facciale, arrabbiata, triste, felice e così via. Non sembrerà nemmeno che avrò un sacchetto in testa.

Il leggero sentore di bruciato mi ricorda che devo girare la cioccolata se non voglio farla bruciare. Mescolo e dopo altri cinque minuti verso il liquido denso e cioccolatoso in due grandi tazze strette alla base e larghe sull’orlo. Le riempio quasi fino alla fine e poi le poggio sull’isola. Torno a controllare la cioccolata ormai sciolta e la poggio a fianco delle due tazze, in attesa di scoprire che cosa volesse farci.

« Pronto? » chiede affacciandosi alla porta « Bene, andiamo in salotto. È tutto pronto » esordisce appena vi vede con le mani in mano.

« E quelle? »

« Cioccolata o volevi del te? » effettivamente non avevo pensato a quello che voleva.

« Va benissimo. Portale tu, io prendo il resto ».

Recupera la pentola con un paio di patine e assieme torniamo nel salotto, dove il divano è stato spostato più indietro e il tavolino è sistemato sulla destra, lasciando lo spazio davanti al camino completamente libero, in cui è stata sistemata una coperta con le ciotole di marshmallow e biscotti. Lo guardo stranita, ignara di quello che vuole fare.

Lo seguo come un automa quando m’invita a prendere posto a fianco a lui. Dalle finestre vedo la neve cadere placida in grandi fiocchi candidi.

« Come ti senti? »

« Un po’ meglio, la febbre ormai è passata e mi resta solo un po' di raffreddore. Domani posso già uscire » dico prendendo un marshmallow per mangiarlo.

Quattro giorni confinata a letto sono stati una tortura medievale. Non ho potuto fare nulla se non dormire e leggere e per questo ho anche finito la scorta di libri che mi sono portata dietro.

Devo ricordarmi di andare in libreria appena riesco a uscire da questa casa.

« Forse è meglio riposare anche domani, no? Almeno ti riprendi per bene » obbietta con premuroso ed io lo guardo come se fosse il mio carceriere. Non posso stare un altro giorno chiusa in quella stanza!

« Okay, almeno alla mattina stai ancora a riposo » propone e dopo averci pensato un attimo acconsento, in fondo è un buon compromesso.

« Bene, ora che le parti hanno raggiunto un accordo… »  non riesco a reprimere un sorriso notando il tono giuridico della frase « possiamo mangiare ».

Infilza un marshmallow e lo porta sul fuoco. Lo imito e perdendoci in stupidi discorsi senza senso, sui marshmallow e la cioccolata, passiamo la serata.

« Come puoi dire che fa schifo! È uno scandalo ».

« Ma per favore è un insulto alla vera cucina mettere il marshmallow in mezzo a due biscotti per poi pucciarli nella cioccolata ».

« Ma perché? Prova almeno, non ti disgusta immergere il marshmallow nella cioccolata. È un’esperienza dei sensi. Un tripudio di sapori ».

Ecco, questo era uno dei tanti discorsi senza senso e la cosa più preoccupante era che nessuno dei due sta bevendo birra o altro.

« Addirittura? » mi chiede sogghignando.

Per dimostrarglielo preparo una di queste delizie e gliela metto sotto il naso.

Non lo prende, con mia sorpresa avvicina il suo viso alla mia mano e ne morde un pezzetto. Inizio a mordicchiare il labbro inferiore a quella scena.

Scuoto la testa per scacciare alcuni pensieri che hanno sbagliato strada e mi riprendo indossando una finta aria imbronciata.

« Non così, che tripudio di sensi puoi provare! » e lo incito a mangiare un pezzo più grosso. Lo sto provocando, sto giocando al suo gioco. In che guai mi sono messa?

Sorride malizioso e ancora avvicina il suo viso alla mia mano, questa volta senza staccare i suoi occhi da me. le sue labbra sfiorano la punta delle mie dita, lasciandole leggermente umide. Inconsciamente mi sono avvicinata a lui e pochi centimetri separano i nostri visi.

 

« Okay, non è male » mormora, il suo fiato mi colpisce in pieno. Accenno un sorriso e mentre lui recupera quello che rimane del biscotto per finirlo io mi allontano.

 

Il gioco è bello quando dura poco.

 

« Forse questo è il massimo che ti posso strappare » devo ammettere, ma poi sorrisi preparandone uno anche per me e ne mangio un boccone per poi finire il mio discorso « ma vedremo più avanti come la penserai ».

 

 

 

 

Sbadiglio sonoramente mentre lo scoppiettio stanco delle braci si faceva sempre più rado. Gli occhi si stavano chiudendo e i miei tentativi di tenerli aperti erano sempre più inutili. In questo momento vorrei tanto due stecchini da mettere sotto le palpebre.

 

« È ora di andare a letto » mi dice David con tono paterno.

 

« Sembri un papà che ordina alla figlia di andare a dormire » biascico stropicciandomi gli occhi. Però ha ragione, sono stanca morta nonostante non abbia fatto nulla per tutto il tempo.

 

 

 

 

David si muove veloce, raccogliendo le ciotole, le tazze e gli spiedini per poi portarli in cucina. L’acqua non scorre e quindi toccherà a me pulirli, anzi a Lizzy. Povera, quella ragazza si è dovuta sobbarcare tutto il lavoro.

 

Mi alzo da terra e piego la coperta lasciandola sul divano mentre riporto il salotto al suo arredamento originario.

 

« Dafne, avrei fatto io » sobbalzo a sentire la voce di David alle mie spalle, non l’ho sentito avvicinarsi.

 

« Non preoccuparti, non mi piace stare con le mani in mano ».

 

« Non dovresti fare certe cose » mi richiama con tono severo. Alzo gli occhi al cielo e trattengo uno sbuffo spazientito. Questo suo lato iper apprensivo, proprio non mi va giù.

 

« Sono influenzata non moribonda. Ora vado a letto ».

 

« Certo, buona notte » mormora per nulla convinto dalle mie parole.

 

« Notte » mormoro con voce roca, a causa del mal di gola che ha deciso proprio ora di darmi il tormento e corro su per le scale. Fortunatamente non decide di seguirmi e posso raggiungere il bagno, lavarmi, cambiari e tornare in camera sua.

 

L’orologio digitale sul comodino segna le ventitré e venticinque. San Valentino sta finendo ed io l’ho passato in compagnia di David.

 

Solitamente mi chiudo in casa e guardo film dell’orrore per non deprimermi pensando alle coppiette che felicemente festeggiano, come Anna e il suo ragazzo.

 

Il fatto che poi non dormo per gli incubi è un fatto secondario.

 

Invece, questa sera l’ho passata assieme all’ultima persona a cui avrei pensato ed è stata bella, certo che è stato così. Adesso è il Dr. Jekyll.

 

Che succede quando beve il suo intruglio e si trasforma?

 

Lui sembra aver dimenticato tutto, si comporta come se nulla fosse successo, ma il fatto è che qualcosa è successo e ne dobbiamo discutere. Appena mi sarò pienamente rimessa, sarò la prima cosa che farò.

 

È la promessa che faccio poco prima di chiudere gli occhi e addormentarmi con un sospiro rilassato.

 

 

 

 

Non so quanto passa ma a un certo punto il lieve cigolio della porta si fa largo tra la rete che Morfeo sta tessendo per me. Fluttuo eterea nel’incoscienza del dormiveglia, bloccata tra sogno e realtà.

 

Qualcosa sfiora la mia mano placidamente abbandonata sul cuscino, vicino al mio viso, la sfiora lasciando una scia di calore che mi riempie di brividi, accarezza la fronte e scende sulle tempie, la guancia e le labbra. Un respiro profondo e cadenzato mi culla come una ninna nanna.

 

« Se io profano con la mia mano indegna questa sacra reliquia (è questo il peccato dei pii), le mie labbra, arrossenti pellegrini, sono pronte a render più molle, con un tenero bacio, il ruvido tocco.* »

 

È un bisbiglio che il mio Romeo soffia caldo sul mio viso. Sento le mie labbra tendersi in un sorriso leggero e poi qualcosa di soffice e bollente si posa su di esse. Un attimo che mi lascia l’amaro in bocca.

 

Non l’ho potuto gustare nulla. Mi piace il sapore, sa di cioccolata.

 

Poi non sento più nulla, né la porta, né il respiro accelerato. È stato tutto così rapido e il tocco è stato come la carezza di una piuma che forse me lo sono anche immaginata.

 

Un sogno che mi ha sfiorato e poi è scappato.

 

Non ho tempo per pensare ad altro che cado in un sonno profondo.

 

 

 

 

Mi risveglio che il sole è già alto, guardo l’orologio che segna le undici. L’ultimo ricordo che ho di ieri sera, prima di addormentarmi è la battuta che Romeo dice prima di baciare Giulietta e iniziare così la loro breve ma intensa storia d’amore.

 

La voce inoltre mi è sembrata molto familiare. Un qualche attore? Orlando Bloom? No… non era lui. Jude Law o Gerard Butler… uff… magari ci fosse stato qualcuno così nella mia camera.

 

Mi stiracchio come un gatto, rotolandomi nel letto e poi mi alzo decisa a riprendere i compiti che mi spettano. Sono fresca, non posso dire altrettanto del profumo visto che mi sono appena svegliata, ma una bella doccia sarà davvero utile. Rimane ancora un po' di mal di gola e raffreddore ma nulla che non passi continuando a prendere antibiotici e bevendo tanta spremuta di arancia.

 

Nell’armadio recupero delle coperte pulite e rifaccio il letto.

 

Finalmente potrò tornare nel mio e permettere a David di tornare in possesso della sua camera. Anche se un po' mi spiace… dite che se ne accorge se gli rubo il letto e le lenzuola?

 

Me ne sono letteralmente innamorata. Le coperte sono così morbide, calde, non devi aspettare ore prima che si scaldino e il materasso si adatta perfettamente al mio corpo.

 

Finito di sistemare recupero i vestiti che Lizzy mi ha gentilmente lasciato su una delle poltroncine e corro in bagno dopo aver aperto la finestra per far arieggiare la stanza. Quando scendo, sono già pronta a dare il buon giorno alla mia amica ma questa non c’è e nemmeno David.

 

 

 

 

Siamo anditi a fare la spesa. Baci a dopo.

 

Lizzy

 

 

 

 

Conoscendoli devono essere usciti da poco. Nessuno dei due sa usare il forno e certamente vorranno mangiare cibo caldo per pranzo.

 

Rimbocco le maniche della felpa e preparo il dolce, saranno felici.

 

Prendo gli ingredienti per preparare lo strudel e mi metto all'opera.

 

Smettetela di borbottare voi. Non lo faccio perché è il dolce preferito di David. Semplicemente ho tutti gli ingredienti che mi servono...

 

 

 

 

« Sento odore di dolce appena sfornato? » la proprietaria della voce allegra e familiare, un po' nasale - ma non ci si fa caso dopo venti anni di convivenza - fa il suo ingresso nella cucina con in spalla il suo zaino portafortuna della eastpak. Consumato dagli anni ma che ride beffardo a chi lo da già per morto.

 

« Anna? »

 

La mia migliore amica è seguita dalla mia collega con sguardo di chi è stato scoperto con le mani nella marmellata.

 

« Che ci fai qui? » le chiedo stupida ma felice.

 

« Sono venuta a trovarti » trilla venendo ad abbracciarmi. Ricambio e probabilmente potrei anche mettermi a piangere e ridere allo stesso tempo dalla gioia.

 

È vero che ci si rende conto dell’importanza di una persona quando questa non è più al tuo fianco. In un certo senso l’ho sempre dato per scontata la presenza di Anna nella mia vita, ma in questo mese di lontananza ho capito quando davvero tengo a lei. È una sorella e il solo sentirla per telefono è avvilente.

 

« Colpa mia » interviene Lizzy mentre sistema la spesa sul tavolo. « Doveva essere una sorpresa, poi dopo quello che è successo, la caduta, la neve e la tua influenza, me ne sono completamente dimenticata. Sorpresa » concluse con tono pimpante.

 

« Parliamo di questo! » Anna mi lancia uno sguardo rabbioso e posso giurare di vedere del fumo uscire dalle sue orecchie, « io devo venirlo a sapere da altri che la mia migliore amica ha rischiato di morire per assiderazione?! »

 

« Assiderazione che parolona. Non ti sembra di esagerare? Come vedi sono in forma smagliante e a parte il raffreddore e un po' di tosse sono a posto. Però è vero, avrei dovuto chiamarti. Scusa ».

 

« Okay, per questa volta passi. L’idea era di venire a trovarti per il tuo compleanno il mese prossimo ma purtroppo il giorno dopo ho un esame. Se non fossi arrivata oggi, che avresti fatto? Me lo avresti detto o no? »

 

« Compleanno? Perché non hai detto nulla? » sbotta Lizzy imbronciata.

 

« Dice che il compleanno è un giorno come un altro e non c’è nulla da festeggiare » risponde per me la mia amica con il tono di qualcuno che sta ripetendo a memoria una poesia. Le do una scherzosa pacca sulla spalla ma non obbietto. Alla fine lo penso davvero.

 

« Comunque te lo avrei detto. Ti avrei chiamata oggi ».

 

Beh, forse non proprio oggi ma entro la fine della settimana lo avrei fatto. Giuro!

 

« Lizzy potresti portare le valigia nella camera libera al vostro piano? »

 

Anche David fa il suo ingresso con il borsone di Anna tra le mani.

 

« Ehi, dormigliona sei sveglia, finalmente. Come stai oggi? » dice quando nota la mia presenza nella cucina e mi abbaglia con un sorriso da pubblicità della Mentadent.

 

Bello come un Apollo.

 

Oddio, se inizio a fare questi paragoni assurdi non è un buon segno. Forse ho una ricaduta.

 

« Benissimo. Ho sistemato la tua stanza, rifatto le lenzuola, quindi non ti devi preoccupare, e ho anche arieggiato per bene » rispondo allontanando quel pensiero molesto.

 

« Perché? »

 

« Beh… torno nella mia camera cosi potrai riappropriarti della tua ».

 

« Sicura? » mi chiede con tono scettico.

 

« Sicurissima ».

 

 

 

 

« David, tu leggi Shakespeare.? Sai Romeo e Giulietta... »

 

Stiamo pranzando tutti assieme e il pensiero che la voce che ho udito ieri è quella di David mi martella la testa. È stato solo un attimo, come comparso è scomparso, ma non ho più smesso di rimuginarci sopra. La mia mente mi dice che è stato solo un sogno. Era San Valentino e mi sono lasciata trasportare.

 

In un primo momento è spiazzato dalla mia domanda ma è questione di un attimo perché poi aggrotta le sopracciglia.

 

« E chi non lo ha mai letto? È un obbligo al liceo ».

 

« Già... » borbotto rimuginando sulle sue parole. Sì, sono sempre più convinta che sia stato solo un sogno. 

 

Finiamo di pranzare e assieme al caffè porto in tavola lo strudel ancora caldo e accompagnato con un po' di panna. David mi riserva un sorrisino quando Lizzy poggia il piatto davanti a lui, ma io non ricambio, faccio solo un’ombra di un sorriso e poi inizio a interrogare Anna. Non gli rivolgo più la parola, ma spesso lo sguardo si posa su di lui, e lui sembra fare lo stesso perché di fretta distoglie gli occhi quando lo colgo in flagrante.

 

 

 

 

« Hai una cotta… per David ovviamente. Non certo per Lizzy o per me » afferma Anna passandomi un altro piatto da asciugare. Dopo tante insistenze ho convinto David a lasciar riposare Lizzy e di lasciare a me e Anna il compito di ripulire.

 

Il ragazzo è sparito al piano superiore mentre Lizzy ci aiuta a ritirare i piatti, nel farlo ci racconta la sua serata con Axel e solo quando ha raccontato tutto - nel senso che ci ha descritto com’erano disposti i piatti, il colore della tovaglia e dei tovaglioli, le candele, il cibo, le bevande, eccetera - si congeda per andare a recuperare il sonno perso. Fortunatamente ci ha risparmiato sul dopocena, non avevo nessuna intenzione di ascoltare quello che quei due fanno quando si trovano da soli.

 

E così ci ritroviamo da sole in cucina io e la mia amica del cuore che subito, da perfetta psicologa, ha iniziato ad analizzare ogni gesto.

 

« No, ma per favore » ribatto.

 

« Sì, è evidente, chiaro come il sole. Lui ti guardava, tu lo guardavi. Non mi sono sfuggite le occhiate, sei attenta ma non abbastanza per me » e mi punta un dito contro con fare malizioso.

 

« Non è vero » insisto.

 

« Sììì » cantilena imperterrita.

 

«Nooo » la imito anche a costo di sembrare una bambinetta.

 

« Sì ».

 

« No ».

 

« No ».

 

« Sì » e solo dopo averlo detto mi accorgo di quello che è uscito dalla mia bocca e pesto il piede a terra.

 

« Ah… visto! » esulta schizzando un po' d’acqua in giro.

 

« No, non volevo dire no… cioè sì… mmm… volevo dire no, ma tu mi hai fregato! È stato un riflesso non vuol dire nulla » obbietto trucidandola con lo sguardo. Sbuffa e dopo essersi asciugata le mani, recupera il foglio su cui avevo scritto la spesa e lo gira iniziando a scrivere con la penna.

 

« Okay, allora… Di cosa trattano i testi delle canzoni che ascolti in questo periodo? »

 

« Che cosa c’entra scusa? »

 

« Tu rispondi e basta ».

 

« Beh… romantiche per lo più, canzoni tristi per la fine di un amore,…l’altro giorno ho ascoltato una canzone di Taylor Swift per intero. Nemmeno so come ha fatto a finirci quella canzone nel mio Ipod… » borbotto con imbarazzo, cercando di ricordare perché ho caricato quella canzone, visto che non mi è mai piaciuta quella cantante.

 

« Libri? » continua con la domanda successiva.

 

« Ora sto leggendo Romeo e Giulietta ».

 

« Dimmi la prima lettera che ti viene in mente ».

 

« D. Ma davvero, dove vuoi arrivare? »

 

« Zitta e rispondi alle mie domande. Siamo sulla buona strada ».

 

« Sicura di stare bene? »

 

« Benissimo. Pensi spesso a David? »

 

« Cosa? No »

 

« Dì la verità, se no non funziona »

 

« Okay, sì, abbastanza ma non c’è nulla di male. Recentemente mi ha salvato ed è stato gentile ».

 

« Certo, certo… beh il mio verdetto è incontestabile. Sei innamorata… » afferma con enfasi e nessun tentennamento. « E sei innamorata di David. Musica romantica, Romeo e Giulietta, La “D” di David e pensi a lui spesso ».

 

« Come? Cosa? No, no e no. Non è vero ».

 

« Il fatto che tu neghi con cotanta enfasi è sintomo che sto dicendo la verità e tu lo sai, ma lo stai negando a te stessa ».

 

« Per favore lascia da parte questa pseudo psicologia da quattro soldi » e detto ciò la lascio in cucina da sola e io mi rifugio nella mia stanza.

 

 

 

 

« Oh, cavolo » mormoro quando realizzo di non essere nella mia stanza ma in quella di David. Inconsciamente sono andata in quella che per tutto il weekend è stata in effetti la mia stanza.

 

La fonte di tutti i miei problemi dorme sul letto, alle orecchie un paio di cuffie da cui esce una musica ad alto volume.

 

Muse. Beh, almeno ha buon gusto.

 

Gli occhi chiusi e il respiro lento e regolare. Dorme, e fortunatamente non mi ha sentito mentre spalancavo la porta in un impeto di rabbia.

 

Un formicolio alla stomaco e l’accelerazione del battito cardiaco sono le sensazioni che mi accompagnano mentre copro la distanza tra la porta e il letto. I lineamenti eleganti sono rilassati e la bocca leggermente socchiusa assume in poco tempo un aspetto molto invitante.

 

È placidamente disteso sul lato destro del letto, il viso rivolto verso di me, le mani raccolte sulla pancia e le gambe leggermente divaricate.

 

La versione maschile della Bella Addormentata.

 

Tremo a causa di uno spiffero che arriva dalla finestra e vorrei tanto che fosse sveglio solo per dirgli quanto è stupido a dormire con la finestra aperta quando fuori le temperature sono sotto gli zero gradi. Chiudo e recupero un plaid dall’armadio e lo compro facendo attenzione a non disturbarlo. Mugugna e proprio quando penso che stia per aprire gli occhi e scoprirmi si mette di lato e continua a dormire iniziando a russare piano.

 

Gli scosto una ciocca di capelli dalla fronte e poi esco con le mani che tremano.

 

 

 

 

Sono quasi le tre quando David scende in salotto dove siamo sedute io, Lizzy e Anna a parlare o meglio le mie amiche stanno discutendo. Anna trova divertente raccontare gli spiacevoli episodi che hanno caratterizzato la mia infanzia ed io non posso che subire passivamente. Così accolgo con gioia la proposta di David di uscire a mostrare le bellezze di Sant. Anton e dintorni alla nostra ospite.

 

Sono disposta a subire la sua compagnia se questo serve a non parlare di cose imbarazzanti su di me e che Lizzy userà certamente a suo vantaggio. È una ricattatrice nata.

 

Ed è così che ci ritroviamo nella macchina di David, piena di tutti confort, a spostarci da una zona all’altra alla scoperta delle meraviglie del Tirolo.

 

Più di una volta il ragazzo si è avvicinato con l’intento di parlarmi, sia Lizzy che Anna mi hanno sempre tolto da questa spinosa situazione e se non arrivano in tempo ci pensavo da sola a scappare.

 

Okay sono una codarda, va bene non dovete urlarlo in continuazione… è vero ho detto che una volta ristabilita e nel pieno delle mie forze gli avrei parlato e chiarito la situazione perché non avrei subito i suoi sbalzi di umore, ma diciamo che non ho ancora trovato il momento giusto.

 

Per le donne si dice che i cicli della Luna influenzano il comportamento, o quando siamo in quel periodo del mese siamo leggermente lunatiche, ma è comprensibile con tutti i dolori che si porta dietro. Lui che ha da dire in sua difesa?

 

Se non ci parli, non lo saprai mai, mi richiama il grillo parlante.

 

Zitto, non sei stato interpellato.

 

 

 

 

Giovedì inizia come un giorno normale, tranquillo, purtroppo non ho fatto i conti con la mia amica. Anna da quando siamo tornate dalla piccola escursione di gruppo di ieri mi lancia occhiate preoccupanti ma la presenza di Lizzy ha minato ogni suo tentativo di approccio. Ma adesso la bionda non c’è, è a sciare con Angy e Marta.

 

Siamo in cucina, sedute all’isoletta a sorseggiare una tazza di tè, alla mia destra la torta di pere e cioccolato sta raffreddando.

 

« Forza dillo » mi incita Anna con sguardo eccitato. Io scuoto la testa e nascondo il viso dietro a una lunga sorsata. Non voglio ammetterlo.

 

Ho passato tutta la vita, tutta la mia breve vita, a dire che non mi sarei fatta incastrare dal belloccio di turno pieno di problemi e che grazie al mio lato di crocerossina - dato di serie a tutte le donne al momento della produzione - lo avrei salvato e permettendoci così di vivere il nostro grande amore.

 

No, non posso ammettere di esserci cascata.

 

« Dafne, il primo passo è ammettere che ti piace. Non c’è nulla di male ».

 

« Sì che c’è. » sbotto sbattendo la tazza sulla tovaglietta e facendo uscire un po' della bevanda. Recupero uno staccio e sistemo il danno prima di continuare. « Insomma ti ho detto che ha fatto. Il primo giorno gentilissimo e adorabile mentre il resto della settimana non ha fatto altro che ignorarmi e guardarmi subire, senza battere ciglio, le prepotenze di Lana e poi dopo l’incidente si è convinto di essere il mio dottore sexy. Mi fa andare fuori di matto, come posso ammettere di essere interessata a lui? » le chiedo infine retorica.

 

Come può nascere qualcosa di bello da questo tira e molla?

 

È la classica storia della ragazza e dello stronzo, noi donne finiamo sempre per rovinarci per colpa della persona sbagliata mentre tanti bravi ragazzi attendono solo che noi ci accorgiamo del grande errore che stiamo facendo e che corriamo da loro.

 

« E poi sono una dipendente. Non posso farmi coinvolgere sentimentalmente. Tra due mesi le nostre strade si divideranno. Io tornerò nel mio mondo e lui nel suo… » spiego con un’alzata di spalle sconsolata. Non l’ho detto ad alta voce ma Anna l’ha capito.

 

David mi ha incastrata.

 

« E dove sarebbe il suo? Su Plutone? » chiede divertita.

 

La guardo alzando vistosamente un sopracciglio. Al momento la sua ironia non mi è di grande aiuto.

 

« Non guardarmi così, Dafne. Non c’è nulla che t’impedisce di provarci, a parte il suo caratterino » si affretta ad aggiungere sotto il mio sguardo scettico.

 

Il rumore della porta d’ingresso che si apre e poi viene chiusa attira la nostra attenzione. Strano che Lizzy sia tornata così presto, è il mio pensiero poco prima che l’ultima persona che avrei immaginato fa il suo ingresso nella cucina.

 

« Ehi… Ciao ragazze » mormora. Le guance rosse, i capelli arruffati e il giaccone leggermente aperto.

 

Anna lo saluta cordiale e non manca di lanciarmi uno sguardo eloquente.

 

« Ciao, David. Le piste non erano di tuo gradimento? » dico nervosa. Perché è tornato? Aveva detto che sarebbe stato via fino a sera e ora sono solo le quattro di pomeriggio.

 

« Erano molto affollate, non riuscivo a muovermi così sono tornato prima. » poi esita guardando la mia amica « Speravo di trovarti sola e parlarti » continua e posso essere certa di aver percepito una nota infastidita nel suo tono di voce.

 

Okay, David, iniziamo male. La mia amica non si tocca.

 

« Puoi farlo ora, stavo giusto andando giù ».

 

Rimango paralizzata come fulminata appena Anna pronuncia la prima sillaba e la guardo con gli occhi fuori dalle orbite. Non può dire sul serio!

 

E invece sì! la mia amica si alza e con uno sguardo di scuse si avvia alla porta mentre David avanza nella stanza, come il boia che si avvicina al condannato, cioè me.

 

« Cosa? No! Ho fatto la torta cioccolato e pere. Quella che ti piace tanto » urlo focalizzando la sua attenzione sul dolce.

 

Anna tentenna e pregusto già il sapore della vittoria. Tutti abbiamo il tallone d’Achille e questa torta è il suo. Non potrà dire di no.

 

Si muove su un piede all’altro mordendosi le labbra. Sta cedendo… adesso cede… Apre la bocca per parlare ed io mi apro in un sorriso di vittoria quando lei mi spiazza. In un manga giapponese io dovrei crollare a terra alzando un polverone e facendo volare in giro strumenti vari.

 

« No » esclama con voce decisa, « ne prenderò dopo un pezzetto ora devo andare. Sì, sì, devo andare » e sparisce.

 

Anna, anche tu figlia mia!

 

Ora capisco quello che Cesare ha provato nell’essere accoltellato da Bruto.

 

Così rimaniamo da soli.

 

« Forse dovremmo parlare un po’, non credi? » esordisce dopo qualche minuto di silenzio.

 

« Già »  dico con la miglior faccia da poker che possiedo.

 

Certo, alzi la testa ora che non hai nessuna via di fuga. Brava.

 

Muto grillo!

 

 Si accomoda al posto di Anna e rimane in silenzio. Fuori potrò apparire calma ma dentro sono una tempesta. Uno tsunami.

 

« Com’era lo strudel » brava Dafne, non risolvi nulla a ritardare l’inevitabile.

 

Tentar non nuoce.

 

« Ottimo, la cucina è migliorata da quando ci sei tu » confessa lasciandosi andare a un sorriso allegro che piano piano si spegne lasciando spazio a uno sguardo serio.

 

« Ma non è per questo che ti voglio parlare. La scorsa settimana sono stato… » ma non gli lascio finire di parlare.

 

« Uno stronzo. Puoi anche licenziarmi ma è così ».

 

Ti prego non licenziarmi… ti prego non licenziarmi… ti prego non licenziarmi…

 

« Non preoccuparti, hai ragione. Mi spiace, non sono mai stato così lunatico » ammette con un sorriso di scuse, sbuffa e dice: « è colpa tua ».

 

« Mia? » chiedo scioccata. Questa è bella.

 

« No! Non fraintendere. È che con te non so come comportarmi. Non perché sei una dipendente… con Lizzy non ho mai avuto nessun tipo di problema ma con te… ».

 

Nel parlare si è alzato in tutta la sua statura, muovendo le mani con enfasi come se le semplici parole non potessero liberarlo dal peso che si porta dietro.

 

« Dio, quando ti ho visto riversa a terra, mezza coperta dalla neve ho pensato di avere un infarto e non sto esagerando » sottolinea con lo sguardo che trasuda ansia e paura. Sembra come se stesse rivivendo quei momenti. « Mentre scendevo le scale pregavo che tu stessi bene che non fossi morta e solo quando ti ho riportata dentro e il medico ti ha curato e tu sembravi stare bene ho pensato che non era normale tutta quella preoccupazione. Se fosse stata Lizzy certo avrei agito lo stesso ma con te è stato… diverso » ammette guardandomi dritto negli occhi. È destabilizzante guardare in quella tempesta che sono i suoi occhi verdi-azzurri.

 

« E ti chiedo scusa per mia madre e per Lana… ma soprattutto è me devi scusare. Perché, nonostante volessi almeno tentare di tenere sotto controllo Lana, non ho mai detto nulla ».

 

« Perché? » è la mia semplice domanda.

 

« Perché volevo esorcizzare quello che mi spingeva verso di te » confessa con una punta di imbarazzo. Lo guardo stranita non capendo le sue parole che hanno l’effetto di accelerare il mio battito e di farmi agitare sul posto.

 

« Mi piace stare in tua compagnia, solo che mia madre… lei si aspetta un certo atteggiamento e che frequenti persone del nostro livello, come Carlo, Andrè o Lana » mi spiega.

« Non una ragazza che per vivere deve fare la cameriera? Nonostante si guadagni da vivere con un lavoro onesto e più che rispettabile? Dio, mi sembra di essere davvero in un film di Jane Austen » sbotto non riuscendo a trattenere il mio disappunto. Che abbiamo noi comuni mortali che non va? Valiamo quanto loro. « Ma chi crede di essere? »

« Lei è cresciuta con quei principi, non avercela con lei » cerca di spiegarmi con tono pacato. È sua madre ed è giusto che la difenda. Io lo farei con i miei ma visto che sono io a subire queste angheria non me ne sto zitta.

« E che vuoi fare, comportarti come uno stronzo quando c’è lei e fare l’amicone quando non c’è? Scusa ma io non ci sto » termino ansante senza distogliere gli occhi da lui che china il capo sconfitto poi, lo rialza deciso.

« No, non faccio due volte lo stesso errore. Ti chiedo perdono e se mi dai la possibilità, mi farò perdonare. Non ti pentirai di avermi dato una seconda possibilità non la sprecherò, sono stato imperdonabile e quando sbaglio, lo ammetto. Mia madre dovrà accettare la cosa ».

Lo guardo a bocca aperta senza sapere che fare o dire. David si avvicina e con la punta delle dita mi accarezza un braccio fino alla mano che raccoglie nella sua. Con il pollice disegna ghirigori immaginari. Chino il viso e guardo le nostre mani mentre lui continua a parlare. È una bella sensazione. La mia mano sembra sparire tanto la sua avvolge come un bozzolo la mia.

« So che possono sembrare tante belle parole ma, ti prego di accettare le mie scuse perché sono sincere. Posso essere una persona difficile, questo lo so, dovrai essere un po' paziente » e non posso non sorridere.

Pazienza? Certamente me ne servirà tanta.

« Dimmi che sono ancora in tempo e che non ho incasinato tutto » la sua sembra una supplica più che una richiesta. La mia mano, che fino ad ora è rimasta inerme nella sua a subire passivamente la sua presa, prende vita e a sua volta stringe quella di David. Alzo il viso e gli sorrido.

Il mio problema? Cedo troppo in fretta.

 

« No, non hai incasinato tutto, ma sei stato causa di una serie infinita di mal di testa » dico cercando di alleggerire la tensione. Ci riesco e lui porta l’altra mano alla testa, grattandosela ed esibendosi in una smorfia imbarazzata.

 

Sghignazza ma annuisce con un sorriso mozzafiato a illuminargli il viso.

 

« Dammi il conto della farmacia, il minimo è rimborsarti ».

 

David Modigliani, mi hai proprio incastrato per bene.

 

 

 

 

 

 

* Romeo e Giulietta; Atto 1, scena 5.

 

 

 

 

 


Allora? Me lo lasciate un pensierino? Nell'attesa del prossimo capitolo perchè non fate un salto nelle mie altre storie? Magari alleggertire l'attesa : )

Grazie di aver letto.

 

 
 

 

 

   
 
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