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Autore: aliciablade    01/10/2006    9 recensioni
Un pomeriggio,Usagi è vista scarabocchiare concentrata su un quaderno ed un innamorato Mamoru sta morendo dalla curiosità di sapere cosa c'è dentro. Ma forse era meglio non saperlo... ATTENZIONE: questa ff è tradotta da lithtys col permesso dell'autrice.
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mamoru/Marzio, Usagi/Bunny
Note: Traduzione | Avvertimenti: nessuno
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Note della traduttrice: questa ff è tradotta da lithtys col consenso dell'autrice.

MORE THAN ICE CREAM

by Alicia Blade

PARTE SECONDA

Motoki venne ad aprire la porta del suo appartamento in pantaloni di flanella e maglietta, con lo spazzolino in bocca. Sbattè le palpebre incuriosito quando mi vide sulla soglia, mi guardò dalla testa ai piedi ed i suoi occhi si riempirono di comprensione. Questo era il motivo per cui me lo tenevo intorno.

"Vieni dentro", borbottò con la bocca impastata di dentifricio e mi fece cenno di andare verso il salotto, chiudendo la porta dietro di me.

...

"Allora, cosa è successo?", mi chiese Motoki, versandomi una tazza di caffè cinque minuti più tardi. Ero sdraiato su suo divano, che fissavo il soffitto, ringraziando la mia buona stella per essermi costruito una così forte resistenza al pianto attraverso gli anni.

"Ho scoperto che cosa stava scrivendo Usagi oggi".

"E?".

Mise sul tavolo la mia tazza di caffè e si sedette sulla sua poltrona preferita, guardandomi. Mi presi molto tempo per rispondere, temendo le parole che sapevo sarebbero eventualmente uscite dalla mia bocca.

"Era una lettera d'amore. Non c'è bisogno di dire, che non sarò il fortunato che la riceverà".

Mi fissò silenziosamente, per un momento, prima di scuotere la testa e appoggiarsi all'indietro.

"Mi dispiace, Mamoru. Ti ha...ti ha detto per chi era?", la sua voce era esitante e preoccupata, e sorrisi gentilmente alla sua preoccupazione.

"No. Ma ha detto che non era per te. Così credo che, dopotutto, non dovrò ucciderti".

Sogghignò, apparentemente confortato nel sapere che il mio senso dell'umorismo era ancora in qualche modo intatto, ma il suo sguardo vacillò vedendo che non ricambiavo il sorriso. "Sai, è di Usagi che stiamo parlando. Intendo, si innamora molto facilmente. Sono sicuro che questo nuovo ragazzo è solo un'altra delle sue fasi. Non dovresti preoccuparti troppo. Sai come sono le ragazze".

Scossi la testa e lui smise di parlare. "No, Motoki, non penso che questa sia solo un'altra fase, per quanto desidererei che lo fosse. Tu non l'hai vista. Questa volta era diversa. Diversa rispetto a quando guarda te, o qualche ragazzo sul marciapiede. Era...", sospirai, chiudendo gli occhi. "Era lo stesso sguardo che hai te quando parli di Reika. Era lo stesso sguardo che sono sicuro di avere quando parlo di lei".

L'unico suono nell'appartamento era il ticchettio dell'orologio mentre Motoki assimilava ciò che gli avevo detto. Finalmente, udii il familiare cigolare della sua poltrona e del pavimento mentre si alzava. "Bevi il tuo caffè", disse. " Ti porto alcune coperte".

...

Lasciai l'appartamento di Motoki la mattina dopo prima che lui si svegliasse, piegando le coperte in una pila sul braccio del sofà. Naturalmente, ero consapevole che lui era il miglior amico che un ragazzo come me avrebbe mai potuto avere. Non giudicava mai, era sempre pronto a dare consigli o anche solo ad ascoltare. E capiva, almeno per quel che riguardava Usagi. Pensai al giorno in cui gli avevo detto la verità, molti mesi fa. Guardandomi indietro, non potei credere a quanto fossi stato nervoso nel dirglielo. Naturalmente aveva capito. A volte, mi sentivo come se lui sapesse meglio di me che cosa stavo attraversando. Dopotutto, non era estraneo all'amore. Lo aveva trovato in Reika, la sua ragazza da quasi quattro anni. Fortunatamente per lui, l'amore aveva anche trovato lui.

Il giorno in cui gli avevo confessato ciò che per settimane avevo tentato di negare anche a me stesso, era un giorno come gli altri. Avevo visto Usagi alla sala giochi, l'avevo chiamata Odango Atama, mi aveva dato del baka crudele e senza cuore, poi se n'era andata via risentita mentre il suo viso era ancora rosso per la rabbia. L'avevo seguita con lo sguardo il più a lungo che avevo potuto e quando mi ero girato - c'era lui, Motoki, che mi guardava con la sua famosa espressione "sta accadendo qualcosa e tu stai per dirmi che cosa".

Mi ero appoggiato indietro, guardandolo negli occhi in modo da spaventarlo. "Posso aiutarti?".

La sua bocca sorrise con arguzia. "C'è niente che mi vuoi dire?".

Sbattendo le palpebre, mi sforzai di respirare profondamente, sapendo già che aveva capito. "Che cosa intendi?".

"Ultimamente, ti stai comportando in modo strano. Specialmente intorno ad Usagi".

"Non capisco cosa intendi. Tutto è, come è sempre stato".

"Per quanto riguarda gli insulti e le prese in giro, si, ma vedo il modo in cui la guardi. E penso di sapere cos'è".

Lo fissai con incredulità, cercando di fare del mio meglio per apparire shockato e disgustato, ma quando il suo perspicace sorriso non si affievolì, lo ammisi e lasciai cadere la maschera. "Ok, mi hai beccato".

Sogghignò alla mia sconfitta, ma era più affettuoso, e forse anche orgoglioso, che beffardo. "Da quando?".

Sospirai. "Da quando l'ho sentito o da quando l'ho capito?".

"Entrambi".

Scuotendo le spalle, "Ne sono consapevole da quasi un mese. Ma l'ho sentito...", scossi la testa, scrutando il tavolo di fronte a me, "da quando l'ho incontrata".

Annuì. "Lo sapevo".

"Non è che importi", dissi, roteando gli occhi e sopprimendo i miei sognanti sentimenti che mi scaldavano il cuore. "Intendo, chi voglio prendere in giro? Non proverà mai nulla per me".

"Non lo puoi sapere. Forse se tu addolcissi le tue prese in giro".

"Già, e questo non la agiterebbe. Abbiamo una routine. Se la incasino, chi sa cosa potrebbe accadere?".

"Esattamente. Chi lo sa? Inoltre, Mamoru, non siamo all'asilo. Stuzzicare una ragazza non è il modo per conquistare il suo affetto".

"Si, ne sono consapevole. Grazie, dottor Phil".

"Sicuro, Romeo. Allora, sarai più carino?".

"No".

"No?".

Sorrisi tristemente. "Motoki, non ho mai, mai sentito nulla di simile prima d'ora. Mi conosci, non sono uno che è preso dalle ragazze e dalle romantiche storie d'amore, ma c'è qualcosa in lei. E non solo questi bisticci mi fanno, in un certo modo, parlare con Usagi, ma mi sento a mio agio. Posso gestirli. Intendo, non posso neanche immaginare che sciocco ciarlatore diverrei altrimenti. Inoltre, perchè mai dovrebbe perdonarmi per il modo in cui l'ho trattata?".

"Perchè è Usagi. Perdonare è quello che fa. E'amica di Rei, per amor di Dio!".

Risi, sapendo che aveva ragione.

"Ma fai quello che vuoi. Per come la vedo io, ti stai solo scavando la fossa più profonda, ma hey, almeno è caldo laggiù, giusto? Anche senza il sole".

Sogghignai. Ha sempre le migliori, e le peggiori, analogie per tutti quelli che conosce.

"Senti, Mamoru,", continuò, riempiendomi nuovamente la tazza di caffè, "Credi...non credi...che questo sia il vero amore, vero?".

Fissai la nera bevanda, vedendo il mio riflesso guardarmi a sua volta. "Penso che questa sia l'unica cosa vera che ho conosciuto in tutta la mia vita".

...

Da quel giorno, le prese in giro erano continuate, ma avevo iniziato a cercare ogni opportunità per aggiungere un po'di gentilezza, piccoli avvertimenti di ciò che volevo realmente dirle. Un complimento qui, la più piccola scusa lì. Il suo sguardo era sempre impagabile, come se stesse cercando di capire se aveva solo immaginato di sentirmelo dire; come se stesse cercando di essere sicura che stesse parlando al solito ragazzo. Avevo iniziato ad adorare quello sguardo ancora di più rispetto ai cipigli imbarazzati ed innervositi che solitamente incontravo. E come la sottile confessione stava diventando più prossima, allo stesso modo lei diventava più affabile. Qualche volta, sembrava quasi che stesse per sorridermi. Anche se non lo aveva mai fatto.

Non fino a quella notte, almeno. Ed era stato per la ragione sbagliata. Non lo sapeva. Non lo avrebbe mai saputo. Il suo cuore non mi apparteneva. E non mi sarebbe mai appartenuto.

La prima cosa che feci quando raggiunsi il mio appartamento fu di scivolare sotto la doccia, l'acqua calda quanto potevo sopportarla, sperando che portasse via un po'del mio dolore. Non lo fece.

...

Non vidi Usagi quel giorno. Infatti la evitai. Non potevo proprio sopportare il pensiero di esserle vicino sapendo una volta per tutte che la mia situazione era senza speranza. Sapendo che non solo non era mia, ma che stava per diventare di qualcun'altro. Ed il giorno in cui la sua lettera d'amore avrebbe trovato il ragazzo per cui era stata scritta era il giorno in cui la mia vita come la conoscevo, sarebbe finita. Perché naturalmente, non importa che cosa aveva detto o creduto, quel ragazzo ovviamente, si sarebbe innamorato di lei. Onestamente, quale uomo non prenderebbe il più inestimabile tesoro che abbia mai trovato? Così lui sarebbe stato felice e anche lei ed io...

Non volevo essere lì quando sarebbe accaduto.

Motoki mi chiamò durante la sua pausa pranzo. Non si preoccupò di chiedermi perchè non ero più andato a prendere il mio giornaliero caffè mattutino. Certamente, sapeva già la risposta. Invece, mi chiese come stavo e, data una vaga risposta, si accinse a cercare di farmi sentire meglio. I suoi metodi erano a dir poco rischiosi, ma sapevo che ci metteva il cuore.

"Allora...Usagi ha chiesto di te stamattina".

"Lo ha fatto?", chiesi, col cuore che palpitava.

"U-huh. Ha chiesto se eri stato già qui o se pensavo che saresti venuto. Le ho detto che ne dubitavo". Si fermò. "Sembrava molto delusa".

Non potei evitare di sorridere al pensiero. Almeno non mi odiava ancora. Mi chiesi se ora mi considerasse persino un amico. Dopotutto mi aveva confidato un segreto molto grande. Un mese fa, diavolo, una settimana fa, sarei stato estasiato a tale prospettiva. Ma ora, non sembrava più avere in sè la stessa promessa, la stessa speranza.

"Mamoru", continuò Motoki con esitazione. "Sei SICURO che la lettera d'amore non fosse per te?".

Risi senza allegria.

"No, sono serio. Intendo, non ha detto per chi fosse, e normalmente mi dice quando ha una nuova cotta, ma non ho sentito nulla di questo nuovo ragazzo. Ma se i sentimenti sono così forti come tu presumi, e sei tu, allora ha senso che non me lo abbia detto, giusto?".

Sospirai. "Motoki, grazie, davvero, per quello che stai cercando di fare, ma se fossi io il ragazzo, non me lo avrebbe per nulla detto, no?".

"Beh, non necessariamente. Forse era un modo per testare le acque, sai? Vedere che reazione avresti avuto prima di buttarsi in qualcosa".

Eccolo di nuovo con quelle analogie. Nonostante, pensandoci, avesse un certo senso. Scossi la testa. "Motoki, per favore smettila. Mi rende solo le cose più difficili".

Sospirò. "Bene. Mi dispiace. E'solo che, beh, da quando mi hai detto come ti senti, ho sempre avuto questa sensazione che tu l'avresti infine ottenuta, capisci? Non mi è mai davvero venuto in mente che tu potessi realmente perdere questa volta".

"Come tutte le altre volte, intendi?", dissi, alludendo alla mia molto anormale, ed anche tragica, infanzia.

"Già. Onestamente pensavo che questa volta...".

"Beh, grazie. Fa bene sapere che qualcun'altro è dalla mia parte".

"Ne hai mai dubitato?".

"No. Ma comunque, non ha neanche il mio indirizzo. Come potrebbe spedirmela? Non c'è alcun modo...".

"In realtà, il tuo indirizzo ce l'ha".

Sbattei le palpebre. "Ce l'ha?".

"Si. Credo...non ti ricordi?".

"Di che cosa stai parlando?".

"Oh. Um, forse mi sono dimenticato di dirtelo".

"Motoki", dissi duramente, accigliandomi. Nonostante non potesse vedere la mia faccia, sono sicuro che lo aveva sentito nella mia voce. "Come ha avuto il mio indirizzo?".

"Beh, un paio di mesi fa stava per fare questa enorme festa di compleanno per una delle sue amiche. Penso fosse Rei. E voleva mandare degli inviti formali a me ed a te, così le ho dato il tuo indirizzo, ma dopo i suoi genitori hanno deciso che non poteva farla, così non si è mai svolta. Scusa, pensavo lo sapessi...".

"Motoki, come hai potuto dimenticartene? Oh, non prendertela, non importa. Tanto questa lettera non è per me".

Non disse nulla, e potevo dire che voleva continuare a discutere, ma ci ripensò.

"Scusa, Mamoru. Davvero".

"Lo so. Grazie".

"Se vedi di nuovo Usagi, vuoi che le dica qualcosa da parte tua?".

Ci pensai, immaginando tutte le milioni di cose che volevo dirle. Infine, risposi, "No, ma grazie".

"Di nulla, devo tornare al lavoro. Ti vedrò domani?".

"Forse. Ciao".

...

La mattina seguente, considerai per almeno 45 minuti se ritornare o no al mio normale programma ed andare a vedere Motoki, e Usagi. Il pensiero della mia Usako che mi stava cercando, che voleva vedermi, rese la tentazione quasi insopportabile, ma dopo pensai al suo angelico volto mentre metteva per iscritto in quel quaderno i suoi sentimenti e lo sguardo che aveva quando aveva ammesso di essere innamorata.

Decisi di andare a correre.

Appena rientrato nel mio appartamento, vidi la mia segreteria lampeggiare per un nuovo messaggio. Premendo il taso, sentii la voce di Motoki.

"Hey, sono io. Ho capito che oggi non saresti venuto, ma, beh, ho pensato che avresti voluto sapere; Usagi era qui stamattina e mi ha chiesto di nuovo di te. Sembrava devastata quando le ho detto che non eri qui. Sai, non puoi evitarla per sempre. Okay, questo è tutto. Ci vediamo domani? Ja!".

Sospirai e lo cancellai, prima di collassare sul divano, il sudore appiccicoso mentre mi sedevo fissando il soffitto. Devastata? Onestamente, devastata? Ma perché? Perché le importava così tanto di vedermi? Perchè non era fuori a portare avanti...?

Gemendo, mi alzai e mi diressi verso la doccia.

...

Il terzo giorno da quando avevo visto Usagi nel parco, non resistetti più. D'accordo, il dolore del sapere che era innamorata di qualcun'altro era straziante, ma la pena di non vederla era peggiore. Mi diressi alla sala giochi.

Non era lì quando arrivai, così ordinai il caffè ed una ciambellina glassata, chiaccherai un po' con Motoki, e mi sedetti sul mio sgabello preferito per leggere il giornale.

La mia ciambella era finita, il caffè era arrivato alle ultime gocce, ed avevo letto i Peanuts già tre volte di troppo prima che mi venisse in mente che forse oggi non sarebbe venuta. Sospirai demoralizzato, piegando il giornale in modo preciso e mettendolo da parte. Dopo, mentre stavo per posare il caffè, le porte si aprirono ed era lì.

Sentii pace e desiderio e contentezza strisciare in me. Non avevo realizzato quanto mi fosse mancata fino a quel momento.

I suoi occhi controllarono velocemente la sala giochi e la vidi sobbalzare un po'quando il suo sguardo si posò su di me. Sembrava atterrita e spaventata e anche un pizzico speranzosa.

Cercai di sorriderle calorosamente. Potevo vederla trattenere il fiato e lentamente - molto, molto lentamente - farsi strada verso di me. Sembrava pronta a lanciarsi verso la porta alla velocità della luce.

Mi schiarii la voce mentre si sedeva tremante sulla sedia di fronte a me. Il suo evidente nervosismo mi stava uccidendo.

"Hey, Odango Atama,", cercai casualmente di scherzare, sperando di farla in qualche modo rilassare. Non la avevo mai vista così atterrita. Odiavo il pensiero che fosse causa mia. Comunque, nonostante questo piccolo sforzo, il nomignolo non sembrò neanche venire registrato. Continuò solo a fissarmi, la faccia quasi bianca, le labbra saldamente increspate insieme. Realizzando che stuzzicarla non aveva funzionato nel risollevarle lo spirito, decisi invece di provare ad essere premuroso. "Stai bene?", le chiesi gentilmente, stendendo un braccio sul tavolo per appoggiarle la mano sul braccio. Piagnucolò, fissandola shockata.

"No, non proprio", sussurrò di rimando, non distogliendo lo sguardo da dove la mia mano toccava la sua pelle.

La ritirai. Che cosa era stato a farle questo?

"Che cosa...cosa è successo?", chiesi, un migliaio di orribili scenari mi vennero in mente.

"Oh, non prendermi in giro!", gemette, tirando indietro il braccio. Si inarcò, cercando di rendersi più piccola possibile o di scomparire del tutto.

"Mi spiace", dissi, ritirandomi. "Non stavo cercando di prenderti in giro".

"Per favore, Mamoru-san, per favore", sussurrò urgentemente, non osando guardarmi in faccia. Morivo dalla voglia di stringerla, ma non osai, non avendo idea se ero stato io a causare ciò o come farla stare meglio. "Per favore non fingere...non fingere che non sia cambiato nulla. Non posso sopportarlo". Lentamente si tirò su a sedere e sollevò il viso, anche se i suoi occhi erano chiusi. Sembrava ancora mortalmente pallida. Guardai scioccamente la sua aria determinata, ubriaco di paura. "Dì tutto quello che ti va. Posso sopportarlo. Solo...dimmi la verità. Dopo...quello che ti ho detto...che cosa...che cosa...vuoi essere?".

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Note di lithtys: ecco conclusa la seconda parte.

Grazie a Mysticmoon, miki90, Kirby, Kylie, sailormoon81, semplicementeme, Mikayla ed a Cassandra14 (ho letto il tuo commento prima che sparisse!). ^///^

Inoltre ringrazio Mikayla per la correzione: ho subito cambiato la frase. Perdono! ^__^'

La lettera di Usagi era per Mamoru? Gliel'avrà consegnata? Chissà...bisognerà attendere il terzo ed ultimo capitolo per saperlo!

  
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