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Autore: AliArdemonio    27/02/2012    3 recensioni
Raccolta di storie incentrate sulla nascita delle mie coppie preferite.
1) GaaraxLee
“Mi piace Suna” disse Lee d'un tratto, stendendosi sull'erba per guardare il cielo. “E' particolare, schiva e difficile da comprendere. Ma una volta che le dai fiducia, sono certo che sa aprirsi e donare perle preziosissime”
“Ti sbagli,” mormorò grave Gaara sedendosi al suo fianco,”Suna è inospitale. Si protegge dietro barriere di sabbia, ma lo fa per abitudine. Se scavi sotto la superficie non c'è nulla da proteggere, solo vuoto e desolazione.”
2) KankuroxKiba
"Sembrava quasi che l'aridità del deserto avesse inaridito anche la sua anima [...]. Dopo ogni incontro, Kankuro cambiava. Non nel senso che un giorno amava una cosa e il giorno dopo l'altra, era un tipo costante. Però a quell'ammasso caleidoscopico che era la sua personalità, ogni tanto si aggiungeva una sfumatura o un colore spariva per ricomparire poco più in là. E quando aveva assorbito tutti gli insegnamenti, i consigli, i dolori e la passione del rapporto, l'amore spariva, da un giorno all'altro. E le persone non erano altro che marionette vuote, per lui, alla fine."
Genere: Erotico, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai, Yaoi | Personaggi: Gai Maito, Kankuro, Kiba Inuzuka, Rock Lee, Sabaku no Gaara
Note: Lemon, Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Naruto Shippuuden
Capitoli:
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Ciao! E' da poco che pubblico su EFP, quindi spero di non fare casini con l'HTML (maledetta tecnologia).
Passo subito a presentare la ff: tutto è nato dalla coppia successiva (di cui pubblicherò tra qualche giorno). Volevo scrivere una cosina veloce e invece mi è uscita una fanfic lunghissima rispetto ai limiti che mi ero data. L'ispirazione poi, è arrivata improvvisamente e non ho saputo far altro che accontentarla :)
Questa è una GaaLee introspettiva, e, anche se c'è una scena di sesso, non ci sono descrizioni; ecco perché ho tenuto il rating a giallo. Spero di aver fatto un buon lavoro con questa coppia che inizia a piacermi sempre di più. Ai posteri l'ardua sentenza.


Verrà la morte e avrà i tuoi occhi-

questa morte che ci accompagna

dal mattino alla sera, insonne,

sorda, come un vecchio rimorso

o un vizio assurdo. I tuoi occhi

saranno una vana parola,

un grido taciuto, un silenzio.

[...]

O cara speranza,

quel giorno sapremo anche noi

che sei la vita e sei il nulla

 

Per tutti la morte ha uno sguardo.

Verrà la morte e avrà i tuoi occhi.

Sarà come smettere un vizio,

come vedere nello specchio

riemergere un viso morto,

come ascoltare un labbro chiuso.

Scenderemo nel gorgo muti.

 

Sabaku no Gaara era tante cose, ma certamente non era uno che amava il chiasso. Ecco perchè se ne stava seduto sulla collina più alta nei pressi di Konoha a guardare il tramonto, da solo, godendosi la brezza d'inizio primavera. C'era ancora abbastanza freddo, però, abituato com'era alle rigide notti del deserto, quei tre o quattro gradi gli sembravano almeno dodici. Per un attimo si concesse di sdraiarsi e chiudere gli occhi: solo la sensazione che, se si fosse abbandonato, si sarebbe addormentato, era per lui fonte di sentimenti contrastanti. Da un lato gli piaceva la possibilità di abbandonarsi all'oblio del sonno per ricaricarsi e godere finalmente la possibilità di vivere senza essere perennemente sotto pressione; dall'altro però il dormire era sinonimo di vulnerabilità e a lui proprio non piaceva sentirsi senza difese. Era quasi come avere l' opportunità di tornare bambino, quando ancora si fidava del prossimo, pur sapendo come sarebbe finita; era la possibilità di commettere un errore sapendo di farlo. E se possibile voleva evitarlo, con tutto il cuore e tutta l'anima. Voleva dormire come tutte le persone normali, senza la persistente paura di venire assassinato. Lui voleva vivere, ma vivere davvero. Solo che non sapeva come fare. Sentì un rumore e aprì immediatamente gli occhi, solo per vedere davanti a sè il volto sorridente di Lee.

"Sei stato veloce" gli disse guardandolo con la sua solita faccia imperscrutabile.

"Io sono sempre veloce, è la forza della giovinezza!" gli rispose Lee, sedendosi accanto a lui.

Rimasero in silenzio per un po', godendo della pace che trasmetteva quel posto.

"Perché lo fai?" chiese improvvisamente Gaara.

"Che cosa?"

"Perché stai qui accanto a me quando per causa mia stavi per perdere il tuo sogno?" Gaara proprio non lo capiva. Se lui fosse stato nei panni di Lee, sarebbe certamente andato alla ricerca di quello che l'aveva ferito e l'avrebbe ammazzato. Se fosse stato Lee però, non avrebbe avuto un mostro dentro per quasi tutta la vita, e quindi sarebbe stato un ragazzo normalissimo. I pensieri vorticavano nella testa del ninja di Suna, confondendolo. Mentre si perdeva in simili riflessioni, giunse alle sue orecchie una risata bassa e divertita.

Come si permetteva di prenderlo in giro, quello sciocco?

"Scusa se rido, ma avevi un'aria serissima per una domanda tanto sciocca. Io adesso sono guarito"

"Sì, ma avresti potuto rimanere invalido"

"Ma non è successo"

"Sì, ma-"

"Non ci sono "ma". Le cose stanno così"

Gaara non l'uccise per l'interruzione solo perché era interessato alla risposta.

"Tu l'hai fatto, è vero. Mi hai attaccato con l'intento di uccidere. Poi però mi hai salvato contro quel Kimimaro. In un certo senso, ti sei sdebitato. E poi Naruto ti considera suo amico, è venuto a salvarti. Lui cambia le persone, sai? Anche se dal di fuori non si direbbe, sono sicuro che qualcosa dentro di te è cambiata. E non potrai farci niente, lui è fatto così: ti aiuta a trovare la parte migliore di te. Ha salvato Neji, ha salvato Sasuke e ha salvato te. E se si fida lui, mi fido anche io." Dopo aver parlato, sorrise.

Gaara ci pensò su: era cambiato? Beh sì, adesso voleva aiutare il suo villaggio e lottare per farsi accettare. Era il Kazekage, dopotutto. Anche coi suoi fratelli andava meglio: Kankuro si concedeva qualche battuta idiota e Temari gli urlava dietro senza il timore di essere assassinata. Non erano certo una famiglia esemplare, ma a modo loro si amavano. Non aveva scordato che se non fosse stato per Sakura, ora Kankuro sarebbe morto. E sarebbe morto per salvare lui, lui che fino a poco tempo prima l'avrebbe ucciso senza batter ciglio. Si sentì sommergere dal senso di colpa, vivo e pungente. Ecco, quella era la prova del suo cambiamento: era più consapevole degli altri attorno a sè, non era più un demone che amava solo sé stesso, ora aveva anche amore da dare. Solo che non capiva come comportarsi.

"Grazie"

"E di cosa?" chiese Lee un po' confuso.

"Di darmi una seconda possibilità"

A quelle parole Lee sorrise e si avvicinò a Gaara fino a mettergli la testa su una spalla.

"Ti do fastidio?"

Gli dava fastidio? Lo trovava un po' invadente, però era piacevole quel tepore. Era la cosa più simile ad un contatto fisico che avesse ricevuto da anni, se si escludevano i baci appiccicosi che Temari gli dava per dispetto quando si metteva il lucidalabbra (che metteva appositamente per disturbare i fratelli, tra l'altro).

Vedendo che Gaara non rispondeva, Lee si alzò per allontanarsi quando fu fermato da quest'ultimo.

"Non andare, resta." Parole semplici, che però scaldarono il cuore di Lee, il quale si accoccolò addosso a Gaara.

Rimasero così per qualche minuto, godendo della compagnia reciproca. Dopo poco si alzarono e tornarono al villaggio separatamente.

 

Il giorno dopo, Gaara sarebbe dovuto tornare a Suna. Si stava dirigendo verso l'ufficio dell'Hokage per salutare Tsunade e poter finalmente partire quando sentì un bambino pronunciare il nome di Lee.

Curioso, si fermò ad ascoltare i discorsi dei giovani ninja. Era riuscito a trovare una posizione perfetta, nascosto proprio dietro al muretto davanti al quale stavano ridendo quei ragazzini. Stava per concedersi un moto d'affetto per le nuove generazioni, quando capì il contesto in cui quel nome era stato pronunciato.

"sì, è vero, è proprio un perdente.. poi quella tutina ridicola.."

"hahaha, hai ragione! E' proprio brutta, da sfigato.."

"Beh, la porta anche il maestro Gai.."

"Sì, ma lui è forte, e può andare in giro con quella cosetta ridicola.. distrae l'avversario dalle sue grandi capacità"

"Mentre Rock Lee è solo un fallito. Se non fosse stato per il Quinto Hokage, adesso lui sarebbe meno che niente.."

"E' vero! Aveva combattuto contro quel mostro di Suna.. Papà mi ha detto che l'hanno fatto Kazekage!"

"Sì, proprio lui! Gaara del Deserto! E' fortissimo"

"Ma a me fa paura.."

Gaara si sentiva ardere di rabbia. Che offendessero lui era anche accettabile - aveva congiurato ai danni del loro villaggio e il Demone Tasso lo aveva reso un mostro di cui aver paura - ma non poteva neanche vagamente concepire il trattamento che riservavano a Lee. Innanzitutto era un ninja della Foglia, e sebbene lui fosse poco abile nelle relazioni interpersonali, sapeva che questo creava un legame tra quegli stupidi marmocchi e Lee. Inoltre lui non era affatto debole, anzi, con ogni probabilità se avesse sfidato chiunque altro all'esame per la selezione dei chunin, avrebbe vinto. E poi Lee era un ragazzo gentile, che aiutava il prossimo ogniqualvolta ne avesse l'occasione. Perchè quei bambini lo offendevano così? Non era giusto.

Prima che potesse fare qualcosa per fermarlo, la poca sabbia presente sulle strade iniziò a vorticare velocemente, spaventando i bambini. Più provava a calmarsi, più sentiva rimbombare parole come "sfigato" e "fallito" nella sua testa.

"Cosa sta succedendo?" chiese improvvisamente qualcuno. Gaara non aveva dubbi: era Lee.

Titubante, uscì allo scoperto. Appena i bambini videro il Kazekage venir fuori da dietro il muretto, seppero che aveva sentito tutto e per farsi perdonare lo salutarono con più gentilezza del dovuto. Gaara però sapeva che le loro parole erano false e sentì la rabbia soffocarlo. La sabbia vorticava sempre più velocemente e lui non riusciva a fermarla.

"Gaara, calmati"

Il ninja di Suna cercò di pensare a qualcosa che lo tranquillizzasse e nella sua mente comparve la sensazione della testa di Lee appoggiata sul petto. Dopo qualche respiro, la sabbia cadde a terra, inerte.

"Fareste meglio a tornare a casa e ad imparare cos'è il rispetto. Ora come ora siete la vergogna del vostro villaggio" Gaara disse parole dure che s'impressero nella mente dei ragazzini, soprattutto perché pronunciate da una persona così importante. Quando questi se ne furono andati, inventando patetiche scuse per congedarsi, Lee si avvicinò a Gaara e gli chiese spiegazioni sul trattamento maleducato che aveva riservato a dei giovani della Foglia.

"Stavano parlando male di un loro concittadino" fu la risposta sbrigativa di Gaara.

Non se la sentiva di dire a quello che iniziava a considerare come un amico che dei marmocchi del suo paese lo consideravano un perdente.

"Ah, davvero? E di chi?"

Gaara avrebbe preferito non rispondere, tuttavia sapeva che una caratteristica importante degli amici era l'onestà, e quindi fu con visibile disagio che disse:

"Di te"

Rock Lee rimase immobile per alcuni secondi. Non se l'aspettava minimamente. Certo, sapeva che molte persone lo trovavano strambo e ridicolo, con quella tuta che portava costantemente e con quel taglio a scodella; per non parlare delle sopracciglia, delle punizioni che si autoinfliggeva e del fatto che non possedeva nè le arti magiche, nè quelle illusorie. Sapeva di essere apprezzato dagli amici e dai compagni di squadra e sapeva anche che il maestro Gai lo considerava "il suo pupillo"; però sapeva anche che nessuno l'aveva mai difeso. Non che lui ne avesse bisogno, era da una vita che lottava da solo per proteggere i suoi ideali, però la consapevolezza che c'era stato qualcuno - Gaara - che aveva puntato i piedi per far smettere gli attacchi nei suoi confronti era una cosa che lo lasciava senza parole.

"Grazie" mormorò, prima di baciare Gaara sulla guancia sinistra. Resosi conto di ciò che aveva fatto, Lee arrossì. Quando però alzò lo sguardo per incontrare gli occhi di Gaara, non vi lesse nè schifo nè ribrezzo, anzi, il ragazzo pareva semplicemente stupito e quasi in stato di trance portò la mano sinistra a toccare la guancia.

"Devo andare.. Gli allenamenti.. Devo preservare la forza prorompente della giovinezza, ciao Gaara!"

"Oggi torno a Suna." Gaara non sapeva perché l'aveva detto, o meglio, sapeva di voler fermare il ragazzo, ma non sapeva perché, fra tutte le frasi che poteva dire, avesse scelto proprio quella. Si sentì come una ragazzina timida, e questo l'infastidì. La stizza però fu sommersa dallo stupore quando lesse sul viso di Lee uno strano sentimento, vagamente malinconico.

Non voleva che Lee soffrisse, si sentiva in colpa. Così, con la naturalezza di chi non è avvezzo a gestire emozioni violente, lo baciò in mezzo alle vie di Konoha. Fu un bacio dolce, un tenero cercarsi di lingue privo dell'irruenza che caratterizzava i baci dei loro coetanei. Sembrava che stessero cercando di lenire ferite dell'anima tramite il contatto con l'altro, in un lento scoprirsi che li portava alla felicità.

Quando si staccarono, entrambi erano accaldati. Si guardarono negli occhi finchè Gaara non ricordò ad entrambi che era atteso dall'Hokage per il congedo.

Dopo un minuto circa si avviò all'uffico di Tsunade, stringendo al cuore la promessa di Lee: "Verrò a Suna, lo giuro."

 

Le giornate si susseguivano le une uguali alle altre, sia a Konoha che a Suna. Lee spendeva ogni ora del giorno ad allenarsi, cercando con tutte le sue forze di diventare più forte. Il maestro aveva preso l'abitudine di far combattere i membri del Team Gai l'uno contro l'altro, così Lee si trovava a dover combattere per ore contro le armi di Tenten e il byakugan di Neji, ottenendo come risultato solo una stanchezza opprimente. Alla fine dell'ultimo combattimento della giornata, si congedò per andare a riposarsi. Salì su una collinetta che sembrava quella dove aveva appoggiato la testa sulla spalla di Gaara e, giunto in cima, si coricò. Ormai era passata l'ora di cena, e comunque lui non aveva fame. Appena il suo corpo smetteva di funzionare come una macchina, ecco che la sua mente lo soffocava con la sensazione delle labbra di Gaara sulle sue. Quel contatto lo aveva sorpreso, però non poteva nascondere a sé stesso la profonda gioia che provava nel ripensarci. Era già da un po' di tempo che aveva iniziato a provare qualcosa per Gaara, però era conscio del fatto che il sentimento che lo animava fosse del tutto particolare: i suoi compagni parlottavano di sesso sfrenato e baci da togliere il fiato. Lui quando pensava al ragazzo di Suna, vedeva ore e ore da passare stesi da qualche parte a baciarsi, accarezzarsi, approfondire il contatto e fare sesso. Ma non bestiale, per lui era una sorta di momento quasi mistico dove sentirsi completo. Solo a pensarci gli veniva da sorridere: quello che era stato disprezzato perchè aveva un mostro dentro e quello disprezzato perché era un mostro esteriormente, si frequentavano. La vita a volte era proprio strana. E poi, non era vero che si frequentavano.. Si erano baciati una volta. Però Lee desiderava che ciò accadesse ancora, e ancora, e ancora. Se il maestro Gai l'avesse sentito fare quei ragionamenti da vecchio, gli avrebbe fatto un'iniezione di spirito giovanile. E doveva scantarsi, accidenti! Se non si fosse sbrigato ad aumentare la sua forza, sarebbe stato il ragazzo più debole della sua generazione! E con che faccia sarebbe andato da Gaara se anche dei marmocchi si concedevano il lusso di sfotterlo? Si alzò rapidamente e si girò per tornare ad allenarsi, quando s'imbattè in Tenten che era venuta a cercarlo.

"Tutto bene, Lee?"

"Certo, Ten! Vedi forse crepe nella mia atletica giovinezza?"

"Lee, non fare il coglione" lo zittì lei, mentre si sedeva accanto a lui, tirandolo giù per farlo sedere.

"Mi spieghi cosa c'è?"

"Niente! Credi che lo spirito della gio-"

"LEE!" urlò lei, dandogli un pugno in testa. "Lo so che hai qualcosa, non insultare la mia intelligenza. Spiega"

Lee farfugliò qualcosa mentre si massaggiava la testa. Vedendo però lo sguardo da falco che gli rivolse la compagna, si rassegnò a dire la verità.

"Mi manca Gaara"

"Chi, scusa? Il Kazekage?"

"Già.."

"Ma scusa, non è quello che ha cercato di ucciderti?"

"E con questo?"

"No, niente, è perfettamente normale sentire la mancanza di qualcuno che ha cercato di mandarci all'altro mondo"

"Tu non capisci niente di lui, quindi piantala!" sbottò Lee incazzato. Era stata una giornata di merda, anzi, una settimana di merda e non aveva voglia di sentire qualcuno insultare gratuitamente Gaara. D'altronde, Tenten era sua amica da una vita e non sapeva nulla delle sensazioni che provava per lui.

"Senti, Ten, io-"

"Ti piace" fu la risposta sbrigativa di lei.

"Così pare.." mormorò lui.

"Perfetto. Vai a Suna"

"Cosa? No, non posso. Intanto Tsunade-sama deve inviarmici per una missione, non è che si prendono ferie quando si è ninja. E comunque sono troppo debole per presentarmi da lui.."

"Ma tra voi è successo qualcosa?"

"Beh, sì.. Mi ha baciato. Una volta"

“E allora vai” gli disse Tenten sbuffando e con un tono che diceva “ti sto compatendo”

“La fai facile tu. A che punto sei con Neji?” le chiese lui in un moto di stizza.

“Fatti gli affari tuoi, Lee” gli rispose secca la ragazza. “Io lo dico per te; se vuoi stare qui a piangerti addosso, fai pure”

Lee sapeva che la sua amica aveva ragione, così non rispose. Sapeva che però la voglia di vedere Gaara lo stava distraendo dagli allenamenti, e questo non andava bene. Tutto quel lavoro cervellotico non era da lui: Neji era quello intellettuale del gruppo.

“Andrò a Suna!”

“Bravo! Adesso andiamo a casa, Lee..”

“Non posso!”

“E perché mai? Sei scemo?”

“No, te l'ho detto! Sto andando a Suna!”

“Ma sei scemo? Aspetta domani a partire che ormai è sera! E comunque è un viaggio che va organizzato, mica puoi partire così a caso..”

“Sciocchezze. La forza della giovinezza mi sosterrà.” Tenten era felice di vedere il solito Lee, così lasciò che s'infervorasse per quel viaggio da folli.

“Eh, ma i tuoi? E il maestro Gai?”

“Ai miei pensaci tu, Ten. Il maestro capirà: sento la forza della giovinezza che mi spinge verso il mio novello amore!” così dicendo si alzò in piedi e cominciò a correre verso la sua meta, mentre la ragazza alle sue spalle scuoteva la testa con aria rassegnata.

 

*

Lee corse quasi ininterrottamente fino all'arrivo a Suna, che avvenne un paio di giorni dopo. Bussò nell'ufficio antecedente a quello del Kazekage, che fungeva da postazione di controllo per eventuali intrusi e pazzi che tentavano di attentare alla vita del capo del villaggio della Sabbia, e si annunciò a gran voce chiedendo di parlare con Gaara, giusto prima di svenire per l'immane sforzo fisico.

Seduto nel suo ufficio, il Kazekage controllava per l'ennesima volta una pratica di cui non capiva l'utilità. Negli ultimi tempi si era un po' abbattuto: il lavoro come capo del villaggio era talmente impegnativo che non riusciva più a trovare un attimo per allenarsi, e la mancanza di allenamento lo rendeva nervoso. Stava per distruggere la pratica, quando una voce a lui famigliare si fece sentire attraverso i muri che dividevano il suo ufficio da quello antistante. Con la sua solita aria impenetrabile, aprì la porta di collegamento e si ritrovò davanti alcuni ninja che guardavano con sospetto il corpo svenuto di Rock Lee e la sua stravagante tuta piena di terra e fango e per un attimo sentì la sua maschera di impassibilità cedere. Non sapeva se preoccuparsi per il ragazzo o ridere della sua totale imprevedibilità.

“State attento, nobile Kazekage: potrebbe essere una trappola”

“E' un mio amico, non c'è da preoccuparsi” e così dicendo lo sollevo da terra e lo portò in braccio fino all'infermeria del palazzo, non senza sentire un forte calore al petto per aver potuto pronunciare la parola “amico”. Stava facendo una fatica tremendo a trasportarlo a braccia dato che, avendo la sabbia a difenderlo, non aveva bisogno di muscoli, a differenza del ragazzo che stava trasportando. Certo, poteva usare la sua sabbia per spostarlo, però gli sembrava un contatto troppo impersonale e lui voleva sentire il calore del corpo di Lee. I letti erano desolantemente vuoti e bianchi; certo, non che Gaara volesse che qualcuno dei suoi uomini fosse tanto ferito da necessitare le cure dei migliori ninja del villaggio della sabbia, però sapeva che Lee non era un tipo solitario e silenzioso come lui e magari tutto quel vuoto l'avrebbe infastidito. Dopo averlo disteso sul letto, gli tolse i vestiti sudici e, sollevatili con la sabbia, li fece arrivare nella sua lavanderia privata, inoltre fece arrivare un messaggio ai suoi dipendenti: coloro i quali lavoravano nell'ufficio avrebbero avuto il resto della giornata libero. Si allontanò da Lee solo per prendere una bacinella piena di acqua tiepida e una spugna; si sedette accanto al letto e iniziò a detergere delicatamente la cute. Conosceva bene la sabbia che lo aveva sporcato, e sapeva che se avesse usato troppa acqua, quest'ultima si sarebbe trasformata in fango e l'avrebbe sporcato di più, anziché pulirlo. Quando ebbe finito, usò la sabbia per sollevare il corpo di Lee, mentre con entrambe le mani spostava le lenzuola candide. Quando Lee fu completamente pulito e avvolto dalle coperte, Gaara si fece portare del cibo per due e dell'acqua. Piluccò il proprio pasto e attese il risveglio di Lee, che avvenne un paio di ore dopo. Era ormai notte inoltrata quando il ninja della Foglia riuscì ad aprire gli occhi. Inizialmente si sentì spaesato, tanto che era già pronto ad aprire le prime porte del chakra per attaccare un eventuale nemico. Avvertendo dei movimenti nelle vicinanze, si alzò pronto ad attaccare, ma si trovò davanti lo sguardo impassibile di Gaara.

“Ciao Gaara” disse confuso, “dove mi trovo?”

“Sei nell'infermeria del mio palazzo. Sei svenuto nell'ufficio di controllo”

Il gorgoglio prepotente che proruppe dalla pancia di Lee, troncò la loro conversazione.

“Hai fame? Qui c'è del cibo”

“Grazie!” quasi squittì Lee, che si sentiva svenire nuovamente. Andò a sedersi accanto a Gaara ad un tavolino vicino alla finestra, dal quale riusciva a vedere il cielo stellato e la Luna. Tuttavia, l'atmosfera non era delle più romantiche a causa dei rumori che faceva Lee mentre ingurgitava formaggio e pane, insieme a frutta, noci e yogurt. Mangiò senza ritegno e senza il minimo imbarazzo, nonostante fosse in mutande alla presenza della più alta carica del villaggio della Sabbia. E a Gaara piaceva proprio questo di Lee: la sua totale innocenza e incuria delle formalità. Lui si era più volte sporcato del sangue dei suoi amici e nemici, e la cosa non lo aveva minimamente toccato; o almeno, così era stato finché non aveva incontrato Naruto. Lee invece conservava in sé un po' di quella fanciullezza che Gaara non aveva mai vissuto e che sapeva di dolce ed esotico al tempo stesso. Il pasto si consumò in silenzio, ma non era uno di quei silenzi carichi d'imbarazzo che portavano i presenti a parlare a caso pur di esorcizzarlo, al contrario, era un silenzio carico di cose non dette e di aspettative che sbocciavano teneramente senza che i due ragazzi potessero evitarlo. Finito di mangiare, Lee si appoggiò esausto alla sedia e chiuse gli occhi, godendo della brezza calda di Suna. Quando li riaprì, si ritrovò a fissare Gaara che lo fissava a sua volta. Facendo più attenzione, notò che aveva addosso gli abiti da Kazekage, segno che aveva abbandonato il lavoro a metà per fargli da balia. Lee se ne vergognò: non sia mai che qualcuno debba occuparsi di lui! A sorreggerlo c'era l'implacabile energia della giovinezza!

“Scusa se ti ho recato disturbo. Non accadrà più!” disse Lee, battendosi il petto con la mano destra.

“Nessun problema” fu la risposta asciutta di Gaara. Dopo pochi attimi di silenzio, il ragazzo di Suna parlò di nuovo, stavolta come se soppesasse le parole:

“Come mai sei venuto a Suna?”

“Perché ti avevo promesso che sarei venuto!”

Gaara si sentì avvolgere dal calore ancora una volta. Non era abituato alle promesse mantenute; l'unico che gli faceva promesse era suo padre quando lui gli chiedeva di giocare; ad ogni domanda rispondeva con “la prossima volta, Gaara” oppure “non vedi che sono occupato, moccioso?”. Sempre la prossima volta, sempre un rifiuto. Ecco che per lui le promesse avevano perso valore, così come ogni cosa aveva perso colore, divorata dalla sabbia. Con Lee poteva concedersi il lusso di scoprirsi senza essere ferito, o almeno, questo era quello che la sua parte irrazionale gli diceva. L'altra gli ricordava incessantemente la sua vita e il suo dolore e gli garantiva che avrebbe sofferto. Gaara non sapeva cosa fare. Una risatina sommessa lo fece riprendere dal suo discorso con sé stesso.

“Cosa c'è di divertente?”

“Hai la stessa faccia che fa il mio amico Neji quando deve elaborare una strategia”

Neji. Amico. Neji. Lo Hyuga. E' un suo amico. Amico. Le parole vorticavano nella mente di Gaara mentre questi cadeva vittima della gelosia. Si sentiva soffocare dalla rabbia. Gli doleva il petto e voleva andarsene perché sentiva un preludio di bruciore dietro gli occhi e mai avrebbe permesso ad un essere umano di vederlo così.

Lee non capiva cosa stesse succedendo. Prima Gaara era rilassato, certo, sempre silenzioso e imperscrutabile, ma rilassato. Da quando aveva nominato Neji la sua postura si era irrigidita e il suo sguardo conteneva furia malcelata. Cosa c'era tra quei due? Un litigio? Un duello? Lee non ebbe tempo di pensarci a sufficienza, dato che Gaara si era già alzato.

“Se vuoi scusarmi, ho delle cose da fare.” A quelle parole Lee reagì istintivamente.

“No, ti prego,” disse guardandolo negli occhi e prendendogli la mano, “non andare. Non ancora. Non se sei arrabbiato con me”

Gaara lo guardò sbigottito: mai nessuno aveva osato contraddirlo o ostacolarlo. Beh, a parte Temari, ovvio. Da quando Shukaku gli era stato estratto, il rapporto coi suoi fratelli era migliorato e sua sorella a volte lo sgridava o, più frequentemente, gli lanciava contro raffiche di vento. Ma lei era sua sorella, Lee invece no. E aveva compiuto quell'impudenza con animo sereno, glielo si leggeva in faccia. Gaara era curioso, così lo assecondò risedendosi, ma non tolse la mano da quella del ragazzo. Anzi, studiò con interesse quella combinazione bislacca che era la stretta delle loro mani: quella di Lee era più grande e callosa per gli instancabili allenamenti, mentre la sua era piccola e liscia, bianca come porcellana a contatto con quella di Lee. Le sue unghie erano normali, perfette e curate. Non che fosse uno da manicure, però siccome non le usava mai in combattimento, queste non si rovinavano e assumevano un aspetto curato. Quelle di Lee invece avevano le unghie un po' mangiucchiate, però non in modo indecente. A modo loro erano belle, di una bellezza rara e nascosta di cui Gaara si beava. Sapevano di vissuto, a differenza di quelle di Gaara che, esattamente come il loro possessore, sembravano quelle di una bambola con cui nessuno gioca mai.

“Come mai devo restare?”

“Perché sei arrabbiato con me, e io non voglio che tu lo sia”

Gaara non rispose.

Vedendo che il suo compagno non si rilassava, Lee cominciò a muovere le dita all'interno della stretta di Gaara e riuscì a liberarsi tanto da potergli accarezzare la mano. Al rosso piaceva quel contatto, tanto che se non fosse stato un tipo schivo e orgoglioso si sarebbe concesso delle fusa di apprezzamento. Vedendo che il Kazekage si stava rilassando, Lee continuò a massaggiargli le dita con movimenti lenti e delicati. Incapace di contenersi oltre, Gaara si appoggiò del tutto alla seggiola e chiuse gli occhi, cercando di imprimere nel cervello quella sensazione che – ne era certo – gli sarebbe mancata una volta che Lee fosse tornato alla Foglia. Continuarono così per un tempo indefinito, dopodiché Lee si alzò, sciogliendo il contatto e sorrise a Gaara.

“Ormai è tardi e tu sei il Kazekage. Nonostante la giovinezza sia ancora splendente in te, anche tu avrai bisogno di riposare..”

Non era vero. Gaara non avrebbe dormito comunque, sonno o non sonno. Solo l'idea di chiudere gli occhi e affidare la sua protezione al caso era per lui inconcepibile, così come inconcepibile era l'idea che qualcuno gli facesse da balia mentre dormiva.

“Hai ragione” mormorò mestamente. Non voleva andarsene, ma non poteva dire a Lee che aveva paura di dormire. E poi magari era lui a voler dormire e Gaara in quel momento era solo un ostacolo tra lui e il letto. L'idea che potesse essere davvero così, lo ferì un po'. Tuttavia non ebbe tempo di perdersi nella tristezza perché senza accorgersene era arrivato alla porta e Lee era accanto a lui.

“Buonanotte, Rock Lee. Per qualsiasi evenienza, non esitare a contattarmi”

“Grazie, Gaara. Buonanotte”

Il Kazekage stava per uscire dalla stanza, quando si sentì tirare per un braccio. Dovette compiere una piroetta per non cadere, e alla fine di quella strana giravolta, si ritrovò le labbra premute contro quelle di Lee, che si agitava in preda ad istinti giovanili. Gaara si accorse con un certo stupore che anche lui desiderava quel bacio, dannazione, lo desiderava ardentemente! Si gettò a sua volta sulla bocca dell'amante, e si baciarono con foga per diversi minuti. Sentendo un forte calore accumularsi in zone dove in quel momento non era gradito, Lee si scostò da Gaara a malincuore, borbottando:

“Se non ci stacchiamo adesso, nemmeno la potenza devastatrice della giovinezza riuscirà a fermarmi”

Gaara non capiva di cosa stesse parlando Lee, però si sentiva intorpidito ed accaldato, e queste sensazioni non gli piacevano troppo perché non sapeva gestirle. Si salutarono con Lee che gli diede un molto cavalleresco bacio sulla mano e con un “buonanotte” appena sussurrato.

*

 

Il giorno dopo, Gaara si alzò presto dal letto e andò a farsi una doccia veloce, stando bene attento a non sprecare acqua. Quando fu pronto, prese con sé la giara e si recò nel suo ufficio, dove si rinchiuse senza pause fino all'ora di pranzo; d'altronde aveva del lavoro arretrato dato che il giorno precedente l'aveva trascurato per stare con Rock Lee. Chissà cosa stava facendo Lee in quel momento? Magari dormiva ancora.. O magari era già sulla strada per il ritorno. Quando finalmente Gaara si fu messo in pari col lavoro, andò nell'ufficio adiacente per ricevere nuovi documenti da esaminare, ma vi trovò solo impiegati indaffarati e servili al limite dello stucchevole.

“Signor Kazekage, ci dispiace, ma non ci sono documenti per lei. Li ha presi tutti suo fratello Kankuro.. comunque le ha lasciato questo biglietto.”

Gaara lo aprì e lo lesse sbigottito:

Fratellino, tua sorella ed io siamo stanchi di vedere che ti ammazzi di lavoro. Prenditi la giornata libera; inoltre c'è in giro quello scalmanato di Rock Lee, magari puoi divertirti con lui. Al lavoro pensiamo noi,

K & T”

Immaginandosi il tono con cui suo fratello avrebbe pronunciato “divertiti con lui”, si sentì ardere le gote. Fortunatamente lui non arrossiva, mai, neanche se sottoposto all'imbarazzo più atroce. Consapevole di avere un'altra giornata libera, tornò nel suo ufficio a prendere la giara, pronto ad andare alla ricerca di Lee. Gli rimaneva solo un compito: avvisare i suoi sottoposti che per quel giorno avrebbero dovuto parlare e chiedere informazioni ai suoi fratelli e non a lui; però, l'idea di tornare in quella stanza piena di ipocriti lo nauseava: tre quarti di quelle persone l'avevano trattato come un mostro fino a poco tempo prima, ed era certo che al minimo segnale da parte di una forza politica a lui opposta, gli avrebbero voltato le spalle. Si sentì invadere dalla rabbia e da una profonda, incolmabile tristezza. Alla fine, Kazekage o no, lui rimaneva un mostro. Decise di lasciare loro un messaggio, così scrisse rapidamente due righe su un foglio e lo lasciò sulla scrivania, prima di creare una nuvola di sabbia che gli permettesse di raggiungere il suolo passando per la finestra. Una volta arrivato a terra si sentì un po' stupido: non sapeva dove cercare Lee. Iniziò a camminare per la via con aria assorta, finché non gli venne un'idea: conoscendolo, il posto più ovvio dove cercarlo erano i campi d'allenamento. Gaara ricreò la nuvola e si fece portare fino ai campi, dove trovò Lee che si allenava come un matto attirando l'attenzione della gente di Suna. Non che fosse un mistero che la gente di Konoha era più espansiva e giocosa, ma Lee era un caso a parte. Si dimenava, urlava, faceva espressioni da invasato, invocava il maestro Gai e la forza della giovinezza.. tutte cose che a Suna non passavano inosservate. Nei volti dei suoi sudditi, Gaara rivedeva il suo stesso stupore e scetticismo alla vista di quello strano tipo. Quasi sorrise al pensiero. Arrivato al bordo del campo, si avvicinò cautamente a Lee, mentre i cittadini lo salutavano in modo educato.

“Rock Lee” lo chiamò compostamente. Non gli piaceva parlare o relazionarsi quando c'era tutto un pubblico pronto ad origliare e commentare. Fortunatamente, i cittadini di Suna rifuggivano il pettegolezzo e la vita mondana, così, appena visto che quel tipo era un conoscente del capo villaggio, si erano allontanati lasciando loro la dovuta privacy. Dopo un calcio particolarmente potente, Lee si voltò per salutare chiunque l'avesse chiamato.

“Oh, ciao Gaara!” Notando che Lee sembrava contento di vederlo, il Kazekage sentì nuovamente un forte calore nel petto.

“Ti alleni sempre?”

“Naturalmente! Devo preservare la giovinezza che alberga sempre nel mio corpo! Ti va di allenarti con me?”

“Sì, grazie.” Il corpo di Gaara scalpitava dalla gioia di potersi allenare nuovamente. Sentire la fatica, il sudore che cola lungo le tempie, avere il fiato corto, sentirsi vivo. A Gaara era mancata la sensazione di selvaggia euforia che pervade il corpo dopo un buon allenamento. Si mise in posizione d'attacco, e iniziò a combattere con tutte le sue forze, notando con piacere che Lee era migliorato tantissimo. Si allenarono per ore senza sentire né fame, né stanchezza. L'unica cosa strana che aveva provato Gaara, era stata una fitta sospetta al basso ventre quando si era trovato davanti un Lee sudato e accaldato; il Kazekage però aveva liquidato quella sensazione per concentrarsi sull'attacco del suo avversario. Alla fine dell'allenamento si complimentarono l'uno con l'altro e si diressero ad una piccola porzione di erba giallina che giaceva come abbandonata al bordo del campo.

“Uff, ci credo che voi di Suna vi muovete a velocità mostruose.. Vi allenate nella sabbia!”

“Abbiamo dovuto fare di necessità virtù: non possiamo sprecare acqua per avere campi rigogliosi come i vostri, rischieremmo di arrivare impreparati alle siccità”

“Mi piace Suna” disse Lee d'un tratto, stendendosi sull'erba per guardare il cielo. “E' particolare, schiva e difficile da comprendere. Ma una volta che le dai fiducia, sono certo che sa aprirsi e donare perle preziosissime”

“Ti sbagli,” mormorò grave Gaara sedendosi al suo fianco,”Suna è inospitale. Si protegge dietro barriere di sabbia, ma lo fa per abitudine. Se scavi sotto la superficie non c'è nulla da proteggere, solo vuoto e desolazione.” Gaara amava il suo paese perché era come lui: senza speranza e arido. Però sapeva che una persona estranea alla vita che facevano lì, se avesse provato a stabilire un contatto, sarebbe morta o avrebbe sofferto. E lui non voleva che Lee soffrisse, voleva tenerlo lontano dall'orrore che si nascondeva dietro kilometri e kilometri di sabbia.

“E tu? Anche tu ti senti vuoto dentro, Gaara?”

Improvvisamente la bocca di Rock Lee era sulla sua e le loro lingue si stavano rincorrendo. Era un bacio lenitivo, che voleva cancellare il dolore di Gaara e colmare quel vuoto che si portava dentro da troppo. Così come era iniziato, il baciò finì.

“Tu non sei arido, Gaara. Sei un po' contorto, questo sì, d'altronde per crescere in mezzo alla sabbia, un germoglio deve per forza fare percorsi strani. Ma sei unico, un fiore sbocciato dal deserto. Un fiore bello e dannato, abituato alla solitudine perché al mondo non ce nessuno come lui. Hai le spine, come è giusto che sia. Ma hai anche foglie grandi, che attendono speranzose l'arrivo dell'acqua perché porti loro sollievo. Concedimi di essere la tua acqua, almeno per un po'”

Quello di Rock Lee era un discorso strano, ma Gaara non poteva evitare di sentire ancora quello strano calore. Non sapendo cosa rispondere, lo guardò intensamente e poi si avvicinò per strofinare il naso contro quello di Lee. Rimasero a guardarsi da quella distanza per qualche tempo, poi Lee si alzò di colpo vaneggiando di docce e odore di giovinezza. Camminarono in silenzio fino al palazzo del Kazekage, dove Gaara aveva fatto preparare una camera per l'ospite. Visto che ormai era pomeriggio inoltrato, si diedero appuntamento per cenare insieme negli appartamenti privati di Gaara. Finalmente nella sua stanza, Lee si spogliò e si gettò sotto la doccia, restandoci meno tempo possibile: il discorso sulla siccità ricorrente di Suna l'aveva impressionato e voleva fare il possibile se non per aiutare, almeno per non arrecare danno. Finita la doccia si coricò a letto e iniziò a pensare alla situazione in cui si trovava: di lì a poco si sarebbe trovato solo con Gaara. Dopo averlo visto concentrato, talmente coinvolto nell'allenamento da sembrare assorto, con l'affanno e le gote arrossate, non riusciva a pensare ad altro che non fosse il riuscire ad ottenere nuovamente quelle reazioni. Sapeva come fare e, ad essere onesto con sé stesso, non vedeva l'ora di farlo, ma non sapeva se Gaara avrebbe accettato o l'avrebbe respinto. Dannazione, non sapeva nemmeno se Gaara era omosessuale! Certo, si erano baciati; ma un paio di strofinamenti di labbra non erano abbastanza per decretare l'orientamento sessuale di una persona. Sentendo la testa che minacciava di iniziare a dolere, Lee si alzò dal letto, si vestì e decise di passeggiare fino all'ora di cena.

Quando arrivò da Gaara, era in leggero ritardo e non era nemmeno riuscito a decidere qualcosa di definitivo riguardo alla sua situazione. Bussò alla porta ed entrò solo quando gli fu risposto di entrare. Una volta chiusa la porta alle spalle, si trovò ad osservare una stanza circolare con al centro un tavolo già apparecchiato. Oltre a quella d'ingresso, c'erano tre porte, che Lee suppose fossero del bagno, della camera di Gaara e della cucina. Sentendo dei rumori provenire dalla porta di destra, vi si diresse a passo spedito. Una volta aperta la porta, si aspettava di dover salutare una miriade di cuochi e invece si trovò di fronte solo Gaara.

“Non c'è nessuno in cucina? Sono così in ritardo?” chiese preoccupato Lee.

“No, non ci sono i cuochi e no, non sei in ritardo.” se Lee avesse conosciuto bene le espressioni di Gaara, l'avrebbe visto vagamente divertito. Tuttavia era troppo confuso per notare questa stranezza nel compagno.

“E quindi non ceniamo?”

“Certo che ceniamo; ho cucinato io”

Sentire Gaara pronunciare una frase tanto strana, gli tolse la parola. Gaara? Sabaku No Gaara cucinava? Lee era incredulo. Vedendo la confusione e lo shock sul volto del suo ospite, Gaara spiegò meglio la situazione:

“Normalmente sono i cuochi a cucinare, visto che io sono chiuso in ufficio. Tuttavia ci sono rare occasioni dove posso usare i fornelli, per esempio con cene con la famiglia o quando non ho tanto lavoro e posso tornare prima.. questa cena è un modo per dirti che sono felice che tu sia qui” concluso in discorso, Gaara arrossì vistosamente. Lee non seppe dire se il rossore era davvero così evidente o se la sua capacità di capire quel ragazzo stava migliorando, però riuscì a notare quella sfumatura inconsueta e si sentì compiaciuto e riconoscente.

“Grazie, Gaara” disse con sentimento, prima di baciarlo. Se non fosse stato per la morsa della fame che li stava tormentando, entrambi avrebbero volentieri speso la serata baciandosi. Nessuno dei due l'aveva mai detto all'altro, ma amavano i baci che si scambiavano. Erano al contempo da amico, amante, fratello. Erano passionali, dolci, eccitanti. Servivano per curare le ferite dell'anima, ed entrambi ne avevano una grande collezione. Se Gaara era sempre stato isolato per quello che aveva dentro, Lee lo era stato per quello che aveva fuori. L'infanzia e l'adolescenza le aveva passate in mezzo a persone che lo prendevano in giro brutalmente per il suo aspetto fisico. Quando lui aveva trovato la forza di reagire e urlare al mondo i suoi ideali, ecco che il mondo lo aveva denigrato anche per quelli. Se non fosse stato per il Maestro Gai, Tenten e a modo suo anche per Neji, nemmeno Rock Lee riusciva ad immaginare il baratro di dolore e autodistruzione in cui sarebbe caduto. Mentre il bacio diventava sempre più profondo, Rock Lee sentiva di essere sul punto di perdere il controllo. Se avesse oltrepassato la linea, non sarebbe riuscito a fermarsi e non voleva spaventare Gaara, perciò si staccò bruscamente. Quando riuscì a regolarizzare il respiro e a guardare il suo compagno, scoprì che questi lo guardava con la consueta maschera impenetrabile.

“Perché ti sei allontanato all'improvviso?” gli chiese brusco.

“Perché non riesco a resisterti, Gaara” mormorò spostandogli una ciocca dal tatuaggio che aveva sopra l'occhio sinistro, “se non mi fermo quando sono lucido, poi so che non riuscirei a farlo”

“Fermarti dal fare cosa?”

“L'amore con te”

Per la seconda volta quella sera, Gaara arrossì. Diamine, stava diventando una pessima abitudine!

Mentre Gaara rifletteva, Rock Lee iniziò a baciargli con dolcezza il tatuaggio, cercando di trasmettere tutto il desiderio che provava nei suoi confronti. Per rendere Gaara completamente consapevole della situazione, avvicinò il bacino al suo per fargli sentire la reazione che aveva avuto il suo corpo. Quando gli inguini si toccarono, entrambi i ragazzi sentirono una scossa attraversare loro le membra. L'erezione di Lee si era scontrata con quella di Gaara, e questo aveva incrementato il loro desiderio. Lee stava per dire qualcosa, quando la sua pancia parlò per lui: un brontolio particolarmente rumoroso si diffuse per la stanza.

“Mangiamo” propose Gaara, che era d'accordo con la pancia di Lee: era dal mattino che non toccava cibo e la fame era veramente fastidiosa. Mangiarono in silenzio, ognuno concentrato sul dopocena: mentre Gaara era curioso di scoprire com'era fare l'amore con Lee, questi era in ansia: non voleva forzare Gaara, ma sentiva il bisogno di unirsi a lui. Mangiò senza assaporare il cibo, finché lo sguardo incuriosito di Gaara non lo obbligò a tornare con la mente al presente. Mentre masticava si rese conto che il cibo che stava mangiando era veramente buono.

“Gaara, sei bravissimo in cucina” gli disse con un tono palesemente sorpreso.

“Come mai questo tono incredulo?” gli chiese quasi offeso Gaara.

“E' che.. Insomma, non ti ci vedo in cucina. E invece sei bravissimo!”

“E come mai non mi ci vedi?”

Lee sapeva che la conversazione stava degenerando. Lui non voleva offendere Gaara, però non poteva negare che il fatto che fosse bravo a cucinare fosse come minimo sconvolgente.

“Quando penso a te, t'immagino seduto su una collina, intento a guardare l'orizzonte mentre la sabbia ti vortica attorno. Oppure ti vedo mentre arrossisci, o quando combatti. Fino ad ora non avevo mai pensato a te con addosso un grembiule da cucina, ma se indossi solo quello, sono sicuro di poter fare un'eccezione!” concluse ridacchiando. In cuor suo sperava che la battuta sciogliesse la tensione, e per sua fortuna fu proprio così. Gaara si rilassò, mentre un'espressione divertita si dipingeva sul suo volto. Chiacchierarono del più e del meno fino alla fine della cena; l'argomento principale fu Naruto, ma parlarono anche dei fratelli di Gaara e del maestro Gai. Quando doveva parlare con qualcuno di famiglia o fratelli, Lee s'intristiva sempre. Lui non aveva qualcuno di cui parlare, a parte il suo maestro. Non era orfano come Naruto, solo che coi suoi genitori c'era un rapporto vuoto, inconsistente. Da quando avevano scoperto che Lee non era capace di utilizzare le arti magiche e quelle illusorie, si erano allontanati da lui, lasciandolo solo contro le offese dei coetanei e lo scherno degli altri genitori. Siccome non voleva rovinarsi la serata, si costrinse a pensare ad altro. Una volta concluso il discorso, si alzarono e sparecchiarono in silenzio, studiandosi senza mai toccarsi. Quando anche l'ultima posata fu riposta nel lavello, si guardarono intensamente. Ognuno voleva toccare l'altro, ma il timore di fare qualcosa di sbagliato era soverchiante. Alla fine, sorprendentemente, a rompere il ghiaccio fu proprio Gaara. Si avvicinò a Lee con passi lenti e calcolati e, una volta arrivatogli davanti, gli appoggiò la testa sul petto cingendogli la vita con le braccia. Rimasero abbracciati per alcuni secondi, prima che Lee premesse con due dita sotto il mento di Gaara per sollevargli la testa e poterlo baciare. Fu un bacio lungo e affamato, uno di quelli che si scambiavano i suoi coetanei. Normalmente l'intimità con Gaara non era così; però, in quel momento sentì il peso del desiderio schiacciarlo contro quel ragazzo dallo sguardo di ghiaccio. Continuando a baciarsi con foga, camminarono alla cieca fino alla camera di Gaara. Una volta arrivati nella stanza, si chiusero la porta alle spalle e si amarono come sapevano fare solo loro due, con timidezza e allo stesso tempo desiderio di scoprirsi.

 

*

 

Lee si girò nel letto, inquieto. Si sentiva osservato, e questo lo metteva a disagio. Di colpo aprì gli occhi, solo per specchiarsi in quelli verde acqua del suo compagno.

"Gaara, non dormi?" gli chiese con voce impastata dal sonno.

"Non riesco" rispose sbrigativo lui.

"Credevo che avendoti tolto il demone, ora tu riuscissi a dormire.."

"Infatti"

"Non capisco"

Vedendo l'incertezza sul volto del compagno, Gaara provò a spiegarsi meglio.

"Se dormo, non ho difese"

"Sì, ma qui sei al sicuro! L'Akatsuki ormai ha quello che voleva, e non c'è ragione di venire ad ucciderti. Senza contare che sei in un villaggio di ninja! Nel tuo villaggio! Cosa potrebbe succederti?"

Gaara sapeva che quelle di Lee erano buone ragioni per cedere al sonno, ma nonostante ciò, la paura era comunque troppa. Quando Lee vide l'espressione sul volto di Gaara, prese la sua decisione. Corse in cucina e trafficò con moka e fornelli finché non riuscì a produrre un paio di litri di caffè. Tutto raggiante tornò in camera con una brocca piena di liquido scuro avente un alto tasso di caffeina e un bicchiere.

Appoggiò brocca e bicchiere sul comodino accanto al letto, sorrise a Gaara e gli disse, con tono solenne:

"Adesso puoi dormire, la bestia verde di Konoha veglierà su di te!"

"Si vede che sei stanco. Non disturbarti"

"Stanco, io? Caro mio, tu sottovaluti l'implacabile forza della giovinezza!" concluso il suo discorso, si esibì in una raccapricciante nice-guy pose. Quando era vestito, era abbastanza imbarazzante, ma in mutande era veramente inguardabile. Per tutti, tranne che per Gaara, che sentiva nel petto salirgli uno strano calore vedendo il suo ragazzo così premuroso nei suoi confronti. Mentre lo guardava bere un bicchiere di caffè e storcere il naso - a Lee il caffè faceva schifo - non riuscì a resistere e gli fece cenno di avvicinarsi. Quando fu a portata di mano, Gaara lo tirò facendoselo cadere addosso e lo baciò. Fu un bacio lungo che sapeva di ringraziamenti e caffeina. Quando si staccarono, Lee si sistemò meglio sul letto, abbracciò Gaara e gli fece mettere la testa sul suo petto.

"Dormi adesso, Kazekage"

Ora che Lee non poteva vederlo, Gaara sorrise.

Dopo una decina di minuti, il respiro di Gaara si regolarizzò. Finalmente era riuscito a dormire.

Quella notte Lee non gli aveva semplicemente dato il sonno: gli aveva dato la pace.  











  
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