Storie originali > Soprannaturale
Segui la storia  |       
Autore: Querthe    02/10/2006    1 recensioni
Esseri che non dovrebbero esistere se non negli incubi, misteri e un po' di sano spargimento di sangue durante una caccia in cui i ruoli non sono mai definiti e di cui non sembra essere visibile una fine... Una quest per la salvezza di due razze, dell'umanità ignara e di un'anima marchiata da un'eredità non richiesta.
Ringrazio Alyssa85 per avermi prestato alcuni tratti del suo personaggio (Alyssa Morville) che usa in un gioco di ruolo e mi scuso per averne stravolto la psicologia, il passato e il futuro.
Alcuni riferimenti ai clan dei vampiri sono prese dalla mia poca esperienza con il gioco di ruolo "Vampiri the masquarade".
Il mondo in cui è ambientata la storia è praticamente il nostro, se non per pochi particolari che mi servivano per la trama o per l'ambientazione.
Genere: Azione, Dark, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: AU | Avvertimenti: Contenuti forti
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Alyssa'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Alyssa tornò al suo rifugio quando quasi albeggiava, sottili strisce rosse e violacee avevano già iniziato a spezzare il nero della notte ad oriente, tingendolo di tutte le possibili sfumature dal nero al blu cupo prima di diventare viola e rosso sulle nubi. Alla vampira ricordarono per un attimo macchie di sangue su un vestito da sera.
- Ho ancora sete. Stasera ho usato... o meglio, abusato dei miei poteri speciali. Fortunatamente ho una buona scorta di sangue in cucina, o rose la vedrei come un pollo arrosto succulento, se fossi umana... - si permise un sorriso a labbra chiuse, girando la maniglia della porta.
Era un piccolo appartamento posto al secondo piano di un edificio non vecchio, ma che già presentava il segno degli anni. Sotto di lei si trovava un negozio di articoli per maggiorenni e per amanti del gothic, gente che credeva che vestirsi di nero e fare lo sguardo da cattivo bastasse a renderli dei dannati, o come li sentiva dire, dei Dannati. La luce era accesa nel soggiorno, e intravide la testa di Markus e di Rose sul divano. Le stavano dando le spalle, mentre la sorella del licantropo era addormentata placidamente sulla poltrona di fronte a loro.
- Fai piano... - bisbigliò Markus, spostando delicatamente la ladra e facendole poggiare la testa sulla superficie di cuoio color avorio del divano. - Si sono addormentate un'ora fa. Erano entrambe distrutte. - disse alzandosi e avvicinandosi a lei.
- Immaginavo. Rose si è sforzata moltissimo stasera, e Misha non era certo in ottime condizioni, dopo quello che aveva passato nei giorni scorsi.
Lui annuì e la seguì mentre si dirigeva in cucina, un piccolo stanzino che solo negli ultimi mesi aveva deciso di dotare di un forno a microonde e di un tavolino. Aprì il frigorifero ed estrasse una sacca piena di un liquido rosso.
- Vuoi qualcosa da bere?
- Grazie, mi sono già servito prima. Non sapevo che bevessero birra i vampiri.
- Infatti. - mormorò lei, tagliando con una forbice la plastica e versando il sangue in un grosso bicchiere cilindrico. - Ogni tanto non lo uso solo io, e mica posso far bere sangue agli umani.
- Ad una in particolare, poi, direi di no... - sorrise l'uomo, sedendosi al tavolo con lei. - Hai scoperto qualcosa di interessante?
La giovane inghiottì due o tre sorsate prima di rispondere, appoggiando il bicchiere in quel momento mezzo vuoto davanti a lei.
-Ora va meglio. Non ho trovato molto, ma ho almeno un nome e un indirizzo.
L'uomo sollevò le sopracciglia per indicare la sua curiosità.
- Il tatuaggio che abbiamo visto appartiene a una banda di teppisti ormai quasi sciolta. Si fanno chiamare "le vipere del demonio"...
- Sto già tremando...
Alyssa sorrise mentre beveva un altro sorso, gustandosi il sapore metallico del sangue.
- E' più o meno quello che ho pensato io. Comunque, questo gruppo di teppistelli ha nelle sue fila vari personaggi che per un motivo o per un altro nessuno vuole, vista la loro aggressività e la loro più o meno latente pazzia. Eppure negli ultimi tempi ci sono forti sospetti da parte delle forze dell'ordine che abbiano avuto a che fare con parecchi crimini, dai semplici scippi alle rapine con omicidio annesso...
- Questo spiega perché non si sono spaventati vedendoci... O pazzi o molto sicuri di sé. - mormorò.
- Hanno una sorta di sede, un locale nella zona nord di Milano, quasi zona industriale se vogliamo, dove spesso si ritrovano ad ubriacarsi e a spaccare tutto quello che capita loro a tiro.
- Il club ha anche una sede ufficiale? Scommetto che cantano anche un loro inno.
- No. È un bar, una osteria di quart'ordine, a dire la verità. La classica bettola della malavita, se capisci cosa intendo.
- Perfettamente. Ne ho frequentate parecchie nei secoli scorsi. Cosa hai intenzione di fare?
- Per adesso solo fare una bella dormita per ristorarmi, e consiglierei anche a te di prendere esempio da tua sorella e da Rose. Sarai anche un duro, non discuto, ma sei pur sempre un essere vivente. Devi riposare, anche per far guarire meglio la ferita.
- Quale ferita?
- Non fare lo sciocco con me. Sento l'odore del sangue a vari metri quando è nelle vene, il tuo che tenti di non far uscire dal fianco è come una sirena ululante. Considerando poi che sei un Pulcioso, qualunque vampiro capirebbe che sei ferito.
Markus la guardò per un secondo e annuì silenziosamente.
- Non hai paura che mentre tu dormi noi potremmo...
- No. - gli rispose lei, alzandosi e dirigendosi al divano. Quasi con un leggero sorriso sulle labbra scostò una ciocca di capelli che Rose aveva sul viso, bevendo con gli occhi il volto sereno e l'espressione tranquilla della giovane. - Siamo alleati, come abbiamo già detto. Se vorremo ucciderci, lo faremo in altri modi e altri tempi.
- Mi ricordi qualcuno che conobbi molto tempo fa.
- Un altro vampiro?
- Non credo. Io ero un giovanotto in vena di divertimenti, lui uno strano personaggio che diceva di cercare la verità. Rimasi con lui alcuni giorni, per proteggerlo dal mostro che si aggirava nella foresta della zona.
- Immagino che non si sia fatto vedere. - sorrise lei.
- No. Sono stato un'ottima guardia del corpo.
- Ne ero certa. - Accarezzò nuovamente il volto di Rose. - Te la affido durante il giorno. A questa sera al tramonto.
- A stasera. - ripeté lui, sedendosi accanto all'umana e sistemandosi comodamente per prendere sonno e lasciare che la sua peculiare natura gli permettesse di rigenerare la carne e la pelle colpite dalla pallottola in argento. Chiuse gli occhi un secondo, sospirando e ringraziando di essere un Puro, un Figlio di Selene fin dalla nascita, non un Bastardo come molti, un umano morso da un licantropo e trasformatosi. - Non sarei in grado di guarire. Per me l'argento è un problema, per loro è la morte. - Pensò riaprendo gli occhi.
Alyssa era sparita.
Fu solo nel tardo pomeriggio che Markus fu svegliato da un leggero movimento alla sua destra. Socchiuse gli occhi, inquadrando Rose alzarsi mentre si strofinava gli occhi e sbadigliava. Misha stava ancora dormendo, ma doveva essere caduta dalla poltrona durante la mattina, in quanto era sdraiata sul fianco in posizione fetale, sul morbido tappeto che copriva quella zona del pavimento. Inconsciamente si era trasformata nella sua forma ibrida, la coda a frustare dolcemente la gamba della poltrona. La donna sparì in una porta, chiudendola delicatamente.
- Probabilmente il bagno... - pensò spostando gli occhi nuovamente sulla sorella. - Certe volte mi dimentico che hai trecento anni, cucciola, ma per me rimarrai sempre una bambina. Eppure me lo diceva la mamma, che ormai puoi camminare con le tue zampe. - Si stiracchiò, allargando le braccia, le mani chiuse a pugno, sbadigliò vistosamente e si alzò, cercando un orologio. Misha fece scattare un paio di volte la gamba, mentre sognava tranquilla. Il fratello scosse la testa e la agguantò per la collottola, sollevandola con un braccio solo come se pesasse non più di tre o quattro chili, e la depose sul divano, ridacchiando di gola sentendola fare le fusa. Dalla porta chiusa di fronte a lui iniziò a sentirsi lo scroscio di una doccia. Markus non ci fece quasi caso e si diresse alla cucina, dove l'orologio da parete mosse le lancette sulle cinque e un quarto. - Ecco perché ho fame. Sono quasi due giorni che on mangio seriamente. Vediamo se riesco a trovare qualcosa che sia commestibile anche per Alexandra, o inizierà a pensare a me come a un pollo arrosto con patate quando mi vedrà. - borbottò aprendo il frigorifero, senza però trovarci molto. - Qualche frutto, uno yogurt magro e delle bibite, oltre a qualche birra e le sacche di sangue nella cella sovrarefrigerata. Un vero banchetto, non c'è che dire...
Aprì le altre ante presenti nella cucina, recuperando una scatola di latta danese con dei frollini al cacao con granella di zucchero e un cartone di latte scremato a lunga conservazione. Sospirò.
- Non avrai molta fortuna anche se guardi nei cassetti. - lo derise Rose comparendo sulla porta.
- Vorrà dire che passerò alla tipica alimentazione mannara...
- Sarebbe? - chiese inarcando un sopracciglio, rimanendo appoggiata allo stipite della porta, coperta solo da un accappatoio di spugna color avorio, i piedi in infantili pantofole a forma di coniglio.
- Giovani donne fresche di doccia con buffe pantofole. - grugnì lui tentando di sembrare minaccioso.
- Tremo di paura. - rispose lei. - Però effettivamente ho fame anche io.
- Giorno... - mormorò ancora mezza addormentata la gatta mannara, infilandosi tra la donna e la porta e crollando su una delle sedie mentre tornava normale.
- Buongiorno, o meglio buonasera, visto l'orario.
- Avevamo tutti bisogno di una bel riposo, e direi che voi due avete anche bisogno di una bella doccia.
- Stai scherzando vero? - la guardò sorpresa la bionda, sbarrando gli occhi.
- Assolutamente no. Io vedo di recuperare del cibo vero mentre vi lavate. - sorrise Rose muovendosi verso la stanza da letto. - E vestiti puliti. I vostri sanno di sangue...
- Stava scherzando vero? - ripeté la ragazza al fratello.
- Io dico di no. E francamente credo abbia anche ragione.
- Io il bagno non lo faccio! - sbuffò incrociando le braccia. - Lo sai benissimo che la mia razza con l'acqua non ci va troppo d'accordo. Mi leccherò un po' e tutto sarà a posto.
- Come vuoi. - disse lui alzandosi ed afferrandola per la vita, caricandosela in spalla.
- Ti ho detto che mi lecco!
- Liberissima di farlo, ma lo farai sotto la doccia. Te la faccio io, come quando eri piccola.
- Markus! Non oserai?
Le grida di rabbia della mannara furono attutite dalla porta chiusa quando Rose uscì dall'appartamento ridacchiando e incamminandosi lungo le scale che portavano all'entrata, posta su una traversa di Corso Buenos Aires. Al primo piano si fermò di fronte a una porta murata, di cui rimaneva solo l'intelaiatura. Cercò un particolare punto lungo il profilo di legno e lo schiacciò, facendo rientrare l'intera sezione e mostrandole una piccola nicchia in cui si infilò richiudendo la parete. Controllò dal piccolo spioncino che nessuno fosse presente sull'altro lato della stanza e aprì la porta segreta che formava il fondo di uno stand per impermeabili, trench e giubbotti di morbida pelle.
- Non diminuiscono, sfortunatamente. Fortuna che Martina non ha solo questo come lavoro. - pensò incamminandosi verso la scala che l'avrebbe portata dal primo piano a quello terreno del negozio di articoli gothic e fetish dell'amica e ricettatrice.
Dall'alto controllò che fosse sola, e come spesso accadeva, lo era. Scese la scala a chiocciola in metallo nero provocando deliberatamente rumore per farsi individuare.
- Che? - sospirò quasi spaventata la donna, quindi il suo giovane viso si distese in un ampio sorriso. - Ah Rose, sei tu. Ciao. Non ti ho sentito arrivare. Hai preferito passare dall'uscita di sicurezza, eh? - la salutò la proprietaria alzando gli occhi dalla rivista patinata appoggiata al bancone di vetro che metteva in mostra manette, collari borchiati e altri oggetti dal dubbio utilizzo. - Ti trovo bene, anche se un po' sciupata. Sembri dimagrita. Beata te... Quei jeans ti stanno d'incanto. Dove li hai presi?
- Rubati ad un'amica. - sorrise lei, sapendo che poteva usare i vestiti di Alyssa solo perché lei stava dormendo. Amava quei pantaloni aderenti, così come la T-shirt che mostrava l'ombelico e ornata di lustrini e altri particolari luccicanti che spezzavano la superficie nera. Aveva indossato delle scarpe da ginnastica abbinate, raccogliendo i capelli in una coda di cavallo fissata con un lungo nastro viola. - Comunque anche tu sei una favola. Sai sempre come farti notare.
La bruna, sui ventisette, trent'anni sorrise compiaciuta e fece una piroetta per mostrare la meglio la sua lunga gonna a pieghe in velluto porpora scuro e il corsetto in lattice viola metallizzato che le copriva a malapena i seni, evidenziandoglieli grazie alla drastica riduzione di taglie della vita. Una piccola cravatta completa di colletto bianco da impiegato, realizzata nello stesso materiale del corpetto, completava quanto indossava
- Sei una pigrona, Rose. Di solito a mezzogiorno sei in pista. - la schernì la ragazza, passandosi una mano nei lunghi capelli lisci, spostando una ciocca ribelle che le era finita sul volto. - Cosa ti è successo? Guai con la tua amica? Alyssa, se non mi ricordo male.
- No, no. Casini vari. Niente di grave, comunque.
- Se hai bisogno di aiuto...
- Grazie, sei un'amica. Effettivamente ho bisogno di un paio di favori.
- Spara.
- Ti devo fregare dei vestiti e ti devo chiedere se puoi prendermi del cibo. Ho degli... ospiti, diciamo.
- Serviti pure. Scalo dalla quota di bottino che ancora ti devo. - sorrise la ragazza, facendo il giro del banco, mostrando gli alti tacchi degli stivali. - Ci metterò dieci minuti. Pane, affettati e del formaggio?
Rose annuì.
- E un paio di bistecche e del latte fresco.
- Affamati come lupi, gli ospiti... - ridacchiò uscendo e chiudendo dentro l'amica.
- Non sai quanto hai ragione.
Un uomo, seduto dentro una macchina appostata all'angolo della via, poco lontano da un grosso negozio di fumetti, sorrise finendo una telefonata e chiudendo il telefonino.
- Le pedine si sono mosse, e altre sono posizionate. Tutto è pronto per il grande spettacolo della morte. - mormorò cattivo Igor, mettendo via il telefonino e abbandonandosi nella poltrona in pelle antica del salotto posto a vari metri sotto il livello del suolo.
- Responsabile, ciò che mi hai riferito è grave, gravissimo. - esclamò in tono duro una figura alle sue spalle, le mani incrociate dietro la schiena, una tunica in velluto porpora ornata in oro a coprire un corpo vecchio che aveva visto le civiltà nascere e morire nei loro stessi escrementi. - Come Maestro, non posso tollerare che la reputazione degli Scrivani sia infangata, da te o da lei. Uno de due dovrà morire definitivamente.
- Sapevo che una Sanguemarcio come lei non...
- Ciò che credi non mi interessa. Solo i fatti sono importanti. E il mosaico ha ancora troppi punti bui, e le tessere sono confuse. - lo zittì in tono autoritario il vampiro, concentrandosi sulle cesellature della cornice di un dipinto.
   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Soprannaturale / Vai alla pagina dell'autore: Querthe