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Autore: unbound    28/02/2012    2 recensioni
Seconda parte della storia di Kay York, alunna della Vengeance University, e delle sue amiche, Giuls, Alisee, Beatrix e Lisa.
(siete pregati di leggere la prima parte, se no non ci capite una mazza)
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tutto era andato per il meglio; tutti erano rimasti contenti di quella bellissima mini-vacanza, e questo mi faceva sentire la guastafeste di sempre.
Sorridenti, spensierati, tutti, a parte me.
La mia mente viaggiava oltre la tranquillità momentanea che mi aveva regalato lo stare insieme a ragazzi che adoravo, continuavo a non riuscire a trovar pace al sol pensiero che, al mio ritorno, avrei sicuramente trovato una brutta sorpresa. 
Cercavo il modo di far notare il meno possibile il mio nervosismo agli altri e mi sembrava anche di esserci riuscita. Ma poi pensavo “a chi voglio prendere in giro? Posso fingere, ma c'e' chi non farà altro che capire tutto attraverso il semplice sguardo e tacere, per non peggiorare la situazione”. E, ovviamente, era così. Quella chiamata mi aveva davvero sconvolta, ma non ne avevo parlato con nessuno.
Brian, per esempio, taceva, nel bel mezzo di una festa, era forse l'unica persona intorno a me a non ballare o cantare come se niente fosse. Taceva e mi fissava, cercando di farmi capire che si impegnava a cogliere qualcos'altro dal mio sguardo, oltre al solito “non è niente”, magari il motivo del mio stato. I suoi occhi scuri erano incollati sui miei, la sua bocca era contratta in una smorfia tipica di chi vuole far qualcosa, ma che non ci riesce; non sapevo incrociare il suo sguardo e perdermici a lungo, cercavo di sfruttare qualche argomento privo di senso per distrarmi e soprattutto distrarlo. Ormai l'anno nuovo era alle porte, stava per passare la fatidica mezzanotte, attesa per 365 giorni, e l'ultima cosa che volevo era farlo star male pure il primo giorno dell'anno.
"Kay."
Con voce solenne, interruppe ogni mio tentativo di aggrapparmi e scalare gli specchi.  Sapevo che non ero capace fingere, una pessima attrice.
"Non fingere con me, non ce la fai."
Rieccolo.
"Non sto fingendo."
Abbassai lo sguardo, abbozzando un sorriso.
Ti prego credimi, non posso spiegarti.
"Cos'hai?"
Come non detto.
Mi zittii, tenendo ancora gli occhi sul pavimento, nonostante sentissi i suoi, al contrario, ancora fissi su di me.  Cosa dire? Cercai negli angoli bui della mia mente qualche scusa inutilizzata, partendo da problemi in famiglia e arrivando a quelli di salute. Dopo di che, sperai di riuscire a formulare una frase che gli sarebbe sembrata abbastanza credibile da eliminare ulteriori dubbi ma, ovviamente, non trovai niente del genere, e mi limitai a tacere.
Rimase in attesa per lunghi ed interminabili minuti, e poi scosse la testa.
"Qualsiasi fottuta cosa sia accaduta.."
Il conto alla rovescia, che, nel frattempo, era protagonista della serata, stava per finire, ma non importava a nessuno dei due.
"O che dovra' accadere, sappi che ti amo ora e ti amero' ad ogni modo. Ci saro' per te, ogni volta che vorrai"
Le sue capacità da playboy da quattro soldi erano arrugginite, ma funzionavano ancora abbastanza bene.
Mi aveva capita e non aveva insistito, e quello mi sembrò una cosa decisamente adorabile.
0. Yea, bel modo di iniziare il nuovo anno.
Tutti, intorno a noi, si stamparono il famoso primo bacio dell’uno Gennaio, mentre io e lui ci sorridemmo, chiudendo il tutto in un dolce abbraccio.
Non poteva esserci qualcosa di meglio in quelpeggio.

 
 
Il viaggio fino a scuola sembrò più lungo del previsto, la tensione si percepiva anche ad occhi chiusi. A proposito di occhi, quella notte non dormii, riuscii soltanto a riflettere e cercai, nonostante tutto, di godermi gli ultimi momenti di tranquillità, anche se ormai si erano sprecati anche quelli.
Ero in groppa alla mia moto ma non stavo guidando io, perché non ero in condizioni consone e non potevo neanche provarci; con la mente affollata che mi ritrovavo, avrei sicuramente fatto qualche brutto incidente e non valeva la pena rischiare.
Sullivan frenò di scatto, il semaforo diventò rosso.
“Tranquilla, non voglio scaraventarti sull’asfalto” sussurrò, notando il mio sussulto. Io gli sorrisi.
Qualcosa non va?”
Ecco, le mie capacità di attrice stavano fallendo anche con lui, lasciando in pratica posto alla mia faccia da libro aperto.
Decisi, però, di aprirmi con lui, perché sicuramente era quello di cui mi fidavo di più in queste situazioni. Non si lamentava quasi mai, stava ad ascoltare e ,anche se avevo più che torto, appoggiava ogni cazzata che dicevo cercando le scuse più razionali per convincermi.
“In realtà sì. Sarah rompe i cazzi.” Mi scostai un ciuffo di capelli dal viso e, contemporaneamente, lo sentii sbuffare.
“Ti ha chiamata?”. Rimise i piedi sulla moto e premette l’acceleratore, riprendendo la strada che ci avrebbe portati a scuola.
“Si, a Natale.”
“Bastarda.. Che ti ha detto?” si fermò un’altra volta, permetto ad un gruppo di ragazzine di attraversare la strada. Le loro facce erano veramente epiche, una di loro aveva una maglia degli avenged sevenfold e fissava Jimmy come se avesse visto Dio sulla terra, in un’apparizione mistica. Lo sentii ridacchiare, ed io feci lo stesso, poggiando gli occhiali da sole sul naso.
“Mi ha detto che m’ha sgamato, perciò appena torneremo farà il casino più totale con Baker”
Ripartì un’altra volta, ed io sbattei il casco sul suo.
“Scusa bro.” Mi colpì la caviglia con un calcio.
“Di niente.”
Okay.
Calò un silenzio imbarazzante, piuttosto raro tra le nostre chiacchierate. Probabilmente stava pensando a cosa dire, ma notando che la sua risposta non arrivò, aggiunsi:
“ A volte mi viene davvero da piangere”
Non mi fece neanche finire la frase, sbuffò per la terza volta con fare impaziente.
I paesaggi scorrevano veloci, sentivo una sensazione bellissima in groppa a quella moto; non riuscii neanche lontanamente ad immaginare come sarebbe stato bello guidarla, non appena qualcuno mi avrebbe insegnato come fare. Interna all’università, c’era una scuola guida e l’insegnante era Shadows, probabilmente avrei seguito quei corsi invece di andare ad iscrivermi ad una vera e propria in città, con la paura di dover perdere delle lezioni a scuola.
Sarebbe stato uno spasso imparare a guidare con Matt.
Il vento mi scombinava i capelli rosso ciliegia, tinta che avevo fatto poco prima di partire insieme a Sullivan per l’attesissimo –si fa per dire- rientro.
Sentivo ancora il profumo della decolorazione, un profumo che avevo sempre malsanamente amato, fin dalla prima volta in cui lo sentii, sulla chioma di mia madre; infatti, lei era sempre stata un’appassionata di tinte, tanto da cambiarne una ogni mese.
Jimmy interruppe i miei pensieri e mi fece capire che eravamo giunti a destinazione con una leggera gomitata sul petto.
Tachicardia, respiro pesante, nodo in gola, farfalle allo stomaco.
Benvenuta a casa, Kay!
 
“Non devi versare neanche una lacrima per quella zoccola.” Mi slacciò il casco e lo mise sotto il braccio, in attesa che io togliessi il suo.
“Baker sarà costretto a cacciare via o me o Haner.” scrollai quel pesantissimo affare dalla sua testa e cercai, in modo invano, di aggiustargli i capelli scombinati.
“Quell’uomo farà qualcosa, tranquilla.” Mi cinse le spalle con un braccio, mentre con l’altro aprì il cancello della scuola.
“La mia vita sarà un inferno.”
“Stai tranquilla. Al massimo la meno.”
“Jimmy.”
“Scherzavo.”
[...]
“Kay, potresti venire qui?”
Non appena misi piede nell’edificio tanto odiato quanto amato, la testa di Baker sbucò dalla porta della sua classe, sorridendomi.
Il suo sorriso non mi augurava niente di positivo.
Zacky, Lisa e tutti gli altri, compreso Haner, erano arrivati prima di me e Sullivan, dato che non eravamo riusciti a svegliarci in tempo per metterci in viaggio insieme a loro, e nessuno aveva avuto il coraggio di farlo, perciò lasciarono che il destino facesse il resto, facendoci prendere uno spavento nel momento in cui ci rendemmo conto che erano andati via. Più di ogni altra cosa, temevo che già fosse successo il peggio, senza che io avessi potuto fare qualcosa per impedirlo.
Jimmy lasciò che mi avvicinassi all’aula, dandomi una pacca incoraggiante sulla spalla e sorridendomi, cercando, in qualche modo, di non farmi pensare all’aspetto negativo di tutta la faccenda.
Aprendo la porta con nervosismo –avevo già iniziato a tremare, sicuramente un comportamento tipico di una stupida senza coraggio-, mi si aprii davanti una scenetta a dir poco riluttante:
Sarah, piazzata sul primo banco a gambe incrociate, era più serena e sorridente che mai, tanto da mostrare tutta la meravigliosa dentiera che portava su, e che le avrei con piacere rotto con un pugno.
Baker occupava la sedia dietro la cattedra, e aveva il viso più cupo che mai.
Mi girai verso l’ultimo banco della classe e notai che c’era qualcun altro presente lì, qualcuno che in quel momento, nonostante amassi, non avrei voluto vedere: Brian, non appena entrai, alzò lo sguardo contraendo la mascella, rabbioso.
“Okay, possiamo parlarne in santa pace adesso.”
Santa pace un corno, la faccio fuori quella lì, Signor Preside.
“Accomodati, Kay!”
Stai zitta puttana.
Mi sedetti al banco dietro di lei, cercando di non respirare la malignità che la rivestiva come una seconda pelle.
“Allora, Sarah, dimmi tutto l’accaduto.”
“Te l’ho già detto, signor preside, per favore non me lo faccia ripetere.”
Zacky alzò gli occhiali dalla punta del naso alla fronte, massaggiandosi confuso le tempie; doveva essere un lavoro duro quello del preside, e soprattutto fastidioso, dato che doveva star attento a ricordare ogni lamentela di ogni fottutissimo alunno. A volte si metteva persino contro i suoi amici più cari, immagino che non doveva starci bene.
Soprattutto quella confusione che si era creata... infondo lo compativo.
Alzò lo sguardo e lo posò su di me, schiarendosi la voce.
“Kay, dov’eri quella sera?”
Non potevo dire la verità, non potevo dire che stavo per i cazzi miei,dovevo salvare Brian o, perlomeno, fare in modo di proteggerlo in qualche fottutissimo modo.
“Con Brian.”
Silenzio.
Sentii Syn sbattere le mani sul banco, rabbioso, e Sarah ridere soddisfatta.
Cosa? Ok, sono confusa adesso.
“Ah” sussurrò Vengeance, come se fosse spiazzato. “allora ha ragione Sarah.” Ragione? Sarah?!
“Un attimo, cosa?!”la rabbia mi bolliva dentro.
“Sarah, mi ha detto che tu hai fatto ubriacare Brian in modo di farle del male più facilmente.”
Cosa cazzo..?! Aveva anche cambiato versione?!  E... io l’avevo appena confermata.
Maledetta, maledetta io, maledetta sorte di merda. In quel momento, avrei preferito farmi fuori con le mie stesse mani.
“No, no aspetta. Non è così”mi nascosi dietro il palmo della mano destra, ma era troppo tardi per tornare indietro. Non ne faccio una giusta, in sostanza.
“Kay, non puoi arrampicarti sugli specchi, l’hai detto pure tu..” Sarah si girò verso di me, accarezzandomi la stessa mano con la quale le avevo quasi distrutto il viso. Alzai lentamente lo sguardo che poco prima avevo fissato sul banco, poggiandolo sui suoi occhi castani contornati da tre strati di ombretto.
“Ti spacco il naso un’altra volta, bionda finta.”
Impallidì, ed io sospirai pesantemente.
Prima che potessi prendere alla lettera ciò che avevo appena detto, Brian mi raggiunse, afferrandomi per un braccio.
“Kay.”
Alzai lo sguardo e lo fissai; i suoi occhi lasciavano intravedere tutto ciò che gli passava per la testa e preferii non rendermene mai conto come in quel momento.
“Cazzo Baker, dalle ascolto. Come puoi credere ad una mocciosa viziata?!”
“Haner, non capisci! Non ho prove contro di lei, devo darle ragione!”. Rideva sotto i baffi, quella grandissima stronza. Ringrazia il cielo che Baker è qui, se no ti avrei già pestata a sangue.
“Zacky, tu sei dalla mia parte!”
“No, non mi schiero cazzo.”
Quel loro litigare mi faceva male, due componenti del mio gruppo preferito stavano litigando, il mio ragazzo e uno dei miei migliori amici, i miei due chitarristi preferiti. Mi sentivo distrutta per un milione di ragioni del genere.
“Haner non ti scaldare..”sussurrò la ragazza, accarezzandogli il braccio. Che cazzo accarezzi, puttana?
Lui, di tutta risposta, gli scostò violentemente la mano, ed io le risposi con tono minaccioso:
“Zitta troia, per favore, prima che possa romperti qualcosa.”
“Kay.”Mi chiamò un’altra volta il ragazzo dai capelli lunghi color carbone, cercando di proteggermi dai guai nei quali mi stavo ricacciando. Mi sentivo in colpa, nonostante l’avessi immerso in un casino fino al collo, stava provando a tenermi fuori ancora una volta.
“Brian..”
Calò ancora una volta il silenzio, animato dai nostri sguardi languidi.
Improvvisamente, però, Baker balzò in piedi.
“Devo prendere un provvedimento.”
“Mi sospenda.”Affermai io, decisa, non permettendogli di finire la frase.
Syn mi guardò male, strabuzzando gli occhi, Sarah aggrottò le sopracciglia.
“Kay, che cazzo dici?”
“Questo, mi sospenda così tutti sono felici.”
“No, Kay.”
“Perché no, professore? E’ la causa di ogni mio male!” Sarah mi puntò, con rabbia.
“No Sarah, la causa è anche Brian, infondo..”
Sentii Haner sospirare. Lo guardai mordersi il labbro e passarsi una mano tra i capelli.
“Vuoi licenziarmi?”chiese, con voce tremante.
“No, sciocco. E’ anche peggio.” Zacky lo guardò dispiaciuto.
“Parla.”
“Cos’hai in mente, porca puttana?”
“Eh, il problema è che...”
“Cosa?”ero impaziente, volevo che parlasse. Avevo già in mente cosa fare non appena avrebbe cacciato via uno dei due.
“Ok, il provvedimento non caccerà nessuno di voi due”
Okay, quell’uomo mi legge nel pensiero.
Silenzio, ancora una volta.
Dopo una decina di minuti di quiete, Baker si avvicinò al banco di Sarah e le strinse la mano, con fare autoritario.
“Sarah, fa le valigie e vai via.”
“Cosa?! Ma professore!”
“In compenso, fammi finire.”Non ebbi neanche il tempo di festeggiare come si deve che lui ci bloccò con una mano. Cosa c’era ancora?
“Non verranno più accettate relazioni tra alunne e professori.”Bem, mondo addosso.
“Cosa?! Zacky sei pazzo!”
“Syn, è la cosa migliore.”
“E’ ok.”Sussurrai, passando la mano sulla spalla di Brian e lasciando la mia postazione per abbandonare la classe.
“Ma, Kay..” rispose lui, avvicinandosi a me.
“L’importante  è averti qui. Il resto non conta.”
   
 
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