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Autore: Anto1    28/02/2012    4 recensioni
Gabriel ha fatto la sua scelta ed è ormai a capo del Direttorio. Non risolve più casi sul paranormale e ha dei sottoposti che lavorano per lui. Ma cosa succederebbe se una persona a lui molto cara fosse direttamente minacciata? Perché continua a vedere in sogno Serventi? Cosa vuole davvero da lui? Ma soprattutto, cosa vuole dalla sua Claudia?
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: Incompiuta
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Appena uscì fuori, la luce del mattino lo accolse. Era una fresca giornata di primavera e il sole picchiava forte, mandando bagliori dorati sul viale di fronte a loro, e illuminando le sagome di dodici figure: quella al centro, la meno gradita alla vista, era di Serventi; se ne stava lì, appoggiato al suo bastone dal manico argentato, con quella chioma scura e lunga ai lati, lucida e untuosa; i suoi accompagnatori erano tutti uomini, tranne che per una persona…
“Mamma?!” Gabriel sussultò, alla vista di una donna dai capelli rosso scuro, di media statura, sulla sessantina.
Clara gli sorrise, uno sguardo che sembrava dolce, o almeno pretendeva di esserlo.
“Gabriel, come stai?” il suo tono era quasi apprensivo.
Gabriel rimase lì, impalato, a fissare sua madre. Non sapeva che fare, né dire.
“Sei dalla loro parte?” chiese, disgustato.
Sua madre annuì “non credo che il tuo sogno, Gabriel, sia realizzabile. Per me, queste persone che tu hai allenato” disse, indicando dietro le spalle di Gabriel “starebbero meglio in un luogo dove possano vivere felici e manifestare liberamente i loro poteri.”
“E farsi esaminare da degli scienziati pazzi fino a perdere la ragione?! Essere torturati da gente come… come lui?!” urlò, indicando Serventi.
“Non potrebbero vivere nella società, Gabriel. Li rifiuterebbe, loro sono diversi. Se fossimo nel Medioevo, verrebbero bruciati sul rogo.”
“Ma non NON siamo nel Medioevo! E loro, prima di essere persone con poteri soprannaturali, sono esseri umani, e vanno trattati come tali! Non come cavie da laboratorio, chiusi in stanze buie, da soli, standosene lì ad aspettare la morte!!! E’ per questo che te ne sei andata? E’ per questo che mi hai abbandonato in tutti questi anni, lasciandomi con mio zio?!”
“Tuo padre…”
“Non chiamarlo così!!!” urlò, pieno di rabbia “tu… perché? Perché? Come hai potuto tradire mio padre? Come hai potuto fare quello che hai fatto?!”
Si fermò, ansimante. Davanti ai suoi occhi si stava riformando quella scena… doveva controllare la rabbia, altrimenti sarebbe finita male per sua madre…
“Gabriel…”
Non pensava che un giorno avrebbe gradito quella voce untuosa, ma in quel momento, quel suono era bene accetto; la scena si stava lentamente dissolvendo, e lui si ritrovò a guardare il viso bianco di Serventi, vicinissimo al suo.
“Vuoi davvero che ti mostri come potrebbe essere?”

Lui strabuzzò gli occhi “come?”
Serventi sorrise “ti offro un’ultima occasione, prima della battaglia: quella di unirti a me… ripensaci! Non vorresti provare, solo per un momento, ad essere il padrone assoluto del mondo? Pensaci! E’ la mia ultima offerta…”

La voce di Serventi ormai era lontana, sempre più lontana… e lui era seduto sulla poltrona di una grande sala di marmo bianco. Ai suoi piedi, c’era un uomo che supplicava.
“Vi prego, vi prego, signore! Ho rubato dalle vostre cucine perché avevo fame! La mia famiglia non mangia da giorni, ho sette bocche da sfamare! Vi prego, abbiate pietà!” l’uomo abbassò la testa, tutto tremante.
Gabriel sorrise “certo, Massimo… dopo anni di fedele servizio come aiuto-cuoco, potrei chiudere un occhio. In fondo, era solo una pagnotta.”
L’uomo alzò la testa verso di lui, le lacrime agli occhi “oh, grazie! Grazie, signore! Siete clemente e misericordioso!” disse, strisciando sui ginocchi e baciando la sua mano. Lui la ritrasse.
“Ho detto… potrei!” la sua voce era suadente, dolce, sembrava una nenia. Una nenia per cullare un neonato. E tuttavia, l’uomo inorridì al suono di quella voce.
“Co… come, signore?” la voce dell’uomo tremava, era un gemito, una preghiera; non c’era più sangue sul suo viso.
“Oh, mio caro Massimo” disse, alzandosi, e prendendogli il mento fra le mani “mi piacerebbe molto risparmiarti, ma è stato un furto, capisci? Hai commesso un reato, non vorrai dare un cattivo esempio agli altri servi, vero?”
“No… no, signore” la voce dell’uomo era rotta dai singhiozzi. Il suo corpo troppo magro, dal quale sporgevano le ossa, riprese a tremare “ma, signore, vi prego, mia moglie… i miei sei bambini… ho un bambino di sei mesi, è malato, molto, molto malato, vi prego, signore!” ormai l’uomo aveva abbandonato ogni ritegno, e piangeva pietosamente, un grosso moccolo che gli sgorgava da una narice.
“Oh, non preoccuparti” gli rispose, accarezzandogli una guancia “porterò qui tutta la tua famiglia…”
“Oh, signore, grazie!” esclamò l’uomo, per quello che pensava fosse un atto di generosità.
“E li ucciderò tutti, affinché non sentano la tua mancanza!!!”
Il suo urlo demoniaco si fuse con quello disperato dell’uomo, che, in un attimo, senza poter fare niente per impedirlo, venne gettato nell’Inferno.
Diede un calcio al cadavere e ordinò a Davide, ormai tredicenne, di toglierlo di mezzo. Il ragazzino annuì e lo trascinò fuori.
Non appena se ne fu andato, Gabriel si sedette compassato sulla sua grande poltrona. Possibile che i suoi servi fossero tutti così incapaci e insoddisfatti? Eppure, cercava di trattarli come esseri umani… i suoi pensieri vennero interrotti dall’ingresso di una donna. Alta, slanciata, indossava un abito bianco e procedeva con passo elegante verso di lui. Una visione.
“Altri problemi con la servitù?” gli chiese, sedendosi sulle sue gambe.
Lui le cinse una vita “Non sai quanti.”
“E per quanto riguarda il popolino?” chiese lei, sorridendo.
“Ah, loro… cosa vuoi che siano quegli ammassi di formiche senza poteri? Finché avrò il mio esercito di super uomini, non potranno nuocermi.”
Lei alzò un sopracciglio “io sono una donna normale, eppure sono la tua donna!” gli ricordò.
Lui sorrise “tu hai il potere speciale di tenere in scacco il mio cuore!”
Si baciarono lascivamente, le mani di lei sul petto di lui, le lingue che si scontravano, fameliche. D’un tratto, lei si scostò da lui.
“Gabriel, no! Io non voglio questo per noi! Io non voglio un regno di terrore! Gabriel, combatti Serventi! Combatti questo tuo potere malvagio, combatti il demone dentro di te! Tu puoi farlo! Questo non è l’uomo di cui mi sono innamorata! Gabriel, combatti per un mondo migliore, combatti per te, combatti per noi!”
Gabriel lanciò un grido di stupore: Claudia stava scomparendo! Tutto intorno a lui stava scomparendo! Fece per afferrare le mani di lei, ma non ci riuscì: si ritrovò bocconi, sul prato, ansimando. No. Niente poteri demoniaci, no! Doveva combattere tutto questo. Claudia, la sensazione di quelle labbra sulle sue, il ricordo della notte d’amore, quando erano stati una cosa sola, il suono della sua voce, il modo in cui l’aveva guardato quando aveva tentato di uccidere il suo corteggiatore… Claudia, Claudia, Claudia… la donna per cui si erano riattivati i suoi poteri, la donna per cui stava combattendo adesso, la donna che gli ricordava che stava combattendo per l’Amore, per il loro amore, e senza un mondo di pace, loro non avrebbero potuto amarsi… lei gli aveva dato un pegno d’amore più bello di quello che lui aveva dato a lei: quel bacio.
Si alzò, risoluto, e guardò Serventi con tutto il disprezzo che aveva in corpo.
“Combatti!!!”




Ok, questo è solo un capitolo riempitivo, domani passiamo alla vera battaglia… ho voluto mettere una scena dove il lato dark di Gabriel si scatena, ipotizzando un futuro un po’ diverso
  
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