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Autore: thembra    28/02/2012    4 recensioni
Gli occhi di lui non l’avevano più guardata come in precedenza, sembravano scivolare oltre la sua persona senza vedere che anche senza mutazione era rimasta la stessa identica ragazzina di sempre, sembravano vedere un’estranea distante e fuori posto in un quadro di personalità ben definite e collocate all’interno della cornice.
Genere: Sentimentale, Slice of life, Triste | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anna Raven/Rogue, Logan/Wolverine
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Allora, da qui in poi, per i prossimi due o tre capitoli la cosa diventa una cross-over con un altro fumetto.
In realtà ero un  po’ titubante e in principio ho scartato quest’assurda idea che mi è saltata in picchio quando, nel bel mezzo delle pulizie mattutine mentre stavo cercando una specie di stacco dalla storia, mi è venuto questo lampo di genio.
Secondo me non è male, ma capirò se a qualcuno la cosa non andrà a genio, comunque vi chiedo di aver pazienza perché quello che accadrà d’ora in poi non avrà un’importanza troppo incisiva solo, beh dal momento che mi piace un sacco come personaggio ho deciso di fargli fare una comparsata anche se, da quel poco che so non è nemmeno della Marvel…hih hih
… che altro aggiungere…buona lettura, nel caso qualcuno sia giunto a leggere fino a qui!
TH
 
 
 
 
 
 
 
 
Che schifo.
 
Fu la prima cosa che le riuscì di pensare non appena messo piede sul nero e lurido cemento che ricopriva quella via.
 
Nessun’aiuola, nemmeno un albero solo…enormi grattacieli senz’anima né identità, immondizia ovunque, muri imbrattati e gente assurda che girava per le strade della quale a stento riconosceva i lineamenti dal momento che ad illuminare le buie vie notturne di quella squallida città c’erano solo cinque o sei lampioni, gli unici funzionanti di una fila di…venti circa.
 
Che schifo cazzo!
 
“Aaaaaaaaaaaah ”
 
Un grido di donna interruppe il surreale silenzio che aleggiava trafiggendole i sensi come acuto spillo.
Sistemandosi meglio la sacca di tela sulla spalla sinistra prese a correre superando un gruppetto di bulli fingendo di non sentire i loro squallidi commenti rivolti al suo fondoschiena. Sembrava che se ne fregassero delle grida appena udite, sembrava che non facessero caso al fatto che molto probabilmente li vicino c’era un essere umano in difficoltà. Che schifo.
Udendo una supplica che ricalcava il grido di prima deviò per una via laterale stretta e ancora più lurida di quella appena lasciata le cui vicinanze erano sfumate dal tiepido e unto vapore che risaliva dai tombini.
 
Mamma mia che schifo!!!!!
 
Due rapidi salti ed evitò una pozzanghera e finalmente, dopo aver girato l’angolo arrivò sulla scena di quella che sembrava una vera e propria rapina.
 
“Taci puttana o gli taglio la gola.”
 
Le grida della donna furono strozzate dalle sue stesse mani mentre terrorizzata guardava impotente quel vigliacco infame che tenendo il suo bambino ancora neonato per le bretelle della salopette lo scuoteva terrorizzandolo mentre con la mano libera svuotava a terra il contenuto della grande borsa che molto probabilmente le aveva strappato di mano.
Ma doveva aver fatto male i conti dal momento che in essa erano presenti solamente pannolini, vasetti di crema e alcuni giochi colorati alcuni dei quali, cadendo a terra emisero dei ludici suoni simili a versi di animali.
Una specie di trottola in rigida plastica invece si scheggiò cozzando contro lo spigolo del marciapiede per venire poi polverizzata dallo scarpone del rapinatore che furibondo chiese spiegazioni.
 
“Dove sono i soldi eh? Dove sono troia dove so-”
 
L’urlo che emise la donna nel vedere il proprio figlio venir scaraventato a terra fu spezzato a metà dal momento che di colpo tutto si bloccò.
 
Gli occhi lucidi e sgranati di quella madre non avrebbero mai dimenticato l’arrivo di una nera sagoma alle spalle del bandito, il suo metterlo ko con un colpo al collo mentre con una velocità assurda toglievano dalla solida presa del malvivente il fagottino tremante e paonazzo di pianto che parve calmarsi non appena venne a contatto con il morbido maglione di un petto di donna.
 
“Mio Dio Richie!!! Richie…”
 
Sorridendo di pietà Marie allungò le mani restituendo quell’innocente creatura alle cure della propria madre che nonostante le lacrime e lo spavento, ricorrendo all’immensa forza del suo istinto materno, prese a cullarlo e baciarlo ridendo fra i singhiozzi.
 
“Non è ferito signora ma se è preoccupata la posso accompagnare in ospedale…”
“Santo cielo…grazie mille credevo che…Cristo santo, ero scesa due minuti per andare in farmacia e questo  sigh…me lo sono visto morire davanti agli occhi e …non avrei potuto fare nulla per evitarlo …”
 
Un’altra crisi isterica sconvolse la donna e Marie non poté fare a meno di avvicinarsi a lei e stringerla per rassicurarla.
Estraendo il proprio cellulare digitò il numero del comando centrale di polizia.
 
Due minuti dopo una pattuglia arrivò a prelevare il demente ancora a terra svenuto mentre un’unità del pronto soccorso prestò cure e protezione alla giovane madre ancora sotto shock.
 
Schiuse gli occhi nel constatare come i paramedici fossero freddi e distanti nei confronti di quella poverina, che nonostante tutto, nel venir accompagnata in ambulanza trovò la forza di voltarsi verso di lei e sorriderle col sorriso irrorato di pianto e sollievo mentre i medici la strattonavano quasi come il solo fatto d’esser stati disturbati a quell’ora tarda fosse motivo di fastidio.
Il gelo non era solo nel cemento o nell’assenza di verde e illuminazione, il gelo c’era anche nei cuori di quegli uomini.
 
“Tsk…che schifo…”
 
Disgustata estrasse dalle tasche dei propri pantaloni una sigaretta e mentre l’accendeva si voltò avviandosi verso il punto dove stava il suo contatto.
 
“Non posso darti che ragione purtroppo.”
 
Quasi imbarazzata d’esser stata udita da qualcuno si voltò alla propria destra incontrando lo sguardo serio e, strano a dirsi, caldo di un uomo in giacca e cravatta sopra le quali indossava un lungo spolverino beige.
 
“Signorina D’Ancanto?”
 
Presa in contropiede e impossibilitata a rispondere dal momento che fra le labbra teneva la sigaretta annuì lasciando che l’uomo le si avvicinasse ulteriormente.
Cazzo, era la copia sputata di McLee.
 
“L’aspettavo dieci minuti fa nel luogo stabilito, è stata senza dubbio una sorpresa trovarla già in azione nonostante la sua missione cominci domani…”
“Che avrei dovuto fare secondo lei? Lasciare che-”
“No, certo che no naturalmente…sono lieto che almeno lei sia potuta intervenire, probabilmente gli uomini di pattuglia erano troppo impegnati a trangugiare ciambelle o ricevere tangenti per fare il loro lavoro solo…grazie, sul serio.”
 
Sospirando l’uomo  portò lo sguardo oltre le spalle di lei e a Marie sembrò che davanti a quei chiari occhi sbiaditi dallo spessore delle lenti degli occhiali, egli stesse rivedendo gli avvenimenti accaduti.
Imitandola poi, anche lui estrasse un sigaro dalla tasca della propria camicia e mentre maneggiava il fiammifero continuò a parlare.
 
“Speravo che avrei potuto metterla in guardia sulla precaria condizione della mia città ma evidentemente la cattiva fama di queste strade mi ha preceduto…”
 
Sbuffando una boccata di fumo Marie abbandonò la posa statica che aveva assunto sorridendo all’uomo che le stava di fronte, non poteva che trattarsi di…
Distendendo il braccio destro offrì la propria mano all’uomo che sorridendo a sua volta gliela strinse con enfasi e forza.
Sua nonna una volta le aveva detto che da una semplice stretta di mano si potevano capire molte cose sul carattere di una persona, e dalla decisione con cui egli contraccambiò la presa si evinceva che per forza doveva essere uno in gamba.
 
Un’ombra sfilò sopra le loro teste durante quell’atto ma nessuno dei due parve farci molto caso.
Trovando di nuovo la propria voce Marie parlò per prima.
 
“Commissario Gordon, giusto?”
 
 
……………………………………
 
 
 
 
“Che noia…”
 
Appoggiandosi al morbido schienale della sua poltrona da ufficio Kimberly spostò lo sguardo dal monitor del proprio computer alla grande finestra rettangolare che dava sui magazzini della periferia.
Il pallido sole che per metà sbucava da dietro la coltre di nubi dense della pioggia prevista in giornata sembrava malato tanto era fievole la sua luce.
 
“Scommetto che Marie se la starà godendo…”
“Ne dubito…”
“Oh ciao Clay, già al lavoro oggi?”
 
L’orologio attaccato alla parete dell’ufficio segnava le sette meno venti, Clay di solito prima delle nove non si presentava mai.
 
“Marie non c’è, qualcuno dovrà pur svolgere il suo lavoro d’ufficio no?”
“Marie è efficiente, non ha lasciato nulla da finire o fooorse, …aspetta…”
 
Allontanandosi dalla sua postazione Kim raggiunse quella dietro di lei assegnata alla giovane mutante aprendole il cassetto della scrivania e afferrando un plico di scartoffie ordinatamente impilate e tenute legate da una grossa graffetta.
Nel frattempo Clay si tolse il bomber scuro appendendolo all’attaccapanni.
 
“Queste sono le ricevute delle sue spese, credo le faresti un favore se le inserissi nel quadro trimestrale del rimborso quote, il termine scade fra sei giorni e dal momento che starà via due mesi rischia di non riceverlo se non lo consegna i tempo…”
“Dannazione, odio fare il mio di riepilogo figuriamoci quello degli altri…”
“Sii buono dai, ti preparo un buon caffè nel frattempo va bene?”
 
In tutta risposta il comandante della squadra Hawks grugnì un borbottio sedendosi sulla sedia di Marie regolandone l’altezza abbassando la leva fino al minimo, cazzo se era piccola quella ragazzina.
Piccola ma pericolosa.
Mentre quel pensiero gli attraversava la mente lo sguardo gli finì sulla parete di cartongesso che delimitava lo spazio del piccolo ufficio di Marie sorridendo nel vederci appese le mille fotografie che avevano scattato nelle più svariate occasioni.
In una c’era lei, intenta a battere al computer un rapporto forse, era ritratta in un’espressione seria, con degli occhiali da vista sottili e neri, i ciuffi dietro le orecchie e i capelli legati in una sobria coda alta e fissa.
Subito sotto ce n’era un’altra scattata sempre in ufficio di lei e Kim intente a mangiare del take-away, ricordava quella scena dal momento che la foto l’aveva scattata lui, c’aveva messo mezza pausa pranzo per spiegare alla ragazzina come si tenessero le bacchette del cinese nella maniera corretta. Rise ricordando come alla fine Marie si fosse arrangiata infilzando le crocchette. L’espressione soddisfatta che mostrava nel puntare lo spiedino verso l’obiettivo era impagabile. Kim rideva con gli occhi semichiusi colti dallo scatto della macchina, vicino a loro Kenton faceva lo scemo usando le bacchette come antenne mentre McLee, un po’ in disparte rispetto al loro gruppo sorseggiava una dose doppia di caffè d’asporto.
Poi c’era quella che Kim le aveva scattato di nascosto durante le sessioni d’allenamento mattutine, la posa di combattimento della ragazzina era impeccabile, salda e…ricordò che fu proprio quella sua innata capacità nel combattimento corpo a corpo la prima cosa che notò quando la vide per la prima volta al centro addestramento di stanza in Mississippi.
 
McLee l’aveva chiamato apposta fino a laggiù per chiedergli il suo parere in merito all’integrazione di un nuovo membro particolarmente dotato nel gruppo degli Hawks e se in principio lui si era diretto li solo per rispondere al proprio superiore che la squadra era al completo gli era bastato vederla in azione per cambiare immediatamente idea.
A lei non lo aveva mai raccontato, ma il combattimento che le vide fare contro un’altra recluta, più alta e ben messa di lei in fatto di muscoli non l’avrebbe dimenticato mai.
In tre mosse aveva messo ko un cadetto di 90 kg. Tre mosse soltanto.
 
Tornò alla realtà quando la grande tazza colma di caffè che Kim gli aveva preparato entrò nella sua visuale.
Ringraziando la bionda cominciò a sorseggiare l’amaro e nerissimo liquido.
 
Quando il suo sguardo tornò ad indugiare sulla parete alla sua sinistra vide infine quella che a detta di Marie era la foto più bella in assoluto.
 
Si trattava di uno scatto in bianco e nero che immortalava la sua accettazione all’interno del team Hawks nel quale lui teneva in spalla Marie dopo che era terminato l’esame d’ammissione, tutti gli altri membri gli stavano attorno ridendo.
Quel fanatico di un Kenton era riuscito ad estrapolare quel fotogramma dal video della sicurezza, lo aveva migliorato e ingrandito, incorniciato e appoggiato sulla sua scrivania la mattina del primo vero giorno di lavoro della ragazzina.
 
Aveva pianto per mezz’ora dalla contentezza quella mocciosa e non c’era stato verso di farla smettere.
 
“-e ce la farà?”
“Nh?”
 
Kim sorrise sedendosi sul bordo della scrivania distogliendo lo sguardo dalla stessa foto che stava guardando lui.
 
“Marie…ce la farà?”
“Si certo…”
“…mhn…”
 
La bionda annuì guardando la punta delle proprie scarpe sovrapposte ondeggiare a vuoto; non sembrava particolarmente convinta.
 
“Ma secondo te non era un po’ presto per mandarla a Gotham?”
“La stessa cosa me l’ha detta McLee…”
“Eh? Vuoi dire che sei stato tu a …”
 
Sorpresa come non mai Kim rizzò la schiena rivolgendogli uno sguardo perplesso.
 
“Ma perché? Diamine Clay è…troppo presto per quel genere di crimini…”
“Tu l’hai sentita la sua storia l’altra sera al pub no?”
 
Ricordando le parole di Marie Kim abbassò lo sguardo annuendo.
 
“Quella ragazzina ha visto tanta di quella porcheria che in confronto Gotham le sembrerà un parco giochi…”
“…si, ma a McLee che hai detto? Come hai fatto a convincerlo? Non gli avrai detto che è…”
“Scema certo che no…ho fatto notare la sua condotta impeccabile, i suoi risultati il suo impegno la sua tenacia e la passione che mette nel lavoro che fa, e credimi Kim, McLee per primo le ha riconosciuto tali qualità, praticamente ha firmato che stava già chiamando Gordon…”
“In tal caso, non ho nessuna obiezione comandante!”
 
Esibendo il saluto militare la bionda componente del team Hawks scese con uno scatto dalla scrivania tornando alla propria postazione per concludere il suo lavoro mentre Clay cominciò a cercare cifre date e descrizioni in modo da poter compilare quel dannato quadro dei rimborsi trimestrali.
 
Spese viveri,  conto ospedaliero per la visita obbligatoria mensile ….spese viveri…alloggio in un motel per un operazione sotto copertura, noleggio di un auto, ancora spese viveri, noleggio di un burlesque …momento noleggio di un che cosa? Ma che diavolo ci doveva fare con un… bloccò la carta a mezz’aria nel ricordare una missione che aveva come luogo principale d’indagine un night club. Tutto regolare.
Andò avanti una mezz’oretta a compilare il quadro stupendosi della facilità con cui gli riusciva quel compito. Forse era grazie al fatto che tutto nella postazione di Marie fosse tenuto in ordine, quando doveva farsi il proprio calcolo diventava pazzo a riordinare le fatture gli scontrini e gli era capitato più di una volta di trovarsi i riepiloghi dei mesi prima nel bel mezzo delle pagine del libro che si era dimenticato di finire di leggere e che aveva usato come segna pagine.
25 minuti dopo Clayton aveva finito il suo unico compito con successo e senza errori. Mandò in stampa il quadro e spense il monitor del PC riponendo la cartella nella quale aveva disposto le carte nel cassetto dal quale Kim le aveva estratte.
 
Stava per richiudere il cassetto quando l’angolo di una cornice che spuntava da sotto le copie dei rapporti di Marie attirò la sua attenzione.
Senza farsi alcun problema sollevò le carte ed estrasse quella che effettivamente era una cornice al cui interno c’erano…
 
“Il corpo d’èlite?”
 
Kim si voltò.
 
“Hai detto qualcosa?”
“Guarda qua…”
 
Sporgendosi in avanti diede l’oggetto a Kim.
 
“Oh guarda, guarda c’è Marie qui!”
 
Clayton facendo il giro alla scrivania le andò di fianco abbassandosi per vedere meglio e notò che effettivamente, a lato del polpastrello dell’indice di Kim c’era il viso di Marie.
Indossava un’uniforme nera e aderente molto simile a quella che aveva sempre visto indosso al corpo d’èlite
 
“Dev’essere stata scattata prima di una missione, mamma mia erano un mucchio…riconosco Logan, e questa è…Monroe, poi questo è l’ex di Marie la ragazzina mora dell’altra volta e questa dai capelli corti deve essere ehm…doveva essere la sua migliore amica…”
 
C’erano tanti altri visi però, un uomo abbastanza basso rispetto al resto del gruppo che tuttavia aveva un’espressione severa in volto e uno strano visore sugli occhi, una donna molto bella dai capelli rossi e mossi, l’ambasciatore all’ ONU per i diritti mutanti e un tizio su di una sedia a rotelle, gli altri purtroppo non li riconosceva.
 
“E questi? A parte McCoy non mi pare d’averli mai visti…”
“Questo qui dagli strani occhiali io me lo ricordo, una volta mi ha aiutata durante una missione congiunta ma oddio, è stato quattro anni fa, chissà che fine ha fatto…”
“Ora che ripenso alle parole di Marie credo sia quel Scott che è stato ammazzato dalla Fenice, che se non sbaglio dovrebbe essere…questa qui…”
 
Con un tocco deciso l’enorme indice di Clayton picchiettò l’immagine della rossa coprendone il volto e il sereno sorriso.
 
“Sembravano in armonia, guarda che bel sorriso ha Marie…”
 
Kim non poté fare ameno di giungere a quella conclusione, lì in mezzo a tutte quelle persone diverse ma unite dalla stessa specificità la loro cara Marie sembrava sentirsi davvero a casa.
Clay con uno sbuffo si riprese la fotografia rimettendola al suo posto ben nascosta sotto i dossier.
 
“Eppure quegli scemi sono stati capaci di farla sentire indesiderata…”
“Eh?”
 
Risedendosi Clay si osservò le mani che si era intrecciato nel riflettere.
 
“Durante la missione a Three Miles Island udii una conversazione fra Marie e quel Logan…qualcosa che tecnicamente non avrei dovuto sentire ma Marie non aveva spento l’auricolare dopo che l’avevamo contattata per avere un rapporto e, beh, hanno tipo litigato e l’ho sentita parlare del modo in cui l’hanno trattata quando ha preso la cura, degli sguardi, dei bisbigli di biasimo del tradimento…”
“Che bastardi, non lo sapevo, a me ha detto che se n’è andata perché da curata non si sentiva più parte di quel mondo…”
“Loro non ce l’hanno più voluta far sentire e beh, io non so come potrei aver reagito trovandomi nei loro panni ma DIAMINE! Non si abbandona mai un compagno…MAI!”
“Noi non l’avremmo abbandonata Clay, lo dico con certezza perché non l’abbiamo abbandonata ora…sappiamo cosa è in grado di fare ma prima di tutto sappiamo chi è lei, chi è davvero la nostra Marie per questo sono certa che non le avremmo mai voltato le spalle…”
“Già, ma c’è un problema…”
“E sarebbe?”
“Ci ha detto d’aver superato la cosa, se davvero è così, perché tiene una loro foto nel primo cassetto della propria scrivania?”
 
Kim abbassò le palpebre tossendo un mezzo sorriso, quella foto era la conferma di tutto quello che aveva sempre sospettato sin dalla sera di quella doccia dopo la missione che aveva ricongiunto Marie con i mutanti dell’èlite.
 
“È molto semplice Clay…non le è affatto passata.”
 
Annuendo, Clay chiuse il cassetto con un calcio deciso.
Quando sarebbe tornata da Gotham avrebbero dovuto fare una bella chiacchierata loro due e Marie.
 
 
 
……………………
 
 
 
Seduta al posto passeggeri della vecchia auto della polizia Marie guardava annoiata fuori dal finestrino.
 
“99…13…100,101,102 14,15,104…”
 
Sbuffando smise di contare i lampioni accesi e quelli spenti dal momento che da lì in poi quelli che rimanevano erano bui.
 
“Mi rendo conto che non è Staten Island ma…”
“…ama comunque la sua città…è una cosa buona.”
 
Gordon distolse lo sguardo per un secondo lanciandole un’occhiata veloce.
Che strana leva gli aveva mandato quest’anno McLee, non riusciva a decifrarla completamente e la cosa lo metteva a disagio, sembrava dovesse scusarsi per tutto, per l’alto tasso di criminalità, per lo schifo di città che cercava di proteggere e persino per quei maledetti lampioni che non importava quante volte li riparavano ma finivano sempre danneggiati dai vandali o dai ladri di rame.
Un attimo sembrava disposta a chiacchierare, quello successivo diventava muta e pensierosa come se stesse giudicando e valutando, come se…
 
“…andando?”
“Chiedo scusa?”
“Dov’è che stiamo andando?”
“Oh, l’accompagno alla zona residenziale, come da programma sarà ospite del soggetto da proteg…”
“Per quella non doveva svoltare poco fa?”
 
Ricordandosi della meta che dovevano raggiungere Gordon si maledì mentalmente. Distratto com’era dalle sue riflessioni aveva mancato lo svincolo per la zona residenziale e si stava dirigendo a tutto andare nel quartiere dell’ex ospedale.
Il peggiore di tutta Gotham.
 
Immaginatevi voi una macchina della polizia che se ne va in solitaria per le vie più malfamate della città, se alla guida c’era Gordon in persona poi, era un invito al macello.
 
“Dannazione!”
“Non si preoccupi, basta girare laggiù e tornare indietro…”
 
Come accade sempre quando ci si aspetta qualcosa, ad esempio l’uscita del cucù dall’orologio allo scoccare delle ore o al suono del campanello quando sul pianerottolo si odono le voce dei conoscenti, in quel preciso istante Gordon guardò il retrovisore trovandolo invaso da una miriade di moto, macchine semidistrutte ma soprattutto di punk che guidando i loro precari mezzi li stavano poco a poco accerchiando urlando e schiamazzando come se fossero stati ad una parata di carnevale.
 
“Sempre che ci arriviamo laggiù.”
 
Convinto di trovarla preoccupata o quanto meno in cerca di risposte il commissario si voltò per rassicurarla.
L’espressione che le vide in volto mentre trafficava con i lacci della sua sacca da viaggio non la seppe proprio catalogare.
Cos’era, impazienza? Eccitazione, follia?
 
“Reggiti!”
 
Voltandosi nuovamente le vide cercare di uscire dal finestrino mentre al contempo reggeva in spalla la canna di un…no, impossibile…
Ingranando una marcia più veloce guardò velocemente le dimensioni della borsa comparandole con quelle dell’arma che aveva appena estratto.
Come aveva fatto a farci stare un bazooka?! Ma soprattutto, come diavolo aveva fatto quello scricciolo di ragazzina a portare un simile peso sollevando la sacca come se si fosse trattato di una 24 ore?
 
Se fosse uscito incolume da quel disastro avrebbe dovuto fare una chiamata a suo cugino.
 
Il primo colpo avvenne che stava ancora analizzando l’accaduto, per il contraccolpo l’auto sbandò e la fiancata dalla sua parte aderì per una quindicina di metri al guard rail creando scintille ad ogni contatto.
 
Non ci fu bisogno del secondo perché l’armata di pagliacci alle loro spalle fu letteralmente dispersa.
Quanti diavolo ne aveva ammazzati quella pazza e lui cosa diavolo avrebbe raccontato al governatore per giustificare quell’azione?
 
“Stia tranquillo, non ho ucciso nessuno, solamente ho detto loro contro chi si stavano mettendo…”
 
Rilassata come se fosse appena rientrata da una seduta di massaggi si rimise a sedere allacciandosi pure la cintura.
Gordon batté alcune volte le palpebre…e il bazooka?
 
“Svolti a destra.”
“S-si”
 
Guidò in silenzio per i rimanenti 20 minuti.
 
Arrivarono dinnanzi al cancello di un immensa villa dalle pareti grigio-bluastre e una miriade di alte finestre.
Senza dubbio chi possedeva quell’abitazione ne aveva di grana.
 
Marie uscì dall’auto seguendo il commissario lungo i gradini che portavano al portone d’ingresso.
Le grottesche teste di leone che spuntavano dal centro di ogni anta le provocarono un tremito di disagio che le attraversò la schiena.
L’improvviso scatto della serratura la fece sussultare; la porta si aprì che Gordon doveva ancora premere il campanello.
 
“Oh buonasera Commissario, l’aspettavamo venti minuti fa…”
 
Quello che a giudicare dall’impeccabile divisa doveva essere un maggiordomo passò poi a guardare Marie.
 
“Lei dev’essere Ms. D’Acanto, la guardia del corpo del sigorino Wayne giusto?”
“Affermativo, buonasera Signor Alfred.”
 
Ricordandosi il protocollo annuì chinando la testa in segno di saluto. La stretta di mano non era necessaria quando si trattava di un cliente, era troppo confidenziale e lei, in quanto guardia del corpo doveva mantenere i rapporti con lui su di un piano assolutamente professionale.
 
“Entrate prego, il signorino sarà qui a momenti…”
 
Gordon, che stava per varcare la soglia della villa si bloccò immediatamente.
 
“Bruce non è in casa?”
“Oh…no, si;  è al piano di sopra a farsi la doccia.”
 
Il commissario parve rilassarsi e cambiando idea salutò entrambi tornando alla macchina. Marie, alla quale non era sfuggita l’indecisione nel rispondere del maggiordomo, fece lo stesso seguendo poi Alfred all’interno di quell’enorme casa.
Si cominciava già coi sospetti.
Rise fra i denti, quella missione sarebbe stata uno spasso.
 
 
 
 
TH
 
 
…eccomi qua, spero non vi defiliate ora che avete letto questo capitolo.
Ripeto che non sarà particolarmente importante ma, ecco, quest’idea mi frullava in mente da un bel po’ e beh, in base a quello che ho pensato sarà una figata ma ahimè, a voi l’ardua sentenza!!
Intanto grazie, e ciao!!! =) 
  
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