«Vi
hanno
ingannato, vi hanno rubato la libertà… ma io, io
posso concedervela…»
Grattacieli di
vetro ed acciaio, cemento ed insegne al neon, autostrade e giardini,
stadi e scuole, tutto era vuoto. Desolazione, solo la desolazione si
presentava
ai suoi piedi. Una città spettrale, vuota e silenziosa, ecco
come si presentava
Tokyo un centinaio di metri sotto di lui.
Quella metropoli
caotica appariva una città fantasma in quel patetico
tentativo di sottrarre il genere umano a quella guerra che si stava
già
svolgendo, e un tentativo ancora più patetico di tenere i
reincarnati lontani
dai campi di battaglia, al sicuro nascosti nell’ignoranza di
quel mondo
fittizio che i Serafini avevano dato loro. Ma lui sapeva…
era riuscito ad
individuare quel piano dimensionale, riusciva perfino a percepire i
pensieri di
quei ragazzini inconsapevoli.
Era arrivato nel
luogo che stava cercando, là dove lui avrebbe addestrato
le sue pedine, una volta sbarazzatosi di quegli insetti fastidiosi,
naturalmente.
Sorrise malevolo
fissando le figure che gli stavano volando incontro… erano
solamente in tre: tutto ciò che restava del principato di
Tokyo, non ci sarebbe
voluto molto a spazzarli via, a cancellarli dalla sua strada.
Il loro arrivo
mosse l’aria immobile che aleggiava sopra la
città. Facendo
ondeggiare i lunghi capelli rossi della Virtù che li
guardava con sufficienza.
«Belial!
Tu…» iniziò uno di essi,
interrompendosi davanti al suo sguardo di
disprezzo e forse anche derisione.
«Non
avete mai capito perché Lamashtuel fosse interessato a
questo luogo,
non è così?» la sua voce era
tranquilla, quasi pacifica, parlava affabilmente
come si parla ad un vecchio amico, eppure gli angeli davanti a lui
rimanevano
sulla difensiva. La magia di Belial era potente, lo sapevano, per
quanto fosse
solo la virtù era comunque uno dei quattro principi della
Gehenna…
Le ali nere di
Belial si mossero rapide, fendendo l’aria, mentre si
lanciava in picchiata, atterrando poi su di una strada sopraelevata.
Meno di
tre mesi prima quella strada sarebbe stata ingombrata dal traffico
della
metropoli, ma quella era la Terra di prima… quella di adesso
era semplicemente
un campo di battaglia, un’immensa scacchiera su cui erano a
pronti a sfidarsi
gli angeli e i caduti. E quella Tokyo, Belial lo sapeva, racchiudeva
molte
aspettative per il suo Signore, lì c’era il Seed,
lì sarebbe sorto il suo
Sheol, il luogo in cui avrebbe addestrato tutti i reincarnati che
sarebbe
riuscito a trasportare su quel piano, a richiamare indietro: il suo
piccolo
esercito, le sue pedine.
I tre angeli
atterrarono alle sue spalle, Belial sospirò scocciato:
odiava
le mosche.
«Non
ho tempo da perdere con voi…» il tono della voce
era cambiato, la sua
voce era ostile, ma gli angeli non esitavano, infondo erano comunque in
tre
contro uno.
«Cosa
ti porta a Tokyo?» chiese uno cercando di prendere tempo,
sapeva che
contro Belial era solo questione di tempo, la Virtù leggeva
la paura nei loro
cuori, poteva utilizzare un loro attimo di debolezza per attaccarli, le
sue
maglie potevano addirittura spedirli in qualche altro piano
dimensionale.
«Nulla
che ai Serafini debba importare…» non aveva voglia
di perdere tempo
con loro, indossò l’elmo che fino a quel momento
aveva tenuto in mano, un
piccolo omaggio al luogo in cui si trovava, l’armatura di un
samurai era quella
adatta da indossare in quei luoghi si era detto. Nera come le sue ali e
rossa
come il sangue dei campi di battaglia, degna di un principe delle
tenebre.
Gli angeli si
prepararono, erano delle Dominazioni, soldati delle schiere
celesti. Stavano estraendo le loro armi angeliche quando delle ombre
calarono su
di loro. Due grossi lupi di cristalli neri si avventarono sugli angeli
come
belve fameliche. Il primo azzannò uno dei tre alla gola,
mentre il secondo
saltato sulla schiena della sua preda stava affondando le zanne nere
nell’attaccatura delle ali. L’ultimo angelo, colto
dalla sorpresa stava per
darsi alla fuga, ma un uomo lo bloccò a terra. Aveva il
volto bendato e le
bende macchiate di sangue, ma nonostante ciò fu con forza
sovraumana che trattenne
l’angelo a terra, mentre con uno schiocco mostruoso le sue
mani spezzarono il
collo dell’angelo.
Belial si
ritrovò a sorridere guardando le ali nere del reincarnato,
l’uomo
si alzò mentre i suoi lupi di cristallo sventravano gli
altri due malcapitati,
come mostri famelici nonostante fossero solamente dei costrutti.
«Sono
al vostro servizio, Belial, signore degli
inganni…»
«Chi
ho l’onore d’incontrare?»
«Al
principato mi chiamavano l’Orco…»
Belial sapeva
che era vicino, quando aveva sondato il mondo onirico dei
Serafini per rintracciare le “nuove leve”
l’aveva trovato subito. E ciò che
l’aveva colpito era stato il fatto che lui l’avesse
visto. Questo era
accaduto qualche settimana prima,
era stata la spinta che aveva fatto decidere a Belial di occuparsi di
Tokyo
personalmente, lasciando alle altre virtù cadute il compito
di addestrare le
reclute negli altri Shoel.
«Chi
stiamo cercando?» la voce di Orco era aspra come il ringhio
di una
belva. Belial aveva avuto modo di conoscere il nuovo alleato, o meglio
il nuovo
sottoposto. Orco era un totemn e un plasmatore, il suo nome proveniva
dai
crimini che aveva compiuto prima ancora di sapere di essere un
reincarnato.
Come gli orchi delle favole aveva rapito molti bambini, di alcuni dei
quali non
ne era mai stata trovata traccia. Quando poi il genere umano era stato
spostato
da quel piano, Orco si era trovato tra i pochi caduti di Tokyo e non vi
era
voluto molto prima che i sopravvissuti del principato li trovassero.
Orco era
stato ridotto male e gli altri erano stati uccisi, di certo non era un
reincarnato da sottovalutare, e Belial era ben lungi dal fidarsi di
lui, ma
finché Orco avrebbe eseguito gli ordini, un carnefice come
lui era senz’altro
un ottima arma.
«Un
ragazzo… si chiama Hakui…» disse
brevemente Belial, i tre angeli che Orco
aveva ucciso erano gli ultimi sopravvissuti del principato, ma non
dubitava che,
quando i Serafini fossero venuti a conoscenza della loro sparizione,
avrebbero
mandato qualcuno a dare un’occhiata, doveva quindi trovare il
ragazzo prima
dell’arrivo di quel qualcuno.
«È
uno di noi?» chiese ancora Orco
«Non
ancora…» il ragazzo aveva capacità
latenti strabilianti, era riuscito
a scorgere Belial attraverso il mondo onirico e sotto il suo richiamo
si era
risvegliato da solo, Belial immaginava che utilizzandolo nel modo
appropriato
Hakui avrebbe potuto richiamare altri reincarnati più
rapidamente di quanto
avrebbe potuto fare da solo, inoltre così facendo avrebbe
dovuto essere in
grado di celare abbastanza a lungo la sua presenza a Tokyo ai Serafini.
Più
reincarnati avesse richiamato a se prima di qualche intervento esterno,
più di
loro non avrebbero avuto dubbi di sorta e quindi sarebbero state pedine
perfette.
Nelle strade
deserte il rumore dei passi di Orco risuonava pesante, ad un
tratto Belial si fermò.
«È
qui…» disse osservando il palazzo alla sua destra,
al piano terra si
apriva quella che una volta era stata una sala giochi.
«Vieni
fuori Hakui…» chiamò Belial. Silenzio,
nulla si mosse.
«Non
c’è nessuno qui…»
commentò Orco spazientito.
Belial sorrise,
rimanendo in silenzio. I secondi sembravano ore intere,
Orco si guardava attorno nervoso, un animale irrequieto.
«Sei
tu che mi hai chiamato?» chiese infine una voce dalla sala
giochi.
«Io
sono Belial, Hakui… io ti ho guidato
qui…»
Un ragazzo fece
capolino dalla sala giochi deserta. Aveva i capelli lunghi,
corvini, avrà avuto si e no diciotto, venti anni al massimo.
«Che
luogo è questo?» chiese sospettoso il ragazzo.
«È
uno di loro…» ringhiò Orco, notando le
ali candide del ragazzo. Belial
lo ignorò facendogli cenno di rimanere immobile
«Questa
è Tokyo… la vera Tokyo…»
rispose Belial. Il ragazzo lo guardò
dubbioso, non capendo.
«E
dove sarebbe la gente allora?»
«Nella
falsa Tokyo, intrappolati nella Terra illusoria…»
Hakui si avvicinò
guardingo.
«Tu li
senti, vero Hakui, nell’altra dimensione, così
lontani, senti il
smarrimento di quelli come te?» Hakui annuì.
«Cosa
sono io?» il ragazzo aveva mille domande per la testa, era
arrivato
in quel luogo da un paio di giorni, si era trovato solo in mezzo al
nulla, con
un paio d’ali dietro la schiena. Era spaventato, ma non
voleva ammetterlo e di
certo non voleva rimanere solo e nel dubbio.
«Sei
un reincarnato… un angelo perduto da centinaia di anni che
in un corpo
umano è tornato alla vita…»
«Perché
qui ci siamo solo noi?» Belial percepiva la confusione di
quel
ragazzo e l’avrebbe usata, così come si forgia
un’arma, lui avrebbe plasmato
quel ragazzo, gli sorrise tristemente.
«Vi
hanno ingannato, vi hanno rubato la libertà… ma
io, io posso
concedervela…»
Hakui lo
guardò stranito, quelle parole non avevano alcun senso
«Chi
ci ha ingannato? La libertà?»
«I
Serafini hanno imprigionato il genere umano in un mondo
illusorio… tu ne
sei uscito perché sei in parte una creatura
angelica… ce ne sono altri come te,
altri che devono essere liberati dalla menzogna…»
«Altri?»
«A
centinaia, molti ragazzi come te, anche solo bambini, magari anche li
avrai visti passeggiare per queste stesse strade, quando ancora il
mondo era
reale…» Orco fissava Belial, le parole della
Virtù erano suadenti, si disse che
nessun reincarnato, che si fosse risvegliato da quel giorno in avanti,
non
avrebbe potuto non cedere a quella voce, a quei modi, a quella che
suonava come
una verità.
«Puoi
liberarli?»
«Potrei…
così non saresti solo…» Belial sorrise
trionfante intercettando lo
sguardo del ragazzo, la scintilla di speranza che si era accesa alla
scoperta
dell’esistenza di altri come lui era scomparsa «ma
non posso farlo senza il tuo
aiuto…»
«Il
mio?» Hakui corrugò lo sopracciglia sorpreso
«Ti
posso dare il potere di toccare le loro menti sull’altro
piano, ti
posso dare il potere di influenzarli di far loro capire che
ciò che stanno
vivendo non è reale, sono rendendosene conto potranno
liberarsi…» Belial sondò
il volto del ragazzo, miliardi di pensieri attraversavano la mente del
giovane:
la paura, la solitudine, la rabbia verso l’illusione e poi un
briciolo di
speranza.
«Potrò
davvero liberarli?» chiese poi incerto. Belial
annuì, il volto di
Hakui si aprì in un sorriso.
«Mostrami
come fare…» disse poi.
Belial sorrise,
il primo tassello del mosaico era stato posto, la prima
mossa della sua personale scacchiera, il primo passo per
l’ascesa del suo
maestro Lucifer.
Buonasera a tutti, spero che questo secondo capitolo sia di vostro gradimento, fatemi sapere cosa ne pensate con qualche recensione, forza non siate timidi! Elisa