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Autore: Mirwen    28/02/2012    0 recensioni
E' un mondo tormentato la nostra terra. Un mondo dove angeli, demoni e reincarnati si sfidano per la salvezza dell'umanità. Eppure a Tokyo - in un piccolo angolo di quella terra deserta - vi è Eden. Cos'è? Eden è un luogo, una roccaforte, un rifugio per tutti quelli che vogliono ancora combattere il male.
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Gates of Eden


«Vi hanno ingannato, vi hanno rubato la libertà… ma io, io posso concedervela…»

1 - Belial

Grattacieli di vetro ed acciaio, cemento ed insegne al neon, autostrade e giardini, stadi e scuole, tutto era vuoto. Desolazione, solo la desolazione si presentava ai suoi piedi. Una città spettrale, vuota e silenziosa, ecco come si presentava Tokyo un centinaio di metri sotto di lui.

Quella metropoli caotica appariva una città fantasma in quel patetico tentativo di sottrarre il genere umano a quella guerra che si stava già svolgendo, e un tentativo ancora più patetico di tenere i reincarnati lontani dai campi di battaglia, al sicuro nascosti nell’ignoranza di quel mondo fittizio che i Serafini avevano dato loro. Ma lui sapeva… era riuscito ad individuare quel piano dimensionale, riusciva perfino a percepire i pensieri di quei ragazzini inconsapevoli.

Era arrivato nel luogo che stava cercando, là dove lui avrebbe addestrato le sue pedine, una volta sbarazzatosi di quegli insetti fastidiosi, naturalmente.

Sorrise malevolo fissando le figure che gli stavano volando incontro… erano solamente in tre: tutto ciò che restava del principato di Tokyo, non ci sarebbe voluto molto a spazzarli via, a cancellarli dalla sua strada.

Il loro arrivo mosse l’aria immobile che aleggiava sopra la città. Facendo ondeggiare i lunghi capelli rossi della Virtù che li guardava con sufficienza.

«Belial! Tu…» iniziò uno di essi, interrompendosi davanti al suo sguardo di disprezzo e forse anche derisione.

«Non avete mai capito perché Lamashtuel fosse interessato a questo luogo, non è così?» la sua voce era tranquilla, quasi pacifica, parlava affabilmente come si parla ad un vecchio amico, eppure gli angeli davanti a lui rimanevano sulla difensiva. La magia di Belial era potente, lo sapevano, per quanto fosse solo la virtù era comunque uno dei quattro principi della Gehenna…

Le ali nere di Belial si mossero rapide, fendendo l’aria, mentre si lanciava in picchiata, atterrando poi su di una strada sopraelevata. Meno di tre mesi prima quella strada sarebbe stata ingombrata dal traffico della metropoli, ma quella era la Terra di prima… quella di adesso era semplicemente un campo di battaglia, un’immensa scacchiera su cui erano a pronti a sfidarsi gli angeli e i caduti. E quella Tokyo, Belial lo sapeva, racchiudeva molte aspettative per il suo Signore, lì c’era il Seed, lì sarebbe sorto il suo Sheol, il luogo in cui avrebbe addestrato tutti i reincarnati che sarebbe riuscito a trasportare su quel piano, a richiamare indietro: il suo piccolo esercito, le sue pedine.

I tre angeli atterrarono alle sue spalle, Belial sospirò scocciato: odiava le mosche.

«Non ho tempo da perdere con voi…» il tono della voce era cambiato, la sua voce era ostile, ma gli angeli non esitavano, infondo erano comunque in tre contro uno.

«Cosa ti porta a Tokyo?» chiese uno cercando di prendere tempo, sapeva che contro Belial era solo questione di tempo, la Virtù leggeva la paura nei loro cuori, poteva utilizzare un loro attimo di debolezza per attaccarli, le sue maglie potevano addirittura spedirli in qualche altro piano dimensionale.

«Nulla che ai Serafini debba importare…» non aveva voglia di perdere tempo con loro, indossò l’elmo che fino a quel momento aveva tenuto in mano, un piccolo omaggio al luogo in cui si trovava, l’armatura di un samurai era quella adatta da indossare in quei luoghi si era detto. Nera come le sue ali e rossa come il sangue dei campi di battaglia, degna di un principe delle tenebre.

Gli angeli si prepararono, erano delle Dominazioni, soldati delle schiere celesti. Stavano estraendo le loro armi angeliche quando delle ombre calarono su di loro. Due grossi lupi di cristalli neri si avventarono sugli angeli come belve fameliche. Il primo azzannò uno dei tre alla gola, mentre il secondo saltato sulla schiena della sua preda stava affondando le zanne nere nell’attaccatura delle ali. L’ultimo angelo, colto dalla sorpresa stava per darsi alla fuga, ma un uomo lo bloccò a terra. Aveva il volto bendato e le bende macchiate di sangue, ma nonostante ciò fu con forza sovraumana che trattenne l’angelo a terra, mentre con uno schiocco mostruoso le sue mani spezzarono il collo dell’angelo.

Belial si ritrovò a sorridere guardando le ali nere del reincarnato, l’uomo si alzò mentre i suoi lupi di cristallo sventravano gli altri due malcapitati, come mostri famelici nonostante fossero solamente dei costrutti.

«Sono al vostro servizio, Belial, signore degli inganni…»

«Chi ho l’onore d’incontrare?»

«Al principato mi chiamavano l’Orco…»

 

Belial sapeva che era vicino, quando aveva sondato il mondo onirico dei Serafini per rintracciare le “nuove leve” l’aveva trovato subito. E ciò che l’aveva colpito era stato il fatto che lui l’avesse visto.  Questo era accaduto qualche settimana prima, era stata la spinta che aveva fatto decidere a Belial di occuparsi di Tokyo personalmente, lasciando alle altre virtù cadute il compito di addestrare le reclute negli altri Shoel.

«Chi stiamo cercando?» la voce di Orco era aspra come il ringhio di una belva. Belial aveva avuto modo di conoscere il nuovo alleato, o meglio il nuovo sottoposto. Orco era un totemn e un plasmatore, il suo nome proveniva dai crimini che aveva compiuto prima ancora di sapere di essere un reincarnato. Come gli orchi delle favole aveva rapito molti bambini, di alcuni dei quali non ne era mai stata trovata traccia. Quando poi il genere umano era stato spostato da quel piano, Orco si era trovato tra i pochi caduti di Tokyo e non vi era voluto molto prima che i sopravvissuti del principato li trovassero. Orco era stato ridotto male e gli altri erano stati uccisi, di certo non era un reincarnato da sottovalutare, e Belial era ben lungi dal fidarsi di lui, ma finché Orco avrebbe eseguito gli ordini, un carnefice come lui era senz’altro un ottima arma.

«Un ragazzo… si chiama Hakui…» disse brevemente Belial, i tre angeli che Orco aveva ucciso erano gli ultimi sopravvissuti del principato, ma non dubitava che, quando i Serafini fossero venuti a conoscenza della loro sparizione, avrebbero mandato qualcuno a dare un’occhiata, doveva quindi trovare il ragazzo prima dell’arrivo di quel qualcuno.

«È uno di noi?» chiese ancora Orco

«Non ancora…» il ragazzo aveva capacità latenti strabilianti, era riuscito a scorgere Belial attraverso il mondo onirico e sotto il suo richiamo si era risvegliato da solo, Belial immaginava che utilizzandolo nel modo appropriato Hakui avrebbe potuto richiamare altri reincarnati più rapidamente di quanto avrebbe potuto fare da solo, inoltre così facendo avrebbe dovuto essere in grado di celare abbastanza a lungo la sua presenza a Tokyo ai Serafini. Più reincarnati avesse richiamato a se prima di qualche intervento esterno, più di loro non avrebbero avuto dubbi di sorta e quindi sarebbero state pedine perfette.

Nelle strade deserte il rumore dei passi di Orco risuonava pesante, ad un tratto Belial si fermò.

«È qui…» disse osservando il palazzo alla sua destra, al piano terra si apriva quella che una volta era stata una sala giochi.

«Vieni fuori Hakui…» chiamò Belial. Silenzio, nulla si mosse.

«Non c’è nessuno qui…» commentò Orco spazientito.

Belial sorrise, rimanendo in silenzio. I secondi sembravano ore intere, Orco si guardava attorno nervoso, un animale irrequieto.

«Sei tu che mi hai chiamato?» chiese infine una voce dalla sala giochi.

«Io sono Belial, Hakui… io ti ho guidato qui…»

Un ragazzo fece capolino dalla sala giochi deserta. Aveva i capelli lunghi, corvini, avrà avuto si e no diciotto, venti anni al massimo.

«Che luogo è questo?» chiese sospettoso il ragazzo.

«È uno di loro…» ringhiò Orco, notando le ali candide del ragazzo. Belial lo ignorò facendogli cenno di rimanere immobile

«Questa è Tokyo… la vera Tokyo…» rispose Belial. Il ragazzo lo guardò dubbioso, non capendo.

«E dove sarebbe la gente allora?»

«Nella falsa Tokyo, intrappolati nella Terra illusoria…» Hakui si avvicinò guardingo.

«Tu li senti, vero Hakui, nell’altra dimensione, così lontani, senti il smarrimento di quelli come te?» Hakui annuì.

«Cosa sono io?» il ragazzo aveva mille domande per la testa, era arrivato in quel luogo da un paio di giorni, si era trovato solo in mezzo al nulla, con un paio d’ali dietro la schiena. Era spaventato, ma non voleva ammetterlo e di certo non voleva rimanere solo e nel dubbio.

«Sei un reincarnato… un angelo perduto da centinaia di anni che in un corpo umano è tornato alla vita…»

«Perché qui ci siamo solo noi?» Belial percepiva la confusione di quel ragazzo e l’avrebbe usata, così come si forgia un’arma, lui avrebbe plasmato quel ragazzo, gli sorrise tristemente.

«Vi hanno ingannato, vi hanno rubato la libertà… ma io, io posso concedervela…»

Hakui lo guardò stranito, quelle parole non avevano alcun senso

«Chi ci ha ingannato? La libertà?»

«I Serafini hanno imprigionato il genere umano in un mondo illusorio… tu ne sei uscito perché sei in parte una creatura angelica… ce ne sono altri come te, altri che devono essere liberati dalla menzogna…»

«Altri?»

«A centinaia, molti ragazzi come te, anche solo bambini, magari anche li avrai visti passeggiare per queste stesse strade, quando ancora il mondo era reale…» Orco fissava Belial, le parole della Virtù erano suadenti, si disse che nessun reincarnato, che si fosse risvegliato da quel giorno in avanti, non avrebbe potuto non cedere a quella voce, a quei modi, a quella che suonava come una verità.

«Puoi liberarli?»

«Potrei… così non saresti solo…» Belial sorrise trionfante intercettando lo sguardo del ragazzo, la scintilla di speranza che si era accesa alla scoperta dell’esistenza di altri come lui era scomparsa «ma non posso farlo senza il tuo aiuto…»

«Il mio?» Hakui corrugò lo sopracciglia sorpreso

«Ti posso dare il potere di toccare le loro menti sull’altro piano, ti posso dare il potere di influenzarli di far loro capire che ciò che stanno vivendo non è reale, sono rendendosene conto potranno liberarsi…» Belial sondò il volto del ragazzo, miliardi di pensieri attraversavano la mente del giovane: la paura, la solitudine, la rabbia verso l’illusione e poi un briciolo di speranza.

«Potrò davvero liberarli?» chiese poi incerto. Belial annuì, il volto di Hakui si aprì in un sorriso.

«Mostrami come fare…» disse poi.

Belial sorrise, il primo tassello del mosaico era stato posto, la prima mossa della sua personale scacchiera, il primo passo per l’ascesa del suo maestro Lucifer.




Buonasera a tutti, spero che questo secondo capitolo sia di vostro gradimento, fatemi sapere cosa ne pensate con qualche recensione, forza non siate timidi!
Elisa

   
 
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