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Autore: TooLateForU    29/02/2012    28 recensioni
'Quando ti vedo mi viene voglia di gettarmi dalla finestra.'
'Non frenare le tue voglie, Malik.'
Il talebano pronto a farci saltare tutti in aria – meglio conosciuto come Zayn Malik - era il capitano di pallanuoto più stronzo che la Lincoln High School di Londra avesse mai conosciuto. Oltre questo era anche fastidioso, insulso, patetico e più stupido di un Lama.
Genere: Comico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Sbattei le palpebre, che sentivo stranamente appiccicose e dure. Feci un verso infastidito, passandomi stancamente una mano sugli occhi.
Osservai le mie mani e vidi che erano diventate nere sulle dita. Ma che cazz..
Oddio! Ieri avevo dimenticato di struccarmi prima di andare a letto, merda!
Mi scapicollai giù dal letto, fino ad arrivare allo specchio della mia camera, ed emisi un verso strozzato alla vista del mio riflesso.
Non solo avevo indosso il vestito tutto sgualcito di ieri, ma la mia faccia aveva assunto le fattezze di quella di un panda ubriaco che si era divertito con i trucchi di mamma panda. Adesso mi sarei dovuta struccare e mi sarebbe diventata la faccia tutta rossa e gonfia come quella di un pomodoro maturo. Grandioso.
Sbuffai, avviandomi verso il bagno. Afferrai il mio spazzolino viola, ci spalmai sopra tre chili di Colgate e cominciai a lavarmi i denti, con molta molta lentezza.
Che cosa avevo sognato quella notte? Doveva essere stato un incubo, perché sentivo addosso quella angoscia ed ansia tipicamente post-incubo..Non ricordavo bene, ed io odiavo non ricordare i sogni.
Ah sì, c’era un ragazzo.. E mi pare che nel sogno lo conoscessi..Ma chi era? Dio santo, che fastidio!
In quel preciso istante mi passò per la testa la faccia da schiaffi di Zayn Jawacoso Malik, ed ingoiai un po’ di dentifricio, finendo per strozzarmi.
Tossicchiai, sputando nel lavandino. Avevo sognato il terrorista?! Ci credo che sentivo quell’angoscia addosso, allora!
Adesso si infilava persino nei miei sogni. Rendiamoci conto.
Qualcuno bussò secco sulla porta “Liz, andiamo, sono due ore che sei lì dentro!” urlò mio padre.
Ruotai gli occhi al cielo, mentre afferravo un pacco d’ovatta “Ho da fare!” urlai di rimando.
“Sbrigati, non ci sei solo tu dentro casa!”
Che qualcuno mi costruisca un bagno in camera, vi prego.
 
 
Arrivai a scuola semi struccata, con le occhiaie perché non ero riuscita a fregare in tempo il correttore a mia madre, senza il libro di letteratura inglese e decisamente di malumore.
Aprii l’armadietto con forza, comprimendo sei libri al suo interno.
“Buongiorno Liz!” sentii esclamare al mio fianco. Risposi con un cenno del capo ed un grugnito.
“Wow, di buonumore come sempre eh?” continuò sarcastica Jude, mentre le lanciavo un’occhiata di sbieco.
Come faceva ad essere sempre al massimo? I capelli biondi raccolti in due trecce perfette, il lipgloss perfettamente lucido, il trucco curato..Cavolo, mi sentivo una specie di barbona al suo fianco.
“Ho dormito male..E mi ero scordata di struccarmi, ieri sera.” Mi giustificai.
Lei mi squadrò, con una smorfia concentrata “Mmm..E a quanto pare stamattina hai scordato di truccarti.”
“Avevo la faccia tutta rossa, il trucco sarebbe risultato uno schifo.”
“Non fa niente, sei tres magnifique comunque.” Replicò, facendo un sorriso scintillante.
Prendemmo a camminare per il corridoio, aspettando che suonasse la campanella.
“Allora, hai visto ragazzo-con-gli-occhi-verdi anche oggi?” le domandai, giusto per farle capire che ero interessata a quel tipo.
Anche se non lo ero.
Jude storse il naso, sistemando meglio la spallina dello zaino sulle spalle “No, oggi non c’era..” rispose, risentita.
“Magari era in ritardo perché voleva passare a comprarti delle rose.”
Lei rise, e mi diede una leggere spinta “Ma smettila!”
“Piuttosto, tu oggi pomeriggio non avevi un impegno?” continuò, lanciandomi un’occhiata ammonitrice.
Strinsi gli occhi, cercando di ricordare. Lunedì pomeriggio, impegno, impegno, impegno..
“Io non faccio niente il lunedì pomeriggio.” Replicai, sicura.
“Non è che per caso avevi da scontare una detenzione?”
Puntai un attimo lo sguardo nel vuoto, prima di schiaffarmi la fronte, disperata. “Dannazione, è vero. Non l’ho neanche detto ai miei! E secondo loro io dovrei essere in punizione questa settimana.”
La campanella suonò, facendomi sobbalzare. Era sempre un trauma.
“Io devo andare a spagnolo ora, ci vediamo dopo!” Mi salutò Jude, prima di lanciarmi un bacio.
“Ehi ehi, ferma! Questo vuol dire che io non ho spagnolo ora?” la richiamai, preoccupata.
Lei alzò gli occhi al cielo “Ora hai letteratura, Liz!”
Oh, dannazione.
 
Corsi fino all’aula 202, che era al terzo piano. Vi rendete conto? Il terzo piano. Dovrebbero essere abolite le scale, sono totalmente inutili. Primo: si rischia di inciampare ad ogni gradino. Secondo: sono scomode e terzo, sono molto scomode.
Arrivai davanti all’aula, mi aggiustai velocemente i capelli e poi abbassai la maniglia. Forse se fossi entrata facendo finta di niente la prof. non si sarebbe accorta del mio ritardo.
Entrai tranquillamente, e cominciai a muovermi tra i banchi alla ricerca di un posto.
“Calder, che cosa stai facendo?” la voce acuta di Miss Robinson mi gelò sul posto. Mi girai verso la cattedra, sbattendo le palpebre con aria innocente.
“Cercavo il posto più adatto per seguire la sua interessante lezione.” Le risposi, come se fosse la cosa più ovvia del mondo.
Lei inaspettatamente divenne tutta rossa, poi viola, poi bordeaux, poi porpora..Sembrava un petardo in procinto di esplodere. Un grasso, grosso petardo inglese.
“Siediti al primo banco, prima che ti sbatta fuori!” tuonò.
Oh, quanta cordialità. Guardai il primo banco, e con orrore notai che era occupato da un disinteressato Malik. Mi avvicinai strusciando i piedi, e mi lasciai cadere pesantemente sulla sedia.
“Delicata come una farfalla.” Commentò lui, sarcastico.
“Intelligente come un alpaca incinta.” Replicai, acida.
Stava per ribattere, quando atterrò sul suo banco un foglietto accartocciato. Si girò indietro per vedere da chi provenisse, e sentimmo delle risatine inquietanti dagli ultimi banchi.
Avrei voluto cancellare a suon di pedate quel sorrisetto soddisfatto dalle sue labbra, mentre apriva il biglietto. Non riuscivo a leggere che c’era scritto, ma era probabile che fosse qualcosa come: ‘Ti prego, fammi tua terrorista.’
Accartocciò nuovamente il foglio, senza neanche disturbarsi a rispondere o a girarsi verso le ragazze che lo avevano lanciato.
Alzai un sopracciglio, scettica “Troppi impegnato per rispondere, Malik?”
Scrollò le spalle “Non erano poi così carine.” Rispose, semplicemente.
Che razza di maschilista egocentrico.
“Pensavo: nella tua religione è permesso avere sette mogli, vero? Non saranno un po’ poche?” lo provocai.
“Calder, Malik fate silenzio!” esclamò la Robinson, battendo una mano sulla cattedra.
Rimanemmo in silenzio per cinque secondi, poi vidi la testa di kamikaze scattare verso di me.
“Penso che tu ti stia allargando un po’ troppo.” Sibilò.
“Malik, un consiglio: dieci mentine non bastano a coprire l’odore del fumo, prova ad ingoiare dell’acido fosforico la prossima volta.” Gli dissi, con un sorriso.
Mi lanciò un’occhiataccia delle sue, e non mi rivolse più la parola per tutta l’ora.
 
 
Tirai fuori il mio cellulare dalla tasca, e digitai velocemente il messaggio da inviare a mia madre.
Devo stare a scuola fino alle quattro xoxo’
Speravo che lo ‘xoxo’ finale calmasse la sua ira funesta almeno di un po’. Quel tanto che bastava per permettermi di farmi comprare il nuovo smalto della Rimmel London.
Get the London look!
Camminai nei corridoi deserti fino ad un’aula dalla porta in legno, dove spiccava una scritta rossa : detenzione.
Sbuffai, entrando. Mi avvicinai alla cattedra, dove un’imponente professore di colore aggiustava delle carte.
Mi schiarii la gola, ma quello non alzò lo sguardo. Allora sbattei brusca sulla cattedra il foglietto della punizione, che doveva firmarmi.
Il tizio mi lanciò uno sguardo disinteressato, prima di fare uno scarabocchio sul foglio e tornare alle sue scartoffie. Bah.
Nella classe c’eravamo io ed altri quattro sfigati mai visti. Mi posizionai vicino alla finestra, e presi a dondolarmi sulla sedia.
Come prevedibile Malik non c’era, e questo mi provocò un leggero fastidio. Non che mi mancasse eh, ma almeno avrei avuto qualcuno con cui litigare.
Presi a guardare fuori dalla finestra, che affacciava su una delle tante e trafficate strade di Londra. La scuola non era proprio centrale, diciamo che non lo era affatto, ma non era neanche nella più lontana periferia.
E comunque bastavano solo quattro fermate di metro per arrivare a Piccadilly Circus.
Dovevo avere quello smalto, dannazione.
Persa nei miei pensieri quasi non sentii l’aprirsi improvviso della porta, e continuai a guardare fuori dalla finestra. Solo quando sentii uno dei miei compagni di detenzione trattenere il respiro mi guardai intorno.
Gheddafi la vendetta si avvicinava a passo svelto e furioso alla cattedra. Sbattè con una manata che risuonò per tutta l’aula il foglio della detenzione sul tavolo, e non aspettò nemmeno che il tizio lo firmasse. Si girò e prese a camminare verso l’ultimo banco, con uno sguardo davvero davvero incazzato.
Poi mi vide, e rallentò un po’. Sembrò pensarci un attimo, prima di sedersi rumorosamente accanto a me.
Dentro di me esultai, almeno adesso avevo qualcuno con cui parlare.
Ma ero davvero entusiasta di parlare con Malik? Dovevo essere alla frutta.
Puntò i gomiti sul banco, e grazie alle maniche della camicia a quadri leggermente tirate su riuscivo ad intravedere qualche vena del braccio. Aveva la mascella contratta, e lo sguardo fisso nel vuoto.
Non so perché, ebbi la sensazione che non fosse di buonumore.
“Ti vedo parecchio scazzato.” Esordii, con calma.
Non mi guardò, né mi rispose. E già cominciai ad infastidirmi.
“So che è una grande emozione sentirmi parlare, ma potresti rispondere.” Gli feci notare.
Malik restò immobile, e avrei pensato che gli fosse venuto un ictus se solo non avessi visto il suo petto alzarsi e abbassarsi.
Sbuffai, smettendo di dondolarmi sulla sedia. “Mi stai dando sui nervi!” esclamai, e il tizio alla cattedra sibilò un ‘silenzio!’ nella mia direzione.
Finalmente Zayn si girò verso di me, con il solito sorrisetto made by Malik sulle labbra. “Non riesci a trattenerti dal parlarmi, eh?” chiese, sicuro di sé.
“Non ti esaltare, è che mi annoio e tu sei l’unico essere umano reattivo qua dentro.”
Lui appoggiò la testa ad una mano, e continuò a scrutarmi attentamente per qualche minuto. Non so, vuole la mia radiografia? Anche gli esami del sangue?
“Che hai da guardare?” domandai, irritata. Lui alzò le spalle.
“E’ un peccato.”
“Un peccato cosa?
Mi lanciò lo sguardo di uno che la sa lunga “E’ un peccato che tu sia una tale stronzetta montata. Saresti potuta finire nel mio letto molto velocemente.” Concluse, mordendosi un labbro.
Non so perché, ma quel discorso mi stava mettendo parecchio a disagio. Lui mi stava mettendo a disagio.
“Dai per scontato che io ti sarei venuta dietro?” replicai, alzando un sopracciglio.
Ruotò gli occhi al cielo “Fidati, mi saresti corsa dietro.”
Scossi la testa, con una smorfia “Tu hai seri problemi con l’egocentrismo. Ci hanno fatto un sacco di libri su questa cosa, sai? Se tu sapessi leggere te ne comprerei uno.” Dissi, acida.
Rise leggermente, e si passò una mano tra i capelli. Una parte del mio cervello-la parte stupida- registrò che i suoi capelli sembravano davvero morbidi.
Sentii il trillo familiare di un cellulare, e Malik tastò le tasche dei suoi jeans fino a tirare fuori il suo telefono.
Mi trattenni dallo sporgermi per vedere che messaggio gli era arrivato. Non volevo fargli credere di essere interessata.
Aggrottò le sopracciglia, prima che un sorriso soddisfatto si allargasse sulle sue labbra. Le sue dita si mossero velocemente sulla tastiera, digitando una risposa, e poi ripose il cellulare nella tasca.
Si girò verso di me, che lo guardavo con un sopracciglio alzato.
“Vuoi sapere che c’era scritto?”
“No.”
“Va bene.”
Restammo in silenzio, mentre io continuavo a lanciargli occhiate furtive. La curiosità mi stava logorando, lo ammetto. Sono i drammi della noia.
“Se vuoi saperlo basta chiedere.” Ripetè, ed era chiaro che non aspettava altro che glielo chiedessi per potermelo rinfacciare.
“Non mi interessa. Per quanto ne so poteva essere tua madre che ti informava che c’è un panino al tonno in frigo.” Risposi.
Stava per ribattere, quando la campanella del pomeriggio suonò e tutti corsero-letteralmente-fuori dalla classe.
Malik afferrò il suo zaino sgualcito, alzandosi in piedi. “E comunque, era la mia ragazza.” Disse.
“Tu non hai una ragazza.”
“Stasera sì.” Rispose, prima di farmi un occhiolino malizioso ed allontanarsi.
Montato.

 
LA GENTE E’ STRANAAA, PRIMA SI ODIA E POI….SI AMAAAA!
Perdonate il mio momento Nannini (?) Che poi, era la Nannini che cantava ‘sta canzone?
Bah.
Come va la vita? Io ho preso 7 ad inglese e 7 a latino oggi, quindi mi sento like a boss.
*balla il mambo*
Deeeetto questo, cosa sta succedendo tra i due idioti? Niente, direte voi.
Eh eh, ma aspettate e vedrete (?)
Ora la smetto, anche perché mi sento in colpa perché ho risposto solo a 3 recensioni, ma sto per iniziare la lezione di pianoforte sooooo…Scappo!
Baci!

   
 
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