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Autore: herestous    01/03/2012    1 recensioni
“Siete pregati di allacciare le cinture di sicurezza. Stiamo atterrando.” Aprii gli occhi e fui colpita dalla luce dei raggi solari che mi annunciavano che ci eravamo allontanati del tutto dalle nuvole grigie che caratterizzavano New York. Mi affacciai e, sospirando, vidi in lontananza quella che riconobbi la mia città: Montreal. Allacciai velocemente la cintura di sicurezza mentre, chiudendo gli occhi, ripensavo a tutto quel tempo che avevo passato lontana da quel posto in cui ero cresciuta. Montreal, con quegli alberi, quei parchi, quei laghi, quei palazzi, quei quartieri, quelle scuole…
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti | Coppie: Finn/Rachel
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Finn Hudson era il ragazzo più bello dell’intero liceo. Era tremendamente alto, e ogni volta che incontravo il suo sguardo nel corridoio smettevo di essere l’egocentrica di sempre e mi scioglievo come un gelato al sole. Naturalmente era bello, popolare e fidanzato con la ragazza più gettonata dell’intera città, Quinn Fabray, ed era evidente che io non appartenevo nemmeno ad un suo lontanissimo futuro. Una mattina di primavera, chissà per quale motivo, Finn mi aveva confessato di essersi innamorato di me. Avevamo così iniziato una storia d’amore destinata a durare per due anni, fino alla fine del liceo.

<< Sai cosa pensavo? >> Eravamo sdraiati sull’erba del parco al centro di Montreal, il sole caldo che ci batteva sui corpi e ci riscaldava in un giorno d’estate.
<< Cosa? >> Lo guardai incuriosita da quella domanda mentre mi lasciavo accarezzare i capelli dalle sue mani.
<< Che una volta diplomati potrei cercare un lavoro, e poi potremmo comprarci un appartamento per noi… A New York. >> Mi ritrovai senza parole. Mi aveva preso alla sprovvista, senza dubbio.
<< I-io e te… A New York? Insieme? Cioè, insieme davvero? >> Scoppiò a ridere cingendomi la schiena con un braccio, per poi baciarmi la fronte.
<< Si, Rach. Io e te, insieme. >>
<< Ma… I tuoi sogni, Finn. L’università, il football, il tuo futuro. >> Il sole mi batteva negli occhi, e perciò non riuscivo a tenerli aperti. Avrei voluto guardarlo negli occhi e dirgli di non farlo, di non rinunciare tutto per me. Avevo paura.
<< Lo so, lo so. Forse mia madre non sarà particolarmente entusiasta di questa prospettiva, e Burt ci rimarrà male perché voleva affidarmi la sua officina, ma io so cosa voglio nel mio futuro, ora. Te. Può essere qui, come a New York, o a Parigi, o sotto un ponte… Quello che voglio sei tu. Non mi importa del football, è stato bellissimo, ma io ti amo, Rachel. E non voglio perderti. >> Non ebbi il tempo di realizzare ciò che mi aveva appena detto che le sue labbra si posarono sulle mie, per poi dischiudersi alla ricerca della mia lingua. Lasciai andare indietro leggermente la testa, e socchiusi gli occhi stringendo le sue mani.
<< Ti amo anche io, Finn. >> Ci staccammo, fissando il tramonto che faceva da sfondo a quella scena. “Ti amo anche io” , avrei voluto dirgli, “ma non sono più sicura di niente.”
 
<< Quanto resterai? >> La voce di Puck mi distrasse dai miei pensieri. Mi girai, distogliendo lo sguardo dalla luna che si rifletteva nel laghetto di fronte casa di Kurt.
<< Oh, non so… >> Spostai una ciocca da davanti gli occhi e mi sedetti sul divano bianco di pelle, seguita da Puck.
<< Pensavo a qualche incontro ravvicinato con la bella Rachel Berry! >> Mi fece l’occhiolino per poi scoppiare a ridere. Gli lanciai un cuscino, colpendolo in pieno viso, unendomi alla risata.
<< Non cambi mai, Puckerman? >> Incrociai le braccia al petto mentre il mio amico si sistemava comodamente sul divano.
<< Nah, i cambiamenti non fanno per me. >> Mi sorrise, per poi fissare il grande dipinto davanti a se, forse perso nei suoi pensieri.
<< E l’amore… Come va? >> Alzai un sopracciglio, divertita dalla sua reazione nel sentire quella domanda. Sembrava quasi imbarazzato.
<< Mmh… >>
<< Non fare il misterioso con me, caro! Sai che non attacca. >> Una seconda cuscinata, per poi alzarmi e raggiungerlo sul secondo sofà, sdraiandomi comodamente sulle sue gambe.
<< Con Quinn va, e credo che, per quanto sia strano sentirlo dire da me, sono innamorato. E’ solo che a volte ho come la sensazione di non appartenere a questo posto… Come se la mia vita… >>
<< … Mi andasse stretta. Già, capisco. >> Sospirai, e mi voltai in modo che non vedesse gli occhi lucidi che probabilmente si sarebbero colmati di lacrime da un momento all’altro.
<< E’ per questo che sei andata via, Rach? Perché la tua vita ti andava stretta? >> Mise due dita sotto il mio mento per girarmi il volto, e così mi ritrovai costretta a fissarlo, ma non riuscii a trattenere le lacrime. Mi alzai di scatto.
<< Avevo paura! Cazzo. >> Spostai le mani di Puckerman e corsi in bagno, chiudendomi la porta alle spalle. Strisciai il mio corpo contro di essa, e lasciai andare le lacrime. Stavo facendo i conti con il passato in un tempo troppo breve, avevo bisogno di metabolizzare, di capire cosa stava succedendo, cosa provavo, cosa apparteneva al passato e cosa no, anche se lo sapevo benissimo. Qualcuno bussò. Mi alzai velocemente, e dopo aver asciugato il viso, aprii la porta.
<< Ehi, tutto bene? >> Il sorriso di Quinn mi distrasse dalle mie paranoie, e mi affrettai ad annuire e ricambiare il sorriso. << Posso entrare? >> Tentennai un attimo, ma poi pensai che era ormai inutile rifugiarsi in se stessi. Ero stata troppo tempo sola, a New York, e non ero più abituata all’idea che qualcuno fosse davvero lì per ascoltare me.
<< Sto… Sto bene, davvero. E’ che il viaggio è stato stancante e… >>
<< Sei una brava attrice, Rachel, lo sei sempre stata. Ma noi siamo i tuoi amici, ci siamo stati e ci saremo sempre. Vuoi spiegarmi cosa succede? >> Mi fissò, in attesa di una risposta. Guardai altrove, perché non volevo cedere, dovevo essere forte come lo ero sempre stata. Ma mi resi conto che in realtà non ero mai stata forte, piuttosto debole, impaurita e sola. Dovevo loro la verità, o almeno una parte.
<< Sono scappata, Quinn. Sono scappata dal mio sogno, dalla mia vita, da quello che è diventato un incubo. Credevo che tornando qui avrei sistemato tutto. Ma non è vero. Sto solo peggiorando le cose. Ho bisogno di star meglio, perché non credo di potercela fare. Sono sola, Quinn. Non ho nessuno. >> Passò un dito sulle mie lacrime, per cercare di fermarle, ma avevo bisogno di piangere, di sfogarmi, di raccontare la verità. Almeno qualcuno doveva saperla, era un peso troppo grande per una sola persona.
<< Ehi, ehi… Non sei sola, sai che siamo qui, che non… >>
<< Quinn, sono incinta. >>

  
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