Anime & Manga > Sugar Sugar
Segui la storia  |       
Autore: _morph_    02/03/2012    1 recensioni
Il segnale di aiuto che invia il cuore può essere recepito solo e soltanto dal destinatario che l'ha provocato. In questa storia vedremo una Chocola 15enne, sfinita dalle forti emozioni, troppo debole per continuare ad affrontarle, piena di lacrime da versare, piena di rabbia accumulata contro l'unica persona che abbia mai amato davvero, la vedremo combattero contro se stessa e contro i suoi sentimenti, tornando poi indietro, poiché soprafrfatta dal solo pensiero di poter vivere senza di "lui".
Genere: Drammatico, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<  
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Baby it’s hard

And it feel like you’re broken in scar

Nothing feels right

But when you’re with me

I make you believe

That I’ve got the key

Maroon 5: Moves Like Jagger

 

Si addentrò tra i corridoi, in cerca di qualcuno che gli dicesse qualcosa, anche la più insignificante delle parole, che gli confermasse tutte le fervide speranze in cui si era crogiolato nel lasso di tempo in cui, in realtà, avrebbe dovuto dormire. Intravide una delle ciocche castano ramate di Houx, accelerando di rimando il passo, senza che neanche fosse sua intenzione. Si lanciò in avanti, afferrandogli una spalla pur di fermarlo. Lo vide voltarsi, gracile come era sempre stato –come sta?- chiese laconico, continuando ad impugnare, con forse eccessiva forza, il suo braccio.

-riposa, il medico che l’ha visitata mi ha detto che non mangia abbastanza, che la situazione potrebbe peggiorare non intervenendo- annuì, nonostante le sue facoltà mentali furono ridotte a zero, visto l’immagine senza alcuna tempra della ragazzina dai capelli rossi che non vedeva l’ora di vedere, così da poter constatare con mano, che non era poi così grave, frase che si continuava a ripetere, ma di cui, purtroppo, non era certo –non è il caso tu entri- cercò di avvertirlo Houx, vedendolo sorpassarlo con una certa frenesia, raggiungendo la soglia della stanza di Chocola. Ma non osò pretendere di bloccarlo, per quanto tutti lo negassero, la sua presenza, aveva la sensazione, l’avrebbe riportata alla vita.

Si precipitò nella camera scura, illuminata appena da una fioca luce proveniente dalla piccola fiamma creata con la magia, proveniente da uno dei tanti oblò di cristallo posizionati sul comodino. Accanto, dove giaceva lei, c’era un letto a baldacchino –Chocola…- la richiamò flebilmente contando i passi che ancora lo distanziavano dal suo corpo. Riuscì a intravederne solo le spalle minute della ragazza, coperta da un lenzuolo di cui non riusciva a distinguere la tinteggiatura. Gli si strinse il cuore nel vedere la sua streghetta in quelle condizioni. Scostò con una mano i teli cadenti fino al materasso, notando le mani chiuse a pugno, tenute sul cuscino, accanto alla fronte, si sporse leggermente, riuscendo a ravvisare gli occhi verdi spalancati, dritti verso il muro. Si sedette con delicatezza, facendola appena sussultare per la sorpresa –come ti senti?- la ragazza inarcò un sopracciglio, infastidita dal suo improvviso –e innaturale- interessamento.

-bene- lo liquidò alzandosi le coperte fino al mento –che fai qui?-

-ero preoccupato per te- rispose in un sibilo, tentato dallo sdraiarsi accanto a lei e stringerla, anche contro la sua volontà, alla ricerca del suo calore.

-non ci provare Pierre, non provare nemmeno ad insinuare di sentire anche la minima emozione per me, perché non ci credo, non ci casco più- portò le ginocchia al petto, cercando di nasconderci nel mezzo, le lacrime traboccanti dagli occhioni smeraldi. Non controbatté, per qualche secondo, lasciando che la sua rabbia lo guidasse. Sapeva di avere poco tempo a disposizione per riuscire ad ottenere il suo perdono.

-credi che non ti abbia amata?- si sbilanciò nella sua impresa, scavando, con tutta la forza di cui era disposto, pur di spaccare quel muro di granito che lei aveva messo tra loro. La vide tirarsi su con uno scatto nervoso, puntando gli occhi nei suoi, le dita tremanti dal nervoso.

-non devi neanche pormela una domanda del genere. Tu non sai cos’è l’amore. Io ho rischiato la mia vita per te, ti avrei donato tutta me stessa se solo me l’avessi chiesto. Te ne sei sempre fregato di tutto, me compresa. Non c’è stata una singola volta in cui hai messo me prima del tuo gigantesco ego, prima della tua faccia! Quindi non farmi certe domande, Pierre. Continua a pensare a te, come hai sempre fatto, me la so cavare, non ho bisogno della pietà di qualcuno che è messo peggio di me- scandì accuratamente, intonando delle sfumature troppo rigide per fargli pensare di poter cambiare qualcosa.

Trafitto dalle lame della verità, tentò di avvicinare la mano alla sua, per sfiorarla, per provarle ciò che era stato corrotto dalle sue stesse scelte, ma la ritrasse, impaurita che la scottasse ancora; desiderosa che la prendesse, la costringesse ad ascoltare e provarle quanto quell’amore non fosse a senso unico. Ma lo vide alzarsi, senza avere nemmeno il coraggio di affrontarla, lasciandola in quel letto, divorata da se stessa, da lui, da tutto ciò che non avrebbe riavuto perché troppo lontano, troppo offuscato da ciò che aveva la precedenza in quell’intreccio di problemi che si scavalcavano, si schiacciavano, in attesa di arrivare alla verità, a ciò che avrebbe migliorato tutto. E loro erano lì, in coda, come tutti gli altri, ma senza oltrepassare, senza dare spintoni, lasciando libero il passaggio, evitando di arrivare al punto in cui avrebbero capito cosa c’era da fare, cosa avevano errato. Ma non volevano arrivare lì, Pierre le tendeva una mano per provare a guadagnarsi un posto, ma Chocola, chiusa nel suo nido d’api, rimaneva a fissare quella mano, rifiutandosi di vederla andare avanti senza di lei, ma non concedendosi di afferrarla.

Passarono un paio di giorni prima di ritrovare la forza di alzare il sedere da quel letto che l’aveva cullata, e tornare al suo posto, si sentì dire quanto i Malefici stessero rispettando un certo rigore, e quanto li aiutassero quando, in casi estremi, avevano bisogno di qualcuno che ci mettesse la mano. Da quando Chocola, sconfiggendo Ice, aveva purificato in parte anche i loro cuori, notò il cambiamento nei loro occhi, nel modo di vedere, di comprendere le cose. Non appena entrata nella sala dove si svolgevano le conferenze con i Saggi, e gli incontri forzati con Pierre, non poté fare a meno di notare il suo posto preso da Vanilla. Si incupì, nel percepire tutti gli occhi puntati verso di se, e nonostante tutto, la principessina non sembrava entusiasta di occupare quella poltrona –che succede?- sibilò rivolgendo uno sguardo carico di stupore a tutti i presenti.

-Pierre ha proposto di sostituirti, almeno per il periodo delle cure, così da non avere la possibilità di sgarrare solo perché la regina ha uno svenimento, abbiamo accettato Chocola, per precauzione, non appena sarai in forze tornerai a regnare- digrignò i denti nel sentire le parole di Glass. Un moto di irritazione le partì al centro della pancia, dilagandosi per tutto il corpo. Si avvicinò tintinnante a Robin, supplicandolo con gli occhi.

-Robin non permetterai di certo che accada- e nonostante la preghiera di una risposta affermativa, l’unica cosa che riuscì ad ottenere fu un il suo capo abbassato.

-è necessario, Chocola, non possiamo permetterci errori- chiuse i pugni, stupefatta dalla falsità delle persone su cui era convinta poter contare. Vanilla sibilò un flebile “scusa”, ma non diede neanche peso a lei, sapeva non avesse fatto nulla, non a dispetto degli altri. Percepì la nausea, la voglia di vomitare, per colpa di quel ragazzo che era riuscito a rovinarle, in soli pochi giorni, tutto. Sentì i suoi passi affrettati tentare di raggiungerla, non appena uscita dalla stanza.

-aspetta, Chocola!-si fece scivolare la sua supplica addosso, continuando a sentir rimbombare le parole di Glass nella testa, il suo nome venir ripetuto un’infinità di volte –fermati- le impose, prendendola per la vita e costringendola a girarsi. Sentì una scarica elettrica attraversarle le braccia, fino alla mano, che usò per colpirgli la pallida guancia, come per liberare su di lui la scossa.

-mi fai schifo!- gridò incontenibile –non ti bastava appropriarti del mio palazzo?! Dovevi manipolare anche il mio ruolo?!-

-ho agito per il tuo bene! Sei svenuta, non sei nelle condizioni di poter regnare, perché non capisci?- la ragazza strinse le mani, premendo le unghie nella pelle.

-ti odio. Io ti odio, con tutta me stessa, ti odio, vorrei non averti mai incontrato, vorrei sparissi dalla mia vita!- il tono glaciale lo spiazzò, riuscendo a fargli trattenere il respiro –vorresti agire per il mio bene?! Vattene. Sarebbe la soluzione migliore. Quando ci sei tu, quando semplicemente vieni nominato, nascono solo problemi! Vai, lo hai già fatto, sono abituata alla tua assenza da anni!-e in un battito di ciglia, capirono che il problema non era la sua sostituzione, continuava ad essere, da tempo, quel dolore asciutto che aveva respirato nell’aria senza nessun riguardo.

-se solo mi lasciassi parlare, ti spiegherei il motivo per cui me ne sono andato!- la rossa si accigliò, percependo il punto in cui stringeva con le dita, cominciare a pizzicare, non se ne preoccupò nemmeno, troppo concentrata com’era nello sfogare tutta la sua rabbia.

-non lo voglio sapere! Mi basta vedere che per cinque anni ho saputo che eri ancora vivo tramite i disastri che te e i tuoi fidati facevate, per farmi provare ripugnanza alla sola idea di una spiegazione!-

-sei una ragazzina testarda, mi ami e non lo ammetti, come sempre, vuoi me al tuo fianco e se solo provo ad avvicinarti mi respingi! Non potrai rinfacciarmi tutto all’infinito, prima o poi dovrai accettare l’idea di avere delle spiegazioni!- si irritò Pierre, dalla testardaggine della ragazza, nel voler adottare modi tanto bruschi e monotoni.

-io non ti amo e non ti voglio, non più! Tu sei solo capace di distruggere, ovunque passi crei dei danni, non sei stato neanche in grado di tener fede ad una fazione!- le lacrime riversarono da i suoi occhi, rendendo il suo viso paonazzo –perché mi hai lasciata?- sibilò frustrata, sentendosi il respiro mancare, sperando comprendesse che quella, più che una domanda, era un implorazione a fornirle una scusa quantomeno credibile, così da poter almeno giustificare l’accaduto.

-smettila di piangere- le impose atono, non lasciando trapelare neanche un minimo della preoccupazione che risiedeva nel suo cuore, mista all’incapacità di reagire a una situazione del genere.

-sei stato crudele, per cinque anni mi sono incolpata poiché non riuscivo a dare un senso a tutto- si sentì afferrare i polsi, a parte lo schiaffo, forse era il primo contatto che avevano. Ma di certo non percepiva la sua pelle vellutata, solo la forza delle dita affusolate scagliarsi violenta su di lei. Non osò chiedergli di lasciarla, desiderosa di ascoltare cosa aveva da confessarle.

-hai ragione, sono stato crudele con te, ma ti giuro che non ho agito da vigliacco. Non saresti qui se fossi rimasto…-

-mi sarebbe bastato rimanere con te- sussurrò non riuscendo a fermare quel pianto liberatorio. I loro occhi si incrociarono per un’istante, desiderosi di ricavare affetto l’uno dall’altro, di riprendersi tutto ciò di cui si erano privati –hai rovinato tutto- e così finendo, spinse via le sue mani, voltandosi.

-sei ancora mia, riuscirò a dimostrartelo- la ragazza fece un passo davanti all’altro, contandoli con lentezza. Si passò una mano su una ciocca ricaduta davanti al viso.

-è tardi, Pierre- non credeva che un giorno del genere potesse mai arrivare, ma aveva detto ciò che doveva dire, tutto ciò che pensava. Strinse i pugni, in un qualche angolo del suo cuore, ancora sperava non finisse così, di non dover rinunciare a lui. Ma non poteva permettere alla sua dignità di venir calpestata da lui, dal suo modo di fare. Si sentì avvinghiare per le spalle, le braccia avvolgerla, il suo calore di nuovo addosso.

-giurami di non amarmi, giuramelo, e ti prometto di andarmene- in quell’istante, se anche avesse voluto, non sarebbe stata in grado di comporre una frase di senso compiuto. Sentiva il suo alito sul collo, il calore invaderla avvolgendola in un’innocenza dai riflessi tetri e inspiegabilmente attraenti. I battiti del cuore accelerati ma comunque in perfetta sincronia. Irrigidì la mascella nel percepire la sua mano, risalire lentamente il corpo fino alla guancia candida, che tastò indisturbato, assaporandone la consistenza. Nonostante fosse voltata di spalle, poteva perfettamente recepire la soddisfazione che sentiva in quel delicato contatto. D’altra parte, lei, nell’ascoltare il suono della sua voce, per la prima volta così malleabile, così permissiva, provò un’insensata beatitudine, così come nel cogliere quell’invito così esplicito, quasi arrogante, nel lasciarsi andare. Voltò il viso, pensando di riuscire a dire qualcosa, pensando di poter contrattare così facilmente con il nemico. Ma era troppo esposta, forse entrambi lo erano, e di contrattare non se ne parlava, non in una situazione così ferma, così sorda e immobile.

Vide gli occhi verdi incastrarsi nei suoi, rimase estasiato nel notare il rossore delle labbra carnose. Ne era sempre stato attratto, da quei contorni disegnati, quella purezza e ingenuità. Si chiese quanti dopo di lui avevano avuto l’onore di assaggiarle tanti, probabilmente, forse troppi si rispose comprendendo la bellezza di cui la ragazza era padrona, dell’effetto che faceva su chi la guardava. Il suo modo di fare, la sua spontaneità, erano diventati una calamita per gli occhi, veniva vista come un’inspiegabile richiamo. Perfino in Silvet, che l’aveva sempre ritenuta un’ingenua ragazzina, aveva scovato un’ombra maliziosa nel vederla sorridere spensieratamente.
Le puntò due dita, alzandole il volto con gentilezza. Non vedendo contestazioni in lei, si avvicinò senza indugio a quei boccioli che per lui erano una meraviglia, che per primo aveva saputo cogliere, come un frutto. Le assaporò una seconda volta, con troppa distanza temporale. Ma forse era meglio così, erano più grandi, più maturi. Sentì il suo sapore nella bocca, le sue labbra rispondere con frenesia, e fu come tornare a respirare. Non appena la fece voltare, sentì le sue dita affondare nei suoi capelli biondi, arrivare a mettersi in punta di piedi pur di non perdersi niente. La strinse per la vita con un braccio, facendo aderire i rispettivi corpi. La scontrosità di quei baci, la rabbia messa nel contatto tra le loro lingue, faceva ormai parte del gioco che avevano iniziato. Sentirono un rumore di passi percorrere il corridoio che li distanziava dalla sala delle riunione –Pierre, sta arrivando qualcuno…- mugugnò cercando di allontanarlo, ma ogni qual volta le loro labbra subivano un contatto, ricadevano nella tela –Pierre…-

 

Commenti dell’autore:

ciao a tutti! Finalmente ce l’ho fatta a far succedere qualcosa! Non potevo più aspettare :D
Ci voleva però la sfuriata di Chocola, almeno adesso il principino ha i sensi di colpa con cui fare i conti C: vorrei consigliare una canzone che mi ha fatto letteralmente innamorare (lo so che non c’entra niente, ma non so di che blaterare) rolling in the deep, ma non cantata da Adele (sono una sua devotissima fan), dai Linkin Park, è meravigliosa *-* ok, sto rompendo, vi lascio.

Morph

   
 
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<  
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Sugar Sugar / Vai alla pagina dell'autore: _morph_