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Autore: thankyoujoseph    02/03/2012    3 recensioni
“Era lì, copriva delle cicatrici tanto profonde e visibili, che nessuno avrebbe mai pensato che sarebbero potute guarire”
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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To write love on her arms. ~

Il fumo di condensa usciva denso dalle bocche di 23 studenti, fin troppo scocciati per ascoltare davvero la lezione di religione all'aperto, di uno scomodo 18 ottobre.
“Fa troppo freddo per essere ottobre.” Pensò Alexandra “ E questo cazzone non può davvero pretendere di farci fare lezione nel cortile, qui congeliamo tutti.” aggiunse nella sua mente.
Non appena si sedette sull'erba bagnaticcia sentì le calze nere bagnarsi. “Vaffanculo, poi dici uno non deve bestemmiare.” penso sarcastica.
Borbottò una frase come “Maledetto professore, maledetta scuola. Maledetto tutto.” che attirò l'attenzione di tutti quelli che erano attorno a lei.
« Hai qualche problema Alexandra?» domandò Charlie, quello che Alex considerava una spece di prete mancato, in poche parole, un ciccione alto mezzo metro, che professava la parola di Dio, e probabilmente si asteneva anche dal sesso, constatata la sua irrascibilità giornaliera.
« Io no. Lei?» domandò sarcastica mettendosi la felpa sotto al sedere, per evitare di bagnarsi anche i jeans corti. Charlie annuì con ovvietà.
« Si, sei tu. Che cosa stavo dicendo?» domandò con tono di sfida.
Alex guardò il professore inarcando un sopracciglio, e poi frugò nella borsa distratta «Cazzate.» rispose « Enormi, megagalattiche, cazzate.».
Charlie guardò su e prese un respiro profondo « Non tollero questo linguaggio in classe mia.»
« Non siamo in classe, siamo in un fottuttissimo giardino, a morire di freddo perché a lei è venuta la magnifica idea di uscire dalla classe. » si lamentò Alex guardando l'ora sul cellulare.
« Alzati, e vieni qua.» ordinò il professore assumendo un tono serio. Alex sbuffò e si alzò di slancio mettendo la tracolla in spalla, si fece spazio tra gli altri, con i suoi anfibi neri di pelle ed andò vicino Charlie.
« Stavamo parlando dell'amore. L'amore che cristo ha avuto per l'umanità.» Alex fece una smorfia.
« tutte cazzate » ripeté ancora. « L'amore tra un uomo e qualcosa che ancora nemmeno esisteva? Non credo che cristo si sia suicidato per le mie sigarette o le mie scopate occasionali.» sputò fuori con una tranquillità assurda.
« Alex! Tu non tieni a nulla? » domandò alterato « Non c'è nulla al mondo per cui moriresti? ».
La mora guardò su e fece spallucce «Ovvio. C'è.» abbassò subito la testa come se quel discorso fosse l'ultima cosa al mondo a cui voleva assistere. Per quanto la riguardasse, lei non era brava, a parlare di tutte quelle cose che riguardano le emozioni, e i sentimenti, anzi provava ribrezzo per quella specie di discorsi, tanto da farle venire il prurito, e la pelle d'oca.
« E parlaci di questo allora! Perché davvero Alex, qui tutti pensiamo che tu sia una specie di robot. » ammise il Charlie posandosi contro il muro.
Era quello che pensavano tutti, perché non era come le altre, non si alzava un'ora prima la mattina per prepararsi a pennello per sei ore di scuola, perché stava sempre sola, non era mai uscita con qualcuno della scuola, e nessun ragazzo era mai andata a prenderla all'uscita, non aveva mai parlato di un ragazzo, di un'amica non aveva mai detto di voler bene a nessuno, e tanto meno mostrava di voler bene a se stessa.
Alex si spostò il ciuffo dal viso lasciando spazio alla pelle chiarissima, che quasi rifletteva la poca luce del cortile.
« Voi non sapete minimamente di cosa sta parlando. » sputò fuori con tono velonoso « Voi vi alzate la mattina, vi conciate per le feste, guardate il vostro bel visino allo specchio e lo ricoprite di trucco, per coprire tutte le cazzate che dite, voi maschi invece vi alzate, vi infilate una cazzo di tuta di qualche squadra straniera di cui non sapete nemmeno pronunciare il nome e il vostro capellino a fior di capello e vi atteggiate a grandi uomini, quando l'unica cosa che fate è ragionare con quegli otto centimetri di pisello che vi ritrovate. » concluse facendo per andarsene.
« Alex! Non ti permetto di parlare così ai tuoi compagni, tanto meno a me!» la riprese nuovamente Charlie, ma Alex era scocciata, perché dopo 6 ore di lezione, non reggeva più la presenza di tutte quelle persone, di tutti quegli ordini, quei richiami, a loro non andava bene che lei dicesse la sua, per questo se ne stava sempre per fatti suoi, ma spiegarlo, era troppo difficile, perché sapeva che non avrebbero capito.
« Professore la lasci andare. » disse una voce da infondo al gruppo « Non lo vede? Vuole avere solo il suo quarto d'ora di popolarità durante l'anno, altrimenti tutti penserebbero che sia solo una parte del mobilio della classe, la lasci andare.» Darren, maledettissimo Darren.
Alex lo guardò con tono di sfida e lasciò cadere la tracolla a terra, come se volesse buttarsi addosso a lui, per sfregiargli il viso, o chissà cosa, ma rimase immobile.
Erano tutti pronti ad osservarla, tutti che scrutavano le sue calze nere, i jeans corti , e la giacca di pelle nera, i mille ciondoli pententi e i bracciali, quasi fino a sopra al gomito, come se dovesse nascondere qualcosa.
« é come un tatuaggio.» disse farfugliando « I tatuaggi sono indelebili, non vanno via mai, nemmeno dopo anni, e anni. Se pensate di aver amato un ragazzo, e ora non lo fate più, non era amore, perché se lo fosse stato, l'amore non sarebbe svanito.
Deve essere come un tatuaggio.» Alex si alzò leggermente la manica sinistra della giacca di pelle, e sfilò 3 o 4 bracciali.
Nessuno aprì bocca, sulla sua pelle diafana, chiara come il latte, fiorivano tanti piccoli “ghirigori” ancora più bianchi, fino al gomito, dal polso al gomito, ma dove questi sembravano essere più marchiati, più profondi sorgeva un tatuaggio, che a contrasto alla sua pelle, sembrava essere nero come la pece, per niente sbiadito, probabilmente era anche fatto da poco, si adagiava delicatamente su quei segni, coprendone una gran parte, anche se rimasti ancora visibili, sembrava che il tatuaggio fosse stato messo lì come per sanare la situazione, era ciò che era arrivato dopo, ciò che aveva guarito.
« Quello è il tuo “Amore”?» mormorò il professore, con un tono ironico nella voce. Alex lo fulminò e si abbassò la manica nuovamente, non aveva intenzione di ridicolizzarsi con qualche discorso sdolcinato su ciò che per lei era il “vero amore” anche perché non lo sapeva, quindi lì guardò per un secondo, rimettendosi la tracolla in spalla.
« Per me è semplicemente una questione di guarigione, un giorno è arrivata questa persona che è stata in grado di guarire, di aggiustare, e di aiutarmi a sistemare ciò che c'era di rotto in me, e non l'ha fatto con il sesso, o con un bacio, l'ha fatto con la voce. E qualunque persona che sia in grado di salvare vite umane, con una parola, merita amore, e riconoscimento.» la campanella suonò non appena Alex terminò il suo discorso.
La classe rise della compagna, guardandola come facevano sempre con l'aria pronta a giudicare.


Lui per lei era un tatuaggio sulla pelle, lo era davvero. Era lì, era visibile, possedeva una parte di lei, che nessuno aveva nemmeno mai conosciuto, nemmeno lei stessa.
Era lì, copriva delle cicatrici tanto profonde e visibili, che nessuno avrebbe mai pensato che sarebbero potute guarire, era la sua forza, la sua determinazione, perché ogni volta che stava male, le bastava guardarsi il polso, per capire che al mondo, lontano chilometri, dopo un oceano di distanza, c'era qualcuno che l'avrebbe sempre apprezzata, qualcuno il cui sorriso le avrebbe sempre dato la forza necessaria ad andare avanti, e non le importava se il mondo la considerasse quella strana, quella sola, lei era felice, perché sapeva che lui, in qualche parte del mondo, stava respirando proprio come faceva lei, e finché lui, avesse continuato a farlo, lei avrebbe avuto una ragione al mondo per rimanere viva.
   
 
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