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Autore: lelle31    03/03/2012    2 recensioni
Che succederebbe se una ragazza appena arrivata in città si trovasse invischiata nel caso Kira? E se la stessa ragazza fosse entrata a contatto con un Death Note in precedenza? E se, come se non bastasse, fosse già morta una volta? Potrebbe spezzare l'apparente quiete di una persona, cambiando non solo il suo destino, ma anche quello di molti altri? Leggete e scopritelo.
Genere: Mistero, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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 SELENA POV
 
“Vuoi spiegarmi tutta questa improvvisa voglia di tornare all’università?” domandai irritata, guardando male il ragazzo pallido e apparentemente apatico che camminava al mio fianco.

Eravamo ormai quasi a metà marzo, la leggera brezza primaverile si stava lentamente sostituendo alla gelida tormenta invernale che tanto avevo odiato, ma questo non significava che potevo esimermi dall’indossare una giacca di jeans ogni volta che uscivo. E nonostante ciò, la persona che avevo accanto, non aveva abbandonato il suo look valido 4 stagioni su 4, costituito da maglia a maniche lunghe bianca e jeans scoloriti, in nessuna occasione.

Sembrava che il clima, come molti altri fattori ai quali l’umanità era soggetta, non lo sfiorasse minimamente. Io, al contrario, freddolosa di natura, mi stavo stringendo le braccia al petto, irrigidita dall’aria mattutina.

“Devo pur farmi vedere ogni tanto, o la gente si potrebbe insospettire” rispose Ryuzaki senza scomporsi, osservandomi con la coda dell’occhio. Probabilmente voleva vedere la mia reazione alle sue parole. O forse, più semplicemente, stava seguendo uno dei suoi contorti schemi mentali, che prevedeva l’analisi accurata di ogni mio più piccolo sospiro.

Il  che in sé e per sé, non rappresentava una novità, dal momento che lui amava avere tutto ciò che lo riguardava sotto controllo, però quel giorno sembrava essere più paranoico del solito. E non era affatto difficile capire perché.

“ Mi è parso che ieri con gli agenti i toni fossero piuttosto accesi” buttai lì, ben attenta a tenere lo sguardo fisso davanti a me. Percepii comunque tutta la pesantezza della sua occhiata penetrante, sentendomi sollevata per non avergli dato la possibilità di incontrare i miei occhi. Troppo spesso avevo l’impressione che fissandoli, riuscisse a intravedere le parti più segrete e nascoste della mia personalità, quelle che ritenevo deboli e che non sopportavo mostrare.

Ma soprattutto ero sicura che fosse in grado di cogliere i miei pensieri e le mie preoccupazioni più grandi.

E in quel preciso momento c’erano cose che preferivo tenere per me.

“ Qualcuno di  loro si è innervosito un po’, mi dispiace se ti abbiamo disturbata” disse in tono indifferente, scartando un paio di caramelle e mettendosele in bocca.

“Non c’è problema” risposi automaticamente, mentre pensavo che in effetti non mi avevano affatto disturbata. Avevo passato l’intera domenica a letto a rimuginare sui fatti inquietanti e dolorosi del pomeriggio precedente, guadagnandoci in caos mentale e depressione. A un certo punto, proprio quando il pensiero della figlia di quel povero criminale che mi era morto davanti agli occhi era diventato insopportabile, quelle voci alterate erano state capaci di riportare la mia attenzione sul presente.

Il quale, tanto per la cronaca, non si prospettava particolarmente roseo. L’avevo compreso dall’espressione preoccupata che avevo colto sul viso di Watari, quando mi aveva molto gentilmente portato una tazza di the e dei biscotti. Ovviamente non si era lasciato scappare nulla nel quarto d’ora di chiacchiere che ci eravamo scambiati, ma io avevo comunque afferrato cosa stava succedendo. In virtù di ciò, considerai davvero rincuorante il fatto che quello scaltro signore mi stesse simpatico, perché avrei passato ancora parecchio tempo in compagnia sua e di Ryuzaki.

E non certo come libera e volontaria ospite.

Sospirai. Più cercavo di allontanarmi dai problemi, più quelli venivano a cercarmi. Che la chiave per trovare pace, fosse accettare che non avrei mai avuto una vita normale?

“Sembri pensierosa” commentò Ryuzaki, al quale non sfuggiva mai nulla.

“Lo sono” ammisi, visto che tanto negare non avrebbe fatto altro che aumentare la sua curiosità. Meglio essere sinceri e concisi, evitando di dargli appigli per i suoi giochetti mentali. Non avevo proprio voglia di dargli corda in quel momento.

“Qualcosa ti turba” aggiunse poi, di punto in bianco, mantenendo la solita impeccabile imperscrutabilità. Stupita, mi bloccai sul posto e lo guardai. Fu un grosso errore, ma me ne accorsi troppo tardi.

“Beh, sai sto cercando di elaborare la morte di una persona. Non la conoscevo e magari non si era comportata particolarmente bene con me, però penso di essere giustificata se per qualche giorno non mi sentirò felice e contenta” ribattei, in tono scontroso. Non capivo l’utilità di sottolineare ciò che era evidentemente e dolorosamente ovvio. E che peraltro costituiva meno della metà delle mie reali preoccupazioni.

Ma questo Ryuzaki non lo sapeva. O meglio, non lo aveva saputo finché in maniera stupida e ingenua, non ero caduta nel suo tranello. Poiché ora lui mi teneva inchiodata con i suoi occhi neri e profondi, analizzando l’universo di confusione emotiva che la sua precedente affermazione aveva riportato in superficie.

I miei più sinceri complimenti, detective, pensai, Ci sai davvero fare.

“Non mi riferisco solo a  questo” dichiarò, dopo avermi esaminata a fondo “Qualcosa ti agita da molto più tempo. E sospetto che tu stia disperatamente cercando di tenermene all’oscuro”. Nel pronunciare quest’ultima frase il suo atteggiamento cambiò leggermente. Il suo sguardo si accese, la voce lasciò trapelare un briciolo di arroganza.

Sapeva di aver fatto centro. E la mia espressione apertamente allibita, glielo stava confermando in pieno.

Ma come diavolo faceva? Chiusi gli occhi e presi un bel respiro, nel tentativo di ritrovare il controllo.  

“Può darsi” dissi, tra i denti “ Però hai mai pensato all’eventualità che non siano affari tuoi?”. Tornai a guardarlo torva, sentendomi molto soddisfatta della mia risposta. Come intendeva ribattere adesso, eh?

“Potresti avere ragione” ipotizzò, portandosi il pollice alle labbra, in una posa riflessiva che gli avevo visto assumere più volte. “Tuttavia, sarebbe interessante sapere come facevi a conoscere l’identità e la situazione familiare di Eisuke Tanaba”.  

Oh, merda. Questa proprio non me l’ero aspettata.

Deglutii a fatica, consapevole che dovevo trovare qualcosa da dire e alla svelta. Tacere avrebbe significato confermare le sue supposizioni, qualunque esse fossero. Dopotutto devi solo spiegargli che a volte hai delle “intuizioni” fin troppo precise, mi incoraggiai, Quanto può essere difficile? Troppo. E ad essere del tutto onesti, era anche un tantino inverosimile.

“Io … ecco …” cominciai, prendendo un bel respiro e tenendo lo sguardo rigorosamente incollato al suolo. Non mi sarei lasciata fregare una seconda volta, anche se il vuoto assoluto che avevo in testa probabilmente non gli avrebbe fornito chissà che informazione.

In effetti, l’unica cosa a cui riuscivo a pensare era la profonda ingiustizia di dovermi confrontare con un super genio dotato di tutte le capacità mentali e delle risorse pratiche per essere sempre un passo avanti al mondo intero, completamente disarmata.

O forse no. Per la prima volta, fui lieta di registrare l’inquietante presenza che sentivo avvicinarsi …  “Ciao Light” cinguettai, rivolgendo al nuovo arrivato un sorriso smagliante.

“Ciao Selena” disse lui di rimando, lievemente sorpreso. Sì, ammetto che di solito non mi mostravo così entusiasta di vederlo, ma avevo i miei motivi. Motivi che mi portavano a non fidarmi per niente di lui e a mantenere alta la guardia quando era nei paraggi.

“Ryuzaki” lo sentii intanto salutare, in tono un po’ più rigido.

“Light” rispose quest’ultimo, assumendo un’espressione indecifrabile.

Improvvisamente, notai nell’atmosfera un’elettricità che prima era stata assente. Sembrava che due forze potenti e contrarie stessero cozzando l’una con l’altra fino a produrre un gran numero di scintille.

Decisi che quello era il momento perfetto per uscire di scena, anche se sarei stata davvero curiosa di capire cosa stava succedendo.

“Cavolo è tardissimo!” esclamai, dunque, falsamente agitata “ Devo proprio andare a lezione. Ci vediamo dopo ragazzi”. I due mi rivolsero un tranquillo cenno di saluto (Light) e un’occhiata penetrante che pareva significare “ Prova pure, tanto non puoi sfuggirmi” (Ryuzaki).

Me ne andai, percorrendo il cortile a grandi falcate e cercando di non pensare all’implicita minaccia che mi aveva fatto rabbrividire. Una volta all’interno dell’edificio, svoltai in direzione della mensa, la attraversai quasi correndo e spinsi la porta antincendio. Ero di nuovo fuori, ma sul retro dell’università. A quell’ora non c’era praticamente nessuno per fortuna, così mi sedetti ad uno dei tavoli, nel tentativo di calmarmi.

Le cose non si stavano mettendo bene. Proprio per niente.

Avevo preso tempo, e questo, tutto sommato, poteva rivelarsi positivo, tuttavia, prima o poi, avrei dovuto rivelare la verità.

Il problema era che neanche io riuscivo a crederci. Non lo avevo mai voluto fare davvero e ora accettare di avere un … dono? Una maledizione? Un cervello straordinariamente capace in campo percettivo? … era diventata una questione di vitale importanza.

Chiusi gli occhi, sospirando. Nel corso della mia vita mi erano successe molte cose, troppe da elencare, che non sembravano avere a che fare con il mondo logico e scientifico di cui comunemente si ama vantarsi. Persino laddove la mia memoria era rimasta danneggiata, anche in quei mesi bui e oscuri, sapevo che qualcosa di sovrannaturale era intervenuto. Altrimenti non si riusciva a spiegare la mia misteriosa sopravvivenza.

Se in quel momento potevo pensare, respirare, sentire, era unicamente perché qualcuno o qualcosa di potente l’aveva voluto. Ne ero consapevole, a un livello molto più profondo di quello razionale. Ed essere o meno cristiana non c’entrava niente.

Detto ciò, per quale motivo mi risultava così complicato ammettere che potevo realmente fare quello che avevo fatto con Eisuke? Dalla reazione che aveva avuto, ero certa di non essermi sbagliata. Avevo letto con precisione dentro di lui, come anni prima leggevo dentro altre persone, senza nemmeno accarezzare l’idea di dover venire a patti con questa capacità.

Accadeva e basta. I miei genitori lo chiamavano “grande istinto” e per me era una perfetta spiegazione. Loro naturalmente non sapevano che alle volte percepivo molto di più. Non immaginavano che la maggior parte dei miei cattivi presentimenti si avverassero regolarmente o che avvertissi lo svolgimento di eventi a cui non presenziavo in maniera diretta, come due notti prima.  

E ora mi sarei ritrovata a spiegare a Ryuzaki quanto delle sensazioni apparentemente infondate e non sempre collegabili a qualcosa di materiale, fossero spesso la mia personale chiave per conoscere la realtà. Avrei voluto fidarmi io stessa di quel tipo di segnali che ricevevo.

Probabilmente se l’avessi fatto, avrei evitato il salto di trenta centimetri che mi causò la sorpresa di una mano improvvisamente posata sulla spalla. “ Scusa non volevo spaventarti” ridacchiò Rossella, dopo aver ascoltato una coloratissima imprecazione nella nostra lingua natale.

“Scusami tu” risposi, facendole posto sulla panca “Ero leggermente sovrappensiero”.

“Me ne sono accorta” commentò divertita, mentre appoggiava sul tavolo una serie di libri e un paio di riviste. Ne presi una e cominciai a sfogliarla. Era tutta in giapponese.

“Vuoi farmi leggere questa?” domandai nervosa, di fronte a quel vortice di ideogrammi. Quella mattina, siccome la lezione era stata posticipata, ci eravamo messe d’accordo per cominciare a inculcarmi un po’ della lingua locale. Però cominciare così drasticamente, mi ispirava una certa agitazione.

“Solo dopo che avrai preso confidenza con questo grande libro blu” ribatté, aprendolo e mettendomelo sotto il naso. La successiva ora e mezza mi permise di comprendere che dopotutto, l’impresa in cui mi ero imbarcata non era impossibile, ma avrebbe richiesto tempo e pazienza.

“Davvero i giapponesi utilizzano tre alfabeti?” chiesi incredula, a un certo punto. “Eh già” confermò Rossella “Ma consolati. Ti serviranno tutti e tre ”. Ah, beh, ora sì che ero più tranquilla! Poco dopo la mia infelice scoperta, decretammo una pausa.

“Senti posso chiederti una cosa?” se ne uscì la mia nuova insegnante. “Certo” la incoraggiai, scartando una merendina al cioccolato, davvero molto invitante. Probabilmente stavo esagerando con le schifezze, ma avendo uno zuccheri dipendente costantemente vicino, non riuscivo realmente a sentirmi in colpa.

“Non vorrei sembrarti invadente” esordì cauta, mettendomi automaticamente sul chi vive “ Ma … tu stai bene? Voglio dire, dopo quello che è successo al centro commerciale? Perché io non faccio altro che pensarci e ogni volta che chiudo gli occhi rivedo … quell’uomo” pronunciò l’ultima parola in un tono che mi fece capire quanto la faccenda l’avesse sconvolta.

Beh, non era l’unica.

“Ti capisco perfettamente” ammisi, sentendo la massa di emozioni confuse dibattersi di nuovo per uscire “ E no, non sto affatto bene”. Alla mia dichiarazione, seguì un momento di silenzio, durante il quale una nuvola oscurò il sole. Il tempo del mio breve buonumore pareva essere finito.

“Ne vuoi parlare?” si offrì Rossella, dopo un po’. Adesso il suo sguardo si era fatto preoccupato e attento, proprio come quello di una vera amica. Cosa che per me stava diventando, visto che era l’unica persona di cui mi fidassi in quel momento e anche la sola a cui mi sarebbe piaciuto rivelare i miei problemi. Ma naturalmente, come al solito, questo non era possibile.

“ Grazie, ma io …. Ecco credo sia meglio …” mentre parlavo, mi resi conto che ero davvero stanca di mentire. O di subire imposizioni. A che pro poi? Tutto ciò che mi ero guadagnata, consisteva nel sembrare ancora più colpevole di crimini che non avevo commesso.

Qualcosa scattò in me, sull’onda di quel pensiero. Qualcosa che riempì i miei occhi di lacrime e che ruppe tutte le barriere della razionalità. “ … Sì, maledizione, non ce la faccio più a tenermi tutto dentro” singhiozzai, fuori controllo.

“Vieni qui” mormorò Rossella, abbracciandomi “Sfogati”. E mi sfogai. Non dissi tutto ciò che avrei voluto e spesso dovetti adattare la verità. Però bastò a farmi sentire meglio.

“ … sono davvero molto spaventata” confessai, infine” Da quello che è successo sabato pomeriggio, da tutte le attenzioni e le domande da cui verrò subissata non appena qualcuno si accorgerà che io sono la stessa ragazza che è stata tenuta in ostaggio da una vittima di Kira e soprattutto” presi un bel respiro, prima di proseguire” da quello che … Ryuga potrebbe pensare di me”.

Ancora faticavo a ricordare il nome che usava Ryuzaki all’università, però le poche volte che mi capitava di nominarlo direttamente, cercavo di non sbagliarmi. “Aspetta un momento” mi fermò la mia amica, fissandomi con uno strano sguardo “Non capisco la ragione per cui Ryuga dovrebbe pensare qualcosa che tu non vorresti sul tuo conto, ma prima di questo, sei davvero convinta che tutti sappiano cosa è successo al centro commerciale?”.

“Certo” replicai, sbigottita davanti al suo dubbio “Lo avranno visto al telegiornale, no? O su Youtube. Sono sicura che qualche idiota avrà ripreso l’intera scena e si sia sentito in dovere di condividerla. Anzi, è solo strano che da casa non mi abbiano già chiamato per assicurarsi che io stia bene” e tirai fuori il cellulare, constatando per l’ennesima volta che non avevo messaggi o chiamate perse.

Questo non era affatto normale. La mia famiglia in teoria a quel punto avrebbe già dovuto cominciare ad andare fuori di testa e a minacciare di venire direttamente qui a recuperarmi. Invece ancora nulla. Possibile che neanche loro avessero guardato la TV il giorno precedente?

“E a meno che non sia tu a dirglielo non lo faranno, tesoro” la voce trionfante di Rossella, interruppe le mie congetture “ La notizia è passata ovviamente, ma non si fa alcun riferimento a te. Ho controllato anche su internet e tutti i video sono stati rimossi. Mi è parso davvero insolito, però se non altro, risolve il tuo problema”.

Dopo un primo attimo di gioia e sgomento, concordai con lei sul fatto che era davvero strano. Il giorno seguente al mio miracoloso risveglio, avevo saputo che mio padre si era dovuto battere molto per non fare finire il mio nome sul giornale, a causa delle indagini della polizia su Chris, l’incidente e il suo misterioso suicidio.

Ma stavolta chi si era preso la briga di intercedere per me? L’istante successivo mi diedi della cretina. C’era un’unica persona che poteva averlo fatto. “E’ stato lui” sussurrai, a voce bassissima.

“Cosa?” chiese Rossella, osservando confusa la mia espressione deliziata e incredula allo stesso tempo.

“Niente” risposi, asciugandomi gli occhi con una mano e alzandomi in piedi “ Ti va di fare un giro? Ho bisogno di svagarmi un po’, dopo tutta questa depressione. E poi c’è un posto qui di fronte dove mi piacerebbe andare”. 

“O… kay” accettò la mia interlocutrice, evidentemente messa alla prova dal mio repentino cambio di stato d’animo. Perplessa, seguì il mio passo veloce e deciso fino all’ingresso.

A quel punto la informai sulla nostra meta. Rossella si mise a ridere e disse “Avrei dovuto immaginarmelo”.

Sorrisi di rimando, consapevole che aveva ragione.


^^^^^^^^^^
 
 
 
POV L
 


“Ho assoluto bisogno di parlare con questa ragazza, la prego” disse un ragazzo alto e biondo in tono persuasivo, alla segretaria di turno all’università.

Ormai erano quasi dieci minuti che provava senza successo a estorcerle le informazioni che gli servivano e, malgrado fosse l’unico campo in cui le mie conoscenze scarseggiavano, sospettavo che la diligente e ordinata quarantenne dietro la scrivania, fosse totalmente immune al suo fascino.

“Per l’ennesima volta, le ripeto che non sono autorizzata a distribuire dati e orario delle lezioni degli studenti agli estranei. E se continuerà con la sua inutile testardaggine, sarò costretta a chiamare la sicurezza” lo avvertì infatti, mantenendo un atteggiamento composto, ma deciso.

“Capisco, però io non sono un estraneo” replicò il ragazzo, con un sorriso rassicurante, stampato in faccia “ Ci conosciamo da una vita io e la signorina Clark”.

“In tal caso, sono certa che potrà rivolgersi direttamente alla sua amica. E ora, se non le dispiace, devo rispondere al telefono. Le auguro una buona giornata” lo congedò la donna, secca e asciutta, continuando a portare avanti i propri compiti come nulla fosse.  

Il biondo rimase a bocca aperta per qualche secondo, ma poi accettò la sconfitta e si appoggiò contro il muro, a qualche metro di distanza.

Avevo osservato i suoi movimenti abbastanza a lungo, da sapere che sotto la facciata incurante, era furioso per non essere riuscito a ottenere ciò che voleva. Non era un tipo che si sentiva spesso dire di no e questa volta supponevo che la posta in gioco fosse particolarmente alta.

Sì, stimavo al 60 % la probabilità, che incontrare Selena fosse per lui una questione di vita o di morte. Oltre a costituire uno sviluppo interessante e potenzialmente problematico della situazione.

“Ehi, Ryuzaki perché continui a fissare quel tipo?” domandò Light a voce bassa, distraendomi all’improvviso dal mio flusso di pensieri. Mi girai a fissarlo negli occhi. Anche dietro la sua postura elegante e i suoi modi gentili, ero convinto si nascondesse una persona diversa, capace di portare avanti un assurdo progetto omicida.

Non importava cosa credessero gli agenti, io continuavo a riporre fiducia nella correttezza della mia ipotesi sull’identità di Kira. Ma per scacciare qualunque dubbio al riguardo, avevo invitato Aizawa e chiunque, alla luce degli avvenimenti del precedente sabato, avesse dei sospetti sul conto di Selena, a pedinarla, come era solito fare Matsuda. E nutrendo io stesso qualche scrupolo mi ero unito al gruppo.

Normalmente preferivo non espormi così tanto, ma quel caso stava prendendo pieghe sempre più inaspettate e mettersi in gioco sembrava l’unica maniera efficace per risolverlo. Così coglievo anche l’occasione per non perdere di vista il mio sospettato numero uno.

“Cos’è indaghi anche su di lui?” chiese sarcastico, quando il silenzio si protrasse troppo a lungo.

“No” ribattei indifferente. Non ancora, aggiunsi dentro di me, con inspiegabile astio.

Qualche secondo dopo, Selena e due delle sue amiche, Rossella e Tomoko,  uscirono dal bagno delle ragazze, accanto alla porta del quale, stavamo parlando io e Light.

“Beh, che fate qui appostati?” borbottò Selena, portandosi le mani sui fianchi.

“Vi aspettavamo per andare insieme a criminologia” risposi, notando quanto il vestito viola che indossava le stesse bene. Contemporaneamente, vidi lo sguardo del ragazzo biondo, ancora appoggiato alla parete, accendersi e fissarsi su di lei, che gli dava le spalle, ignara delle sue attenzioni.

“ Già, dimenticavo che è l’unico corso che abbiamo in comune con legge” stava intanto dicendo Selena, gli occhi rivolti al cielo. “A proposito” aggiunse, con una leggera sfumatura vendicativa “Moko non dovevi dire quella cosa a Light?”.

“Come?” boccheggiò l’interessata, assumendo una sfumatura rosa accesa in volto.

“Ma sì, dai, quella cosa” diede man forte Rossella, visibilmente divertita “Vengo anche io con te”.

“ Buona idea” annuì Selena soddisfatta e le due si diressero verso un confuso Light, allontanandosi con lui. Mi concentrai allora su di lei, curioso di scoprire il fine di tutta la sceneggiata.

“Tieni” disse mentre sventolava un sacchettino bianco che aveva appena tirato fuori dalla borsa. Lo presi e sbirciai all’interno.

Biscotti. Il profumo mi arrivò alle narici, ancora prima che potessi metterli a fuoco. Ne assaggiai uno, gustando il sapore risultante dal connubio di cioccolato, caffè e zucchero a velo.

“Grazie, sono davvero ottimi” commentai, colpito.

“Grazie a te” replicò lei, la riconoscenza che le traboccava nella voce e nei gesti “So che avevi i tuoi motivi per farlo, ma evitare di finire sulla bocca di tutti a causa di un morto, un’altra volta, significa molto per me e per la mia pace interiore. Quindi, in cambio, risponderò alla tua domanda di stamattina e  a tutte quelle che ti verranno in mente. Però ti conviene prepararti perché non sarà un racconto breve”.

Le sue parole avevano destato il mio interesse per diversi motivi, ma mentre la ascoltavo non riuscii a distogliere lo sguardo dal biondo che continuava a fissarla intento e immobile. A un certo punto se ne accorse anche lei.

“Si può sapere cosa stai guardando?” sbottò seccata, voltandosi verso la fonte della mia distrazione. E così lo vide.

I suoi grandi occhi castani si spalancarono per la sorpresa, incontrando quelli azzurro chiaro di lui. “Tyler” sussurrò, facendosi pallida in volto.

Lui le sorrise minacciosamente, lanciò un’occhiata di avvertimento nella mia direzione e se ne andò.

Proprio come supponevo. Il suo scopo era spaventarla. Per questa volta, almeno.

Considerando il modo in cui mi aveva intimato di starne fuori, non sarebbe finita lì.

“Non posso credere che lui sia qui” mormorò Selena, atterrita. Sembrava aver appena ricevuto una scossa elettrica.

“Ha già tentato di farti del male in qualche modo prima d’ora?” domandai, volendo appurare un’altra ipotesi.

“Sì” rispose decisa, girandosi verso di me “E se potrà me ne farà ancora molto”.

“Questo non succederà” dichiarai sicuro “ Non finché rimarrai con me”.

Per qualche secondo, rimase in silenzio, osservandomi. Pareva dibattere con se stessa.

Poi, con mia sorpresa, mi prese per mano e disse semplicemente “ Torniamo in albergo. Ci sono delle cose che devi sapere”.
 
 
 
 
 
 
L’angolo dell’autrice

Ecco un altro capitolo terminato. Devo scusarmi perché vi ho fatto aspettare molto, ma l’università mi ha tenuto molto occupata e purtroppo fino agli appelli di aprile continuerà così.
Parlando del capitolo, ho voluto chiarire un po’ i sentimenti di Selena, perché stanno succedendo molte cose nella sua vita e mi sembrava giusto aiutarvi a comprendere cosa la spinge ad agire in un modo o nell’altro.
Vista l’azione del capitolo precedente, questa volta ho fatto stare tutti relativamente più tranquilli, anche se aggiungere del mistero mi è comunque parso ‘obbligo.
Inizierò a svelare qualcosina, lo prometto, ma capirete quanto intricata sia realmente la storia della mia sventurata protagonista solo andando verso la fine.
Nel frattempo ringrazio chi mi segue, con cui mi scuso a maggior ragione per l’attesa, e chi per la prima volta leggerà la mia storia. Tutte le visite che ho ricevuto per il capitolo precedente mi hanno sinceramente commossaJ

Un grande bacio, lelle31
 
 
 
 

  
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