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Autore: Hiraedd    04/03/2012    11 recensioni
James Potter, è esattamente come chiunque non abbia gli occhi rivestiti di prosciutto e i capelli rossi (qualunque riferimento a persone realmente esistenti è pienamente voluto) può osservare ogni giorno… simpatico, sempre pronto a far ridere gli altri, generoso, darebbe la vita per i suoi amici e per quelli più deboli.
Peter Minus, beh, è Minus. Facendo coppia con lui nell’aula di Trasfigurazione ho imparato a conoscerlo meglio. Sempre in seconda fila, senza essere visto, sembrerebbe più una pedina che un giocatore. In realtà, mi sono accorta, è un giocatore tanto quanto gli altri.
Sirius Black... Sirius definisce tutti i confini. Gira per il mondo con scritto in fronte “QUI FINISCONO I BLACK E COMINCIO IO”.
Remus Lupin è la mente diabolica del gruppo. È il classico esempio di persona che tira la pietra e nasconde la mano, non per codardia, ma per quieto vivere. O meglio, fa tirare la pietra agli altri, decisamente, e si mantiene la sua reputazione da Prefetto e bravo ragazzo. Tutto quello che ci mette, è il cervello. Decisamente un personaggio degno di stima, un idolo (Dai pensieri di Marlene McKinnon)
Genere: Azione, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Mary MacDonald, Peter Minus, Remus Lupin | Coppie: James/Lily, Sirius Black/Marlene McKinnon
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'oltre il fuoco comincia l'amore'
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LILY

JAMES

MARLENE

SIRIUS

EMMELINE

REMUS

PETER

FRANK

MARY

ALICE

REGULUS

RABASTAN

CORRISPONDENZA

 

 

 

 

 

Mi è sempre piaciuto il deserto.

Ci si siede su una duna di sabbia.
Non si vede nulla.

Non si sente nulla.

E tuttavia qualche cosa risplende nel silenzio*.

 

 

A Godric’s Hollow tutti conoscono i Potter:

conoscono la signora Dorea, donna tutta d’un pezzo, bella, furba e sempre con un sorriso sulle labbra per tutti… escluse le volte in cui la si sente gridare contro i due figli;

conoscono il signor Potter, Charlus, uomo dal carattere mite, sempre con una buona parola per tutti in bocca e quell’imprecazione che suona così strana, "dannati serpeverde!", a terminare tre frasi su cinque, specie quelle rivolte alla moglie;

i due ragazzi, poi, chi potrebbe non conoscerli? James, allegro e ridanciano, Sirius, tenebroso e bellissimo… fra tutti e due, hanno dietro una fila di cuori infranti che arriva dalla porta di Casa Potter fin al centro della piazza del paese, circa al monumento dei caduti.

Con il passare degli anni, giorno dopo giorno, Godric’s Hollow ha potuto veder passare un quantitativo piuttosto variegato di persone di tutte le età e di tutte le forme:

persone che arrivano sulla soglia dei Potter, che entrano, che escono, che riprendono la propria vita come nulla fosse.

Qualcuna riparte subito, qualche altra si ferma un po’ di più:

c’è la ragazza dei McDonald –gente particolare pure quella, grandi amici dei Potter, ugualmente conosciuti nel piccolo paesello- con lo sguardo sveglio, il sorriso sbarazzino e la tenuta perennemente sportiva;

c’è il signore inquietante, pieno zeppo di cicatrici in volto e con l’espressione sempre arcigna di chi si aspetta un attacco alle spalle non appena si volta, spesso zoppicante o con un braccio fuori uso –c’è chi pensa faccia di mestiere il soldato, chi l’agente segreto, chi l’addomesticatore di leoni per il circo che due volte all’anno passa per la città più vicina-;

negli ultimi due mesi si vedono spesso pure due ragazzi di testa rossa, simpatici, un po’ strampalati ma piuttosto innocui, nell’insieme; sono sempre accompagnati da una ragazza dai capelli biondi e lisci, una giovane dalle forme morbide ma dall’aria tutto sommato trascurabile.

Sulle ultime due arrivate si mormora qualsiasi cosa:

la signora Bensy ha detto alla signora Segrfid, la moglie del panettiere, che giura di aver sentito da Jhon il calvo –gran pettegolo, quello!- che la signora Remsy –l’altra buona- ha ospitato per un intero pomeriggio uno dei due figli dei Potter, e quella che si dice essere la ragazza di quest’ultimo, proprio a casa sua.

Quello che si dice della ragazza è che, oltre ad avere i capelli rossi –i Potter paiono avere particolare simpatia per i pel di carota-, ha anche un paio di bellissimi occhi verdi, una viva intelligenza e un caratterino decisamente particolare –il che, detto dalla Signora Remsy, equivale al paragonare la povera malcapitata ad una gorgone inferocita-.

Paiono talmente innamorati, seppur in un modo tutto loro fatto di battute ironiche e occhiate beffarde, che i più, in paese, li danno sposati entro l’anno corrente: d’altronde, il Signore e la Signora Potter si sono sposati presto, e c’è chi ricorda i genitori del Signor Potter, morti in un incidente appena una decina d’anni prima, anch’essi piuttosto giovani per avere già un figlio sposato e un nipote.

La seconda ragazza invece ha avuto l’incredibile capacità di attirare su se stessa tutti gli sguardi e i commenti maligni ed invidiosi del vicinato: bella come la morte, con un sorrisetto malizioso sul volto, pare proprio aver accalappiato il secondo dei figli dei Potter. Tutte le ragazze del paesello sono concordi: è a dir poco insopportabile, e non per il semplice fatto di essersi presa il sogno proibito di ogni donna dai sei a sessant’anni d’età nel giro di dieci chilometri… "è una donna scarlatta, ecco cos’è" mormorano le madri delle vecchie fiamme del giovane, che fino all’altro ieri avevano sperato di poterlo avere per l’una o l’altra delle proprie figliole.

Ma è una mattina strana quella del 5 gennaio 1978, è una mattina in cui tutto –perfino le voci della signora Bensy, della signora Segfrid, la moglie del panettiere, di Jhon il calvo, quel gran pettegolo, e della signora Remsy, l’altra buona- tace tra le strade e sulla piazza di Godric’s Hollow. Tace tutto, esattamente come nei tre giorni precedenti.

*

Mi aggiusto il mantello nero sulle spalle, il cappuccio ben calato sulla schiena, i capelli sciolti e una lieve traccia di trucco appena accennato, quel tanto che basta per restare in ordine. Indosso una lunga tunica nera, e penso distrattamente a come questo colore faccia risaltare il pallore innaturale del mio viso, i miei occhi scuri e i capelli quasi dello stesso colore.

È la settima volta che ripeto l’inventario: mi aggiusto il mantello, il cappuccio, i capelli, ricontrollo il trucco.

Otto, ora.

Mancano due ore al funerale, so benissimo di essere in largo anticipo sugli altri, quindi mi allontano dallo specchio e mi stendo sul letto.

E faccio quello che cerco di impedirmi di fare da qualche giorno.

Penso.

È questa la fregatura, quando non hai nulla di bello da fare e qualcosa di angosciante da non fare assolutamente: lo fai.

Questi tre giorni sono stati strani, pieni e vuoti insieme, bloccati in un’immobilità inquietante. Perfino gli elfi della casa si sono accorti di questa strana atmosfera, e benchè prima svolgessero i propri lavori allo scoperto, adesso paiono comportarsi come gli elfi di Hogwarts, silenti e invisibili anche se ugualmente efficienti.

-non sono mai stato a un funerale- mormora Sirius entrando nella mia stanza, il sorriso triste aperto sul volto come fosse un obbligo portarlo.

Sorrido tristemente in risposta, sempre stesa sul letto, socchiudendo gli occhi e aspettando che si sdrai accanto a me.

-nemmeno io- rispondo alla fine, quando sento le molle del materasso cedere un poco sotto il suo peso. Mi passa una mano dietro alle spalle, e io mi sollevo un po’ per rendergli più facile il tutto e nel contempo accoccolarmi contro di lui, in un gesto d’un intimità straziante che fra noi mancava fino ad oggi.

*

Non mi è mai stato chiesto di assorbire un lutto, non un lutto vero.

Non sono mai stato legato troppo alla mia famiglia, quindi non ho mai pianto per i suoi morti… anche la morte di Zio Alphard, alla fine, non mi ha toccato più di tanto. Era uno zio per cui, in un modo strano e contorto, ho provato un affetto sincero –l’unico, a dire il vero-, ma l’ultima volta che l’ho visto avevo tredici anni, e prima di allora l’avevo incontrato all’incirca una decina di volte:

troppo poche per un vero affetto famigliare, quello che provavo per lui assomigliava più all’ammirazione di un nipote verso qualcuno di estraneo sempre alla ricerca di una buona avventura.

Per dire la verità, non ho mai considerato molto nemmeno i genitori di Lily Evans, anzi, ricordo a malapena una coppia di adulti per mano sulla banchina dell’espresso il primo giorno di scuola del primo anno. Lei alta e flessuosa con i capelli di un rosso fulvo, lui con i capelli di un biondo sporco e un pizzetto dello stesso colore.

Entro un po’ esitante nella camera di Lène, e la osservo stesa sul letto già pronta di tutto punto, gli occhi semichiusi e la mano destra sulla fronte, come a impedirsi di pensare.

-non sono mai stato a un funerale- mormoro dopo alcuni secondi, lasciando la porta appoggiata alle mie spalle e dirigendomi verso il letto.

Mi siedo accanto a lei, poi mi abbandono sul materasso e con un braccio le circondo le spalle.

-nemmeno io- mi risponde accoccolandosi vicino a me, in una posa che non so come ne perché mi ricorda quella di una bambina che voglia essere protetta dal resto del mondo, un mondo che le sta facendo male senza sapersene spiegare il perché.

-come va?- le chiedo immergendo il viso nella schiera di capelli che, aperti a ventaglio sul materasso, profumano del suo adorabile profumo.

Inspiro, espiro.

Non è il dolore per l’assenza di due genitori che non ci sono più, a farmi sentire questo lutto: è il dolore che vedo negli occhi dei miei migliori amici, di mio fratello e della sua ragazza, che da quando lo ha saputo non si è più fatta vedere in giro, di Remus, di Mary, di Lène, come anche in quello di Pete e Frank, che sono venuti ieri in visita ma non hanno risolto niente, e di Alice, che è tutta una lacrima e un digrignamento di denti. È quello di Emmeline che, pallida come un cadavere, è l’unica ammessa alla compagnia di Lily, e che poi ci riferisce quello che la nostra comune amica fa.

Non so perché proprio Emmeline, quando ci sono un sacco di altre persone in questa casa. Immagino che sia una cosa della Evans, il saper scegliere le persone migliori per una data situazione, come quando ha voluto che solo io sapessi di Lestrange. Se ha una buona qualità, la Evans, è questa: sa scegliere, anche in momenti come questi.

-Rosie cucinava dei biscotti buonissimi, con un sacco di cioccolato e la granella di mandorle sopra. Li faceva a forma di domino di carnevale, era la sua festa preferita, e in ogni tegame di biscotti ce n’era uno con la marmellata: uno solo. Chi, dopo cena, aveva la fortuna di trovarlo e mangiarlo, poteva di diritto scegliere il film da guardare alla sera alla televisione. Sono stata quattro volte a dormire da Lily, e ho beccato il biscotto marmelloso, così lo chiamavano, una volta sola. Abbiamo guardato tutta la sera un cartone idiota, perché io non sapevo destreggiarmi con il televisore e quello era il primo che mi è passato davanti agli occhi- racconta sottovoce, con tono vacuo. Poi da in una piccola risata, solo uno sbuffo –beh, sempre meglio di quando lo ha trovato Mary, il biscotto marmelloso! Ci ha costretto a cambiare canale tutta la sera, le piaceva più il telecomando che quello che passava nel televisore-.

Non ho la minima idea di che cosa stia dicendo, non capisco cosa sia un canale e giusto intuisco cosa è un telecomando, deve essere quello che Dorea ha fuso con i suoi sghiribizzi.

Però capisco che parlare lenisce questo vuoto dentro che non può mettere a tacere in altro modo.

-e Trevor, adorava Lily e Petunia. Petunia proprio non la sopporto, ma a quanto pare qualche lato positivo deve avercelo anche lei, se Trevor l’ha trovato. In alcune cose assomigliava un po’ a Zio Charlus, ma era molto più ordinato e suonava il pianoforte benissimo-.

*

Dorea Potter socchiude appena gli occhi per abituarsi alla penombra della cabina armadio. Velocemente, senza perdere tempo, estrae un vestito nero senza troppe pretese, quello che usa di solito in situazioni del genere.

Si, lei è piuttosto avvezza ai funerali… con il lavoro che fa, e con i tempi che corrono, il morto ci scappa ogni due o tre settimane.

Raramente, però, se ne sente così toccata.

Sa che prima o poi toccherà anche a lei, a suo marito. Sa che daranno la vita per impedire ai propri figli di fare la stessa cosa, perché questa guerra illogica non faccia altre vittime inutili che un giorno potranno essere chiamate eroi.

-Doree, i Prewett passano di qui prima del funerale- dice suo marito entrando nella camera matrimoniale e infilandosi nella cabina armadio. Anche lui, con gesti veloci e precisi, trova l’abito da cerimonia scuro, quello che sempre usa in situazioni del genere –secondo Fabian, potrebbe aiutare che Lily parli ancora con Dorcas, e Dor si è detta d’accordo-.

La donna annuisce, come a non voler spezzare ulteriormente quella cappa di silenzio che da qualche giorno si è posata sulla casa normalmente molto vivace.

-la ragazza, la sorella… è…?-.

-se ne sono occupati Daisy e Augustus- le risponde il marito intuendo la natura della domanda –era in viaggio di nozze con il marito nel nord della Francia, ma li hanno trovati e informati. Al funerale dovrebbero essere presenti-.

Dorea si volta per far cenno al marito verso la cerniera che occupa tutta la schiena del vestito. Come fosse un gesto abituale, Charlus la chiude velocemente per porgere alla moglie i polsi e farsi chiudere quei bottoni della camicia così antipatici.

-strano che non abbia scritto a Lily, o che non sia venuta a trovarla- mormora in risposta la donna –sei sicuro che Daisy l’abbia avvertita sull’attuale ubicazione della sorella?-.

Charlus si mostra scettico.

-a quanto pare, non vanno molto d’accordo-.

-vuoi dire così tanto?- chiese la moglie ancora più scettica –insomma, sono morti i loro genitori. Nemmeno io e Fidelma andiamo troppo d’accordo, ma a tutto c’è un limite-.

Charlus pare pensarci un attimo, poi scrolla le spalle.

-povera ragazza- si limita solamente a dire.

*

-James, faresti meglio a scendere dabbasso, Remus ti aspetta in salotto- sussurro rivolta al ragazzo, seduto sul pavimento del corridoio, la schiena appoggiata alla porta della propria camera, lo sguardo fisso sulla porta della camera di Lily.

Non mi stupisce trovarlo così, ormai mi sono abituata.

-Emmeline- mormora con voce roca in risposta, alzandosi in piedi –vado subito e…-

Aspetto con attenzione che finisca la propria frase, il viso puntato a quella porta, qualche parola sulla punta della lingua, intrappolata. Alla fine, con uno sguardo sconsolato, scrolla le spalle e va via.

Sospiro, guardando le sue spalle normalmente dritte e fiere oggi incurvate sotto il peso di un dolore doppio che è costretto a portare da solo: onestamente dispiaciuto per la morte degli Evans, è preoccupato per la salute di Lily, che non esce da quella camera da due giorni e mezzo e rivolge a malapena qualche monosillabo in risposta quando proprio è obbligata.

Solo due persone sono ammesse alla sua presenza: io e Dorcas Meadowes.

Per quanto empatici, nessuno in casa si accosta con totale condivisione al suo stesso dolore: Dorcas è l’unica, lì, che ha perso il padre per lo stesso motivo di Lily, nessun altro ha avuto una qualche perdita legata a questa insensata guerra.

Alla fine busso a quella porta che per la maggior parte delle persone è chiusa.

-Lils, sono Emme-.

*

Sento lo sguardo di Emmeline Vance puntato sulla mia schiena, mentre scendo le scale diretto al soggiorno. Da tre giorni odio la mia vita, odio la mia casa, odio quella porta che mi impedisce di vedere la mia ragazza, di parlarle, odio questa guerra e questo generale senso d'impotenza.

In salotto, Remus è seduto sulla poltrona preferita di Sirius -che se solo lo vedesse, gli farebbe lo scalpo per aver osato tanto- e sfoglia la Gazzetta con la sua abituale flemma, gli occhi ambrati che rincorrono le parole, carpendone il significato.

Quando scendo le scale il mio migliore amico lupo mannaro chiude lentamente il giornale, si volta con un sorriso intriso di compassione ma non di pietà e mi fa cenno di avvicinarmi.

Mi siedo accanto a lui, guardo il soffitto e mi concentro per mantenere una facciata che sia, se non menefreghista, per lo meno imperturbabile.

Non posso mettermi a piangere.

-come va?- mi chiede.

Scuoto le spalle, un po' infastidito da una domanda così ovvia.

-cosa dice il giornale?- chiedo in risposta, protendendo una mano verso la Gazzetta.

Lo vedo esitare, il dubbio che gli illumina gli occhi.

-niente di nuovo- prova a mentirmi.

Scoppio in uno sbuffo di risata che di divertito non ha proprio nulla, ma che trasuda tutta la frustrazione e l'odio che mi pervadono da giorni.

-ti dispiacerebbe non prendermi in giro?- chiedo, più cattivo di quel che si merita.

Lui si limita a sospirare, perchè è Remus Lupin e non manda nessuno a spigolare da quando a due anni e mezzo ha imparato il significato della parola "cortesia", e poi mi passa il giornale.

*

Smaterializzarsi a Godric's Hollow non ha mai richiesto un grande impegno ne una grande cura per quanto riguarda la riservatezza: i maghi che ci abitano hanno adibito a "luogo di transito" un vicoletto buio e cieco, per nulla invitante agli occhi dei babbani.

Alle undici in punto due figure appaiono quindi dal nulla, precedute di appena un millesimo di secondo da un crac rivelatore. Sono due ragazzi identici quasi in tutto, escluso per il completo indossato: quello di destra blu scuro, quello di sinistra marrone. Hanno i capelli rossi e gli occhi di un azzurro cielo appena offuscato dalla solennità dell'occasione, le espressioni un po' intristite ma le figure ben ritte contro le pareti della casa affianco al vicolo.

-aspetti Dor?- chiede uno all'altro, aggiustandosi il colletto del completo blu scuro.

-si, precedimi pure se vuoi- risponde il secondo appoggiandosi alla parete.

Il primo, allora, con un sorriso e un cenno svolta l'angolo e sparisce, diretto a Casa Potter, lasciando il fratello a fissare con sguardo un po' annoiato la parete insudiciata poco distante davanti a se.

Dorcas ha insistito perchè si vedessero direttamente là, e la sera prima lo ha quasi buttato fuori di casa con la scusa del mal di testa.

Dorcas non ha mai usato con lui la scusa del mal di testa, e lui un poco se l'è presa, sul momento. Poi ha ricordato lo sguadro torbido di una ragazzina di sedici anni tutta presa dal dolore per la morte del padre, la mano tesa in risposta alla vincita di un duello, il sorriso che lo ha conquistato, e l'intelligenza acuta dietro a quegli occhi verde banale che lui ha imparato ad amare come non pensava si potesse amare qualcuno.

Devono essere momenti difficili anche per la sua Dorcas, si dice. Tutto questo, i mangiamorte, i genitori prima torturati e poi uccisi, gli occhi pieni di dolore di Lily, la ragazza di James... tutto questo deve riportarla a quel giorno d'estate quando, tornando a casa, ha trovato lei stessa il marchio nero ad illuminare il cielo.

Con un sospiro, si passa la mano sugli occhi per cancellare le tracce di preoccupazione e, insieme, ansia.

Non può fare a meno di preoccuparsi per lei, perchè la ama troppo e a volte non riesce a capirla, perchè lei ha ancora quella corazza addosso dietro la quale è stata abituata a nascondersi per anni prima di mostrarsi a lui, e perchè per lui quell'armatura è, talvolta, ancora impenetrabile.

*

Questa è la terza volta che faccio il giro dell'isolato, guardando la soglia di casa Potter per due o tre minuti prima di decidere di intraprenderne un altro.

La prima volta ero due ore in anticipo, poi di mezz'ora in mezz'ora sono arrivata ad essere sempre più puntale.

Non ho il coraggio di entrare in quella casa dall'atmosfera quasi irrespirabile: camminando per Godric's Hollow è facile trovare qualcosa con cui distrarsi, il colore dei panni stesi, il decadimento di una delle villette sul ciglio della strada, la forma buffa di una casetta per cani.

-pensi di entrare o farai un altro giro ancora?- mi sorprende una voce alle spalle, che cerca nel tono di apparire un minimo divertita.

Mi volto, sorpresa. Non mi sono accorta di nulla.

-da quanto tempo sei li?- chiedo con un sorrisetto.

Gideon -o Fabian, ma credo che sia Gideon- Prewett mi sorride con le mani nelle tasche del suo completo da cerimonia blu scuro.

-abbastanza- risponde con una risata.

Ridacchio anche io, cercando di tirare fuori da questa mattinata così triste qualcosa di divertente. Poi mi volto verso di lui e di nuovo verso la casa.

-mi fa un po' paura, l'idea di entrare- mormoro, e non so perchè lo dico proprio a lui.

-capisco- mi risponde appoggiandomi, lieve, una mano sulla spalla, e stringendola in una morsa tanto delicata da essere quasi inesistente -li conoscevi bene?-.

Ci penso per qualche minuto.

-inizio a pensare che non si possa conoscere bene qualcuno- dico alla fine, enigmatica -sono stata a casa loro, qualche volta. Più di qualche volta, in effetti. Non sono mai stata a un funerale, sai?-.

-sono più divertenti i matrimoni, se vuoi il mio parere- replica cercando di alleviare una tensione.

-non sono mai stata nemmeno a quelli- mi trovo a rispondere, stupidamente.

Sto davvero cercando di far passare il tempo così, parlocchiando con Gideon Prewett?

Questo ragazzo mi piace, penso.

-ti ci porto io, a un matrimonio, se trovi il coraggio di oltrepassare quella soglia- mi dice allora utilizzando la mano ancora posata sulla mia spalla per darmi una leggera spinta verso la porta di casa.

Capisco che è un modo come un altro per aiutarmi a sconfiggere questa paura cieca che mi fa venir voglia di fare un altro giro dell'isolato.

Si, questo ragazzo mi piace.

 

 

 

 

*Citazione da "Il Piccolo Principe", libro che adoro.

 

 

NOTE:

Secondo i miei calcoli, è ancora domenica per almeno un'ora e mezza circa, quindi a conti fatti ho rispettato la scadenza, cara... non faccio nomi, ma sono certa che chi ha orecchie per intendere ha inteso benissimo =D e anche questa volta l'ho scampata!

Ok, forse questo capitolo lascia un po' così, a bocca asciutta, ma devo dire che è tagliato a metà. Nella seconda parte parleranno anche Remus, Alice, Frank, quel ratto di Minus e.... Regulus e Rabastan, si, anche loro.

Verremo a sapere con esattezza ciò che è successo in casa Evans.

E infine, parlerà anche Lily, che tace da due capitoli.

Ora, spero di non avervi deluso troppo, è un passo un po' difficile da scrivere e in questo periodo sono decisamente troppo stanca, ma passerà.

La prossima domenica è il compleanno delle mie migliori amiche, e in più andrò a sciare, quindi non posterò esattamente quel giorno... a questo punto le scelte sono due: o pubblico sabato, o martedì. Non odiatemi nel secondo caso, vi prego!

Basta, la smetto di rompervi le pluffe e mi limito a ringraziarvi mille volte per le bellissime recensioni, alle quali risponderò domani sera, ora sono troppo stanca e domani lavoro -.-

Grazie anche a chi legge ma non recensisce, spero che la storia vi piaccia,

un bacione a tutti,

buona lettura,

Hir

P.S. volevo ricordare a chi interessasse la mia altra ff su Fabian e Dorcas, la trovate sul mio profilo. Si intitola "per il mio cuore basta il tuo petto, per la mia libertà bastano le tue ali" e aggiornerò il prima possibile

 

 

 

 

 

 

   
 
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