Storie originali > Fantasy
Segui la storia  |       
Autore: SparkingJester    05/03/2012    1 recensioni
Cavalieri, draghi, stregoni, intrighi, sangue, magia, fuoco, ferro e ossa. Tanta azione in una storia fantasy dai risvolti rapidi e inattesi con protagonisti sicuramente fuori dai canoni comuni.
6° posto al contest "Ready, set... GO! -Ovvero il Diabolico Contest Fantasy".
Genere: Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Uno schianto tra le foglie secche scosse l’ignaro accampamento all’interno della foresta. Una posizione inusuale per un manipolo di guardia se non fosse per un’altura più avanti: il punto d’osservazione offriva un’ampia visuale del confine imperiale. Al centro del campo, davanti ad un falò ed accanto ad un cumulo di foglie e rami secchi accatastati, Gifo il Malato e Gorun lo Storpio posarono le loro ciotole e i loro boccali e si diressero con disinvoltura verso il cavaliere appena arrivato.
Magara saltò giù dal drago e i tre si abbracciarono e, tra gli sguardi sorpresi e curiosi dei soldati di guardia, si appartarono in una tenda:
«Ragazzi prendete i vostri draghi e volate subito al palazzo reale. L’imperatore ha qualcosa di strano e ha dato ai maghi il permesso di usare i nostri draghi come cavie per i loro esperimenti. Lopar ha visto due monaci lasciare qualcosa nella piazza d’armi della Torre-Nido e ho intenzione di scoprire cosa hanno nascosto. Voi due dovreste entrare nella sala del trono e indagare, cercare prove di un possibile complotto da parte di quei maledetti sacerdoti.»
La sorpresa generale dei cavalieri ignari venne giustificata del loro compagno ed innumerevoli teorie e piani vennero proposti in forma di idee.
Gifo, convinto, si alzò con grande sforzo. Il suo soprannome era azzeccato: perennemente ammalato, soffriva di innumerevoli patologie. Tossiva in continuazione, starnutiva senza motivo, vomitava almeno una volta al giorno e spesso non aveva neanche le forze per alzarsi dal pagliericcio sul quale dormiva per buona parte della giornata. Il suo aspetto trasandato, magro coi capelli in disordine e dal viso pallido e scavato, aveva generato forti dubbi sulla sua mansione da cavaliere da parte di tutte le più alte cariche dell’impero. Ma il drago aveva scelto lui e su questo c’era poco da ridire.
Stessa cosa valeva per Gorun, possente ma anziano e senza braccio destro. I due erano valorosi cavalieri ma l’Imperatore, per quietare l’ondata di dissensi nei loro confronti, si ritrovò costretto a spedirli lontano dalla città.
I tre uscirono all’unisono. Gifo batté le mani due volte e, tra le urla di sorpresa dei soldati in zona, il gigantesco cumulo di terra e foglie vicino al falò si issò rivelando ciò che in realtà era. Un drago verde, rigido nei movimenti, iniziò a barcollare verso il suo padrone.
Gorun batté il piede a terra e allo stesso modo un cumulo di rocce poco fuori dall’accampamento si sollevò: un altro drago, molto più grande e più grasso, di colore grigio.
Tali cavalieri tali draghi. Gifo con Magan il Drago di Pezza e Gorun con Toko il Drago Vorace.
I soldati rimasero ammutoliti ed esterrefatti: avevano già visto un drago ma vederne tre e tutti nello stesso luogo era qualcosa di spaventoso. I tre cavalieri e i loro mastodonti occuparono tutto l’accampamento. Senza ulteriori perdite di tempo Gifo, Gorun e Magara salirono ognuno sui propri draghi e all’unisono si levarono in volo ma qualcosa bloccò Liosso dal basso: una frusta di fuoco teneva fermo a mezz’aria il gigantesco drago dorato, tirandolo per la coda.
Lo strano soldato con la frusta di fuoco fissò Magara dritto negli occhi. Il cavaliere provò a suonare ancora e ancora, sempre più velocemente. Toko e Magan virarono per tornare ad aiutare il compagno in difficoltà ma altri due monaci si intromisero: altre fruste di fuoco afferrarono i due draghi per il collo e iniziarono a trascinarli verso terra. I tre rettili alati iniziarono a dimenarsi sbattendo le ali e scalciando, ruggendo e lamentandosi. Magara però andava di fretta, doveva sbrigarsi. Smise di suonare e prima che il suo drago iniziasse a precipitare per mancanza di musica, il cavaliere gridò:
«Andate avanti! Vi raggiungerò presto.»
Gifo e Gorun a malincuore dovettero obbedire agli ordini del loro superiore. Gorun si alzò in piedi, dal dorso passò alla base del collo del suo drago tenendosi con l’unico braccio a sua disposizione, sporse il moncherino destro verso la frusta di fuoco. Uno strano movimento d’aria sorprese lo stregone mascherato da soldato. Il moncherino iniziò a risucchiare il fuoco della frusta fino a dissiparla definitivamente.
Gifo fece lo stesso. Si appese al collo del suo drago e soffiò sulla frusta: il fuoco si dissolse.
Entrambi i cavalieri fecero virare i loro draghi ignorandone i lamenti e i ruggiti e li diressero verso il palazzo imperiale.
Magara si schiantò a terra. Maledisse Liosso e il suo dannato “difetto”. Si risollevò e barcollando uscì da sotto l’ala del suo drago che ora si voltava e si rivoltava a terra con lamenti e sbuffi.
Un soldato parlò:
«Magara. Dannato diavolo.»
Il soldato finì la frase scoprendosi il volto coperto dall’elmo: una maschera nera coi lineamenti d’oro. Gli altri due stregoni si tolsero le armature rivelando le divise rosse e blu dei monaci del monastero.
«Spiacente non mi ricordo di te. Vado di fretta. Cosa vuoi?»
Una risata.
«Vai di fretta dici?» un’altra risata «E dove credi di poter andare? Qui tutti i soldati sono monaci. Credi che ti faremo andar via così?»
«E allora cosa mi trattiene qui?»
«Semplice, le tue informazioni. Tu sai troppo. Dobbiamo eliminarti per il bene della nostra confraternita. Ah e, per la cronaca, io sono quel guardiano che il giorno della tua “investitura” ti segnalò al Gran Maestro come eretico.»
Detto questo, con un gesto della mano mandò i suoi scagnozzi ad uccidere il cavaliere.
Magara, stufo di tutto, parlò a denti stretti:
«Allora mettiamo in chiaro le cose: non mi interessa la tua segnalazione e non mi interessa ucciderti ma avete attaccato i miei compagni e ora grazie alla follia dell’imperatore avete anche il permesso di uccidere i nostri draghi e questo non ve lo posso permettere.»
I monaci erano in avvicinamento e i soldati dell’accampamento iniziarono a circondarlo con armi spianate, invocando strane creature infernali come supporto.
Magara si voltò e raggiunse il suo drago, Liosso che ancora si dimenava in preda a chissà quale follia. I soldati si mossero cauti e i monaci ancor di più. Magara frugò nella terra sotto al drago e il mascherato parlò:
«Avanti, è da solo, attaccate!»
Qualcosa però turbava i presenti. Magara si rialzò, flauto in mano. Lo portò alla bocca ma un’altra frusta di fuoco bloccò il suo braccio e iniziò a surriscaldare l’armatura del cavaliere. Magara continuò a stringere il flauto con una mano e con l’altra scagliò fulmineo un pugnale da lancio che finì nella gola del monaco. La frusta si dissolse e il sangue imbrattò la tunica dell’aggressore, spaventando i soldati. Magara parlò:
«Non toccate il mio flauto.»
Il cavaliere iniziò a suonare. Una musica sincopata e armoniosa, suoni dolci e continui. Il Guardiano, rapito dalla musica, capì cosa stava succedendo e con gli occhi sgranati urlò ai soldati di attaccare ma questi compresero solo il gesto, non udirono le sue parole.
La canzone, pervasa da una forte componente magica, riempì le orecchie dei soldati e di Liosso.
Il drago smise di rantolare e rotolare; alzò la testa. Udendo quella soave armonia si alzò sulle zampe posteriori, spalancò le ali e con il collo teso verso il cielo fece oscillare la testa a destra e a sinistra. I soldati furono vicini alla fonte del suono, il drago tornò a quattro zampe. Il tonfo paralizzò dalla paura gli aggressori e il massacro ebbe inizio: violente vampate di fuoco, rapidi colpi di coda seguiti da scie di sangue, artigli conficcati nella carne. Una carneficina accompagnata dalla dolce musica di un flauto traverso: il Guardiano non poté credere ai suoi occhi. Corpi umani mutilati volavano ovunque, violente zampate sconquassavano la terra e occasionali colpi di coda generavano folate di vento abbastanza potenti da spegnere i piccoli falò generati dai rari soffi incendiari. Ma qualcosa non quadrava, lui era ancora vivo e immobile. Il drago non lo aveva sfiorato, non lo aveva neanche visto. Il Guardiano iniziò ad indietreggiare, qualche soldato ebbe la stessa idea. Il Monaco osservava bene: chi tentava di colpire il cavaliere, moriva; chi tentava di attaccare il drago, era dilaniato dalle sue zanne; chi indietreggiava o chi stava immobile, veniva falciato dalla coda della possente creatura. Ma - si chiese - perché lui no?
Quando la terra fu satura di sangue e l’accampamento distrutto dal fuoco Magara smise di suonare, le urla di dolore cessarono e il drago cessò di agitarsi. Il cavaliere avanzò e parlò al volto sconcertato del guardiano:
«Ti starai domandando perché il mio drago non ti abbia colpito. La mia musica soave mancava di ordini che riguardassero te e il mio drago segue perfettamente l’andatura della melodia. Sei vivo solo perché sono stato io a volerlo. Adesso dimmi cosa state complottando voi stregoni, senza perdere altro tempo.»
Il Guardiano deglutì e un po’ di sicurezza tornò in lui.
«Pensi che io abbia paura del tuo drago? Non sono come gli altri, conosco magie talmente potenti da…»
«Ora basta!»
Magara ruggì:
«Dimmi cosa avete in mente, subito!»
La risposta del Guardiano fu una e una soltanto:
«Scordatelo.»
Probabilmente un ghigno macchiò il volto coperto del monaco, le mani si mossero e da terra due creature presero posto accanto a lui. Il Guardiano manovrò i due golem di roccia come un marionettista conducendoli alle spalle di Magara che, senza farci caso, continuò ad avanzare.
«Non dovresti prenderla troppo alla leggera, Magara. Il tuo nemico evoca dei mostri assassini e tu te ne stai buono buono?»
I golem alle spalle del cavaliere iniziarono a divorare i cadaveri dei soldati morti mentre il sangue, da terra, scorreva lungo i loro corpi.
«Sei pur sempre un cavaliere quindi dovrei aver paura di te, ma non potrai mai sconfiggermi. Noi monaci conosciamo segreti che tu neanche immagini.»
Magara continuò lento ad avanzare. I golem, finito il loro pasto, si voltarono e iniziarono a correre verso il cavaliere.
«Non te ne importa proprio nulla, eh? Hai fatto bene a rassegnarti, non potete più fermarci ormai. I miei colleghi staranno già eseguendo le procedure di fusione. Siete finiti, cavalieri.»
Un possente pugno fatto d’osso fece capolino alle spalle di Magara, intento a fracassargli la testa, ma il cavaliere di drago fu più veloce. Magara schivò chinandosi e, impugnando il flauto come fosse una spada, estrasse una lama nascosta, piena di solchi e fori. La strana arma penetrò nel ginocchio dell’enorme golem e con un altro rapido movimento rotatorio la lama fu scagliata nella fronte del secondo mostro, ancora in avvicinamento. Come una freccia, la lama penetrò il cranio della creatura ed entrambi i mostri caddero a terra. Magara, freddo e silenzioso, si avviò per riprendere la spada. I due golem iniziarono a vibrare, colpiti da violente convulsioni. Le ossa che formavano l’esoscheletro si riempirono di crepe e alcune si polverizzarono. Impetuose fuoriuscite di sangue coprirono l’armatura di Magara. La lama fu estratta dalla fronte del mostro e riposta nel flauto.
«Guardiani, monaci, stregoni, sacerdoti. Siete tutti uguali, provenite tutti da quel buco che chiamate Monastero. Avete tutti gli stessi obiettivi, la pensate tutti allo stesso modo. E ti ho tenuto in vita per un motivo, per farti un favore, per farti “apprendere” qualcosa sulla natura di ciò che abita l’esterno della città. Stai per scoprire perché quel giorno il cucciolo mi leccò.»
Magara iniziò a levarsi gli schinieri. Il Guardiano iniziò a sudare freddo, gli occhi azzurri si muovevano dal cavaliere alle carcasse dei suoi golem e viceversa. Come aveva fatto? Che potere aveva quella lama?
«Devi sapere che quando un drago sceglie il suo cavaliere, morso o graffio che sia, dona volontariamente al suo nuovo padrone un potere particolare. Ad esempio hai appena visto in azione il mio caro amico Gorun. Toko gli staccò un braccio e ora quel braccio mancante è stato sostituito da un enorme potere di assorbimento ed emulazione.»
Magara cominciò a slacciarsi la cintura.
«Io sono stato leccato, non morso. Questo perché sono un suo simile.»
Il Guardiano non capì le sue parole, Magara continuò a spogliarsi e tolse anche i pantaloni e la pezza che copriva le sue parti intime.
«Sono certo che ricordi ciò che mi dicesti quel giorno: che ero un diavolo, che non ero degno perché venivo dalle foreste.»
Il cavaliere avanzò fino ad arrivare ad un passo dal monaco, paralizzato dalla confusione e dalla sorpresa. I tatuaggi tribali, ben visibili, iniziarono a muoversi e a serpeggiare su tutto il corpo.
«E a dire il vero, avevi ragione. Sono un mostro.»
Liosso improvvisamente levò alta la testa e iniziò a ruggire. Il ruggito divenne lamento e si propagò per tutta la foresta. La pelle di Magara cominciò a mutare: divenne verde, viscida e piena di piccole scaglie. Le braccia si tesero, gli occhi cambiarono forma così come la sua mandibola.
«Liosso mi ha considerato come appartenente alla sua stessa razza.»
Magara strinse le gambe e alle ginocchia si unirono, Liosso continuò a “cantare” la sua melodia con evidente piacere.
«Il drago è la più nobile e potente di tutte le creature terrestri.»
Il Guardiano vide Magara sollevarsi oltre la sua testa, sorretto da una gigantesca coda sinuosa. Il drago muoveva ancora la il capo a destra e a sinistra intonando goffamente una nota dopo l’altra.
«E io sono un serpente, un drago imperfetto, la più infima fra le bestie.»
Il Guardiano cadde in ginocchio: ancora una volta la sua mente era nel panico, impaurita e consapevole di ciò che stava per accadere.
«Sono uno Yuan-Ti, metà uomo metà serpente. Il drago rifiuta di parlare la mia lingua e io sono costretto a parlare con l’unica lingua che tutte le creature terrestri possono comprendere: la musica. Ma tu non puoi capire certe cose. Ritornando al discorso precedente, non mi importa se non vuoi dirmi i vostri piani. Tanto ammazzerò i tuoi “amici” così come sto per ammazzare te.»
Il collo di Magara si allungò e il cavaliere spalancò le fauci, mostrando due enormi zanne cave. L’ultima cosa che il guardiano sentì fu il canto di un drago e l’ultima cosa che vide fu il morso di un gigantesco serpente. Le zanne di Magara affondarono nel collo del monaco e la coda ne avviluppò il corpo, fracassandogli le ossa. Liosso continuò a cantare muovendo gola, testa e petto. Le corde vocali vibrarono in una moltitudine di note differenti sfiorando toni che nessun’altra creatura avrebbe potuto imitare.
Magara finì di ingoiare la sua vittima poco prima che il suo amato drago smettesse di ruggire. La coda tornò ad accorciarsi e a separarsi, il petto gonfio nell’armatura tornò alle sue normali dimensioni, gli occhi da rettile tornarono quelli di un umano, la pancia piena del cadavere del guardiano si sgonfiò. Magara prese a vestirsi, raggiunse Liosso e con una melodica armonia spiccò il volo verso la piazza d’armi della Torre-Nido.
“Facciamola finita, subito.”
  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantasy / Vai alla pagina dell'autore: SparkingJester