Tornare a Torino dopo quel weekend così
insolito fu per Marco una mezza nota dolente. Soprattutto con il pensiero che
quella domenica sera non ci sarebbe stato Rocco ad invitarlo a cena, o a
guardare un film con lui. Sospirò.
- Che hai, Marco? – domandò Manuel.
Erano vicini alle palazzine dove abitava Marco, che stava già tirando fuori le
chiavi.
- Nulla, solo che… - Sospirò di nuovo –
Adesso che te ne vai, io resterò solo questa sera. Rocco non c’è più, e io… -
Non concluse la frase, sentendosi come quando da bambino, doveva andare via da
sua zia. Provava immancabilmente una stretta al cuore. Fraternamente, Manuel
gli batté una mano sulla spalla, incitandolo a non essere triste. – Guarda che
ci rivediamo in settimana. E poi hai il mio cellulare, se hai bisogno scrivimi.
Ti farò compagnia come posso. – concluse Manuel.
Marco gli sorrise stancamente, annuendo
per non deluderlo. Non gli andava l’idea di tornare in quell’appartamento e
magari accendere il televisore e addormentarsi sul divano. Avrebbe voluto avere
qualcuno vicino, ma sapeva che non sarebbe stato possibile, per cui inghiottì
il boccone amaro e sorrise di nuovo a Manuel. – Me la caverò – disse, e Manuel
gli rispose con un occhiolino.
- Ci sentiamo, ok? –
- Va bene. Ciao Manuel. Grazie di tutto!
–
- Ciao Marco, è stato bello passare
questo weekend insieme. –
Detto questo, Manuel si allontanò con
lo zaino in spalla. Marco restò a guardarlo mentre si allontanava, soffocando
l’impulso infantile di andare lì e abbracciarlo. Insieme a Manuel, si sentiva
bene come poche volte si era sentito nella vita.
*****
Fu una settimana d’inferno per
entrambi: lavoro continuo e pesante, per Marco alle prese con uno sciopero
degli autotrasportatori con conseguenti fermi delle merci nel magazzino e varie
incazzature dei clienti smaniosi, problema accentuato dal fatto che non aveva
più gli sms di Rocco a tirarlo un po’ su, e per Manuel a causa dell’imminente
chiusura di bilancio bancaria, che come ogni anno apportava lavoro
straordinario. E se Manuel poteva contare sulla tecnicità del suo lavoro,
altrettanto non poteva dirsi per il povero Marco, perché ogni cliente era una
mazzata nelle gengive con le lamentele. In più, c’era il suo responsabile che
lo finiva a colpi di rimproveri perché era troppo lento.
- Io… io non ce la faccio più – si
sfogò Marco, in uno dei pochi momenti di pausa accordatigli – Qui perdo la
testa. -
Dopo una lunga giornata di lavoro,
Marco si sedette al computer. Controllò la posta, eliminò la varia pubblicità e
stancamente si rilassò sulla poltrona. Guardò lo schermo, senza idee in testa.
Solo con la voglia di rilassarsi. Avrebbe voluto avere qualcuno a guardare un
film con lui, ma qualcuno di speciale, non un semplice amico come Manuel.
Sospirò, cercando di trovare qualcosa da fare.
La trovò. Tempo prima, quando ancora
non era fidanzato con Rocco, si era iscritto a numerosi portali per incontri
omosessuali, che però non aveva gradito per manifesta superficialità e
perversione. Tutti cercavano solo e soltanto sesso, non certo una serata tranquilla
come la voleva Marco. Rifletté un poco prima di rimettere in piedi il suo
profilo, pensando a quante probabilità aveva di incontrare ragazzi al di fuori.
Ben
poche, vecchio mio,
pensò, quindi è meglio se riprovi con
questo. È come voler arrivare da qualche parte ma non avere un’auto a
disposizione. Bè, questa non sarà una Ferrari, ma può essere un inizio.
Dunque rimise in piedi il suo vecchio
profilo, aggiornando magari le foto. Riguardando le sue vecchie immagini, si
accorse di quanto era cambiato nel corso degli anni: i capelli si erano fatti
meno folti ed avevano quasi cambiato colore, diventando leggermente più chiari;
la barba che prima non gli cresceva, che aveva iniziato a fare la sua comparsa
dopo i ventidue anni, ora era un po’ più presente sul suo mento e sulle sue
guance, e gli occhiali non erano più quel modello antiquato dalle lenti
rettangolari che portava prima ma un bel paio di occhiali un po’ retrò, simili
a quelli di Harry Potter. Per alcune cose si sentiva soddisfatto, mentre per
altre no. Aggiornò le sue foto e cambiò un po’ la sua descrizione, dopodiché
osservò il suo lavoro e andò sul divano a guardare una commedia americana.
Mentre era impegnato nella visione, gli
arrivarono ben quindici proposte.
*****
A tarda sera, Manuel era ancora
sveglio. Sedeva sul letto a gambe incrociate, mentre teneva in grembo un
vecchio orsacchiotto. Manuel lo guardò con espressione seria. L’orsacchiotto lo
guardava dai suoi occhi neri di plastica, con le braccia aperte e la bocca
piegata in un sorriso, come per dire “Ehi, che succede, amico? Sembra che tu
abbia un problema.”
- Perché mi sento così, Nobo? – domandò
Manuel guardando negli occhi l’orsacchiotto. Questi rimase in silenzio, mentre
la mano di Manuel si sollevò lentamente e gli carezzò la testa.
- Lo sai – disse – Non farmi ripetere
tutto da capo. È la pochezza di questa vita, che mi tormenta. –
Con l’altra mano Manuel teneva la
schiena dell’orso di pezza, in modo che potesse stare comodo, seduto sulle sue
gambe lunghe.
- Marco? …E tu come fai a conoscerlo?
Oh già. Forse te ne ho parlato io… Beh, non so. Mi sembra un bravo ragazzo, ma…
- s’interruppe – Cosa? – Guardò negli occhi il suo orso di pezza.
Quand’era bambino, Manuel trovava in
quegli occhi tutte le risposte di cui aveva bisogno. Ora, con l’età adulta,
faticava a comprendere un linguaggio così arcano, perché quando si è grandi, le
voci che si sentono da bambini iniziano ad allontanarsi, e ben pochi riescono a
sentirle anche dopo.
- No, non penso… - disse, quasi con
rassegnazione – E’ così timido e dimesso. Mi fa tanta tenerezza… ma anche
tantissima pena. – Abbassò la testa, ed i suoi capelli biondi gli ricaddero ai
lati delle orecchie.
Poi, la rialzò. – Cosa? Cosa vuoi dire
con questo? –
Di nuovo guardò negli occhi il suo
Nobo, l’orsacchiotto che gli stava parlando, ma il suo sguardo era triste.
- Nulla a che vedere – tagliò corto –
Paolo e Marco sono molto diversi. Com’è diverso il rapporto che avevo con P… -
s’interruppe, all’improvviso, come se nella stanza ci fosse stato uno
sconosciuto.
Ovviamente, non c’era nessuno, ma
Manuel abbassò gli occhi e disse – No, va tutto bene. Solo che… sono un po’
stanco. Ti dispiace se andiamo a dormire? –
L’orsacchiotto fece di sì con la testa.
Manuel gli sorrise e se lo portò con sé sotto le coperte, stringendolo forte.