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Autore: StephEnKing1985    05/03/2012    1 recensioni
- Marco? - chiamò Manuel. Marco era lì seduto sul panettone di cemento a piangere sconsolato.
Manuel gli andò vicino e s'inginocchiò di fronte a lui, incontrando i suoi grandi occhi color cioccolato, ora bagnati dalle calde lacrime- Ehi - gli disse - Ma perché piangi? Guardati intorno. C'è Torino di notte che è tutta per noi. E poi... Ci sono io con te. - Gli sorrise e gli porse la mano. Marco lo guardò. In quegli occhi azzurri c'era molta più sincerità di quanta non ne avesse mai vista in vita sua... Quegli occhi color cristallo gli sorridevano, e sembravano dire "Non abbandonarmi, amico mio. Se mi abbandoni, tutto sarà stato vano." Marco allora prese quella mano e Manuel dolcemente lo tirò su. - Andiamo - disse soltanto.
- Ti voglio bene, Manuel. - sussurrò Marco all'orecchio di Manuel, mentre sotto di loro il Po scorreva tranquillo...
- Ti voglio bene anch'io, Marco. - rispose Manuel, stringendolo ancora di più nell'abbraccio.
*****

Marco e Manuel. Un anno d'età di differenza, anni luce differenti per modi di pensare ed agire. Eppure così simili, così saldamente uniti da un legame fraterno che li farà incontrare e sperare di nuovo nella vita. Sostegno l'uno dell'altro contro le delusioni della vita, prime fra tutte quelle d'amore. Una meravigliosa storia di amicizia, che vede protagonisti Marco De Cristina e Manuel Chiaravalle, già presenti nelle fiction di Notrix "Finalmente... Laureati!" e "Troppo bello per essere vero". In questo nuovo romanzo, Notrix ci conduce per mano verso un grande ed inesplorato parco (la città di Torino, che ha dato i natali a Marco e Manuel), dove la falsità e l'opportunismo sono elementi del paesaggio, e dove due ragazzi, così differenti in tutto e per tutto, trovano nell'amicizia una sicurezza contro le avversità della vita.
Genere: Drammatico, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tornare a Torino dopo quel weekend così insolito fu per Marco una mezza nota dolente. Soprattutto con il pensiero che quella domenica sera non ci sarebbe stato Rocco ad invitarlo a cena, o a guardare un film con lui. Sospirò.

- Che hai, Marco? – domandò Manuel. Erano vicini alle palazzine dove abitava Marco, che stava già tirando fuori le chiavi.

- Nulla, solo che… - Sospirò di nuovo – Adesso che te ne vai, io resterò solo questa sera. Rocco non c’è più, e io… - Non concluse la frase, sentendosi come quando da bambino, doveva andare via da sua zia. Provava immancabilmente una stretta al cuore. Fraternamente, Manuel gli batté una mano sulla spalla, incitandolo a non essere triste. – Guarda che ci rivediamo in settimana. E poi hai il mio cellulare, se hai bisogno scrivimi. Ti farò compagnia come posso. – concluse Manuel.

Marco gli sorrise stancamente, annuendo per non deluderlo. Non gli andava l’idea di tornare in quell’appartamento e magari accendere il televisore e addormentarsi sul divano. Avrebbe voluto avere qualcuno vicino, ma sapeva che non sarebbe stato possibile, per cui inghiottì il boccone amaro e sorrise di nuovo a Manuel. – Me la caverò – disse, e Manuel gli rispose con un occhiolino.

- Ci sentiamo, ok? –

- Va bene. Ciao Manuel. Grazie di tutto! –

- Ciao Marco, è stato bello passare questo weekend insieme. –

Detto questo, Manuel si allontanò con lo zaino in spalla. Marco restò a guardarlo mentre si allontanava, soffocando l’impulso infantile di andare lì e abbracciarlo. Insieme a Manuel, si sentiva bene come poche volte si era sentito nella vita.

 

*****

Fu una settimana d’inferno per entrambi: lavoro continuo e pesante, per Marco alle prese con uno sciopero degli autotrasportatori con conseguenti fermi delle merci nel magazzino e varie incazzature dei clienti smaniosi, problema accentuato dal fatto che non aveva più gli sms di Rocco a tirarlo un po’ su, e per Manuel a causa dell’imminente chiusura di bilancio bancaria, che come ogni anno apportava lavoro straordinario. E se Manuel poteva contare sulla tecnicità del suo lavoro, altrettanto non poteva dirsi per il povero Marco, perché ogni cliente era una mazzata nelle gengive con le lamentele. In più, c’era il suo responsabile che lo finiva a colpi di rimproveri perché era troppo lento.

- Io… io non ce la faccio più – si sfogò Marco, in uno dei pochi momenti di pausa accordatigli – Qui perdo la testa. - 

Dopo una lunga giornata di lavoro, Marco si sedette al computer. Controllò la posta, eliminò la varia pubblicità e stancamente si rilassò sulla poltrona. Guardò lo schermo, senza idee in testa. Solo con la voglia di rilassarsi. Avrebbe voluto avere qualcuno a guardare un film con lui, ma qualcuno di speciale, non un semplice amico come Manuel. Sospirò, cercando di trovare qualcosa da fare.

La trovò. Tempo prima, quando ancora non era fidanzato con Rocco, si era iscritto a numerosi portali per incontri omosessuali, che però non aveva gradito per manifesta superficialità e perversione. Tutti cercavano solo e soltanto sesso, non certo una serata tranquilla come la voleva Marco. Rifletté un poco prima di rimettere in piedi il suo profilo, pensando a quante probabilità aveva di incontrare ragazzi al di fuori.

Ben poche, vecchio mio, pensò, quindi è meglio se riprovi con questo. È come voler arrivare da qualche parte ma non avere un’auto a disposizione. Bè, questa non sarà una Ferrari, ma può essere un inizio.

Dunque rimise in piedi il suo vecchio profilo, aggiornando magari le foto. Riguardando le sue vecchie immagini, si accorse di quanto era cambiato nel corso degli anni: i capelli si erano fatti meno folti ed avevano quasi cambiato colore, diventando leggermente più chiari; la barba che prima non gli cresceva, che aveva iniziato a fare la sua comparsa dopo i ventidue anni, ora era un po’ più presente sul suo mento e sulle sue guance, e gli occhiali non erano più quel modello antiquato dalle lenti rettangolari che portava prima ma un bel paio di occhiali un po’ retrò, simili a quelli di Harry Potter. Per alcune cose si sentiva soddisfatto, mentre per altre no. Aggiornò le sue foto e cambiò un po’ la sua descrizione, dopodiché osservò il suo lavoro e andò sul divano a guardare una commedia americana.

Mentre era impegnato nella visione, gli arrivarono ben quindici proposte.

 

*****

 

A tarda sera, Manuel era ancora sveglio. Sedeva sul letto a gambe incrociate, mentre teneva in grembo un vecchio orsacchiotto. Manuel lo guardò con espressione seria. L’orsacchiotto lo guardava dai suoi occhi neri di plastica, con le braccia aperte e la bocca piegata in un sorriso, come per dire “Ehi, che succede, amico? Sembra che tu abbia un problema.”

- Perché mi sento così, Nobo? – domandò Manuel guardando negli occhi l’orsacchiotto. Questi rimase in silenzio, mentre la mano di Manuel si sollevò lentamente e gli carezzò la testa.

- Lo sai – disse – Non farmi ripetere tutto da capo. È la pochezza di questa vita, che mi tormenta. –

Con l’altra mano Manuel teneva la schiena dell’orso di pezza, in modo che potesse stare comodo, seduto sulle sue gambe lunghe.

- Marco? …E tu come fai a conoscerlo? Oh già. Forse te ne ho parlato io… Beh, non so. Mi sembra un bravo ragazzo, ma… - s’interruppe – Cosa? – Guardò negli occhi il suo orso di pezza.

Quand’era bambino, Manuel trovava in quegli occhi tutte le risposte di cui aveva bisogno. Ora, con l’età adulta, faticava a comprendere un linguaggio così arcano, perché quando si è grandi, le voci che si sentono da bambini iniziano ad allontanarsi, e ben pochi riescono a sentirle anche dopo.

- No, non penso… - disse, quasi con rassegnazione – E’ così timido e dimesso. Mi fa tanta tenerezza… ma anche tantissima pena. – Abbassò la testa, ed i suoi capelli biondi gli ricaddero ai lati delle orecchie.

Poi, la rialzò. – Cosa? Cosa vuoi dire con questo? –

Di nuovo guardò negli occhi il suo Nobo, l’orsacchiotto che gli stava parlando, ma il suo sguardo era triste.

- Nulla a che vedere – tagliò corto – Paolo e Marco sono molto diversi. Com’è diverso il rapporto che avevo con P… - s’interruppe, all’improvviso, come se nella stanza ci fosse stato uno sconosciuto.

Ovviamente, non c’era nessuno, ma Manuel abbassò gli occhi e disse – No, va tutto bene. Solo che… sono un po’ stanco. Ti dispiace se andiamo a dormire? –

L’orsacchiotto fece di sì con la testa. Manuel gli sorrise e se lo portò con sé sotto le coperte, stringendolo forte.

   
 
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