Le tue paure addormentale con me...
1. I
dodici passi
L'aveva trovato suo fratello, nella vasca da bagno colma d'acqua e sangue. Era
uno spettacolo disgustoso, e Mikey sentì lo stomaco torcersi. Sarebbe svenuto
poco dopo, ma in quel momento doveva farsi forza. Quasi si tuffò, tirando fuori
dall'acqua la testa di suo fratello, scuotendolo, sporcandosi, piangendo ed
urlando.
I signori Way accorsero subito, cavalcando la rampa di scale
che portava al piano superiore quasi come stessero volando. Corsero lungo
l'interminabile corridoio, verso la porta spalancata del bagno, verso i propri
figli, col panico che aumentava ad ogni passo.
Donna Way emise un urlo straziante, bloccandosi sulla soglia.
Mikey stava piangendo, sorreggendo con le sue braccia esili il corpo inerme di
suo fratello.
«Aiutatelo!» urlò, mentre suo marito corse in soccorso a suo
figlio.
Tirarono Gerard fuori dalla vasca. C'era acqua e sangue
ovunque, e quando Mikey si assicurò che suo padre stesse tenendo saldamente
Gerard, si concesse il lusso di svenire, nauseato da tutta quella scena.
L'ultima cosa che vide furono le innumerevoli facce che si
sporgevano sulla porta. Un branco di curiosi che non volevano vedere altro che
il corpo di un ragazzo in fin di vita. Di un suicidio mal riuscito.
-
Quello doveva essere un gran giorno, ma in realtà non lo era affatto.
Quando gli avevano chiesto «Sei pronto per tornare a casa?», lui aveva sorriso,
annuito e dichiarato che si, era pronto. In realtà, per tutto quel tempo - anche
se presto si era stancato di contare i giorni, i mesi - non aveva desiderato
altro che andarsene. Ma ora che quel momento era arrivato non ne era più così
certo.
Prese il suo borsone, salutò e salì sull'auto di suo padre.
La clinica distava poco dalla residenza dei Way, e nonostante
il padre di Gerard solitamente era un uomo taciturno, per tutto il tragitto non
aveva smesso un attimo di parlare.
Diceva di essere contento che suo figlio stesse tornando a
casa, finalmente. Diceva che lo trovava bene, che tutti non vedevano l'ora di
poterlo riabbracciare.
Quando parcheggiò l'auto nel vialetto davanti alla villa,
fece un respiro profondo.
I Way si occupavano di matrimoni in grande stile. Donna Way
era la wedding planner più richiesta - forse l'unica in realtà - di Belleville,
e nella loro vasta residenza organizzavano i migliori matrimoni che la gente del
posto avesse mai visto.
Gerard fece una smorfia, notando l'infinità di auto tirate a
lucido parcheggiate nel loro viale.
«Ascolta...» disse suo padre schiarendosi la gola, in
evidente imbarazzo «...purtroppo, proprio oggi c'è un matrimonio, ed è un
matrimonio importante, quindi tua madre, sai com'è, no? E' completamente assorta
nel lavoro, corre da una parte all'altra e forse non potrà subito dedicarti il
suo tempo...» spiegò guardando dritto di fronte a sé, come a voler evitare lo
sguardo di suo figlio.
Gerard annuì, anche se la cosa lo infastidiva abbastanza. Lo
sapeva, non era affatto pronto.
Avrebbe preferito tornare a casa in un giorno tranquillo, non
quando un centinaio di sconosciuti giravano per il piano inferiore di casa sua,
o nel suo giardino.
Avrebbe preferito che sua madre corresse dietro a lui,
piuttosto che dietro ad una quasisposa in piena crisi nervosa. E di gran lunga,
avrebbe preferito che suo padre dicesse chiaramente "Preferiremmo che non ti
suicidassi proprio oggi, com'è successa l'ultima volta", perché poteva metterci
la mano sul fuoco, quella era la vera questione. Gerard poteva mettere a rischio
un altro matrimonio, rovinando ancora una volta l'ottimo lavoro dei suoi
genitori.
Gerard poteva mettere tutta la famiglia in imbarazzo, ancora
una volta.
Ma Gerard non era più quel Gerard, no? Era sobrio, era
cosciente, ed era ripulito. Fece una specie di sorriso, scendendo dalla
macchina.
«Mikey è in casa?» chiese quando fu sotto al portico, pronto
ad entrare.
Suo padre annuì, aggiungendo che Mikey non aspettava altro
che poter riabbracciare il suo fratellone.
Il punto era che il signor Way aveva avuto il compito più difficile, quello di
andare a prendere Gee e prepararlo a ciò che avrebbe ritrovato una volta a casa.
Ma la verità era che il signor Way sapeva fare tantissime cose, ma davvero, non
sapeva mentire.
La casa era addobbata ovunque, non c'era un centimetro quadro
che non fosse ricoperto di nastri, fiocchi, fiori profumati. Gente a Gerard
sconosciuta girovagava nel salotto sorseggiando costoso Champagne, e lui dovette
guardare altrove, cercando il pacchetto di sigarette nella tasca dei jeans
scuri.
Ne accese una, guardandosi intorno alla ricerca di qualche
faccia amica.
Non dovette cercare molto a lungo.
«Tesoro! Bentornato!» esclamò Donna abbracciandolo frettolosamente. Lo guardò
per un pò, tenendogli il volto tra le mani, come faceva quando era piccolo. Poi
sospirò «Mi dispiace che tu sia tornato proprio oggi...» disse mortificata,
accennado al ricevimento in corso «Oh, e lo sai che non si fuma qui sotto...
perché non vai di sopra? Tuo fratello è in camera sua, corri a salutarlo...»
aggiunse, quasi spingendo leggermente Gerard verso le scale. Suo figlio non ebbe
il tempo di dire nulla, che Donna era già sparita chissà dove ad occuparsi di
chissà cosa.
Con il borsone su una spalla e la sigaretta tra le labbra, si
avviò al piano superiore.
Quando fu davanti alla porta della sua cameretta, sorrise
quasi malinconico. Gli era mancata la sua stanza. Gli era mancato Mikey. Erano
cresciuti letteralmente insieme, dividevano tutto, la cameretta, i giochi, i
fumetti, libri, dischi. Per un attimo sentì una specie di fastidio al petto. Un
nodo alla gola, quando la mente aveva vagato fino al giorno in cui Gerard e suo
fratello non erano più una cosa sola; il momento in cui Gerard cominciò a
distaccarsi, allontanandosi sempre di più.
Quello era il quarto passo: "fare un inventario morale -
ammettere tutte le volte che il nostro comportamento ha recato danno a qualcuno".
L'inventario di Gerard era infinito, e scrivere una lista delle persone a cui
aveva sicuramente fatto del male era stato un lavoro arduo. Il primo nome sulla
lista era proprio quello di suo fratello.
Aveva lavorato duro, però, perché potesse uscire da tutta
quella situazione, ed ora sperava davvero che fosse possibile tornare come ai
vecchi tempi.
Fece un respiro profondo e bussò piano, per poi aprire la
porta della camera.
E nonostante fino a qualche millesimo di secondo prima stesse
sorridendo, la sua espressione mutò totalmente, facendosi serio e cupo.
La stanza era cambiata. Il suo letto non c'era più. C'era
solo il letto di Mikey, la sua scrivania, le sue cose.
Tutta la roba di Gerard era sparita.
Suo fratello era seduto sul letto, con il basso in grembo,
intento a strimpellare qualcosa, in compagnia di un suo amico che Gerard non
conosceva, o forse conosceva ma non ricordava.
«Dove sono le mie cose?» fu la prima cosa che riuscì a dire.
In realtà aveva pensato di salutare suo fratello con un abbraccio, un "che bello
rivederti" o cose simili, ma gli era uscita solo quella domanda. Dove erano
finite le sue cose? Si guardò intorno. Non c'era più nulla di suo.
Mikey sollevò lo sguardo per incrociare il suo. Ora, ad
esempio, Gerard aveva immaginato che il suo fratellino gli sarebbe corso
incontro, gli avrebbe gettato le braccia al collo, gli avrebbe detto che non
vedeva l'ora di tornare alla vita di prima.
Ma Mikey si limitò a spostare il basso per lasciarlo sul suo
letto, si alzò e scrollò le spalle «Visto che sei stato via per così tanto
tempo, e visto che non siamo più due bambini, ho pensato che finalmente era
arrivato il momento di avere uno spazio tutto nostro. Papà e mamma hanno
sistemato la tua roba nella stanza qui accanto...» disse parlando quasi in un
mormorio. Si schiarì la gola, poi, cercando di sembrare tranquillo «Comunque,
lui è Frank, un mio amico. Mi sta aiutando a suonare...» disse indicando il
ragazzino ancora seduto ai piedi del letto di Mikey. Aveva due grandi occhi di
un particolare tono nocciola, ed un sorriso che in quel momento in realtà
sembrava alquanto fuori luogo. Nè Gerard nè Mikey stavano sorridendo. Si alzò,
il ragazzino, per porgere la sua mano tatuata «Piacere di conoscerti» pronunciò,
con un tono di voce allegro.
Gerard gli strinse la mano distrattamente, continuando a
guardare il suo fratellino, che sembrava diverso ora, in qualche modo. Sembrava
meno fragile di come lo aveva lasciato.
E forse a Gerard non piaceva poi molto, il nuovo Mikey.
«Potevate almeno interpellarmi. Che ne so, chiedermi se mi
andava bene cambiare camera e tutto il resto. Che "bentornato" del cazzo!»
sbottò sbuffando scocciato.
Mikey non rispose. Non gli piaceva quella situazione. Si
rimise seduto sul suo letto, e riprese il basso tra le mani.
«E comunque, se io ora rivolessi questa camera?»
continuò quindi Gerard, dopo un pò «Anzi, io la rivoglio e basta! Vacci tu nella
stanza accanto, ok?».
Suo fratello alzò gli occhi al cielo, lasciando di nuovo il
basso, stavolta con molta meno delicatezza, e si avvicinò alla porta «Senti,
puoi smetterla e basta? Questa è la mia stanza, quella-» esclamò indicando la
camera accanto «è la tua, punto, ormai è così, quindi smettila. E se hai qualche
problema al riguardo parlane con mamma e papà, ma lasciami in pace.» disse
esasperato, cacciando letteralmente Gerard dalla camera e richiudendo la porta.
Mikey sbuffò un'altra volta, poggiandosi di peso con la
schiena contro la porta della sua camera. Piano, scivolò giù, poggiò la testa
sulle ginocchia e cercò di non piangere.
Non gli andava davvero di piangere davanti a Frank. Non che
fosse un problema. Frank non giudicava mai nessuno.
Il punto era che non voleva affatto accogliere in quel modo
suo fratello, assolutamente. Però Gerard non gli aveva detto nulla. Nè un
ciao, né niente. Aveva solo iniziato a rompere perché le sue cose erano
state spostate.
«Vuoi che me ne vada?».
Mikey sollevò lo sguardo. Aveva gli occhi lucidi e gonfi di
lacrime. Frank era in piedi di fronte a lui, con una mano protesa per aiutarlo a
rialzarsi.
«No, per favore, resta...» mormorò Mikey, tirandosi su.
«Se non ti va di stare in casa possiamo andare a fare un
giro... cioè, lo so che è difficile, per tutti voi intendo...» disse Frank
comprensivo. Mikey scrollò le spalle. Frank ne sapeva qualcosa, e proprio per
quel motivo non voleva che lo lasciasse solo in quel momento.
Aveva immaginato più volte come sarebbe stato il ritorno a
casa di suo fratello, ma mai aveva pensato che sarebbe ricominciato tutto con
una litigata.
Gerard se ne stava davanti alla finestra della sua nuova camera. Aveva acceso un'altra sigaretta, e se ne stava lì a guardare tutta quella gente che mangiava e si divertiva nel prato di casa sua. Gli sembrava che lì fuori tutti erano felici. Proprio come avrebbe voluto sentirsi lui, tornando a casa. Invece se ne stava in una camera che non era la sua, in una casa che non sentiva più sua. Con il peso della consapevolezza che tutto era cambiato, e che era solo ed unicamente colpa sua.
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Ok, eccomi qui
con una nuova FF scritta un pò di getto. Spero vi piaccia almeno questo primo
capitolo. Non so bene - chi mi conosce sa che non sono abituata a "pianificare"
le mie storie, e che se le pianifico comunque non vanno mai come avevo
pianificato XD - dove andrà a parare tutta la faccenda, ma l'idea generale mi
piace quindi boh.
So che ho altre FF in corso ma alcune credo che staranno in stand-by per un pò,
perché la mia mente sta viaggiando verso nuovi orizzonti, verso l'infinito e
oltre! (???) quindi ok, chiudo qui. Fatemi sapere che ne pensate, qualsiasi
cosa, consigli, complimenti, critiche, insulti, mi sta bene tutto, giuro u.u
xoxo
Ah, e cavolo, oggi è un anno di Fucking Killjoys quindi
boh, tanto amore a tutte le FK del mondo! (???) <3
PS: questa è la mia pagina FB, se volete mipiacciare e seguire i vari
aggiornamenti accomodatevi:
TerexinaEFP