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Autore: Il Professor What    06/03/2012    5 recensioni
"Così, alla fine, ci sono finito davvero ad Azkaban. Doppio omicidio, indagine, scoperta del colpevole, punizione: perfetto. Peccato che sia innocente".
A quattro anni dalla fine della guerra, Draco Malfoy, isolato e reietto dal mondo magico, viene rinchiuso ad Azkaban per un doppio omicidio che non ha commesso. Quando evade per scoprire la verità, troverà aiuto dall'ultima persona che si sarebbe mai aspettato.
***
“Ne ho piene le tasche” continuò lei “di essere considerata una piccola Mezzosangue dalle idee bizzarre che per caso ha contribuito a fermare il più grande Mago Oscuro mai conosciuto. E tu sei capitato proprio al momento giusto. Chiariamoci, tu sei uno dei Purosangue più supponenti, arroganti e superficiali che io abbia mai conosciuto. Questo, però, non è una prova per dimostrare che sei un assassino, al contrario di quello che pensa la maggioranza dei maghi… che, per inciso, è la stessa che mi ride alle spalle.”
Genere: Mistero, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Nuovo personaggio | Coppie: Draco/Hermione
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Da Epilogo alternativo
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DRACO: Con questo capitolo cominciano le romanticherie, giusto?
AUTORE: Sì, esatto, comincia il vostro avvicinamento. Qualche problema?
DRACO: Figurati! Con tutte le scene che mi hanno fatto recitare, ci ho fatto il callo! Almeno tu dai una giustificazione solida...
HERM: Draco, per favore! Un po' di educazione!

 

CAP. 7:

L'incubo

"Ma ti sei bevuta il cervello, Mezzosangue?" Draco, alzatosi dalla tavola dove cenavano, la guardava con occhi assassini, le mani che si muovevano spasmodicamente, la voce piena di collera. Si stava evidentemente trattenendo dall'impulso di urlarle in faccia.

"Non è che potresti lasciarmi spiegare, invece di arrabbiarti subito?"
"Oh, certo. Voglio proprio sapere com'è che hai avuto questa geniale idea di spifferare tutto al più famoso giornalista del mondo magico!"
"Però tu stai calmo, eh? Ti siedi e mi ascolti..." Lo spinse con fermezza sulla sedia, lottando contro il suo corpo irrigidito dalla rabbia. Draco non distolse gli occhi per un solo istante.

"Dunque, intanto non gli ho spifferato tutto. Non gli ho detto che sei qui, né gli ho dato il numero e l'indirizzo di questa casa. Tutto quello che ha è il mio cellulare, ma per tua informazione non hanno ancora inventato il loro elenco."
"E non ti è per caso venuto in mente che quell'uomo, che sa usare le tecniche Babbane, possa anche aggirarle?"
"Ma perché vuoi fasciarti la testa prima di cadere? Se ne sarà capace, vedremo cosa fare... e comunque, mettiamo che scopra qualcosa: come avrebbe fatto a contattarmi? Ti ricordo che per farlo via gufo o Polvere Volante bisogna avere l'indirizzo."
"E usare il metodo dei falsi galeoni come avete fatto per il vostro Esercito no, eh?"

Hermione restò sorpresa: effettivamente non le era venuto in mente di usare il sistema dei galeoni. Draco lo capì, e stese le labbra nel suo sorrisetto ironico. Ah no, eh! Un'altra volta ridotta al silenzio da lui no!

"Ok, non ci ho pensato. Ma comunque, se fossi andata in giro io a fare domande sulla tua condizione, cosa credi avrebbero pensato gli Auror?" Non ci fu risposta, ma le sembrò che la sua espressione cominciasse ad addolcirsi. Le mani, almeno, smisero lentamente di agitarsi.  "Gli sarebbe sembrato strano che Hermione Granger si interessasse così all'improvviso di Draco Malfoy, no? Invece, se le domande le fa un giornalista noto per il suo interesse a casi e opinioni poco convenzionali, la cosa sembra meno strana. E poi, non hai detto tu stesso di aver verificato la sua discrezione?"

Draco rimase in silenzio. Doveva ammettere che aveva un senso... parecchio senso. Anzi, a dirla tutta, era stata un'ottima mossa: effettivamente, Fletus Chattongue con lui si era dimostrato di parola. Stavolta ha ragione. Ma non glielo dirò. E si limitò ad annuire.
Hermione si rilassò: era stato più facile di quanto pensava. Allora c'è un cervello che lavora dietro quei capelli platinati.

"Comunque, devo ringraziarti. L'intervista mi ha fatto bene: non mi sentivo così leggera da parecchio tempo."
"Aspetta a ringraziarmi, Granger. Credi davvero che le persone che hai insultato se ne staranno buone buone a leggere i tuoi insulti? Stai sicura che i giornali saranno pieni di articoli di risposta, e nessuno sarà gentile con te."

Bravo, Draco. Preparala al gran colpo. La voglio vedere con la bocca spalancata.

"Ma per tua fortuna, il più affascinante Purosangue del mondo magico ha deciso di impazzire... e di darti una mano a risalire la china."

L'annuncio fece il suo effetto. La forchetta di lei rimase sospesa a mezz'aria, mentre i suoi occhi scattavano a incontrare il volto di Draco, per l'immenso piacere di lui. "E... e perché dovresti... ?"
"Perché sei uno dei politici migliori in circolazione, Granger: con la testa che ti ritrovi, puoi andare molto lontano. Però ti sei impantanata qui, a causa di un malinteso senso delle regole, tipicamente Grifondoro. Ora, dal momento che a quanto pare sono l'unica persona al mondo in grado di stimolarti a superare questi tuoi limiti... perché non farlo? Certo, prendendomi parte del merito."
"Ma tu non condividi le mie idee."
"Vero, però io non sono così coglione da ammetterlo in pubblico, come Weasel. Sì, ho letto qualche giornale durante la fuga" rispose alla domanda che vide formarsi sulle labbra di lei. "Allora, che ne dici, Mezzosangue? Accetti l'offerta?"

Una parte di lei esitò: insomma, non era un assassino, va bene, ma restava un Serpeverde, un ex Mangiamorte, il ragazzo che l'aveva insultata per sette anni... Però, diceva la sua altra metà, è il primo uomo che si dichiara disposto ad aiutarti non solo a parole. E poi, l'altro giorno, si è scusato con te, ricordi? Forse è meno stronzo di quanto sembra. In ogni caso, che hai da perdere?

"Va bene. Voglio concederti fiducia."
"Non te ne pentirai." L'enorme sorriso che sorse sul volto di Malfoy non sembrava il solito sorrisetto di sufficiente ironia.

Avevano ormai finito di mangiare, ed Hermione lo obbligò anche quella sera ad aiutarla a sparecchiare. Questa volta Draco protestò meno del solito: aveva capito che disobbedire non era la mossa più intelligente, considerato il carattere della ragazza.

"A proposito", gli chiese, mentre sistemava i piatti nel secchiaio, "come mai hai detto a Chattongue che tuo padre è stato giustiziato?"

Sentì il bicchiere cadere a terra e andare in mille pezzi, e si voltò. Draco era fermo come un palo vicino al tavolo sembrava gli avessero fatto un Incantesimo Paralizzante.
"Perché me lo chiedi?"
"Perché mi interessa saperlo. E sono anche disposta a crederti, come ho fatto finora. Però vorrei capire perché secondo te tuo padre è stato giustiziato."
"Perché è così!" La nota di insicurezza nella voce era troppo evidente.
"Malfoy, il Ministero non ha condannato a morte nessun ex seguace di Voldemort. Anzi, dov'era possibile sono stati perdonati. Perché avrebbe dovuto far uccidere Lucius Malfoy?"
"Ma io..." Draco si fermò, e la sua frase rimase senza conclusione. Nei suoi occhi, si dipinse lo smarrimento, mentre il suo respiro iniziò a farsi difficile, pesante. "Io me lo ricordo..." riuscì infine a dire, a voce molto bassa, quasi un sussurro.

Stupefatta da questa reazione, Hermione restò a guardarlo, e dopo qualche minuto iniziò a preoccuparsi seriamente. Draco aveva iniziato a muovere la testa di qua e di là, come un ubriaco. Le sue gambe sembravano sul punto di cedere da un momento all'altro. La bocca continuava a muoversi senza emettere alcun suono, e lo sguardo era fisso nel vuoto. Sudava copiosamente.
Dopo aver aspettato ancora un momento, Hermione provò a scuoterlo leggermente. "Non mi toccare!" urlò Draco, improvvisamente ripresosi, prima di scappare dalla cucina.

Non sta mentendo. Nessun bugiardo si comporta così. Ci dev'essere qualcosa che non va... qualcosa che c'entra con la memoria. Come ci pensò, la soluzione le parve ovvia. Gli è stato fatto un Incantesimo di Memoria! E non un Incantesimo di Memoria qualsiasi, evidentemente, altrimenti non gli avrebbe provocato una reazione così violenta. Ripensò a tutto quello che aveva studiato in proposito, ma così su due piedi non le venne in mente nulla. Eppure le sembrava di aver letto da qualche parte qualcosa di utile...
Aveva bisogno di un po' di ripasso, concluse. Il che significava, però, tornare al mondo magico... a Hogwarts. Perché no? Tanto, se Chattongue pubblica la sua intervista, il mio isolamento è finito comunque. Del resto, la biblioteca della scuola autorizzava prestiti a ex allievi, e la McGranitt, il nuovo Preside, non le avrebbe certo fatto difficoltà: poteva andare e venire senza rivelare dove stava. Le avrebbe fatto anche piacere, in fondo, rivedere il castello.
Decise che in mattinata avrebbe mandato un gufo dalla voliera pubblica più vicina. Doveva sapere qual era il problema di Draco, il prima possibile. Qualcosa le diceva che la sua memoria modificata e l'accusa di omicidio potevano essere collegate, e anche se non lo fossero state, be'... non lo avrebbe certo lasciato in quelle condizioni, non dopo la sua offerta.

Ma che incorreggibile altruista che sono. Guarda te se mi devo iniziare a preoccupare così per lui...

***

Erano le due di notte, quando un rumore la svegliò. All'inizio, non riuscì a capire cosa fosse stato. Poi lo sentì di nuovo: era un gemito di dolore, alto, stridente, freddo come una pugnalata. Riconobbe subito la voce, e si precipitò di sotto.

Draco si stava agitando sul divano, voltando la testa da una parte all'altra, il viso stravolto dal dolore e bagnato di lacrime sotto gli occhi chiusi. Poteva vedere il corpo tremare violentemente sotto le coperte. In mezzo ai gemiti e ai singhiozzi, si distinguevano alcune parole: "No... Papà... No..."
La sorpresa la bloccò sull'entrata. Non aveva mai visto qualcosa di simile, nemmeno gli incubi di Harry ai tempi della guerra avevano un effetto così forte. Merlino, cosa sta sognando da soffrire così? Un altro gemito la riscosse: si sarebbe fatta raccontare dopo, adesso era meglio svegliarlo.

Si accostò al divano e iniziò a scuoterlo energicamente, chiamandolo: "Malfoy! Malfoy!" Inutile: Draco continuava a piangere e a tremare, voltando freneticamente la testa. Alla fine, Hermione decise di cambiare tattica. Smise di scuoterlo e, avvicinata la bocca al suo orecchio, cominciò a sussurrare: "Draco..."

Il corpo di Malfoy si bloccò all'istante, smettendo di tremare. Hermione provò di nuovo, e stavolta tornò a scuoterlo leggermente. Lui si voltò, come se l'avesse sentita. Anche i singhiozzi erano cessati. Lo chiamò una terza volta.

Ed improvvisamente Draco Malfoy, con uno scatto felino, la afferrò per le spalle e la strinse forte, svegliandosi di botto. Il suo corpo riprese a tremare, ma adesso erano i brividi normali che seguono un momento di grande paura.

Il suo primo impulso fu di spingerlo via, ma non ci riuscì. Il modo in cui la stringeva aveva la forza della disperazione, il ritmo affannato del suo respiro era quello di una fuga, e sulla guancia poteva sentire l'umidità delle lacrime. No, non era quello il momento di rivangare la loro vecchia ostilità. Sollevò una mano e gliela appoggiò sulla spalla, senza stringere troppo, quel tanto che bastava. Lo sentì affondare la testa nei suoi capelli, mentre ricominciava a singhiozzare, in un pianto silenzioso.

Passarono dieci minuti buoni, prima che la lasciasse andare. Si ritirò con lentezza, saggiando le sue forze, lasciando che il suo corpo si calmasse. Gli occhi chinati a terra, continuava a respirare pesantemente.
"Va meglio?" gli chiese, alzandogli il volto con la mano, così che potesse vederla.
Si aspettava che rispondesse di sì e si voltasse dall'altra parte. Da un momento all'altro, pensava di vederlo riprendere la sua solita aria autosufficiente e acida, acuita dalla vergogna della debolezza dimostrata.

E invece, dopo averla guardata per qualche minuto, Draco Malfoy parlò. Iniziò a raccontarle dei suoi incubi: di come lo perseguitassero da quattro anni, di come avesse accettato turni così lunghi al Paiolo Magico come Hades LeSerp così che la stanchezza gli impedisse di sognare, di come poi ad Azkaban avesse sognato praticamente ogni notte, e infine di come quella fosse la prima notte dalla fuga in cui gli incubi erano tornati a tormentarlo.

Aveva sognato di ritrovarsi in un luogo stranamente familiare, malgrado non l'avesse mai visto: una grande sala immersa nel buio, anch'essa vecchia, polverosa e decadente. Sapeva, però, che non era casa sua. Suo padre era lì, al centro, ritto in piedi, attorniato da altri Mangiamorte. Sulla sua gola, era aperto un largo squarcio da cui fuoriusciva sangue a fiotti. Nondimeno, suo padre era rimasto in piedi, a parlargli... ad accusarlo di averlo ucciso. Gli era perfino sembrato di vederlo piangere.
Poi, d'improvviso, una corda aveva sollevato suo padre, lasciandolo a penzolare a testa in giù, col sangue che colava in basso. Dalle pareti, dal pavimento, erano usciti tanti sottili fili di fumo, che si erano uniti in una sola figura al centro della sala: Lui, non più essere umano di carne e sangue, ma tremendo fantasma. Si era chinato sulla ferita di suo padre e aveva cominciato a bere il rosso fluido che ne sgorgava. A quel punto Draco aveva gridato, mentre attorno a lui gli altri Mangiamorte ripetevano il suo cognome come in una tremenda litania, e la casa sembrava tremare.
Improvvisamente, aveva sentito chiamarsi per nome: dietro di lui, era comparsa una figura piccola e luminosa, forse sua madre, forse qualcun altro. La litania dei Mangiamorte si era interrotta, e lui si era mosso piano verso la luce, cercando di capire se non fosse un'allucinazione. Ma sentendosi chiamare per tre volte, si era convinto che non lo fosse... ed era corso a stringerla, svegliandosi.

Si era accorto di chi stringeva quasi subito, ma si era sentito troppo debole per lasciarla andare. E quando lei aveva messo la mano sulla sua spalla, finalmente aveva dato sfogo al suo disperato bisogno di affetto, di conforto. Si era staccato pensando di averne avuto abbastanza, preparandosi a riprendere la sua maschera di autocontrollo. Ma quando gli aveva chiesto "Va meglio?", e aveva potuto vederla in faccia, china su di lui con espressione preoccupata, compassionevole, l'urgenza di parlare, di sfogarsi, era stata più forte di lui. Non ne poteva più di svegliarsi da solo, nella notte, sudato e tremante, e di non trovare nessuno accanto a sé, a parte i ritratti della Sala degli Antenati. Non ne poteva più di essere solo.

Perché da un anno, Draco Malfoy era stato tremendamente, assolutamente solo, nel suo maniero decadente, ombra della passata grandezza della sua famiglia. Reietto, scacciato, privato di tutto, anche della sua famiglia... e troppo orgoglioso per andare a chiedere un aiuto. In fondo, il suo orgoglio era tutto ciò che gli rimaneva, no?
Ma l'orgoglio non poteva scacciare gli incubi. L'orgoglio non gli avrebbe ridato la sua famiglia. Non avrebbe cancellato quel dolore sordo che sentiva ogni mattina, quando si svegliava e capiva di essere ancora lì, a sostenere da solo il peso di qualcosa che non esisteva neanche più. Un dolore che ogni giorno si faceva più insopportabile... e per tollerare il quale aveva accettato di diventare Hades LeSerp, odiando questa sua altra identità libera, sorridente, ben accettata e amata da decine di fan.
Ma adesso, c'era qualcuno che stava aiutando Draco. Non Hades LeSerp, non Malfoy: Draco. Aveva sentito le sue canzoni, e le aveva apprezzate. Aveva creduto che fosse innocente e lo aiutava a provarlo. Si era fidata di lui ascoltando un suo consiglio. Gli aveva permesso di ascoltare i suoi dischi. Non gli piaceva del tutto ammetterlo, ma ritrovarla, tornare a litigare con lei, parlare con qualcuno di familiare dopo un anno di silenzio, gli aveva fatto bene. E lui era stanco di soffrire.

Hermione lo lasciò parlare, senza interromperlo. Solo di tanto in tanto, gli accarezzava lievemente i capelli, cercando di rassicurarlo. Si sorprese a pensare con nostalgia al Draco Malfoy che aveva conosciuto: le faceva pena vedere ridotto così il Principe delle Serpi. Fu in quel momento che capì che l'avrebbe aiutato non per ripicca contro il Ministero, né perché lui poteva aiutarla con la sua carriera, ma perché era giusto. Nessuno meritava di soffrire in quel modo, specie chi, come lui, era stato trascinato in qualcosa che forse non aveva mai capito.

Dopo un'ora e mezza, Draco si calmò. O meglio, la paura lasciò il posto all'incredulità di quello che aveva appena fatto... un'incredulità mischiata a una strana leggerezza. E nessuna vergogna, cosa che più lo stupiva. Assolutamente nessuna.

"Credi di riuscire a riaddormentarti?" gli chiese. Draco annuì: non riusciva più a parlare. Si distese sul divano, mentre lei lo aiutava con le coperte.

Per un attimo, i loro volti furono vicini, e Draco si ritrovò a notare quanto fosse bella, con i capelli in disordine, gli occhi nocciola dall'espressione quasi materna, e le labbra dischiuse in un piccolo sorriso. Forse, dopotutto, valeva la pena di avere un incubo per essere svegliato così. E nemmeno di questo pensiero, assolutamente folle, riuscì a vergognarsi.

AUTORE (tentando di staccare Draco che sta baciando Herm a tradimento); Ehi! Non siamo ancora arrivati a quel punto!
DRACO (staccando le labbra i cinque secondi sufficienti): Mi prendo un anticipo!
Herm, dal canto suo, manda all'Autore un'occhiata che significa: "Sarà una cosa lunga..." Ma non sembra nemmeno troppo dispiaciuta.
AUTORE: Va be', ho capito, mi faccio un giro...

 

  
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