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Autore: lilla thea    07/03/2012    4 recensioni
Edward e Bella, sono loro i protagonisti di questa storia.
l'amore, quello con la A maiuscola fa da sfondo.
tutto si svolge attorno ad una bimba dagli occhietti tristi che cambierà la vita ad entrambi e forse (dico forse) darà all'amore un significato puro e lo renderà colmo d'infinito.
Genere: Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Un po' tutti | Coppie: Bella/Edward
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
Capitoli:
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ciao a tutti. intanto grazie a  Alice_Nekkina_Pattinson giova71 e  mery_11 per aver recensito il primo capitolo. Grazie mille, è davvero bello sapere che a qualcuno piace ciò che scrivi o che comunque ne è incuriosito. Spero che continuerete a farmi sapere cosa ne pensate!
in questo capitolo conoscerete un altro dei protagonisti della storia, forse la più importante in fondo. 
vorrei chiarire un punto, ma lo farò alla fine del capitolo, capirete perchè. baci!




2 – Cioccolata.

 
Ero avvolta nei miei pensieri quando qualcosa urtò la mia gamba. Con l’urto feci cadere la bottiglia di latte rovesciandomela addosso e stavo per sbraitare quando mi accorsi di due occhioni verdi che mi fissavano spaventati.
Dietro le mie gambe si nascondeva una bambina bellissima, dai capelli biondissimi e due occhi verdi come smeraldi. Ma il suo sguardo era spaventato, si guardava attorno spaesata e tremava.

  • piccola stai bene? Ti sei fatta male? – mi avvicinai a lei porgendole la mano ma la piccola scappò veloce lasciandomi con il braccio sospeso.
Mi guardai attorno per vedere con chi potesse essere ma non trovai nessuno. Possibile che avessero lasciato una bambina così piccola da sola in un supermercato?
La cercai tra gli scaffali ma non riuscii più a vederla. Pensai che i genitori l’avessero trovata e andai a pagare la mia spesa. Avevo fatto scorte per un bel po’, volevo evitare di dover tornare tanto presto.
 
Scaricai tutta la spesa dentro al mio pick up, che avevo dimenticato aperto come al solito, e quando entrai anch’io nell’abitacolo ero bagnata dalla testa ai piedi. Imprecai in ogni lingua conosciuta contro la pioggia finché un rumore mi distrasse.
Adesso impazzivo pure. Che bella notizia! Mi mancava solo di immaginare le voci ed ero davvero ok. La figlia stramba dello sceriffo avrebbe vinto il premio nobel per le stranezze.

La strada fino a casa mia non era molta ma vista la pioggia guidai con più attenzione del solito. Quando parcheggiai tirai fuori le buste. Erano molto pesanti ma cercai di sbrigarmi per non rovinare tutta la spesa. Ovviamente gocciolai tutto il pavimento. Avrei pulito dopo. Avevo solo voglia di mettermi qualcosa di asciutto e gustarmi la mia buonissima cioccolata calda. Tirai fuori il latte e cercai la confezione di cioccolata che avevo comprato. Rovesciai tutta la spesa sul tavolo ma della cioccolata non c’era traccia.

  • no no no! Non mi abbandonare anche tu. Ho bisogno della mia dose di cioccolata, ti prego!
Ma per quanto pregassi la cioccolata non uscì fuori. Quando mi ritrovai lo scontrino tra le mani controllai e in effetti la cioccolata c’era. Guardai con odio dalla finestra il mio pick up. Doveva essermi caduta per forza dentro l’auto. Ero ancora bagnata per fortuna così afferrai le chiavi e uscii.

Cercai tra i sedili ma non trovai la barretta. Tra i sedili però notai la carta della cioccolata. Sembrava fosse stata scartata. Era impossibile. Io non mangiavo mai in macchina e quella era proprio la barretta che avevo comprato quella sera. Avvertii un rumore sul retro del pick up e mi gelai per un attimo. Ero indecisa se scappare in casa e chiamare la polizia, conscia che appena i colleghi avessero visto il mio numero si sarebbero precipitati con un dispiegamento pari ad una task force governativa, oppure affrontare il mio nemico, chiunque esso sia. Stavo per optare per la prima ipotesi quando un leggero starnuto mi bloccò. Era delicato e soffocato, come se chi l’avesse fatto volesse nascondersi. Afferrai il lembo del telo che copriva il cassone del pick up e lo sollevai di colpo.
Restai a bocca aperta appena trovai la stessa bambina del supermercato che tremava, completamente bagnata sul retro del mio pick up.
Quando mi avvicinai la bimba con un salto cercò di scappare via ma era tutto bagnato e scivolò sul vialetto di ghiaia.
Sentii un leggero lamento, sicuramente si era fatta male. Così mi avvicinai a lei ma la bambina si rannicchiò su se stessa cercando di trattenere le lacrime. Mi guardava con gli occhi terrorizzati e mi avvicinai. Strizzò gli occhi quando posai una mano sul suo visetto quasi temesse che potessi picchiarla. Quando però capì che non le avrei fatto del male si rilassò.
La presi tra le braccia, era così magra da pesare davvero poco.

  • va tutto bene, ok. Adesso ci asciughiamo e poi cerchiamo la tua mamma.
Appena pronunciai la parola mamma si strinse a me e prese a tremare di nuovo scuotendo con forza la testa. Si aggrappò al mio maglione pregandomi con lo sguardo di non farlo.
  • Ok, ok. Va bene. Adesso ci penso io a te. Ok? Ti va un bicchiere di latte caldo? – annuì mentre un altro brivido la scuoteva. Rientrammo in casa e la portai dritta nel bagno.
  • Mi vuoi dire come ti chiami? – lei stava in silenzio, forse non sapeva parlare, pensai. O forse era stata così terrorizzata da qualcuno da non volerlo fare. La seconda ipotesi mi sembrava la più probabile visto il suo sguardo.
  • Io mi chiamo Bella. Sono lieta di fare la tua conoscenza. – le dissi porgendole la mano e feci un mezzo inchino. Lei mi guardò confusa poi le scappò una leggera risata. Sghignazzò silenziosamente portandosi le manine alla bocca e notai che erano tutte graffiate.
  • Allora adesso facciamo un bel bagno caldo e ti presto uno dei miei vestiti così ci asciughiamo, ok? – la piccola annuì e mi sporsi dietro di lei per aprire l’acqua calda. Guardò il vapore che si diffondeva nel bagno e cercò di catturare la nebbiolina. Quando cercai di sollevarle la maglia si irrigidì.
  • Devo toglierti i vestiti per fare un bagno caldo, così rischi di prenderti un raffreddore.
Abbassò lo sguardo e sollevò le braccia per farsi spogliare.
Mi mancò per un attimo il respiro quando vidi il suo pancino pieno di lividi e una piccola cicatrice appena sopra l’ombelico. Chi aveva potuto fare questo ad una bambina? Cercai di sorriderle quando vidi che mi fissava preoccupata. Le sfilai il pantalone e le sfuggì un gemito.

  • ahia.
  • Scusami, ti fo fatto male?
Guardai il suo ginocchio e mi accorsi che era sbucciato. Sicuramente nella caduta dal pick up si era fatta male.
Il mio cervello mi urlava di chiamare la polizia, di far intervenire un assistente sociale che potesse occuparsi di lei e magari mandare in galera i bastardi che le avevano fatto del male. Non ero di certo un medico ma sapevo che quei lividi non se li era certo potuta procurare da sola. Dovevo chiamare, era mio dovere da brava cittadina e persona coscienziosa, ma il mio cuore mi urlava di non farlo. E per una volta nella vita gli diedi ascolto.

Le disinfettai il ginocchio sbucciato stupita che non si lamentasse per il bruciore del
disinfettante. Sapevo che i bambini di solito si lamentavano appena pronunciavi la parola cerotto. Ne avevo visti alcuni al parco piangere ancor prima che gli si avvicinasse con il cotone, figuriamoci appena sentivano odore di disinfettante. Non si scompose neppure per un attimo. Restò immobile a fissarmi.

  • bene, fatto. Adesso facciamo un bel bagno e poi mettiamo un cerotto colorato. Va bene?
La piccola annuì ma quando cercai di farla entrare nella vasca piena d’acqua si aggrappò al mio braccio.
  • Che succede? – le chiesi. Lei cercò di tirarmi nella vasca.
  • Vuoi che facciamo il bagno insieme? – chiesi sorpresa. Prese un lembo della mia maglietta e lo strizzò facendomi notare che ancora ero zuppa.
  • Lo farò dopo, prima pensiamo a te. – ma lei scosse la testa con forza restando attaccata a me.
  • Ok. – non sapevo come comportarmi.
Mi piacevano i bambini ma non avevo mai avuto molto a che fare con loro. Non sapevo neppure se era il caso di spogliarmi completamente o no. Era una bambina che neppure conoscevo, cosa avrebbero pensato i genitori sapendo che avevo fatto il bagno nuda con la figlia? Tolsi solo i jeans e le calze ed entrai con la maglietta nella vasca con la bambina.

Lei si sedette vicina a me e per la prima volta la vidi sorridere davvero. Quando sorrideva i suoi occhi brillavano e anche le mie labbra si mossero in un sorriso, un vero sorriso. Sorriso che morì quando la bambina mi diede le spalle e guardai la sua schiena.
Se la sua pancia mi aveva sconvolta la sua schiena mi aveva traumatizzata. Era piena di lividi, alcuni più recenti altri vecchi di qualche giorno e aveva qualche cicatrice circolare, mi ricordarono delle bruciature di sigaretta.
Senza che potessi controllarlo mi ritrovai a piangere silenziosamente.

Quando sollevai lo sguardo la bambina mi fissava curiosa, poi raccolse una mia lacrima e la fissò. Quando singhiozzai pensando a quello che poteva aver passato quel piccolo angelo, lei si avvicinò e mi prese il viso tra le mani posando un bacio sulla mia guancia. Lei consolava me. Quella bambina aveva passato le pene dell’inferno e consolava me. Mi riscossi e le diedi un bacio anch’io sorridendole. Lei si toccò la guancia stupita e si mise a ridere. Aveva una risata cristallina e dolce.
Presi il mio shampoo alle fragole e le insaponai i capelli, erano pieni di nodi ma appena li pettinai e asciugai le caddero morbidi sulle spalle formando dei piccoli ricci sulle punte. Le diedi una mia vecchia felpa del college, che ovviamente le stava enorme, ma le arrivava alle ginocchia ed era molto calda. Le misi le mie calze di lana con gli orsetti e, dopo essermi vestita, scesi con lei in cucina.

Divorò la tazza di latte caldo con il miele che le avevo dato e mangiò mezza scatola di biscotti. Sembrava affamata. Forse avrei dovuta fermarla dal mangiare tutti quei biscotti al cioccolato ma non me la sentii anche perché ogni volta che mi guardava sorrideva e sembrava serena. Non ebbi neppure il tempo di sistemare la spesa che la trovai addormentata sul tavolo con la bocca ancora sporca di cioccolata.
 
La presi tra le braccia e lei aprì appena gli occhi. Mi sorrise stringendomi la maglietta e si riaddormentò.
Quando la misi nel mio letto e la coprii mi sedetti accanto a lei. Chissà cosa aveva passato quel piccolo angelo. Non erano solo io suoi lividi a preoccuparmi, ma pensavo a come potesse stare psicologicamente. Era chiaro che aveva subito delle violenze fisiche, non so fino a che punto si fossero spinti con lei, ma mi decisi a scacciare quel pensiero immediatamente, non volevo nemmeno immaginare altro.

Restai tutta la notte a guardarla dormire apparentemente serena. Ero combattuta tra fare la cosa giusta e seguire il mio istinto. Sapevo che aveva bisogno di aiuto ed io non ero in grado di fornirglielo. Quando presi il telefono composi il numero di Matt, il nuovo sceriffo di Forks, nonché migliore amico di mio padre.

  • pronto?
  • Matty?
  • Bella? Stai bene tesoro?
  • Si Matty, grazie. Volevo solo chiederti un consiglio.
  • Dimmi tutto piccola.
  • Io… ho… parlato con una mia amica, si una cara amica che vive in un paesino non lontano. Ecco…lei ha incontrato una bambina.
  • Si?
  • La bambina…era spaventata e si è accorta che non c’era nessuno ad occuparsi di lei.
  • Ha sporto denuncia immagino?
  • Si… cioè no. Non sa come comportarsi.
  • Bella la tua “amica” deve andare subito alla polizia e affidare la bambina ai servizi sociali. Rischia grosso. Potrebbe essere accusata di sequestro di minore.
  • Ma la bambina è terrorizzata. La mia amica ha paura che possano farle del male.
  • Bella la tua “amica” non può gestire la situazione da sola. Dille che deve immediatamente chiamare la polizia.
  • Ok, lo farò.
  • La chiamerai?
  • Glielo dirò.
  • Bella, non fare sciocchezze. Ti prego.
  • Dirò alla mia amica quello che mi hai consigliato. Promesso.
  • Sei una brava persona Bella, sono certo che tu, e la tua “amica”, farete la cosa giusta.
  • Grazie Matty.
Ovviamente mi conosceva troppo bene per bersi la storiella dell’amica. Sapevo che aveva ragione. Appena la bambina si fosse svegliata l’avrei portata da lui per cercare di aiutarla.




eccomi qua!
Spero che il capitolo vi sia piaciuto...
Voglio chiarire che non desidero entrare nel merito dell'argomento trattato, non voglio fare la moralista o quant'altro, ma non sopporto la violenza, soprattutto sui bambini. Spero di essere capace di trattare un argomento così delicato e che mi sta così a cuore per cui vi chiedo un favore: ditemi se pensate che io stia sbagliando qualcosa, se pensate che stia scrivendo solo fesserie o se invece sto facendo un dicreto lavoro. ci tengo davvero alle vostre opinioni. 
grazie e al prossimo capitolo!
  
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