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Autore: Hellionor    07/03/2012    3 recensioni
Si dice che Deimos, un giorno, quando l'attrazione di Marte diventerà troppo forte, si schianterà sul pianeta stesso; mentre Phobos scivolerà verso gli inesistenti confini dell'Universo.
Altri, invece, ipotizzano che anche il secondo, dopo l'impatto del primo, finirà a collidere con Marte.
E così, i due satelliti verranno divisi e distrutti proprio dallo stesso che li aveva avvicinati.
Genere: Generale, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Altri, Nuovo personaggio, Shannon Leto, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Eccomi!
Chiedo scusa per il ritardo, ma purtroppo non sono riuscita a scrivere molto in questi giorni e inoltre in pochissimi hanno letto il capitolo precedente.
In qualsiasi caso, non credo sia giusto far aspettare chi ha letto fino ad adesso!
Spero che vi piaccia anche questo capitolo, nonostante sia un po' di passaggio. Bisogna prepararsi alle prossime vicende, eh?
E poi queste due ragazze hanno bisogno di un po' d'aria.
Buona lettura!
Un bacio,
Nora




Capitolo 10
Numeri



“Nare, la prossima volta potresti gentilmente avvisarmi quando hai intenzione di scaricarmi come un pacco al primo che passa?”
Nimhea si raccolse i capelli, tirando un sospiro di sollievo che andò a mischiarsi con l'aria condizionata della metropolitana. Lo stridore del vagone sulle rotaie che le aveva accompagnate per tutto il tragitto si fece brevemente più acuto, come se volesse coprire le loro parole straniere.
“Il primo che passa?” le chiese l'amica, seduta al suo fianco.
“Non fare la finta tonta.”
Una ragazza, appoggiata alla parete del mezzo, continuava ad ascoltare la musica, alternando occhiate curiose dirette a loro a sguardi annoiati verso una coppia seduta poco più lontano. L'unica altra presenza, che silenziosa scivolava insieme alla metropolitana, era quella dell'anziano signore che, seduto qualche posto più avanti, leggeva il giornale, nel suo abito elegante. A lui non sembrava che il caldo desse troppo fastidio.
“Ah, Shannon.”
“Andrea! E poi spiegami cos'era di così importante da farmi abbandonare la mia migliore amica in un posto sperduto a Los Angeles.”
“Effettivamente Beverly Hills è un orribile posto sperduto, sì. È stato davvero così insopportabile uscire con lui? Da come mi hai raccontato il tutto, mi è sembrato proprio il contrario.”
Inutile dire che fino a quel momento, infatti, Nimhea, sotto le bombardanti domande dell'amica, aveva riportato pazientemente qualsiasi parola, gesto o minimo dettaglio fosse entrato in gioco qualche ora prima. Così, l'idea di prendere un taxi era passata in secondo piano e, dopo una lunga camminata, avevano optato per affrontare il resto del percorso in metropolitana.
“Già.”
“Allora non è un idiota?” la prese in giro, riportandole alla mente le parole di pochi giorni prima. “Sai che il fratello è anche un attore?” riprese poi, quando le porte della metropolitana si chiusero nuovamente. “Mi sono informata sul tuo futuro cognato.”
“Ma per favore! Non c'è niente, siamo solo usciti una volta e abbiamo chiacchierato un po'.”
“Il fatto è che tu non capisci che, volendo, potrebbe esserci anche solo qualcosa, senza poi tutto il resto. Voglio dire, non deve essere per forza una storia seria.”
“Volendo, Nare. L'hai detto tu. E io ho bisogno di una storia seria.”
Non andava veramente bene da troppo tempo. Qualche minuscola relazione strappatale da chi si era perso nei suoi occhi o nei suoi sorrisi e, dicendo d'amarla, si riparava nella sua maturità, sprofondando poi nell'inutile e monotono scorrere del tempo. Ma nel 'per sempre' non aveva mai creduto. Non può far parte della vita umana qualcosa costretto da una parola a durare più a lungo persino di essa. Tutto, sulla Terra, è destinato a finire. E non ci sono carte migliori da giocare, miracoli a cui aggrapparsi, numeri migliori con cui giostrarsi per impedire che ciò accada. Nessun 'per sempre' quindi, e senza troppo rancore.
“Hai il suo numero?” le chiese Andrea.
“Forse.”
Nim non aveva voglia di fare la misteriosa, semplicemente non aveva controllato che lui avesse salvato i suoi dati nella rubrica. In qualsiasi caso, quel 'forse' sapeva tanto di bugia, visto che sull'elenco delle chiamate effettuate l'avrebbe rintracciato immediatamente.
“O sì o no.”
“Sì, credo.” la guardò con un sorriso incerto e inspiegabile, poi recuperò il cellulare dalla borsa e cercò nella rubrica. Vederlo lì, le fece credere per qualche strano motivo che tutto fosse diventato reale, adesso che era archiviato in una memoria oggettiva e sempre presente sullo schermo. Lui esisteva. Lui non sarebbe mai stato per sempre.
Nel 'mai', che poi non è altro che un 'per sempre' visto a testa in giù, aveva sempre creduto fin troppo bene, invece.
Porse il cellulare all'amica, quasi in segno di trionfo, e tirò un calcio ai suoi pensieri tanto profondi quanto insensati.
“Ottimo punto di partenza.”
“Già. Comunque, se ne avrà voglia, mi chiamerà lui.”
“Se non ti chiamasse?”
“Sopravviverò.” stabilì Nimhea, incurante della sottile differenza che divide il sopravvivere dal dimenticare.
“Intendevo, se aspettasse te?”
“Non se ne parla nemmeno.” rispose decisa, ritrovando il suo contatto tra l'elenco e aprendolo:
Shannon
Rise nel vedere le informazioni aggiunte nei dettagli successivi, disseminate di abbreviazioni e di qualche errore.
Quando leggerai questo messaggio sarò ormai lontano... No, ok, inizi a guardarmi male, è meglio che smetta di fare l'idiota qui. Tra l'altro mi copi anche telefono, complimenti Nimhea (si scriveva così, vero?). Va bene, ciao.
Shannon (Christopher) Leto
Ps: batterista dei 30 Seconds to Mars, nel caso dovessi dimenticarlo.

“Cosa c'è?” le domandò l'amica, notando la sua reazione.
“Niente, ha scritto delle informazioni intelligenti.”
“Posso leggere?”
Lei le passò silenziosamente il telefono e scrutò il viso dell'amica, per leggerne nei lineamenti un qualche commento. Sorrise, sembrava divertita e contenta di quell'inutile gioco. E nei suoi occhi scuri un bagliore di certezza voleva animare quella che nel cuore di Nim era solo una tacita speranza.
“E comunque, per me, si sta solo divertendo un po'.” il suo tono di voce era convinto, non cercava una smentita adorabile dell'amica.
“Non credi che, se volesse solo divertirsi, avrebbe a disposizione mezzo mondo e non verrebbe a cercare proprio te?”
“Nare, nessuno ha cercato nessuno. Ci siamo incontrati per caso.” concluse, prima di sprofondare in un nuovo silenzio.
Osservò un foglietto lasciato nel posto accanto a lei e lo prese in mano. Era il volantino di un qualche evento che aveva a che fare con finti maghi e chiromanti e la sua curiosità la portò a sbirciare tra i vari dettagli, trovando riportati i diversi significati dei numeri.
Il sei è un numero ambivalente nel suo significato, in quanto è il numero dell’equilibrio e dell’ordine perfetto, ma allo stesso tempo può generare confusione, turbamento e illusione.
“Nim, dobbiamo scendere alla prossima fermata.”
Con un cenno del capo si alzò, prima di gettare un ultimo sguardo al foglio e riprendere velocemente la lettura.
Il numero sette esprime la globalità, l’universalità, l’equilibrio perfetto e rappresenta un ciclo compiuto e dinamico.
Otto è simbolo dell'infinito

“Cosa leggi?”
“Non è niente, significati dei numeri. L'ho trovato qui e non sapevo cosa fare, sai come sono. Il sei rappresenta sia equilibrio che confusione, il sette completezza e l'otto infinito.”
“Già imparati?” le chiese sorridendo Andrea.
“Tra dieci minuti non li ricorderò nemmeno!” osservò con una risata Nim, lasciando il volantino dove l'aveva trovato e scendendo dal mezzo.
“Adesso direi che una bella doccia non ce la toglie nessuno, poi tutti a cena. Ah Nim, dovresti ricordarti di chiamare Nadia e Pietro su Skype.”
“Giusto! Me n'ero completamente dimenticata. Là saranno le undici, li avviso con un messaggio, così li trovo collegati.”
Programmare e contemporaneamente informare gli altri dei suoi piani, senza un apparente senso e di sicuro non per chiedere loro consensi era tipico della sua personalità. Prese l'Iphone e velocemente avvisò la madre.
“Tu non devi chiamare i tuoi?”
“Già fatto ieri.”
Nimhea le sorrise, prima di ritornare all'aria calda e assolata di una Los Angeles serale. Ormai le ore cocenti erano passate, lasciando però un'aria secca e tiepida, che sembrava insinuarsi sotto agli abiti, facendoli aderire ancor di più alla pelle infastidita.
La stanza 69 del The Standard sembrava averle aspettate nella sua adorabile frescura per tutto il giorno, in quell'ordine tipico delle camere d'albergo.
“Doccia!” gridò Andrea e si diresse in bagno, mentre l'amica prese il piccolo notebook e si sedette a gambe incrociate sul letto.
“Momento, dimenticavo la figata che abbiamo in bagno. Ipod!” disse Nare, correndo a prendere la borsa. “Nim, mi presti il tuo? Ti prego! Hai molte più canzoni e...”
“Va bene, va bene.” l'interruppe Nimhea ridendo e passando l'oggetto all'altra. “Ma solo perché sei tu, sappilo.”
“Grazie!” le urlò, ormai in bagno.
Nimhea ritornò al suo portatile ed entrò su Skype, trovando subito Nadia ad aspettarla.
“Ciao tesoro, come va?”
“Ciao. Tutto benissimo, grazie. Voi come state?”
“Bene. Pietro è uscito un attimo, si arrabbierà quando scoprirà che hai chiamato mentre non c'era.” rise la madre.
“Oh, la prossima volta saluterò anche lui, promesso. Basta trovarsi con il fuso orario.”
“Non vuoi raccontarmi niente? Non sono mai stata a Los Angeles.”
“È una grande città. Non è un capolavoro artistico, però è molto moderna e, non so, mi piace.” non era mai stata capace di descrivere a fondo qualcosa, ma andò avanti a parlare, mettendo insieme le immagini di quello che aveva visto durante i primi giorni e cercando di portarlo agli occhi della madre.
“Ciao Nadia!” la salutò Andrea, quando tornò in camera, con i capelli ricci ancora leggermente umidi.
“Ciao cara. Riesci a sopportare Nimhea giorno e notte?”
“Certo che riesco. Ah, sai che abbiamo anche incontrato il batterista della band del concerto dell'altra sera?”
“Un attimo.” rise Nadia confusa da quell'intreccio di parole. “Batterista, concerto... ci sono. Vi ha riconosciute?”
“Sì.” tagliò corto Nim.
La conversazione andò avanti ancora per qualche minuto, poi le due ragazze salutarono la donna dall'altra parte del mondo e Nimhea decise di andare a buttarsi sotto l'acqua tiepida della doccia.
“Mi spieghi perché l'hai detto a mia mamma?”
“Così. Era un argomento come altri per parlare un po'.”
“Già, sì. Come tantissimi altri.” disse, prendendo dalla valigia un cambio.
“Nim, stasera possiamo mangiare qui vicino? Non ho troppa voglia di girare.”
“Va bene. Se vuoi c'è anche il ristorante dell'albergo.” propose l'amica, dirigendosi verso il bagno.
“No, non ce n'è bisogno. Basta non allontanarci troppo.”
“Andata.” le sorrise l'altra.
“Ah, Nim!”
“Sì?” chiese bloccandosi per l'ennesima volta in quel breve tragitto che doveva percorrere per arrivare alla tanto ambita doccia.
“Domani sera c'è una festa in piscina, qui.”
“Ne parliamo quando esco dalla doccia.”
“Dai, cosa ti costa? Ci divertiremo. Per favore.”
“Va bene, domani ci informiamo.”
“Grazie!” esclamò Andrea andandole incontro ed abbracciandola. “Ti prometto che non ti stresserò più con Shannon.”
“Non so perché, ma mi fido poco.” sorrise l'altra, dandole le spalle e sciogliendosi i capelli per ravvivarli velocemente con le dita.
“Come sarebbe a dire? Non ti fidi di me?”
Nimhea rise, poi chiuse la porta del bagno e, finalmente, si lasciò affondare sotto alle gocce d'acqua, pregando che, per quanto fosse possibile, trascinassero con loro tutti i problemi che lei, per il momento, non voleva nemmeno si avvicinassero al suo campo visivo. Le avrebbe volute contare. Una ad una. Vederle infinite e stupirsi del fatto che le sue preoccupazioni, al confronto, fossero miseramente poche.
Ma si dovette rassegnare e così, chiudendo gli occhi, si lasciò finalmente consolare dalle lacrime della doccia.

   
 
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