Serie TV > Roswell
Ricorda la storia  |      
Autore: Nico    08/10/2006    4 recensioni
Davanti ad un bicchiere di vino e ad una foto è facile ricordare. Una Michael e Maria un pò particolare.
Genere: Romantico, Malinconico, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Maria De Luca, Michael Guerin
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Ricordi


*-*-*



E’ da parecchio tempo che non entro in questa casa. Se lo domandassi a chiunque altro, probabilmente mi risponderebbe che non è così, che in realtà non ne è passato poi così tanto, ma per me è un’eternità.

Appena ho aperto la porta un forte odore di chiuso mi si è infilato nelle narici, e per un momento la penombra in cui tutto era avvolto mi ha confuso. Era sempre tutto così luminoso qui, luminoso come te, uno specchio della tua anima……Maria…..

Ho superato la soglia e mi sono guardato attorno quasi con la sensazione di non riconoscere le cose, con la sensazione di essere un completo, totale estraneo in questa che dovrebbe essere casa mia. Sono stato per quasi un mese ospite di Chris, e mi ha fatto piacere, lo giuro.

Lui e Becky hanno fatto di tutto per farmi sentire parte della famiglia, e non posso non apprezzare il fatto che ho avuto la possibilità di giocare con i bambini quanto volevo. Crescono bene, ogni giorno che passa assomigliano sempre un po’ di più ai loro genitore.

Ma sai cosa c’è, Maria? La verità è che questa è casa mia, casa nostra, ed è qui che voglio stare. Con te.

Ho spalancato le finestre per fare entrare un po’ di luce e un po’ d’aria fresca, così questo odore andrà via e potrò finalmente respirare di nuovo. Forse chiamerò qualcuno che faccia le pulizie per me, non sono mai stato bravo in quello. Me lo ripetevi sempre anche tu “Michael, se fosse per te vivremmo in un porcile!” , e io probabilmente non te l’ho mai detto abbastanza, ma ringrazio il fatto che le cose non dipendessero da me, perché altrimenti sarebbe andata proprio così!

Qualche volta non sopportavo la tua costante ossessione per le candele e gli olii profumati, ma la verità è che ora darei qualunque cosa per un po’ di quell’ “olezzo di lavanda”, come mi divertivo a chiamarlo, solo per veder comparire quell’amorevole broncio sul tuo viso.

Sono andato in cucina per versarmi un bicchier d’acqua, ma in realtà penso che opterò per il vino. C’è una bottiglia di rosso d’annata nella dispensa, la metterò in fresco e più tardi berrò alla nostra salute. Che buffo, è strano dirlo proprio adesso che…..

Ma preferisco camminare per le stanze, e spalancare tutte le porte e le finestre, così non mi sentirò più tanto in colpa per essermi allontanato così a lungo.

Forse mi sono illuso, ho voluto credere in quello che dicono tutti, e ho preteso che la lontananza potesse alleviare il mio senso di solitudine, ma in realtà non ha fatto altro che acuirlo. E allora sono tornato sui miei passi, e adesso sono qui, nella nostra camera da letto che grida la tua presenza in ogni singolo centimetro. E mi sento meglio….non lo credevo possibile ma mi sento meglio.

Ho aperto l’armadio per dare un’occhiata ai tuoi vestiti. Hai sempre trovato un modo per meravigliarmi, persino nel modo di vestire, sempre. Così colorata, così solare e gioiosa, al contrario di me che ho sempre amato vestirmi di nero.


Michael, perché non ti metti qualcosa di colorato, ogni tanto? Sembri sempre di ritorno dal cimitero! “


Ricordo ancora quella volta che per immergerti nello spirito natalizio tornasti a casa tutta felice con un orrendo mantello rosso acceso bordato di pelliccia bianca.

Ricordo che entrai in camera da letto proprio mentre lo stavi provando. Cosa ti dissi? Ah, si.


Maria, che cos’è quel coso?”

Un mantello, non lo vedi?”

E cosa ci dovresti fare? Spero vivamente che tu non abbia intenzione di uscire con me conciata così!”.

Ricordo il tuo sguardo. Sorridesti. Non mi aspettavo che avresti sorriso……ma torno sempre allo stesso punto, non mi aspettavo tante cose di te.


Non vuoi uscire con me conciata così?”, dicesti, muovendo qualche passo verso di me.

No”.

Allora, suppongo che tu non voglia nemmeno che lo porti qui in casa......quindi dovrei toglierlo.....”

Con un movimento lento e aggraziato delle dita slacciasti il bottone che lo teneva chiuso all’altezza del collo, e io rimasi senza fiato. Meravigliosa…..semplicemente meravigliosa, non esiste altro termine che riesca a descrivere quello che tu sei ai miei occhi. Anche ora…..sempre.

Maria, sei senza…..”

Vestiti?”

Annuii, avevo la bocca secca e la lingua faticava ad articolare. Ti avvicinasti ancora di più e mi accarezzasti il petto infilando le mani fredde sotto la mia maglia. La sensazione della tua pelle morbida su di me è ancora viva come se non fosse passato nemmeno un istante.

Feci scivolare il mantello sulle tue spalle e le mie dita toccarono il morbido materiale di cui era fatto prima che cadesse a terra, raccogliendosi attorno ai tuoi piedi. Sembrava velluto o qualcosa del genere, e per un momento invidiai quel pezzo di stoffa che ti aveva stretta e avvolta fino a quel momento. Volevo essere io a drappeggiarmi attorno a te come una coperta, volevo essere l’unico calore di cui avevi bisogno.

Le mie mani vagarono ammaliate lungo le curve del tuo corpo, accarezzarono i tuoi seni come se fossero mondi da esplorare, e la mia bocca le accompagnò in ogni loro spostamento, tracciando il suo percorso dai capezzoli turgidi fino al collo, e poi più giù, dall’ombelico alle parti più intime e segrete del tuo corpo. Facemmo l’amore molte volte quella notte, entrai dentro di te con tutto me stesso, anima e corpo, come se dovessi imprimere un marchio indelebile di modo che ovunque andassi tutti capissero che eri mia. Ma quello che tu avevi di più prezioso me l’avevi dato senza pensarci un momento, credo che sia stato mio dalla prima volta che ci siamo incontrati, forse da sempre. Il tuo cuore.


Questo è l’armadio dove stanno anche i miei vestiti, le mie cose, ma ci sono cassetti che non ho mai aperto, e sinceramente, fino ad ora, non ho nemmeno mai avuto la tentazione di farlo. Fino ad ora….. Mi sono accorto che non sono nemmeno chiusi a chiave.

E ora che l’ho fatto me ne sto qui seduto sul letto, con questa foto in bianco e nero tra le mani, che mi fa ripiombare in ricordi che per quanto sono lontani credevo sepolti nella memoria.

Ma la memoria è una cosa strana, si sa. E’ un archivio, e le cose che sono nascoste più in fondo sono anche quelle più al sicuro, quelle che quando le si cerca davvero vengono sempre fuori. Capita che non ricordi quello che ho mangiato ieri a pranzo, ma le vecchie memorie, quelle sono tutte lì, vivide e brillanti come una giornata di sole.

Il bianco e nero di questa foto non fa altro che acuire il ricordo dei colori nella mia mente…. quello dell’acqua, quello dei salici che crescevano sulla riva del lago, e quello dei tuoi capelli dorati che scintillavano al sole.

Stiamo litigando in questa foto, tu volevi andare a fare un giro sul battello fino al paese dalla parte opposta alla riva in cui ci trovavamo, e io, come al solito, volevo esattamente il contrario.

Ci conoscevamo da poco, e per niente, oserei dire. Il mio migliore amico Max si era preso una cotta per la tua migliore amica Liz, ma lo sai com’era lei, niente sesso prima del grande passo! Mi hai poi confessato che ti aveva pregata di andare con lei in quel fine settimana, così avreste diviso la stanza, e Max non aveva potuto fare altro che invitarmi. Non ero affatto felice…..di dividere la camera con Max, ovviamente.

Ti guardavo ogni volta che attraversavi la sala mensa del campus per andare a svolgere il tuo lavoro part-time come aiuto cuoca, e tutto quello che avrei voluto fare era bloccarti e baciarti davanti a tutti….o dietro, non aveva molta importanza.

Quindi la stanza l’avrei divisa molto più volentieri con te.

Rimanemmo soli a lungo quel giorno, e per quanto mi piacessi non potevo negare che avevi il dono di darmi sui nervi come nessun’altro.


Senti coso….”

Michael”

Quello che vuoi, non puoi impedirmi di andare dove voglio, e si da il caso che io voglia prendere questo dannatissimo battello!”

Si da il caso che Max e Liz non siano ancora tornati e che non possiamo muoverci da qui, altrimenti non ci troveremo più!”

Non ti ho chiesto di venire con me, anzi, se resti qui mi fai solo un favore!”


Testarda….


Non ti posso lasciare andare da sola, fra poco sarà buio”

Oh, insomma! Fai come vuoi, io vado!”.

Ti alzasti e non aspettasti nemmeno un momento, comprasti il biglietto del battello e salisti a bordo.


Ricordo che rimasi impalato sul pontile per alcuni minuti, finché uno degli uomini dell’equipaggio mi disse che stavano per salpare, allora comprai anch’io un biglietto e ti seguii. Non sembrasti contenta, almeno all’apparenza. Ma ora so che lo eri, sei solo stata molto abile a nasconderlo.

Nel cassetto, di fianco alla foto, ho trovato anche quella collanina col pendente di vetro a forma di gatto che ti regalai quel giorno.

Passeggiavamo per i vicoli di quel dannato paesino al di la del lago, e ricordo di averlo visto su una bancarella, una delle tante che affollano sempre i posti gettonati dai turisti. Mi fermai un momento ma credetti che tu non mi avessi aspettato, così ne approfittai per comprarlo e me lo misi in tasca senza sapere ne come ne se te l’avrei mai dato.

Ma lo feci. Sulla barca, nemmeno un’ora più tardi.


Che cos’hai lì in tasca?”, chiedesti.

Niente”, risposi, quasi sulla difensiva.

E’ mezz’ora che stai giocherellando con qualcosa, che cos’è?”

Allora tirai fuori il pendente e aprii il palmo per mostrartelo.

Che carino! Dove l’hai preso?”

L’ho trovato per terra, deve averlo perso qualcuno”. Come potevo dirti che l’avevo comprato apposta per te e che probabilmente non avrei mai avuto il coraggio di dartelo?

Oh…”

Lo vuoi? Te lo do volentieri, non so che farmene”

Davvero?”. Sorridesti radiosa, come se ti stessi per fare il regalo più bello del mondo. “Grazie allora….Michael”. Il mio nome, pronunciato dalle tue labbra, mi parve quasi una canzone. Aveva una sua melodia.

Restammo in silenzio per un po’, osservando la scia lasciata sull’acqua dal battello a motore che increspava il riflesso della luna nascente.

Che peccato, però, che qualcuno abbia perso questo ciondolo subito dopo averlo comprato”, dicesti, guardandomi dritta negli occhi, “li vendevano proprio su quelle bancarelle che abbiamo superato prima”.


Ricordo che arrossii, e che sperai vivamente che il buio mi nascondesse, ma solo ora che vedo questa foto di cui non conoscevo l’esistenza, scattata probabilmente da Liz a nostra insaputa, con il ciondolo appoggiato proprio sopra, mi rendo conto che lo hai sempre saputo, fin dal primo momento. Hai sempre saputo che l’avevo comprato apposta per te, hai solo trovato il modo migliore per fartelo dare senza imbarazzarmi troppo.

Questa è sempre stata una tua dote naturale, una dote che ti ha resa unica per me. Hai sempre saputo capire gli altri senza che ci fosse bisogno di parlare. Hai sempre saputo capire me, più di tutti, più di quanto io sia sempre riuscito a comprendere me stesso.

Ricordo ancora che non ci parlammo quasi per una settimana dopo quella volta, non eravamo amici e non avevamo davvero molto in comune. Ti guardavo, però, in ogni occasione che mi si presentava, finché un giorno decisi di fare la mia mossa.

Si, decisi di farla, ma prima di capire come venni quattro volte a farmi servire da te la zuppa di cipolle, finché ad un certo punto non mi afferrasti per il polso trascinandomi letteralmente nel retro della cucina.


Hey, che ti prende? Io….”

Percepii le tue labbra morbide sulle mie, poi le sentii dischiudersi e la punta umida della tua lingua mi sfiorò. Allora aprii la bocca e ti lasciai entrare, e tu circondasti con le braccia il mio collo trascinandomi verso il basso per stringerti ancora più vicina a me. Trascorsero quelle che parvero ore ed invece si rivelarono solo pochi…. intensi minuti, poi ci separammo, ansimando entrambi come se fossimo stati in apnea. Io lo ero stato davvero, non riuscivo a credere a quello che era appena successo. Ti accarezzai un guancia, e i tuoi occhi verdi brillarono talmente tanto che stentai a credere che quello sguardo fosse davvero rivolto a me.

Io non….”. Mi interrompesti di nuovo posandomi un dito sulle labbra.

Michael, nessuno può mangiare una quantità così di quella pessima zuppa di cipolle senza un buon motivo”.

E questo ti sembra abbastanza buono come motivo?”, ti dissi, prendendoti il mento tra le mani e baciandoti di nuovo, dolcemente.

Quando ci separammo mi sorridesti. “Mi sembra abbastanza buono. Ora devo tornare di la, ci vediamo più tardi? Alle dieci finisco, puoi venirmi a prendere qui davanti”

Annuii, e tu facesti per rientrare, ma poi ti girasti di nuovo. “E…..Michael?”

Cosa?”

Prima di venire…...lavati i denti”


E adesso, seduto qui sul nostro letto, non posso fare a meno di pensare a quanto siamo stati felici da quel momento in poi.

Sul cassettone dove teniamo le coperte e i piumoni è ancora appoggiata la scatoletta portagioie che comprammo durante il viaggio di nozze a Venezia. Da qualche parte dovremmo avere fotografie anche di quello, ma come al solito io non so dove stanno le cose, sei tu che metti a posto tutto.


Ogni posto ha la sua cosa, e ogni cosa ha il suo posto”.


Me lo ripetevi sempre ogni volta che abbandonavo l’asciugamano bagnato sul letto dopo essermi fatto la doccia, lasciando tutte le lenzuola umide. Dio, quanto ti arrabbiavi…Eri ancora più bella, se possibile.

Ma non importa, non ho bisogno di fotografie per ricordare ogni attimo della nostra vita.

Mi sono avvicinato al cofanetto e passandovi lentamente la mano sopra ho tolto lo strato di polvere che lo ricopriva. Non è nulla di particolarmente elaborato, è solo una scatoletta di legno con una piccola cerniera di metallo che la chiude e una rosa intarsiata e decorata in madreperla.

Te ne sei innamorata appena l’hai vista.


Guarda Michael, è carinissima!”

Sbirciai nella vetrina e non vidi nulla di così invitante. “Cosa?”

Ma quella scatola…..non è bellissima?”

Alzai le spalle. “Boh, non mi sembra niente di speciale, e…..E che cavolo! Guarda quanto costa!”

Cento Euro…..non è molto!”.

Non è molto per una scatoletta inutile?”

Mi prendesti la mano e te la portasti alle labbra, toccandomi il palmo con la punta della lingua. “Michael…..”, sospirasti, “e dai…..sarà il ricordo più prezioso del nostro viaggio di nozze….e lo sai, se io sono felice, anche tu sei felice!”, mi dicesti, con la voce più sexy di cui eri capace.

Sospirai e ti baciai a mia volta il palmo della mano. “Ok, compriamo questa scatola allora”.


Ricordo di essere stato effettivamente molto felice quella notte.

Ho aperto la scatola e ho trovato quel piccolo paio di orecchini d’oro con una minuscola pietra preziosa incastonata in ognuno…uno smeraldo, credo, è verde come i tuoi occhi, e come probabilmente sarebbero stati quelli della nostra bambina.

Quella notte, a Venezia, rimanesti incinta di nostra figlia.

Ricordo ancora il giorno in cui me lo dicesti. Cercavi di essere seria, ma il tuo volto continuava a piegarsi in un sorriso involontario ogni volta che iniziavi ad aprire bocca.


Michael, devo dirti una cosa…”

Io stavo lavorando al motore dalla moto in garage, e ti voltavo le spalle. “Dimmi…..Me#da, perché non parti, maledetto!”

Michael!”

Che c’è, sono impegnato!”

Ricordo che sentii il tuo piede iniziare a battere ritmicamente sul pavimento. Facevi sempre così ogni volta che eri irritata per qualcosa, e normalmente era per qualcosa che avevo fatto io!

Allora credo che non ti interesserà sapere che sono incinta!”

Mi voltai e ti fissai per un lunghissimo attimo, credo che il mio cervello abbia avuto bisogno di quel tempo per assorbire la notizia, per crederci veramente, ma nel preciso istante in cui incontrai i tuoi occhi capii che era tutto vero. Sarei diventato padre.

In due passi coprii la distanza che ci separava e ti avvolsi nel mio abbraccio, sollevandoti e baciandoti con tutto l’impeto e la passione che provavo per te.

Michael, smettila di girare in tondo, mi gira la testa!”, esclamasti con un sorriso.

Allora mi fermai e ti riposai a terra con cautela, come se all’improvviso fossi diventata di vetro. “Scusami, è solo che….Dio Maria, un bambino….”

O una bambina!”

Ti accarezzai il viso con la mano sporca di grasso di motore, lasciandoti una traccia nera sulla guancia.

Guarda come mi hai ridotta, ora dovrò andare a farmi la doccia e a cambiarmi…... a proposito, ho invitato mia madre a cena”.

Amy?!”, esclamai.

Tu mi guardasti incuriosita e divertita allo stesso tempo. “Quante madri ho? Amy, certo!”

Rimasi in silenzio il tempo necessario per assorbire lo shock di avere la suocera in visita, poi sogghignai.

E adesso che cos’hai da ridere?”

Hai detto che stai per andare a farti la doccia?”

Annuisti perplessa, poi le tue labbra cominciarono ad incresparsi in un sorriso di comprensione. “E allora?”

Bèh, pensavo che la doccia è grande, e che potresti scivolare, e che ora che aspettiamo un bambino dovrei controllarti più da vicino….”

Soprattutto bagnata e senza vestiti, no?”

Se la vuoi mettere così….”. Presi il tuo seno nel palmo delle mani e ti baciai. Era già più pieno, più grande.

Ne ero certo, avrei amato ogni secondo di quella gravidanza!


Ho preso gli orecchini tra le mani, sono così piccoli…..ricordo ancora il giorno in cui me li hai mostrati.


Entrai in camera e ti trovai seduta a gambe incrociate nel centro del letto. Eravamo tornati da poco dallo studio del medico, avevi fatto l’ecografia e ora lo sapevamo. Sarebbe stata una bambina.

Mi sedetti al tuo fianco. “Che cosa fai qui? C’è qualcosa che non va?”

No, tutto bene. Guarda.” Apristi il pugno e mi mostrasti gli orecchini.

Orecchini….”

Erano di mia madre, di quando era piccola. Una volta usava fare i buchi alle orecchie alle bambine quasi appena nate. Sono miei da quando ero in fasce, è un’usanza della nostra famiglia. Ereditarli di figlia in figlia”

E quindi ora saranno di…..dobbiamo scegliere il nome”

E’ vero. Pensavo a Emma, che ne dici? Emma, o Kate”

Mmmmmh, Emma….Emma Guerin…..mi sembra che suoni bene”

Mi sorridesti radiosa e cominciasti a giocherellare con le mie dita. “Allora questi saranno di Emma”, dicesti, allungando la mano verso di me.

Io presi i due piccoli gioielli e li guardai. “Però…..potremmo non farle i buchi nelle orecchie così presto? Non so, mi fa impressione pensare di farli ad una bambina così piccola…”

Tu ti sollevasti sulle ginocchia e ti aggrappasti al mio collo trascinandomi sul letto, praticamente sopra di te. “Ok papà, come vuoi”, ridacchiasti, schioccandomi un bacio sulle labbra.


Questi orecchini la nostra Emma non li ha mai indossati.

La nostra Emma non è mai nata.


Arrivai a casa tardi quella sera, mi avevano trattenuto allo studio a causa di una riunione non programmata con i finanziatori del cantiere di cui mi occupavo in quel periodo, e appena misi piede all’interno sentii una specie di miagolio.

Maria….”. Niente. Poi sentii di nuovo quel rumore e capii che non si trattava di un miagolio, ma di un lamento sommesso.

Maria!”, gridai, e salii le scale di corsa. La porta del bagno era accostata e quando la aprii ti vidi lì, sdraiata sul pavimento in posizione fetale mentre ti stringevi la pancia e gemevi dal dolore.

Corsi immediatamente da te e mi inginocchia al tuo fianco in preda al panico. “Cristo Maria, cos’è successo?!”.

Michael….fa male…aiutami, ti prego!”

Ok, ok, aspetta qui….vado a chiamare i soccorsi, torno subito…”. Non so come le gambe mi ressero fino al telefono, ma pochi minuti dopo mi precipitai di nuovo da te. Solo in quel momento mi resi conto che stavi perdendo sangue. Ti colava dalle gambe, e aveva formato una chiazza scura sotto al tuo bacino. Pregai….pregai che non ti rendessi conto di quello che stava accadendo, e pregai per la nostra bambina. Ma in realtà non ho mai creduto che potesse servire a qualcosa.


Abbiamo parlato spesso della fede. Tu mi hai sempre detto che le preghiere sono desideri particolari, sono i desideri più profondi del nostro cuore, quelli che ci fanno andare avanti e che ci danno speranza per il futuro. E che se nell’esprimerli mettiamo tutti noi stessi, allora, anche se ci sembrerà di essere rimasti inascoltati, in realtà ne nascerà comunque qualcosa di buono.

Sono felice che tu sia sempre stata convinta di questo, davvero.

E’ solo che non potevo accettare allora, e non posso accettare adesso il fatto che le mie preghiere non siano bastate quella sola, unica volta. Cosa significa? Che non ci ho messo abbastanza cuore? Che non desideravo abbastanza la salvezza di mia figlia? Della mia famiglia?

Non posso pensare una cosa del genere, non la posso accettare.


Quando entrai nella stanza di ospedale dove eri stata portata rimasi fermo sulla soglia a guardarti dormire. Eri pallida, e le tue labbra, di solito così rosse e vive, erano dello stresso colore del lenzuolo, secche e screpolate come se fossi disidratata.

Ricordo che presi la sedia e la misi di fianco al letto. Non volevo svegliarti, ma probabilmente anche quel minimo rumore raggiunse il tuo subconscio tormentato, e apristi gli occhi.

Muovesti le labbra impercettibilmente. “Michael….”

Sssh. Non parlare amore mio, sei ancora debole”

Trovasti la forza di sollevare il braccio e mi toccasti la guancia. Mi guardasti dritto negli occhi e ricordo di avere avuto paura. E’ stata una delle poche volte nella mia vita in cui ho avuto veramente paura. La seconda, per l’esattezza. La prima risaliva solo a poche ore prima.

Il tuo sguardo penetrò il mio come una lama, e le lacrime cominciarono a scorrerti libere lungo le tue guance, come tanti piccoli torrentelli che attraversano una valle.

Mi sedetti al tuo fianco e ti abbracciai stretta, tentando di farti capire che non eri sola, tentando di sentirmi meno inutile di quello che ero.

Tu ti divincolasti e rimanesti seduta , appoggiata alla testata del letto con le braccia senza più forza, abbandonate lungo i fianchi. Non sapevo cosa dire, finché non fosti tu a parlare.

Perché?”

Maria, non è il momento di….”

Perché?”

Sospirai e sedetti di nuovo sulla sedia. Avevi alzato un muro attorno a te, e sentivo di non poter penetrare quella barriera, sentivo di non averne la forza. Chinai la testa per evitare di incontrare il tuo sguardo assente. “Il dottore ha detto che l’aborto è stato causato dal distacco della placenta. Ha detto che capita abbastanza di frequente nelle donne alla prima gravidanza, e che non si poteva fare niente per evitarlo”.

Rimanesti in silenzio, sembrava quasi che stessi assorbendo le mie parole goccia a goccia, e quando ti voltasti verso di me sperai di nuovo. Sperai davvero che avremmo potuto affrontare le conseguenze del nostro dramma assieme, ma non fu così.

Per favore, lasciami sola”.

Esitai, incerto se dare seguito alla tua richiesta o rifiutarmi di farlo, ma poi ti girasti di lato voltandomi la schiena e io uscii senza parlare. Riuscii solo a darti un bacio sulla fronte gelata.


Scendendo le scale per tornare in cucina, con questa fotografia in bianco e nero ancora tra le mani, mi rendo conto che in effetti non siamo sempre stati felici. E’vero, non tutte le coppie lo sono, per lo meno non tutto il tempo, ma quello che è successo a noi ha rischiato di portarci sull’orlo del baratro.

Ho tolto la bottiglia di vino dal frigorifero e me ne sono versato un bel bicchiere pieno. Penso che andrò a bermelo sulla poltrona in soggiorno, è più comodo che restare qui, seduto su una sedia.

Ripensare a quel periodo della nostra vita, però, a distanza di tempo mi fa capire quanto siamo stati forti, e quante cose siamo riusciti a superare.

Non a gettarci dietro le spalle, però, questo mai. Ancora adesso penso alla nostra Emma, penso a quanto avrebbe potuto essere bella, proprio come sua madre. Avrebbe avuto i tuoi occhi e i miei capelli, o i tuoi capelli, i miei occhi e il tuo naso. Si, il tuo naso è decisamente molto meglio del mio, almeno per una ragazza!

E ora che sto facendo ondeggiare questo liquidi rosso rubino nel bicchiere penso a quella sera in cui tutto avrebbe potuto finire.


Ricordo che erano passati più di otto mesi da quel maledetto giorno in cui ti trovai riversa sul pavimento del bagno in un lago di sangue. Otto lunghi mesi nei quali non riuscii a sfondare quella corazza che avevi indossato e che ti impediva di svuotarti, di liberarti dal peso che ti stava opprimendo e che, a poco a poco, stava uccidendoci.

Tu eri in camera da letto, avevi preso l’abitudine di salire su appena finita la cena, mentre io rimanevo in salotto a guardare la televisione. Otto mesi in cui non ho sentito una sola delle parole che uscivano da quella dannata scatola. Rimanevo solo lì seduto, a fissare il bagliore che produceva e ad arrovellarmi il cervello cercando di capire, tentando di comprenderti.

Di solito aspettavo a raggiungerti, salivo tardi in camera con l’unico scopo di trovarti già addormentata e non dover sopportare la tua indifferenza, perché quando dormivi eri ancora la mia Maria, e non quel simulacro che eri diventata.

Ma non quella sera.

Aprii la porta e ti trovai sdraiata su un fianco, rannicchiata su te stessa come se tentassi di scomparire, di implodere.

Maria…”, mormorai, toccandoti la spalla.

Tu sussultasti e ti ritraesti ancora di più, come se la mia mano ti bruciasse la pelle.

Ma non potevo lasciare perdere, l’avevo fatto per troppo tempo, ormai. Insistetti.

Maria, ti prego. Dobbiamo parlare”

Parliamo tutti i giorni, Michael, adesso sono molto stanca”

Sentii una tale rabbia montare dentro di me che non mi sarei stupito se il petto mi fosse esploso in mille pezzi. Allora ti afferrai energicamente per la spalla e ti girai, poi ti presi i polsi e ti costrinsi a sederti.

Michael, sei impazzito?”, gridasti.”Mi fai male!”

Male?”, urlai io. “Se ti facessi male vorrebbe dire che sei ancora in grado di sentire qualcosa dannazione! Ti rendi conto di quanto male stai facendo tu a me? A Noi?”

Tu mi guardasti con occhi supplici, e io quasi cedetti, per poco non ti lasciai libera. Ma non lo feci, non potevo. Ti amavo troppo, ed ero sicuro che da qualche parte in fondo al tuo cuore anche l’amore che tu provavi per me fosse ancora vivo.

Michael, ti prego….”

No!, non ti lascerò andare, non lascerò che le cose tra noi vadano a puttane in questo modo. Otto mesi Maria, otto mesi in cui non mi hai parlato una sola volta di quello che provi, di come ti senti. Sono otto fottutissimi mesi che non oso nemmeno toccarti per paura di turbarti”.

Tu cercasti di divincolarti ma io tenni la presa salda sui tuoi polsi. Domani avresti avuto i lividi, ma in quel momento non me ne importava niente. “Tu non capisci!”, gridasti, “Emma non c’è più, la mia bambina non c’è più!”

Lei non era solo la tua bambina cazzo! Era anche la mia, anch’io l’ho persa, anch’io non la vedrò mai crescere, anch’io, Maria”.

Lentamente allentai la presa e sentii le lacrime riempirmi gli occhi. “Perché mi hai chiuso fuori dalla tua vita? Perché non possiamo vivere insieme questo dolore, eh?”, singhiozzai. Mi vergognavo di piangere davanti a te, di mostrarmi così debole quando in realtà avrei dovuto essere forte, avrei dovuto essere in grado di caricarmi il peso di questo dolore sulle spalle anche per te.

Maria, io non ce la faccio ad andare avanti così”, dissi tra le lacrime. “Rivoglio quello che avevamo….la mia famiglia. Sei tu la mia famiglia, non ucciderla….ti prego….”

Non avevo quasi il coraggio di guardarti in faccia. Temevo che facendolo l’unica cosa che avrei visto sarebbe stata indifferenza, una porta chiusa. Di nuovo.

Ma poi sentii i tuoi singhiozzi e per la prima volta in tanto tempo i tuoi occhi e la tua voce riuscirono ad esprimere tutto il dolore che covavi. Gridasti disperata, accasciandoti sulla coperta, e quando ti strinsi tra le braccia e ti cullai come una bambina non mi scacciasti. Ti abbandonasti alla sofferenza insieme a me, e finalmente piangemmo la morte di una creatura che avremmo amato più della nostra stessa vita.

Dopo quelli che parvero secoli ti sollevasti e ancora con gli occhi gonfi di pianto mi accarezzasti una guancia. “Mi dispiace Michael, mi dispiace tanto. E’ stata tutta colpa mia”.

Non riuscivo a capire. “Cosa è stata colpa tua?”

Ho perso la bambina, non sono stata in grado di farla sopravvivere…..è stata colpa mia…”
Dio mio….era questo che avevi pensato in tutti quei mesi? Che Emma non ce l’avesse fatta perché in te c’era qualcosa di sbagliato? “Maria, non puoi parlare sul serio. Lo sai che non è stata colpa tua, non hai fatto niente per farlo accadere….è stato un caso, una fatalità”.

Ma è successo, e forse succederà di nuovo”. Stavi per ricominciare a piangere, allora appoggiai la schiena alla testata del letto e ti feci sedere in mezzo alle mie gambe, con la schiena appoggiata contro il mio petto e le mie braccia avvolte attorno alla tua vita.

Maria, il dottore ha detto che non c’è nulla che non va, che potremo avere altri bambini”.

Tu sospirasti e abbandonasti il capo contro di me. “Lo so quello che ha detto il dottore, ma io…..io ho paura”.

Non so cosa ti aspettavi che dicessi. Probabilmente non questo. “Anch’io ho paura. Ho paura di perdere un altro bambino, ma soprattutto ho paura che se dovesse succedere di nuovo perderò te. E questo non potrei sopportarlo”.

Ti girasti e mi guardasti quasi stupita, poi, lentamente, mi abbracciasti e mi baciasti sulle labbra, delicatamente, e in quel momento mi resi conto che il peggio era passato.

Voglio che mi abbracci questa notte. Ho bisogno di sentirti”, mormorasti vicino al mio orecchio.

Non chiedo di meglio”.


Ricordo che non facemmo l’amore quella notte, rimanemmo solo abbracciati, ma dopo quello che avevamo passato lo sentii come il contatto più intimo che avessimo mai condiviso.

Quello è stato il momento più difficile di tutto il nostro rapporto, vero?.

Non sono mancati i litigi, i battibecchi e i pianti, ma mai nulla di paragonabile.

Un anno dopo rimanesti incinta di Chris, e per fortuna tutto funzionò alla perfezione, e quando entrai nella tua stanza di ospedale, questa volta trovai ad attendermi il ritratto della gioia.


Amore, come ti senti?”

Seppure al colmo dell’estasi riuscisti a lanciarmi uno sguardo raggelante. “Michael, vuoi un pugno? Come mi sento secondo te? Come una che ha appena espulso un bambino di ben quattro chili da un buco di dieci centimetri. Sono dolorante, e tu non ti avvicinerai a me per i prossimi sei mesi, te lo assicuro!”

Mi sedetti al tuo fianco inscenando un broncio d’autore, allora tu mi accarezzasti i capelli, rassegnata. “Ok, facciamo tre”.

Sorrisi e ti baciai. Eri tutta spettinata e stropicciata….eri meravigliosamente bella.

L’infermiera aprì la porta e spinse dentro la culla. “Qui c’è un giovanotto che non vede l’ora di conoscere i suoi genitori!”, disse.

Io mi avvicinai e lo guardai dall’alto. Era rosso e pieno di pieghe. Non molto bello, in verità, sembrava un coniglio senza pelo. Non avevo il coraggio di toccarlo, pareva così fragile.

Sembrava che tu sapessi come fare, però, perché lo prendesti in braccio con invidiabile maestria e lo baciasti sul naso. “Ciao Chris, amore….assomigli al tuo papà”.

Davvero? E da cosa si capiva?

Michael, prendilo in braccio”

Ma veramente io non so se…”

E’ facile, sistema una mano qui, per sostenergli la testa, e con l’altro braccio gli sorreggi il corpo”. Facile dicevi…..mi sentivo come il classico elefante nel negozio di cristalli.

Ma finalmente eri di nuovo felice. Finalmente eri di nuovo te stessa. “Ecco i miei due uomini!”


Tanti anni sono passati da quel giorno, tante cose sono successe. E’ trascorsa una vita intera. Chris è cresciuto, si è laureato e si è sposato. Abbiamo dei nipoti, adesso, finalmente c’è una bambina in famiglia cui trasmettere questi benedetti orecchini. A Maggie staranno benissimo, ha preso gli occhi della nonna. Gene recessivo, suppongo, visto che Chris li ha come i miei e quelli di Becky sono azzurri.

Eppure speravo di avere ancora molti anni a disposizione da vivere con te, anni in cui saremmo stati di nuovo solo noi. Vecchi, si, ma mi pare di ricordare una canzone che dice che i sentimenti non invecchiano quasi mai con l’età. I miei non sono invecchiati, sono rimasti tali e quali a quelli di quando avevamo vent’anni e ci baciavamo nel retro delle cucine del campus.

Ci sono cose che non perdonano, cose che a volte sono troppo forti per poter essere combattute.

Due anni fa ti sei ammalata di cancro.

Abbiamo tentato tutto il possibile, ma non c’è stato nulla da fare, e alla fine non hai voluto più continuare.


Michael, ti prego…non fare così”

Così come? Non desiderare che tua moglie lotti? Che tua moglie rimanga con te?”

Mi accarezzasti la mano teneramente, e io non potei credere che anche in questo frangente fossi tu a consolarmi, a tentare di darmi la forza che non riuscivo ad avere da solo.

Non ti chiederei mai di lasciarmi andare se sapessi che ci sono speranze. Io non ti lascerei mai andare se sapessi che ci sono speranze. Se ce ne fossero vorrei vivere, e vorrei soffrire pur di continuare a stare con te…ma non ce ne sono”.

Appoggiai la fronte sul letto, incapace di accettare quello che mi stavi dicendo.

Mi stavi dicendo addio.

Come faccio a vivere senza di te, me lo spieghi?”. Volevo piangere, ma mi trattenni. Non volevo che mi vedessi in quello stato, tu che eri l’unica ad avere il diritto di farlo.

E allora perché eri così serena? Perché riuscivi ancora a sorridere, nonostante tutto?

Tu vivrai finché non arriverà il tuo momento, e fino ad allora sarai il padre meraviglioso che sei sempre stato, e il nonno migliore che dei bambini possano desiderare. E rimarrai il mio Michael, l’uomo con cui ho passato tutta la vita e con il quale ne trascorrerei altre mille. Non ho rimpianto un solo giorno trascorso con te. Se non fossi bloccata qui giuro che vorrei fare ancora l’amore con te!”

Non potei evitare di sorridere. Se avessi potuto avrei fatto l’amore con te fino al giorno del giudizio.

E adesso vieni qui, sdraiati di fianco a me”, dicesti, spostandoti un po’ di lato per farmi spazio. Mi sdraiai e ti abbracciai. Eri così piccola, così fragile che avevo paura di farti del male. Fosti tu a farmi capire che era quello che volevi, così ti strinsi e rimanemmo così finché non ci addormentammo.


Sei morta tre giorni dopo.

Ti sei spenta nel sonno, me ne sono accorto solo quando ho percepito la stretta della tua mano allentarsi. So che non avresti voluto vedermi piangere al tuo funerale ma lo sai, per certe cose sono sempre stato un pappamolla…un vecchio pappamolla, oserei dire.

Poi Chris mi ha pregato di andare a stare da lui. Ho tentato, ma ho capito che il mio posto è qui, fra le nostre cose e fra i nostri ricordi. E ora che sono seduto su questa poltrona, con questo bicchiere praticamente vuoto e questo pezzo di carta tra le mani, capisco che anche il resto della mia vita, breve o lunga che sia, sarà così, come una fotografia in bianco e nero, bella forse, ma spenta……. carica di nostalgia per le cose che non ritorneranno. A questa fotografia in bianco e nero che sarà il resto della mia esistenza mancherà il cuore.

Mancherai tu, Maria, l’amore della mia vita.

Sto cominciando a sentirmi stanco, dev’essere l’effetto del viaggio che si fa sentire, ma mentre scivolo lentamente nell’oblio sai che c’è di strano? Mi sembra quasi che tu sia qui con me, e che mi tenga la mano sussurrandomi dolci parole all’orecchi, proprio come eri solita fare quasi ogni sera, prima che ci addormentassimo.

Buonanotte Maria, amore mio, ovunque tu sia.



*-*-*



E la figura traslucida di una ragazza bionda, di poco più di vent’anni, sfiorò la fronte dell’uomo anziano prima di posargli sulle labbra un bacio leggero come un petalo di rosa.

Sorrise al suo sorriso e gli strinse la mano, poi si chinò per baciargli il palmo, e avvicinandogli il viso al petto ascoltò la melodia del suo cuore.

Buonanotte Michael, amore mio,“, sussurrò, “Ci vediamo presto”.




FINE




  
Leggi le 4 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Roswell / Vai alla pagina dell'autore: Nico