Storie originali > Fantascienza
Ricorda la storia  |       
Autore: Lilmon    08/03/2012    3 recensioni
Chi è l'invasore? L'invasore è un personaggio ostile, malvisto da qualunque popolazione. Giunge sulla terra degli altri, imponendo il suo potere e sottraendo ogni possibile bene riutilizzabile. L'invasore è crudele, l'invasore è un mostro.
Genere: Avventura, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
   >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
Ciao! Mi chiamo Emanuele ed ho 17 anni, è la prima volta che scrivo su questo sito; non sono mai andato bene in Italiano però era da un po' che volevo dar vita ad una mia storia con dei miei personaggi, e credo di essere sulla buona strada. Spero che l'episodio vi piaccia, e se sarà così ci vedremo al prossimo capitolo, altrimenti, chissà, alla prossima storia!
 
Invasore.
 
 
"Chi è l'invasore? L'invasore è un personaggio ostile, malvisto da qualunque popolazione. Giunge sulla terra degli altri, imponendo il suo potere e sottraendo ogni possibile bene riutilizzabile. L'invasore è crudele, l'invasore è un mostro."
 
 
Il Consiglio aveva deciso di spostare la battaglia dal Pianeta Madre al satellite più interno, cosicchè gli invasori fossero spinti su un pianeta a loro ostile e deserto. Ci erano volute dodici giornate di combattimento per far retrocedere i due battaglioni nemici dai cieli della capitale Rougen fino all'atmosfera del satellite, ma alla fine ottenemmo la loro ritirata. Pur avendo combattuto per tutte e dodici le giornate del conflitto, non avevo ancora mai visto in faccia quelle strane creature, esse infatti erano interamente coperte da buffe tute di colore giallastro scuro, il colore di alcuni minerali che compongono le sabbie del grande deserto di Dubhar. Sul capo, quegli esseri, avevano come dei caschi con la visiera scura, credo per contrastare i raggi luminosi del Dio Mur, con una lunga antenna nera, di cui non conoscevo la funzione. Quando mi arruolai nell'esercito di sua eccellenza il Gran Cancelliere Lian, avevo pressappoco passato le due rivoluzioni; ero ancora molto giovane e pieno di vitalità, avrei voluto viaggiare in lungo e in largo per ammirare le meraviglie di questo mondo. Ero molto ingenuo. Credevo infatti che l'esercito mi avrebbe garantito innanzitutto una buona e solida educazione e poi l'occasione di vedere ed ammirare posti inimmaginabili. Stolto. Ciò che ottenni fu solamente una faticosa e mera vita di allenamenti interminabili e di dure percosse. Non nego però che tutto ciò che passai all'accademia militare mi portò ad un grande sviluppo muscolare del corpo e delle facoltà motorie; e furono proprio queste caratteristiche a salvarmi nella battaglia di Rougen.
Era il dodicesimo giorno d'assedio e stavo camminando per una viuzza desolata della città, dove la battaglia sembrava essere solo una lieve eco lontana, intangibile e non una tragedia sanguinosa e fatale; i miei compagni di camerata non erano con me, c'era stata assegnata la ricognizione del distretto nord-est e dunque ci eravamo divisi per meglio sorvegliare la zona. Mi ero allontanato un po' troppo, arrivai infatti al tempio del Monte Poun, più una collina che un vero monte, ma gli abitanti del distretto stravedevano per questo luogo sacro affibbiandogli così la denominazione di monte. Il Monte Poun aveva in cima un tempio dedicato al culto del Dio Mur, unico e solo Dio del mio popolo; vi entrai. Appena entrato sentii il tipico odore dell'incenso che bruciava sul bianchissimo altare in fondo alla sala, e così nel silenzio (forse il primo vero silenzio che sentivo in dodici giorni di scontri armati) mi misi ad ammirare i meravigliosi affreschi, le grandiose statue e gli spigolosi ed arzigogolati intarsi di quel luogo. Ammaliato da quelle splendide visioni non mi accorsi subito che in un angolo, rannicchiata, giaceva una piccola e rachitica figura, che, non appena mi avvicinai, non tardò a balzarmi addosso assalendomi, avvinghiandosi a me coi suoi grossi piedi e urlando con disperazione -Invasore eretico! Maledetto profanatore! Ti pentirai di essere entrato nella casa del grande Mur!-. Questa focosa figura non era nient'altro che il sacerdote del tempio che mi aveva scambiato per un Rosa e aveva tentato di difendere le sue preziose reliquie. Calmatosi ed accortosi del suo errore mi chiese scusa più volte e mi invitò ad accomodarmi; io accettai. Parlai molto con quel vecchietto, mi raccontò quanto fosse diventata dura la vita da sacerdote perchè le affluenze al tempio erano drasticamente diminuite e dunque le offerte votive con esse; nelle sue parole riconobbi anche un aspro parere sulla guerra, come una giusta punizione del Dio Mur per le anime impudenti dei fedeli che preferivano "stare a casa a logorarsi di vizi e lussi effimeri, piuttosto che purificarsi al tempio". Verso sera mi congedai dal sacerdote (di cui tuttora mi sfugge il nome) e ritornai sui miei passi. Procedetti in fretta, ero in ritardo, e giunsi presto al punto di incontro con i miei compagni: non vi era anima viva. In quei pochi secondi che il mio cervello elaborò l'informazione dei miei occhi, sentii una fredda sensazione dietro la nuca, era un'arma, qualcuno mi stava puntando un'arma alla testa. Pochi istanti, in pochi infinitesimali istanti i miei muscoli iniziarono a contrarsi per sfuggire a quel tocco gelido, e subito mi ritrovai piegato e rigirato verso il nemico ancora incredulo della mia velocità. Era un Rosa. Il tempo in cui me ne accorsi bastò per estrarre l'arma ed uccidere il nemico, -Mira alla testa!- questa la tecnica suggerita dai comandanti, e così la sua visiera si infranse sotto l'impatto del colpo. Quella visione la ricorderò per sempre. Il Consiglio non aveva avuto tempo di capire e calcolare le mosse del nemico, non aveva nemmeno avuto tempo di studiarlo, ci era stato detto il loro nome, i Rosa, ci era stato detto che molto probabilmente venivano dal nostro stesso sistema planetario e ci era stato detto che erano bestie: volevano sterminarci, volevano le nostre risorse, volevano la nostra terra, volevano le nostre donne. Bene, il Consiglio aveva ragione! Il mostro che io vidi quel giorno, il demone nefando che mi fissò, morente, quel giorno io non potrò mai dimenticarlo. La pelle rosa chiara, liscia, flaccida, priva di qualunque difesa; quella protuberanza cartilaginosa in mezzo al volto; quegli occhi vitrei, atti a succhiarti l'anima; quella bocca, antro umido e mucoso, dotato come di un verme divoratore e strangolatore; ma più di tutto quel liquido rosso che dalla testa sgorgava fin sul collo; tutti questi elementi avrebbero fatto dei Rosa il mio incubo, l'incubo di tutto il mio popolo, l'incubo dello stesso Pianeta Madre.
  
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
   >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Storie originali > Fantascienza / Vai alla pagina dell'autore: Lilmon