Capitolo
3
“Dannazione, i danni sono troppo gravi.” Il giovane cyborg 17
si guardò intorno alla ricerca di un qualcosa che potesse essergli utile e
quindi ancora intatto, ma gli occhi azzurri scorgevano solo macerie grondanti a
causa della forte pioggia. Il laboratorio del Dr. Gelo era stato distrutto e
con esso tutte le possibilità che l’androide aveva di acquietare
quell’improvvisa curiosità che lo lacerava sempre di più, di minuto in minuto.
Un immenso senso di solitudine e delusione si fece spazio nel freddo cuore del
moro, il quale, benché fosse apparentemente solo, si sentisse osservato e
quindi tentava di mascherare quei sentimenti, così strani e nuovi, con
un’espressione divertita e altezzosa. Sapeva che nonostante tutto era un
modello, come sua sorella, capace di provare emozioni e sentimenti … purtroppo.
“Oh … C-17.”
Le labbra di una bella donna dai capelli biondi si mossero in un lieve sussurro
e sul suo volto si dipinse una smorfia di delusione mista a sofferenza. C-18
era sdraiata sul tetto rosseggiante di una modesta casetta situata nel mezzo di
un’immensa distesa bluastra, accanto a lei giaceva, con gli occhi sognanti,
Crilin.
Il miglior
amico di Goku aveva subito compreso il carattere difficile della ragazza, fredda
e di poche parole e quindi a lui bastava anche solo poterla osservare per
intere ore, in silenzio. Non c’era bisogno di parlare: le parole erano vane e i
due lo sapevano molto bene.
“C-18, che
hai?” Domandò Crilin, balzando in piedi e guardando la bionda con aria
interrogativa e preoccupata. Temeva sempre in un suo ripensamento e in una
conseguente fuga di quest’ultima. Non l’avrebbe potuto sopportare, lui l’amava.
“Niente … si
trattava di mio fratello. Ma non sono problemi tuoi.” Rispose distaccata, con
lo sguardo lontano, perso nell’orizzonte. Crilin preferì non indagare oltre;
sapeva che aveva bisogno di tempo e di certo non l‘avrebbe forzata. Ne ha passate tante, e chissà come deve aver
sofferto. Sono così curioso di sapere di più di lei, pensò, sospirando
sonoramente e con gli occhi tristi. Distolse lo sguardo e lo puntò sul mare.
Proprio in quel momento C-18 si voltò e parlò malinconica, ma stranamente più
vicina rispetto a quanto lo fosse precedentemente. “Non so nulla.”
“Cosa?”
Crilin si voltò di scatto e, nel vederla così vicina, provò un forte imbarazzo.
Mai, nemmeno con Marron, si era sentito così. In quel momento capì che non era
quello il suo vero amore, come lui pensava: accontentare una bambina viziata e
ricorrerla in continuazione, no lui voleva stare vicino e camminare allo stesso
passo con una donna matura e forte.
“Il mio passato.” Gli bisbigliò in un orecchio, suscitandogli
l’immediato arrossamento delle gote. Un lampo lo riportò sulla Terra. Crilin
osservò la bionda, con aria amichevole e gentile. “Allora vediamo di creare un
futuro!” Esclamò tutt’un tratto, con un dolce sorriso stampato sulle labbra,
provocando un moto di meraviglia in C-18. “Un futuro?”
“Cos’è
quello?” Un bagliore scintillante accecò per un istante C-17, che qualche
secondo dopo si riscosse, attonito. La pioggia aveva smesso di scendere e un
silenzio tombale incombeva nei dintorni. La pace regnava regina, per la natura,
ma non per il cyborg.
Il corvino
si mosse subito e iniziò a sollevare qualche vecchio resto del laboratorio,
curioso di scoprire cosa ci fosse nascosto lì, che aveva prima creato un
bagliore così intenso.
“Maledizione!”
Esclamò innervosito mentre sollevava gli ultimi macigni. Temeva che quel
profondo barlume fosse stato solo la sua immaginazione … voleva scoprire la
verità e quindi non poteva fallire. Non c’era un vero motivo in realtà, era
solo la sete di curiosità che aveva sempre animato l’uomo a suscitargli una
forte e decisa determinazione. Era pur sempre in parte umano e non era
completamente estraneo a quanto di umano ci fosse.
“Eccolo.”
Estrasse uno scrigno di modeste dimensioni, fatto tutto di argento. “Ecco da
dove proveniva quella luce. E’ giunto il momento.” Sul volto olivastro di C-17
si dipinse un sorrisetto compiaciuto; otteneva sempre quel che voleva. Era
determinato e risoluto in tutto, orgoglioso e sicuro delle proprie capacità;
non avrebbe mai fallito.
Si apprestò
ad aprire lo scrigno. “Cosa? N-no. Non è possibile.” Balbettò pietrificato. Il
sorriso compiaciuto venne sostituito da un’espressione meravigliata e al
contempo molto preoccupata.