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Autore: FannyHarris    08/03/2012    3 recensioni
La mia prima long-fic con protagonista C-17 :)
Spero vi piaccia, Fanny.
Estratto dal secondo capitolo: Si sentiva come un estraneo su quel pianeta, senza nessuno scopo valido e ragione di permanenza. Non era un umano e nemmeno un cyborg, era “nessuno”. Non c’era più spazio per lui, o meglio, lo spazio c’era, ma era troppo angusto e stretto: non apparteneva più a quel mondo.
Genere: Avventura, Introspettivo | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: 17, 18, Nuovo personaggio
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'La storia di C-17 e C-18. '
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Capitolo 3

“Dannazione, i danni sono troppo gravi.” Il giovane cyborg 17 si guardò intorno alla ricerca di un qualcosa che potesse essergli utile e quindi ancora intatto, ma gli occhi azzurri scorgevano solo macerie grondanti a causa della forte pioggia. Il laboratorio del Dr. Gelo era stato distrutto e con esso tutte le possibilità che l’androide aveva di acquietare quell’improvvisa curiosità che lo lacerava sempre di più, di minuto in minuto. Un immenso senso di solitudine e delusione si fece spazio nel freddo cuore del moro, il quale, benché fosse apparentemente solo, si sentisse osservato e quindi tentava di mascherare quei sentimenti, così strani e nuovi, con un’espressione divertita e altezzosa. Sapeva che nonostante tutto era un modello, come sua sorella, capace di provare emozioni e sentimenti … purtroppo.

“Oh … C-17.” Le labbra di una bella donna dai capelli biondi si mossero in un lieve sussurro e sul suo volto si dipinse una smorfia di delusione mista a sofferenza. C-18 era sdraiata sul tetto rosseggiante di una modesta casetta situata nel mezzo di un’immensa distesa bluastra, accanto a lei giaceva, con gli occhi sognanti, Crilin. 

Il miglior amico di Goku aveva subito compreso il carattere difficile della ragazza, fredda e di poche parole e quindi a lui bastava anche solo poterla osservare per intere ore, in silenzio. Non c’era bisogno di parlare: le parole erano vane e i due lo sapevano molto bene.

“C-18, che hai?” Domandò Crilin, balzando in piedi e guardando la bionda con aria interrogativa e preoccupata. Temeva sempre in un suo ripensamento e in una conseguente fuga di quest’ultima. Non l’avrebbe potuto sopportare, lui l’amava.

“Niente … si trattava di mio fratello. Ma non sono problemi tuoi.” Rispose distaccata, con lo sguardo lontano, perso nell’orizzonte. Crilin preferì non indagare oltre; sapeva che aveva bisogno di tempo e di certo non l‘avrebbe forzata. Ne ha passate tante, e chissà come deve aver sofferto. Sono così curioso di sapere di più di lei, pensò, sospirando sonoramente e con gli occhi tristi. Distolse lo sguardo e lo puntò sul mare. Proprio in quel momento C-18 si voltò e parlò malinconica, ma stranamente più vicina rispetto a quanto lo fosse precedentemente. “Non so nulla.”

“Cosa?” Crilin si voltò di scatto e, nel vederla così vicina, provò un forte imbarazzo. Mai, nemmeno con Marron, si era sentito così. In quel momento capì che non era quello il suo vero amore, come lui pensava: accontentare una bambina viziata e ricorrerla in continuazione, no lui voleva stare vicino e camminare allo stesso passo con una donna matura e forte. 

“Il mio passato.” Gli bisbigliò in un orecchio, suscitandogli l’immediato arrossamento delle gote. Un lampo lo riportò sulla Terra. Crilin osservò la bionda, con aria amichevole e gentile. “Allora vediamo di creare un futuro!” Esclamò tutt’un tratto, con un dolce sorriso stampato sulle labbra, provocando un moto di meraviglia in C-18. “Un futuro?”

“Cos’è quello?” Un bagliore scintillante accecò per un istante C-17, che qualche secondo dopo si riscosse, attonito. La pioggia aveva smesso di scendere e un silenzio tombale incombeva nei dintorni. La pace regnava regina, per la natura, ma non per il cyborg.

Il corvino si mosse subito e iniziò a sollevare qualche vecchio resto del laboratorio, curioso di scoprire cosa ci fosse nascosto lì, che aveva prima creato un bagliore così intenso.

“Maledizione!” Esclamò innervosito mentre sollevava gli ultimi macigni. Temeva che quel profondo barlume fosse stato solo la sua immaginazione … voleva scoprire la verità e quindi non poteva fallire. Non c’era un vero motivo in realtà, era solo la sete di curiosità che aveva sempre animato l’uomo a suscitargli una forte e decisa determinazione. Era pur sempre in parte umano e non era completamente estraneo a quanto di umano ci fosse. 

“Eccolo.” Estrasse uno scrigno di modeste dimensioni, fatto tutto di argento. “Ecco da dove proveniva quella luce. E’ giunto il momento.” Sul volto olivastro di C-17 si dipinse un sorrisetto compiaciuto; otteneva sempre quel che voleva. Era determinato e risoluto in tutto, orgoglioso e sicuro delle proprie capacità; non avrebbe mai fallito.

Si apprestò ad aprire lo scrigno. “Cosa? N-no. Non è possibile.” Balbettò pietrificato. Il sorriso compiaciuto venne sostituito da un’espressione meravigliata e al contempo molto preoccupata.

 

   
 
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