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Autore: Sole_    11/03/2012    6 recensioni
E se in tre giorni venisse raccontata una storia? La storia di due folli: una sedicenne -Bella- e un ventisettenne -Edward- che hanno deciso di amarsi per quello che sono: il maestro di piano e l'alunna.
Dal terzo capitolo:
"Edward aveva avuto varie volte l’impulso di baciarla, ma la sua coscienza, molto previdente, l’aveva bloccato ogni volta. Dopo la quinta volta che gli ricordava che lui era il suo maestro di piano e stava saltando la lezione, le aveva fatto fare un goffo casqué e le aveva detto che doveva iniziare la lezione. Bella pensava che quella parentesi sarebbe finita, ma in realtà l’atmosfera non se ne era andata ed il sorriso era rimasto sui loro volti anche mentre l’insegnante spiegava all’alunna la nuova sinfonia da imparare."
Genere: Comico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Coppie: Bella/Edward
Note: AU, OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun libro/film
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Tra trigonometria e un letto rifatto: un progetto matto.
Un piano, un insegnante e un bacio.                                  
 
Secondo Extra  Tra trigonometria e un letto rifatto: un progetto matto.
 
Ottobre 2011, Forks.
 
Vieni a casa mia oggi?
Tranquilla i miei sono a Chicago,
E.
 
Le era arrivato quel messaggio mentre faceva trigonometria. Quel messaggio che le fece abbandonare ogni proposito di tentare di capire e risolvere uno di quei problemi: non ci aveva mai capito nulla di trigonometria.
 
Sentiti in colpa, Ed.
Adesso non riesco più a concentrarmi. D:
 
Le piaceva parlare tranquilla –o quasi- con lui: aveva sognato per un sacco di tempo un rapporto simile.
E mentre pensava a quanto fosse bello il potergli parlare senza nessun problema o imbarazzo, le arrivò su Viber un altro messaggio:
 
Cos’è: sono così affascinante che
un mio solo messaggio ti manda in tilt?
 
La risposta fu immediata e poco pensata:
 
No, sei solamente un pallone gonfiato.
E non so quanta voglia abbia di passare
il pomeriggio con un soggetto del genere. ;)
 
Aveva scatenato l’inferno, ne era al corrente, ma non era riuscita ad evitare la cosa.
 
Ah sì, eh?
Ed io che pensavo che volessi farmi
finalmente vedere quello stupido film
con Idiota Pettyfer.
 
Scoppiò a ridere e gli rispose subito:
 
Quando arrivo? AHAHA.
Ps. Non aprirò il discorso gelosia,
ma sono certa che tu lo sia, geloso intendo.
 
Sorrise come un’ebete, inviò e iniziò ad agitare i piedi penzoloni al di là del letto.
Su un altro letto –più grande e coperto da un piumino blu e non lilla- Edward ricevette quel messaggio, sorrise sghembo e scrisse:
 
Bella, io sono certo che tu non l’abbia
scritto di proposito, ma...
 
Ma cancellò subito –troppo audace perfino per se stesso- e riscrisse:
 
Io sono qui,
sei te quella che deve arrivare. ;)
 
E, malgrado tutto, quell’arrivare per lui mantenne quel significato che lei non avrebbe pensato, non in quel caso. Aggiunse:
 
Ps. Ma cosa stavi studiando?
Se era trigo –come sono certo che fosse-
portala: lo sai che sono bravo. ;)
 
Ed inviò.
 
Bella all’arrivo di quel messaggio era già pronta col chiodo di pelle in mano, ma il suo libro di trigo la guardava male, malissimo. Così, sapendo che Edward era veramente bravo in quella materia fatta di numeri, seni e coseni e tutte quelle altre funzioni che  faceva perfino fatica a comprendere, lo afferrò stizzita dal letto e lo infilò in borsa. Quella borsa che non avrebbe mai portato se non avesse dovuto portare quell’orrido libro portatore di tanti mal di testa e D varie.
Raccattò le chiavi di casa e quelle del suo pick-up nuovo di pacca –almeno per lei: per il resto del mondo era un rottame color ruggine matricolato alla fine degli anni cinquanta, uno di quegli affari che sulla scena di un incidente trovi ancora intatto accanto alla macchina tedesca diventata un barattolo di pelati- scese a rotta di collo –e rischiò di romperselo, quel collo- le scale e arrivò da Edward in poco tempo, relativamente poco tempo, visto che si sta parlando di una ragazza appena patentata.
Suonò al campanello impaziente e sorrise quando sentì un “cazzo!” provenire da dentro casa. Dopo tre secondi Edward le aprì con il solito sorriso, un paio di pantaloni grigi a vita bassa e larghi in fondo e una maglia rossa ancora in mano.
“Buongiorno.” E poggiò la mano destra all’infisso della porta mentre continuava a sorridere. Quel ragazzo non lo capiva proprio, ma quel sorriso era una maledizione perché Bella si scioglieva e non c’era niente che potesse farla rinsavire.
“Ehi.” Bella gli sorrise felice e poi lo guardò, in attesa. Di un bacio, ma con Edward Cullen non ci si doveva mai aspettare niente.
Quest’ultimo dopo un paio di minuti fatto di strani sguardi lasciò cadere il braccio che le bloccava il passaggio e lo mosse per invitarla dentro.
Lei gli sorrise ed entrò, ancora un po’ stordita dai suoi sguardi indagatori e dai suoi sorrisi dolci.
Entrò in quella casa piena di luce dovuta al bianco delle pareti e alle grandi vetrate che riusciva a vedere solo per un pezzo dietro alla scala che faceva salire al piano della zona notte.
Si guardò intorno curiosa beandosi di tutta quella luce a cui non era abituata –in primo luogo perché a Forks un tempo come quello era veramente raro, in secondo luogo perché casa sua non era munita di parete vetrata-, d'altronde era la prima volta che entrava in casa di Edward, se non quella volta del secondo Diluvio Universale, ma bagnata come un pulcino non aveva fatto molto caso all’arredamento di quella casa.
Stava per entrare in quello che le era parso il salotto, quando Edward l’accalappiò per la vita, la rigirò verso di sé e le stampò un bacio sulla bocca. Si staccarono, si guardarono e ricominciarono a baciarsi.
Nel mentre Edward stringendole il busto la tirò su e Bella si ritrovò sulle Lacoste del suo ragazzo mentre si sorridevano sulle labbra rosse di baci.
Le sfiorò i capelli con le mani da pianista scendendo con calma lungo la schiena fino ad arrivare alla base dove le poggiò spingendo verso di lui stringendola in uno strano abbraccio.
Staccò le labbra sorridendole e tuffò –chinandosi ancora di più verso di lei- il naso nel suo collo lasciando ogni tanto qualche bacio e stringendola di più a sé.
Quello era il saluto che Bella voleva ricevere, anzi era andata anche meglio di quanto sperasse.
Quando si staccarono, non poco tempo dopo, Bella sorrise parlandogli:
“Perché non l’hai fatto prima?”
Lui la guardò felice:
“Perché… Dio, Bella, fai sempre le domande più scomode. Non lo so perché Bella.”
“Uhm, ok. Si guarda Beastly?”
“Eh?”
“Il film!”
La osservò inclinando il capo:
“Quello con Idiota Pettyfer?”
Lei contenta di vederlo con Edward urlò quasi la sua risposta:
“Esattamente quello!”
Ma lui furbescamente tirò in ballo lo studio:
“Non so, Bella. Non avevi detto che non ti riusciva trigo?” e le sorrise storto.
“AHAHA, non mi obbligherai a studiare?” e si allontanò leggermente per evitare ogni possibile attacco.
“Sei sicura di quello che dici, Bella?” non le lasciò neanche dire “pio!” che scattò verso di lei, la intrappolò fra le braccia forti, le sorrise divertito e facendo forza sulla vita se la tirò in spalla e fra i suoi urletti la portò in camera sua.
Nel viaggio sottosopra poté ammirare la scala nera di design, i quadri colorati e le foto che arredavano le pareti bianche nel lungo corridoio del secondo piano e un bagno dalle piastrelle verde acqua, oltre a varie porte chiuse che nascondevano stanze e studi.
Sentì la porta della camera chiudersi fra le risate di Edward e le sue minacce di morte che però non avevano un grand’effetto.
Tre secondi ancora e si sentì schiantare sul letto morbido.
“Ma sei scemo!” Non era una domanda. Faceva la finta arrabbiata ma in realtà stava morendo dalla voglia di ridere.
“Non mi pare che sia una domanda.” Le rispose di rimando ridendo come un idiota.
“Infatti!” ma non era riuscita a trattenersi e scoppiò a ridere anche lei.
“Vieni, citrulla. Andiamo a fare trigo.” Disse tentando di raccattarla da quel letto troppo grosso per una persona sola.
“Nooo. Non lo voglio fare. Mi rifiuto. Tanto son citrulla!” e rideva, rotolando a destra e a sinistra su quel letto morbido ancora da rifare, cercando di sfuggirgli.
“AHAHA, non mi freghi signorinella. Sei Einstein, così sei obbligata!” E si allungò di nuovo.
“Einstein non era un trigonomico! Facciamo finta che esista la parola, via!” si mise nell’angolo a gambe incrociate sbuffando e risistemandosi i capelli.
“Dettagli! Ora scattare che se  no domani ti faccio fare due ore di solfeggio!” stava per lanciarsi verso di lei ma bastò quell’ultima parolina per farla desistere.
“NO. Solfeggio no. Mi toccherà trigonometria.” Odiava solfeggio, non le riusciva: si impappinava nel cercare di dire la nota giusta, ma nella pratica riusciva a suonare. Solfeggio le metteva ansia, soprattutto quando Edward la guardava aspettando l’ennesimo sfondone.
“Brava la mia alunna, vamos.” Lei si avvicinò gattonando e cascò dal letto portandosi dietro tutte le coperte fra le quali si era incastrata scatenando l’ennesima risata di Edward.
“Guarda che è colpa tua!”
A Edward erano andate di traverso le risa e mentre tossiva alla ricerca di aria la guardò stupito:
“MIA?!”
Bella cercando di districarsi dalle coperte gli rispose:
“Sì, tua. Se avessi rifatto il letto…”
Momento di silenzio.
Bella lo guardava incuriosita dal suo mutismo e lui tentava di sfuggire al suo sguardo.
“Edward?” Era confusa.
“Edward!”
Continuava a stare zitto e a tener basso lo sguardo.
Bella in fretta tentò di districarsi dalle lenzuola e appena fu in piedi si avvicinò ad Edward:
“Ohi. Ma che c’hai?”
Edward iniziò a balbettare.
Sul serio, Cullen?
“Edward?”
“Bella. Io… Ehm-ehm. Io il letto…” e si interruppe conscio che quella storia gliel’avrebbe rinfacciata tutta la vita: “nonlosorifare.”
“Edward!” e lo guardò ancora.
Poi però vedendo che lui continuava a sviare il suo sguardo scoppiò a ridere, per poi fermarsi appena lo vide incupirsi.
“Ma sul serio, Ed?” trattenne un risolino.
“Mhmh.”
“Oh. Beh, ok. Vieni.”
“Dove?” ora quello confuso era lui.
“A rifare il letto. Ti insegno: hai ventisette anni porca miseria, non è possibile che tu non sappia rifarti il letto.”
“Oh. Va bene.” E colpito dalla forza d’animo di Bella la ascoltò e tirò su a destra e a sinistra, spiumacciando perfino il cuscino, ritrovandosi il letto rifatto per la prima volta da quando Esme decise di lasciare ad Edward il compito di pulirsi la camera.
 
Dopo il momento di fogamento di Edward dopo essere riuscito a rifare il suo letto, le aveva fatto fare un giro della casa indicando le varie stanze al secondo piano per poi scendere al primo farle ammirare l’enorme cucina di Esme e il salotto con due vetrate sul Sol Duc e il lungo tavolo di legno scuro vicino ad una di queste dove si stabilirono per studiare.
Avevano perso praticamente tutto il pomeriggio a studiare trigonometria –Bella non si perdonò mai quella sua totale avversione per quelle stupide funzioni- e si ritrovarono verso le diciotto a valutare cosa fare mentre facevano zapping fra i millemila canali di Sky semidistesi su uno dei due divani bianchi del salotto.
Si fermò sui Simpson ma dopo aver convenuto che quella puntata non era un granché continuarono a fare zapping finché a Bella non venne a noia la tele e si girò fra le braccia del suo ragazzo e guardandolo negli occhi gli chiese:
“Ma perché non te ne vai da casa?” era seria, serissima. Ma quando vide la faccia di Edward trasformarsi in una strana smorfia di imbarazzo cercò di ritrarre la domanda, ma lui non glielo permise.
“E’ imbarazzante! Sono certo che non riuscirei a mandare avanti una casa.” Edward non sarebbe mai riuscito a dire le cose facendole capire al resto del mondo alla prima, mai.
“In che senso? Economicamente? Non credo che avresti pro…” la interruppe subito.
“NO! Non in quel senso, ma in quello pratico. Fra un po’ non mi riesce farmi il latte caldo senza far esplodere la cucina, figurati gestire un’intera casa con lavastoviglie e lavatrice annesse. Nah, nah.” Si vedeva che non credeva neanche nella più remota possibilità di riuscirci.
E Bella era scoppiata a ridere: la certezza nello sguardo di Edward nella sua più totale sconfitta era troppo comica.
“Chetteridi?! Non è divertente!” stava praticamente ringhiando, mentre cercava di non ridere anche lui.
Bella lo guardava e rideva quando, di botto, smise, lo guardo seria e disse:
“Mh. Quindi se io ti aiutassi e riuscissi a farti diventare una brava massaia, te ne andresti di casa?” la guardò stupito e rispose:
“Penso… penso di sì. Quando iniziamo?”
 
***
Ok. Ci sono.
Incredibile ma ci sono.
Ci credete?
Finalmente.
Sono felicissima.
Sperando che lo siate anche voi.
Bene, bene, bene.
Vi ricordate di me?
Ok, basta convenevoli.
Non ce la facevo più a portarmi avanti questo “capitolo” –poi devo dirvi una cosa- e quindi l’ho fatto finire così, sappiate che ci sarà un altro capitolo con varie lezioncine di masseria –ormai ho perso il controllo di questa ff e mi sono lasciata andare alle cazzate.
Quindi ho un po’ di cose da dirvi: Viber è un’applicazione per iPhone/ iPod/ iPad/ Android/ e non so che altro che permette di messaggiare –perché Word me lo dà errore? D: - sfruttando internet e non i soldini della ricarica! ;)
Poi, non so se l’avete notata ma c’è una citazione quasi ripresa da Twilight sul pickup e spero che me la passiate per buona. xD
Poi, basta!
Anzi no! Dicevo prima pensavo che –visto che la ff in realtà è finita al capitolo 9- di fare una ff a parte dove mettere questi missing moments –se così si possono chiamare. Che ne pensate?
E poi l’avviso volevo cancellarlo ma mi avete scritto delle cose così belle che non so più se farlo –datemi un consiglio!
Spero che vi piaccia e che me lo facciate sapere.
E poi volevo chiedervi un parere su questa cosa che ho scritto per un contest… ditemi che ne pensate.
Ringrazio Uvetta, Cassie Aardbei, ary94 e hiphipcosty per aver commentato quell’avviso e per avermi tirato su di morale, ovviamente grazie anche a tutti voi che aspettate l’aggiornamento :)
Mary.
Ps. Lasciate perdere il titolo, quella pazza sono io. D:
  
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