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Autore: kymyit    12/03/2012    5 recensioni
-Oh, capisco…- quello parve deluso, ma poi gli balenò in testa un’idea -Io mi preoccupo per te!- affermò, facendo spalancare gli occhi dell’altro -Quindi da oggi fai lo stesso anche tu, coso.- esclamò porgendogli la manina.
Kidd lo fissò corrucciato e meravigliato al tempo stesso, gli prese la mano con diffidenza.
-Non mi chiamo coso, mi chiamo Kidd. Eustass Kidd e sono il figlio di Satana.- fece un agghiacciante sorriso -Hai paura, cosetto?-
L’altro scosse le spalle.
-Capirai, io sono Laurence, Trafalgar Laurence, e sono figlio del colonnello Trafalgar. Tu chiamami pure Law.-
Il piccolo Kidd era decisamente sorpreso.
-Ho anche i capelli rossi.- disse toccando i ciuffi disordinati sulla sua testa.
-Mia nonna ce li ha bianchi e fa più paura di Satana e tutti i diavoli dell’inferno messi insieme.-
A Kidd scappò un risolino.
-Non credo faccia più paura di Satana.- rispose.
-Perché tu non hai visto quando si mette i bigodini e da la caccia ai topi.- asserì serissimo il bambino -E dicono pure che sia un po’ matta.- continuò gesticolando col ditino roteante sulle tempie. Kidd sbuffò e compì altri passi, con il bambino sempre alle calcagna.
Genere: Avventura, Drammatico, Fluff | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Eustass Kidd, Trafalgar Law | Coppie: Eustass Kidd/Trafalgar Law
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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-E’ assolutamente increscioso!- esclamò incollerito -Insomma! Che modi sono di trattare un gentiluomo come me?!-
L’uomo davanti a lui scosse la testa scettico.
-Santi numi…- sospirò, accarezzando la testolina del piccolo roditore che faceva capolino dal taschino della giacca perfettamente stirata e ordinata -Signor Trafalgar, le rammento che è stato lei a mettere la scarpa in bocca al bambino, non io. Non ha alcun diritto di sollevare reclamo alcuno.-
-Dottor Trafalgar, prego. Dottore.- ribatté quello irritato, liberandosi dalle mani dell’automa abnorme che l’aveva trascinato di peso fuori dal vagone ristorante. -Sa cos’ha combinato quel mostriciattolo dal naso sgocciolante, lo sa?-
-No, non lo so.-
-Non ha fatto altro che urlare per tutta la durata del pranzo rovinandomi il gusto del curry. Ha idea di quanto tempo sia passato dall’ultima volta che ho potuto fare un pasto decente? Io non credo. Lei fino a questa mattina se n’è rimasto in panciolle in attesa che le venisse messo questo sontuoso treno sotto il didietro, ma io, io viaggio ininterrottamente da una settimana fino a Londra e ritorno, per visitare i miei pazienti!-
Pareva aver perso realmente la calma. Il flemmatico uomo scambiò col suo automa una rapida occhiata, poi riprese le redini del discorso.
-Mi dispiace che il bambino l’abbia disturbata, dottore. Ma non era ugualmente il caso di fargli del male, né tantomeno di rovesciare il piatto addosso alla madre.-
Il medico scosse la testa e fissò il paesaggio monotono oltre il finestrino.
Null’altro che un paesaggio incontaminato, quasi noioso.
-Lei non capisce.- rispose -Se non educhiamo i nostri figli, come potremmo sperare che diventino il nostro futuro?-
L’altro tacque.
-I nobili non sono che esseri viziati senza concezione di sofferenza e fatica.- continuò il medico -Ho visto cose, nelle miniere e nelle fabbriche, che vanno oltre i limiti della sua immaginazione signor Iceburg. I veri nobili sono quelli che s’ammazzano di fatica per permettere ai propri familiari di vivere un altro giorno ancora. Tsk!- alzò le braccia al cielo -Non questa marmaglia d’illustri scansafatiche.-
-Non mi sembra che lei sia meno illustre di loro.- lo interruppe l’altro -E fra l’altro non la facevo così filantropo.-
-Filantropia un corno!- sbottò quello -E’ semplice costatazione della verità. E, a dirla tutta, lei mi sembra uno schietto, signor Iceburg. Sa chi è mio padre?-
L’uomo alzò appena la spalla.
-Il colonnello Trafalgar, eroe naz…-
-Intendevo quello biologico.- lo interruppe il medico -Tutti sanno qual è la verità. Io e il colonnello non abbiamo legami di sangue, perché fingere di non sapere nulla e parlare alle spalle? Delicatezza? No, mio caro. Semplice desiderio di avere argomenti di cui sparlare. Il gusto del proibito, ha presente? Ora, se non le dispiace…- gli diede le spalle e si sistemò sulla testa la bombetta maculata -Me ne andrò a fare un riposino in terza classe, dove la gente ha un minimo di rispetto.- e prima di uscire aggiunse -E mi faccia servire del curry!-
Il signor Iceburg si rivolse all’automa al suo fianco, un colosso in giacca elegante e farfallino, ma senza pantaloni, dai capelli cerulei ordinati con la riga da un lato.
-Franky, accompagnalo nella terza classe.-
Quello annuì e domandò al dottore -Gradisce una tazza di tè?-
-Nero e bollente.- rispose secco quello.

°

-Kidd, il treno ha superato la prima postazione, sarà qui fra circa mezz’ora!-
L’interpellato s’affacciò alla finestra del caseggiato sorseggiando del liquore, degnando appena d’uno sguardo l’uomo biondo con la maschera che s’era affannato per comunicargli il messaggio.
-Ok.- rispose, con lo sguardo perso fra le nuvole.
-Kidd, hai sentito cosa ti ho detto?- insistette quello avvicinandosi.
L’altro si riscosse e lo guardò.
-Ho capito, non sono sordo. Tenetevi pronti e avvisatemi quando sarà qui.-
L’uomo mascherato annuì, lasciando solo l’altro.
Kidd riprese a fissare il cielo e le sue nubi immacolate.
Un tempo le uniche nuvole che scorgeva erano quelle della fabbrica nelle vicinanze della miniera.

-Cosa stai facendo?-
-Sei cieco? Sto caricando il carrello.-
-Kidd, vieni qui, c’è da passare la corda a quelli di sopra!-
E lui obbedì.
L’uomo gli legò la corda in vita e lo fece entrare nell’angusto passaggio nella parete. C’era stato un crollo il giorno prima, un bambino era morto. Kidd poté scorgere il sangue alla luce della piccola lampada che si era portato appresso.
Povero…
Non si soffermò, proseguì dritto e spedito. Sentì il capo dire qualcosa, ma non ci fece caso, arrivò alla fine del tunnel, consegnò la cima della fune e fece per tornare indietro, trovando la strada sbarrata dal ragazzino di poco prima.
-Levati, imbecille.- gli disse, ma quello non lo degnò di uno sguardo e continuò a fissare il sangue rappreso incrostato sulla pietra.
Non sembrava spaventato, quanto curioso.
Kidd però non voleva stare in quel buco claustrofobico un secondo di più, perciò lo spintonò.
 -E levati se non vuoi diventare così anche tu.-
-Così come?- domandò innocentemente quello, spostandosi quanto il passaggio permetteva.
-Una chiazza rossa in terra, cretino.-
-Ti preoccupi per me?- chiese ancora il bambino seguendolo fuori dal passaggio. Kidd saltò giù e l’altro lo seguì a ruota, per poi continuare a trotterellargli intorno mentre riempiva il carrello di carbone.
-No, imbecille, qui nessuno si preoccupa per nessuno.- affermò il bambino.
-Oh, capisco…- quello parve deluso, ma poi gli balenò in testa un’idea -Io mi preoccupo per te!- affermò, facendo spalancare gli occhi dell’altro -Quindi da oggi fai lo stesso anche tu, coso.- esclamò porgendogli la manina.
Kidd lo fissò corrucciato e meravigliato al tempo stesso, gli prese la mano con diffidenza.
-Non mi chiamo coso, mi chiamo Kidd. Eustass Kidd e sono il figlio di Satana.- fece un agghiacciante sorriso -Hai paura, cosetto?-
L’altro scosse le spalle.
-Capirai, io sono Laurence, Trafalgar Laurence, e sono figlio del colonnello Trafalgar. Tu chiamami pure Law.-
Il piccolo Kidd era decisamente sorpreso.
-Ho anche i capelli rossi.- disse toccando i ciuffi disordinati sulla sua testa.
-Mia nonna ce li ha bianchi e fa più paura di Satana e tutti i diavoli dell’inferno messi insieme.-
A Kidd scappò un risolino.
-Non credo faccia più paura di Satana.- rispose.
-Perché tu non hai visto quando si mette i bigodini e da la caccia ai topi.- asserì serissimo il bambino -E dicono pure che sia un po’ matta.- continuò gesticolando col ditino roteante sulle tempie. Kidd sbuffò e compì altri passi, con il bambino sempre alle calcagna. Era molto più basso di lui e sembrava un pulcino dietro mamma chioccia.
Kidd camminava e lui lo seguiva.
Non riusciva a levarselo di torno.
-Perché mi segui?!- sbottò esasperato e il più piccolo spalancò gli occhi, come se gli avesse posto una domanda davvero stupida.
-Perché sono preoccupato per te!-
Kidd socchiuse gli occhi e gli disse, faccia a faccia -Io non ho bisogno di nessuno.-
Law lo ignorò, mettendo le manine in tasca e ondeggiando col bacino, pensando a chissà cosa, il che infastidì Kidd che arricciò le labbra sottili e afferrò con le mani sporche un grosso pezzo di carbone, per metterlo in un carrello.
Il piccoletto lo imitò.
Kidd afferrò un grosso blocco e lo depose insieme agli altri con grande fatica.
Anche Law prese un grosso blocco e non riuscì a sollevarlo se non per pochi secondi.
Il carbone gli cadde sul piede e lui si lasciò scappare un grido di dolore.
-Che stupido!- esclamò Kidd ridendo a crepapelle e Law, che stava saltellando per il dolore, afferrò una pietra e gliela lanciò in testa.
-Non ridere Eufess!-
-Eustass!-
-Protass! Prrrrrrrr!-
Ne era sicuro il piccolo Eustass Kidd, figlio di Satana, se nessuno glielo avesse tolto dalle mani, il piccolo Trafalgar Laurence si sarebbe ritrovato con una decina di denti da latte in meno.
Fortuna volle che uno degli uomini richiamasse il rosso, dandogli, fra l’altro, una sberla.
-Kidd, piantala di gozzovigliare e trasporta quel carrello!-
A Law scappò una risatina e ricevette un’occhiataccia in cambio. Il maggiore dei bambini afferrò il carrello e prese a spingerlo con forza, ma quello era veramente pieno e riuscì a smuoverlo con molta fatica. Alla fine dovette chiedere aiuto.
-Ehi, Laurie, vieni ad aiutarmi!- ordinò.
Il bambino zampettò verso di lui.
-Non mi chiamo Laurie!-
Kidd allora gli diede una pesante pacca sulla testa -Il capo sono io. Se dico che ti chiami Laurie, ti chiami Laurie e ora aiutami a portare questo carrello!-
Il minore roteò gli occhi, pensieroso, poi saltellò accanto al maggiore esclamando -Ok, capo!-
Insieme spinsero il pesante carrello lungo quella buia galleria che sapeva di polvere, carbone e gas.

Gas…

Ci fu anche quell’esplosione…

-Kiiiiidd!- lo richiamò con veemenza l’uomo dai lunghi capelli biondi.
Il rosso si alzò in piedi di scatto, infuriato -Cazzo, Killer, ho detto che non sono sordo!-
-Il treno è qui.- disse quello, senza scomporsi minimamente.
Al che l’uomo si affacciò nuovamente alla finestra e afferrò il cannocchiale rudimentale. Scambiando le lenti riuscì a scorgere all’orizzonte il pennacchio di fumo nero del treno in corsa e sogghignò in maniera agghiacciante.

°

Ecco, lì si che si stava tranquilli.
Poteva essere un controsenso, ma essere un ricco fra i poveri aveva i suoi vantaggi. C’era il rispetto, per esempio, e lui poteva finalmente starsene seduto a mangiare il suo curry e leggere il giornale in santissima pace, senza marmocchi chiassosi, viziati e impertinenti ad infastidirlo o ipocrite donne d’alta classe con la puzza sotto il naso, convinte di poter lasciare i loro fastidiosi infanti liberi di disturbare il prossimo, in particolare chiunque reputassero indegno o, per dirla in termini grezzi, un bastardo come lui.
 Sfogliando le pagine, scorse un articolo rilevante circa l’assalto di un treno merci, artefice del quale pare fosse tale Eustass Kidd.
-Eustass Kidd…- disse con malinconia fra se e se, tamburellando con le dita ossute sulla guancia scura -Ma guarda, ne ha fatta di strada il figlio di Satana.-


-Che cazzo fai, vecchio stronzo?!- sbottò il bambino dai capelli rossi massaggiandosi la testa infastidito.
-Che diavolo ti è saltato in mente di portarlo là dentro?!-lo sgridò rosso in volto per la rabbia un uomo sulla cinquantina che doveva essere a capo dei lavoratori per quel turno.
-Sono io che l’ho seguito!- protestò il piccolo Laurie, ricoperto di graffi e sporco da capo a piedi.
-Ti rendi conto di cosa accadrebbe se il colonnello Trafalgar lo scoprisse?!- insistette quello, ignorandolo, senza smettere di strattonare Kidd il quale, per nulla spaventato, anzi, notevolmente seccato, si ritrasse e sfoggiò il miglior sorriso sbeffeggiatore del suo repertorio.
-Chiuderebbe questo buco immondo?- esclamò infastidendo il capo, il quale, indispettito per quella risposta alzò la mano per colpirlo ancora in pieno volto.
-Ti ho detto che l’ho seguito io, cazzone!- esclamò Laurence elargendogli un forte calcio allo stinco che purtroppo l’uomo non accusò come avrebbe dovuto. Anzi, sollevò il piccolo con una sola mano e lo diede in custodia a un altro alle sue spalle.
-Lasciami!- si agitò Laurence -Cattivo, lasciamiii! Kidd! Kidd!-
Il piccolo Kidd rimase molto scosso da quel continuo invocare il proprio nome, da quelle manine che si tendevano verso di lui disperate, da quelle lacrime e da tutto quel moccio, dalla disperazione di quel piccolo figlio di papà che affondava i suoi dentini da latte nella carne dell’uomo che l’avrebbe riportato al sicuro, lontano da tutto quello squallore.
Nessuno si era mai comportato così nei suoi confronti. Nessuno l’aveva mai ritenuto indispensabile.
L’uomo che lo teneva fra le braccia si lasciò scappare un gemito di dolore e Laurence atterrò leggero come una piuma.
-Andiamo, capo!- squillò scuotendo il bambino dai capelli rossi per il braccio magro e sporco di polvere scura. -Andiamo!-
Non si fece pregare oltre e, presa la sua manina scura, Kidd fuggì con lui in uno dei cunicoli della miniera.
Gli uomini corsero loro dietro per impedir al minore di farsi del male o perdersi nella cava. Se ciò fosse accaduto, avrebbero sicuramente perso il posto. E la colpa di tutti i casini era sempre di quel bastardello con i capelli rossi.
-Kidd!- urlò il capo -Kidd torna subito qui!-
-Col cazzo!- gli urlò di rimando quello mostrando il dito medio e ossuto.
-Se ti prendo, piccolo bastardo…- l’uomo accelerò l’andatura e di conseguenza anche Kidd affrettò il passo.
-Che lumache!- rise Laurence zampettando più veloce che poteva per stare al suo passo. Il più grande, a un certo punto, lo sollevò di peso e lo fece entrare in uno dei carrelli che poi spinse con tutte le forze che aveva lungo le rotaie mentre il buio tutt’intorno l'inghiottiva, sottraendoli alla vista dei loro disperati inseguitori.

Sospirò guardando fuori dal finestrino.
“I treni devono proprio piacergli un sacco..." schioccò la lingua sorridendo appena, perdendosi nel grigio dei pennacchi di fumo che sfumavano il cielo. Fu allora che scorse in lontananza uno strano ragno. Aggrottò le sopraciglia e avvicinò il viso al vetro per definire meglio quella bizzarra apparizione.
Un ragno di quelle dimensioni centinaia di metri di distanza era tutt’altro che piccolo. Incuriosito rimase a scrutarlo costatando quanto fosse veloce per riuscire a non scomparire all’orizzonte nonostante l’alta velocità della locomotiva. Anzi, era sempre più vicino e, a giudicare dal chiasso che si levò alto tutt’intorno a lui, non doveva essere l’unico ad essersene accorto.
-Mamma guarda!- esclamò un bambino strattonando la madre, la quale emise un gridolino sommesso, per poi fare il segno della croce e mettersi a pregare.
Non fu l’unica a farlo, quella bestia era spaventosa davvero, non nel senso di spaventoso normalmente attribuito al termine. Il medico osservò quella meravigliosa mostruosità con occhi febbrili, perché una simile accozzaglia di meccanismi, una tale armonia fra i componenti metallici e la forza motrice, una potenza senza eguali… quella creatura aveva un che di spaventosamente fantastico.
Sentì il sangue ribollirgli nelle vene e il corpo tremare d’eccitazione e non si accorse subito di sorridere estasiato se non quando scorse il suo riflesso nel vetro del finestrino, giusto un istante prima che questo venisse infranto da una delle zampe del ragno.
Le urla di terrore si propagarono nel vagone. Con fastidiosi cigolii metallici, la zampa del ragno sollevò il vagone dalle rotaie e di conseguenza il treno si fermò. I passeggeri persero l’equilibrio, scoppiò un parapiglia generale. Uomini, donne e bambini caddero gli uni sopra gli altri in un groviglio disperato di corpi e grida. Laurence riemerse lentamente da dietro il sedile al quale si era aggrappato per non finire a terra. Si tolse il capello e lo scosse per ripulirlo dalle schegge di vetro, fece altrettanto con la giacca, dopodiché diede un’occhiata alla zampa conficcata nella carrozza. Enorme, magnifica, un raro esempio di perfezione meccanica. Dalla sommità del ragno vide calare un gran numero di uomini abbigliati in maniera bizzarra ed indecente. Armati e agguerriti infransero le vetrate ed entrarono prepotentemente nel convoglio.

-Aiutoooo!- gridò una donna disperata, in preda al panico quando uno di questi, un tale dal viso storpiato e i capelli disordinati di un celeste sporco che sapeva di cenere e polvere, le si parò davanti. Sembrava quasi uno zombi appena riesumato dalla tomba. Scoccò una debole occhiata alla donna e la ignorò, dirigendosi all’uscita del convoglio, verso uno dei vagoni di seconda classe. Anche altri uomini seguirono il suo esempio, non degnando di un’occhiata i poveracci che avevano terrorizzato fino alle lacrime.
Accadde però che uno di questi adocchiasse il medico. Lo scrutò come si guarderebbe uno scarafaggio in un gruppo di madreperle, con disgusto. Che ci faceva il figlio bastardo di un nobile in un vagone di terza classe?
-Allora?- domandò il medico, seccato di quell’occhiata fastidiosa -Hai qualche problema, troia di un pipistrello?-
L’uomo spalancò gli occhi, sinceramente colpito dal vocabolario raffinato di una persona presumibilmente così per bene e rise. Anche Laurence rise, per un minuto buono il duetto ilare si propagò per il vagone, finché il medico non saltò giù dai sedili e tentò di colpire l’uomo armato con un calcio ben assestato al fianco. Questo schivò, non senza una certa fatica, preso in contropiede.


Eustass Kidd, figlio di Satana, se la godeva dall’alto del suo glorioso marchingegno aracneiforme. Al suo fianco l’uomo mascherato attendeva silente il suo prossimo ordine, anche se non ci sarebbe stato bisogno. I vagoni sottostanti vomitavano civili da ogni lato del convoglio. Tanti begli omini lindi e profumati, ripuliti dei loro pesanti e preziosi fardelli. Uomini armati, come formiche laboriose, scivolavano fra loro, da un vagone all’altro. Killer mise mano alla leva che sbloccava gli ingranaggi della carrucola, pronto a lasciarla in avanti non appena uno di quei figli di buona donna avesse rimesso il muso fuori dal vagone che avevano arpionato. Un lavoro veloce e pulito. Liberati dei passeggeri e arraffato l’arraffabile, si sarebbero presi anche il treno.
Che diceva la propaganda?
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Al solo sentire quel ridicolo spot sulla bocca di tutti a Kidd era venuta voglia di fotterli, fotterli tutti, quei fottuti schiavisti dediti al progresso.
-Non ci stanno mettendo troppo?- domandò il rosso socchiudendo gli occhi dipinti in segno di guerra. Era divertente vederlo conciarsi come una prostituta della peggior specie, questo perché Kidd, in fondo, era una prostituta. Vendeva l’anima all’alcol e alla violenza. Se poi il diavolo gli avesse concesso di liberarsi di quel putridume che era l’alta borghesia, l’avrebbe venduta anche a lui.
E forse avrebbe cercato di fotterselo.
A volte Killer temeva di avere davvero davanti il figlio del demonio. E non per quei capelli rosso fuoco o quegli occhi così chiari da sembrare dorati. Kidd si calava perfettamente nella parte di progenie infernale. Dovevano averglielo inculcato bene in testa, a quanto pareva.
-Vuoi che vada a controllare?- domandò, temendo che perdesse la testa. Kidd odiava i contrattempi. E non era nei piani che il ragno si trascinasse il convoglio pieno degli scagnozzi spaparanzati in prima classe. Dovevano portare fuori il culo e poi avrebbero smantellato quella merda per costruire ben altro che il Puffing Tom.
-Vai.- disse solo Kidd, fremendo. In lontananza il braccio armato della legge si era degnato di presentarsi. Accarezzò il suo di braccio armato con fare febbrile, perché il divertimento vero stava per iniziare. Il suo gioiellino a otto zampe avrebbe fatto nuovamente scalpore e niente lo galvanizzava più di leggere il suo nome a caratteri cubitali nelle prime pagine dei giornali.
“Tremate, tremate, il diavolo è tornato.” Canticchiò fra se, gingillandosi nella sua pelliccia lorda di ruggine e polvere da sparo, rossa come il sangue e forse impregnata di esso, solo lui lo sapeva. “Tremate, tremate, sono figlio del demonio,


sepolto sotto i sassi, dilaniato dalle fiamme.-

-Kidd!-
-Tremate, tremate, tornerò dalla fossa per ballare sulle vostre, sputerò nelle vostre bocche piene di vermi,-
-Kidd!-
-riderò quando la morte verrà a visitare i vostri figli, quando gli uomini chiameranno puttane le vostre figlie e-
-KIDD!-
Tacque. La sua voce era lontana, coperta dal sangue che gli s’infiltrava nelle orecchie, o forse usciva? Non sentiva il resto del corpo, eccetto il braccio. Un forte dolore al braccio. Provò a muoverlo, Kidd, per liberarlo dalle pietre.
-Kidd! KIDD!-
Urletti acuti, quelli del nanerottolo. Kidd emise una smorfia di dolore e i suoi occhi si riempirono di lacrime. Non l’avrebbe mai detto, ma anche lui voleva essere preso fra le braccia di qualcuno. Voleva essere raccolto e portato in salvo, anche trascinato, via da tutto quel buio, da tutto quel carbone che gli crollava addosso come pioggia nera, come bava di un mostro enorme che lo digeriva lentamente, ancora vivo.
-Bastardi…- disse ricacciando dietro le lacrime, invano, e inghiottendo un groppone di saliva che gli ostruì la gola. Tossì piegandosi in due per l’impeto e il dolore alla testa si fece più forte, le fitte al braccio più lancinanti, sentì la pelle quasi strapparsi, esplodere, il sangue schizzò tingendo di rosso scarlatto le pareti nere.
“Una chiazza! Diventerò una chiazza!” fu il pensiero che lo terrificò più di ogni altro, persino più della consapevolezza di aver perso il braccio sotto la frana o forse per l’esplosione che aveva ribaltato il carrello quando Laurie aveva acceso la lampada a olio. Stupido, piccolo Laurie…
Strinse il moncherino aggrappandosi a quel dolore nell’inconscia ed ingenua consapevolezza di aggrapparsi alla vita che ormai gli scorreva via.
-Kiiiiiiiiiidd!-
Si sentì scuotere da delle manine minuscole e lisce, prive di calli. Le manine di un piccolo riccastro troppo stupido per essere ancora lì.
-Sei morto?- domandò Law con la voce strozzata, inghiottendo a stento la saliva, il mento increspato in tante minuscole pieghine e le lacrime che gli scorrevano lungo le guancie come un fiume in piena gettandosi sul suo viso accaldato, forse ustionato dalle fiamme, forse divorato dalla febbre, refrigerandolo.
-Sei così stupido…- disse scuotendo la testa, ma sorridendo appena, la vista offuscata per la copiosa perdita di sangue. Law gli stinse forte la camiciola e tentò di tirarlo fuori dalle macerie, mentre l’uomo alle sue spalle cercava di portarlo via da lì, in salvo.
“Bastardo, bastardo!” gridava la mente di Kidd “Perché non mi salvi?! Perché vuoi che muoia? Perché sono il figlio di Satana?! Se muoio torno per ucciderti, bastardo!”
-Kidd, scusami…- la vocina del minore era ormai solo il debole guaito di un cucciolo terrorizzato.
Combatté per impedire ai propri occhi di chiudersi.
“Non voglio diventare… una chiazza… di… sangue…”
Il buio lo trascinava nel baratro, il visino di quella peste scompariva e le sue manine lo disturbavano mentre scivolava nel torpore. Freddo, tanto freddo, finalmente un po’ di frescura.
Sorrise appena, morire non era poi così male.
-Non volevo ucciderti…-
Sentì un forte dolore al petto prima di cedere i sensi all’oblio. Quel marmocchio aveva una testa davvero dura e piangeva davvero troppo.

Kidd si era chiesto spesso come aveva fatto a sopravvivere. Si era semplicemente svegliato una mattina in un letto d’ospedale con un biglietto sotto la brocca dell’acqua. Non sapeva leggere, perciò domandò cosa c’era scritto in quel modo davvero pessimo alla donna che era entrata poco dopo per accudirlo.
Si rigirò lo stesso foglio sgualcito e smorto fra le dita e rilesse quelle poche parole.
“Scusa se o aceso la lanpada.” diceva.
Si stupì del fatto che quello sgorbio sapesse già scrivere, anche se in maniera davvero discutibile, ma quanti anni aveva? Kidd non l’aveva più visto, ma aveva ricevuto un sacco di soldi per stare zitto e così la cava non era stata chiusa e non era scoppiato uno scandalo, ma non l’aveva fatto per gentilezza, semplicemente aveva pensato che se avessero chiuso la miniera, quei maledetti si sarebbero trovati disoccupati e a zonzo, mentre meritavano di marcire con i polmoni soffocati dal carbone.
La prima cosa che aveva fatto uscendo dall’ospedale era stata di dare il denaro a una prostituta con i capelli rossi. Sua sorella. Tutti quelli che avevano i capelli rossi erano suoi fratelli, ma ancora non capiva perché alcuni non venissero chiamati figli di Satana. Forse solo i poveri lo erano o forse era per gli occhi, o forse la forma delle dita. Kidd si fissò le cinque dita che gli erano rimaste e non gli sembravano molto diverse da quelle di Laurie o di quel bastardo del capo.
Mentre si scrutava i polpastrelli pallidi, passò davanti a lui un automa, un capolavoro d’ingranaggi e cinghie, un insieme di meccanismi incastrati alla perfezione. Fu in quel momento che decise di farsi costruire un braccio nuovo, ma quello che gli diedero faceva così schifo che lo smontò e se lo ricostruì da zero di persona. Sogghignò ammirando la fattura del proprio capolavoro quando Killer risalì insieme agli altri dai vagoni ferroviari.
-Kidd…- esordì, ma prima che potesse annunciare il suo ospite, lui si era già alzato in piedi, incredulo.
-Lauri… Trafalgar?!- i suoi occhi dovevano essere divenuti enormi per lo stupore, perché quello emise un risolino fastidioso.
-Non sei cambiato per niente, Eufess.-
Inarcò le sopraciglia rasate. Il giorno prima era uno sgorbio che gli trotterellava dietro come un pulcino dietro mamma chioccia e quello dopo era un medicastro strafottente che si presentava di sua spontanea volontà davanti a lui?!
-Neppure tu…- commentò, sarcastico -Sempre a far disperare paparino?-
Laurence si mise una mano sul fianco e a Kidd parve di vederlo ondeggiare, come quella volta da piccolo e il suo sguardo s’ammorbidì, anche se solo per un attimo. Aveva una dignità da preservare!
-E così…- iniziò Laurence guardandosi intorno -Sei diventato un criminale dirottatore di treni infame, eh?-
-Non cambiare discorso.-
-Kidd, la polizia.- lo ammonì pacatamente Killer, mentre gli altri si massaggiavano chi la testa chi gli arti. Quel piccoletto picchiava duro e faceva pure male. E doveva avere un bel fegato per presentarsi da Kidd e chiamarlo Eufess.
E sedersi su di lui.
-Come si fa partire questo coso?- domandò il medico con gli occhi ardenti di curiosità. Kidd era rimasto come paralizzato nel momento in cui, senza neppure chiedere permesso, quello gli aveva messo il culo addosso.
-Non toccare!- tentò di fermarlo, invano, Law abbassò una leva e la zampa metallica del colosso aracnoide si scrollò di dosso i vagoni del treno.
-E questa? E questo pulsante?- inutile, peggio di un bambino. Il ragno danzava impazzito al ritmo incalzante con cui quel mostriciattolo premeva e tirava tasti e leve e da lontano si poteva quasi dire che stesse ballando una qualche danza macabra rituale. Kidd dovette aggrapparsi al sedile per non finire gambe all’aria, mentre Law gli atterrò dritto sul petto e rise, divertito, come se fosse inconsapevole del danno e dei fastidi che stava arrecando. Giocherellò con i peli della sua pelliccia, incurante di essere quasi del tutto ribaltato sul sedile in pelle di un ragno abnorme in procinto di saltare in aria e di ricevere maledizioni su maledizioni dalle baldracche che accompagnavano Eustass Kidd, figlio di Satana.
-Hai ricevuto il mio biglietto?- gli domandò socchiudendo gli occhi.
Kidd annuì, afferrandolo per la vita prima che gli scivolasse lungo il corpo, in un gesto istintivo di protezione che non sapeva spiegarsi. Forse l’aveva fatto per evitare di trovarsi il fondoschiena di quel pazzo sul naso.
-Mi dispiace.- continuò Law -Per il tuo braccio. Per la lampada...-
Con un calcio Kidd spinse una delle leve in avanti e il ragno si rimise orizzontale, anche se non era fermo, del tutto, almeno non li avrebbe disarcionati e fatti ammazzare.
Chiazze rosse al suolo…
Kidd avrebbe voluto sapere, in quel momento, perché Trafalgar Laurence era tornato. E non solo quel giorno, ma in quel momento. Perché cazzo aveva di nuovo messo mano ai comandi e rideva come un bambino felice che da fuoco alle formiche mentre le zampe del ragno disperdevano e calpestavano gli sbirri? Perché non se n’era rimasto sul treno a fare la vittima? Suo padre sarebbe certo corso a salvarlo. Chi non si sarebbe mobilitato per salvare uno come lui?
Kidd si chiedeva se sequestrarlo avrebbe potuto portargli qualche vantaggio quando quello, con naturalezza, senza neppure staccarsi da lui, ancora accoccolato sul suo petto, con fare strafottente, gli sussurrò -Credevo fossi morto.-
Colse la nota malinconica, Kidd, strano, perché di solito a queste cose non ci badava proprio.
-E perché sei tornato?- domandò, spinto da una curiosità quasi infantile.
Law lo fissò sbigottito, per poi scoppiare di nuovo a ridere. Si lasciò andare all’indietro cozzando con la testa contro il suo petto, causando a Kidd un dolore tale da piegarlo in due, così forte da restargli impresso nella mente, gemello di quell’altro dolore, di quella volta…
-Perché ero preoccupato per te, Eufess!-
-Che testa dura.- disse fra i denti, mal celando un sorriso.
-Non mi piace che mi siano ordini.- ribatté quello -Allora… dove andiamo, capo?-
-Tu scendi!- lo scalzò dalle sue ginocchia, Kidd, ma Law non demorse. Alzò le spalle e fece per buttarsi di sotto, con dipinta sul volto l’espressione più strafottente che Kidd avesse mai visto.
-Ok.- disse -Quando ti linceranno, ci rivedremo all’inferno, magari farò una chiacchierata con tuo padre.-
Si buttò! Si buttò davvero!
Kidd lo afferrò al volo artigliandogli la giacca a rischio di spezzarsi le unghie e lo strattonò con forza verso di sé
-Sei impazzito o cosa?!- lo strattonò con forza fino a trascinarlo nuovamente al sicuro sul ragno -Pezzo d’imbecille!-
-Ti preoccupi per me?- domandò il medico, provocatorio.
Le labbra di Kidd proruppero in uno sbuffo divertito.
-Tsk…- schioccò la lingua e lasciò la presa. Si ributtò a sedere sulla sua poltrona e tirò una delle leve. Due delle zampe del ragno scorsero lungo il perimetro della bestia meccanica, riunendosi all’estremità posteriore. Da esse calò un pesante cavo di metallo che Killer, immediatamente, agganciò al treno. Era una manovra semplice, studiata e ristudiata. Nulla di quel piano era andato storto, eccetto  che per la presenza di quel Trafalgar Laurence. Un ricco. E Kidd odiava i ricchi, allora perché aveva permesso a quello di seguirli? Forse perché un medico gli faceva comodo?
Possibile, dopotutto quando il braccio mutilato si faceva sentire manco ci fosse ancora, non bastavano i rimedi di fortuna a rimetterlo in sesto. Eppure sentiva che non era solo quello, c’era una strana complicità in quei due, un qualcosa che a lui era precluso. Lui e Kidd erano sempre stati amici, veri amici, ma questa cosa andava oltre. Apparteneva a un passato che lui non poteva conoscere e di cui si sentì profondamente geloso, ma non disse nulla. Si limitò a sistemare la maschera sul viso e ad attendere gli ordini, qualunque questi fossero.
Trafalgar Laurence guardò per l’ultima volta la sua vita precedente, finalmente libero da quell’ipocrisia, libero da vincoli di sangue inesistenti, libero di essere il meraviglioso, sadico se stesso. Una volta qualcuno gli aveva detto che, una volta giunti all’inferno, solo il diavolo poteva concedere la libertà ai dannati.
Il figlio andava bene lo stesso?




Note: Non so cosa ne è venuto fuori, io volevo scrivere su di loro in miniera e qualcosa di steampunk, ma questa fic non mi convince del tutto, chissà, forse ci rimetterò mano.Oh, e il "tremate, tremate..." Kidd era un bimbo delirante, povero Q^Q Law sembra molto ooc alla fine e anche Kidd... certo è un AU, ma non saprei... boh, spero un po' vi sia piaciuta XD Protass vi saluta!
Prrrrrrr!
   
 
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