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Autore: sakura_tan    12/03/2012    2 recensioni
Mafia russa, monete d'oro, rapimenti e tanto amore. Una classica hurt/comfort con finale slash (Neal/Peter)
Genere: Angst, Azione, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Un po' tutti
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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WHITE COLLAR 5
Ebbene sì, ho scritto quattro capitoli di cose insensate solo per arrivare a questo punto della storia.


P.S. Complimenti a Matt Bomer per il suo coming-out! Ogni volta che un personaggio famoso dichiara la sua omosessualità, aiuta la gente comune a farsi avanti, ad accettarsi e a farsi accettare. Penso che Matt abbia preso una decisione coraggiosa e responsabile.
Posso dire una frase da mamma? Sono davvero fiera di lui.


czsdf





CAPITOLO 5: WARM HANDS AND BROWN EYES


"Somebody save me
And two warm hands break right through me
Somebody save me
I don't care how you do it
Just save me


I'm still waiting for you*"


"Mi dispiace, Peter, la scientifica non ha trovato nessun inidizio sul furgone"
"Capisco, grazie lo stesso Jones. Ci vediamo questa sera".
L'uomo riagganciò e mise i gomiti sul tavolo,affondando il viso tra le mani. Aveva smesso di piovere quella stessa notte. Era rimasto sveglio per ore a guardare fuori dalla finestra, pregando quel Dio a cui non aveva mai creduto, implorandolo di portare il sole. E così era stato: il cielo si era aperto e la luna aveva fatto la sua comparsa sul mondo. Dal terreno bagnato sotto la sua finestra, Peter riuscì a sentire l'odore dell'erba e dei fiori. Tutto riprese colore, abbandonando quel grigio pesante e tetro.

Sembrava un buon segno.

****

Acqua.
Neal annaspò in cerca di aria.
"Nessuno ha detto che puoi concederti il lusso di svenire".
Era sdraiato sul tavolo di legno. Mani, piedi e collo legati con delle spesse cinghie. Riusciva solo a sentire la voce sibilante del suo aguzzino, senza scorgerne il volto. Era in quella posizione da più di tre ore. Ogni respiro era una tortura e il corpo gli bruciava tremendamente. La vista gli si offuscava ad ogni movimento e non avrebbe mai immaginato che tenere gli occhi aperti fosse così difficile. Si stupì del fatto che riuscisse ancora a gridare, seppur la voce gli uscisse roca e stonata.
Gli avevano tolto la camicia, per poter fare scempio del suo corpo con più facilità. Il freddo gli entrava nelle ossa, provocandogli terribili tremori. Si sentiva la febbre e probabimente aveva qualche costola fratturata.
La sua mente era sempre rivolta a Peter, non perchè si aspettasse che venisse a salvarlo (ormai si era arreso a quell'incubo), semplicemente perchè desiderava fosse Lui il suo ultimo pensiero prima di morire.
Non c'era nessun'altra ragione.
Nei numerosi momenti in cui perdeva i sensi, vedeva il volto familiare dell'amico: gli sorrideva, con quel suo modo buffo di arricciare le labbra. Riusciva quasi a percepire la sua grande mano sulla spalla. Sentiva la sua voce dolce e virile che lo chiamava.
Voleva morire così: con Peter che s'impossessava di tutto il suo essere e che inspirava il suo ultimo respiro, custodendolo in sè per sempre.
Avvertì un dolore lancinante agli addominali, che gli mozzò il fiato. Il suo tormento aveva preso di nuovo inizio, come un gioco malato senza fine. Davanti ai suoi occhi comparve una cinghia di cuoio, bella e lucida, come se fosse stata comprata apposta per lui. Chiuse gli occhi e strinse i denti.
Peter. Peter. Peter.
Peter.

****
Il telefono squillò: "pronto Diana"
"Capo, è arrivato un altro video"
A Peter sembrò di precipitare.Sbattè le palpebre più volte,senza riuscire ad allontanare quell'orribile sensazione.
"Vuoi sapere cosa-"
"Dimmi solo se è vivo"
"E' vivo"
L'uomo si appoggiò alla parete della sua camera da letto e si lasciò scivolare lungo il muro, fino a ritrovarsi seduto sul pavimento. Non riuscì a chiedere nient'altro, per paura che il terrore dominsasse sulla razionalità che gli era necessaria. Non poteva permettersi di perdere la testa in quel momento.
"E' tutto pronto per questa sera?"
La donna fece finta di non notare il tremore nella voce del suo capo: "sì. Io e Jones ci apposteremo in macchina nel luogo che ci hai indicato"
"Perfetto. Mozzie sarà qui a momenti col criptex e la calamita. L'FBI ha fatto qualche progresso?"
"Stanno pedinando un certo Ivan Vasilyen, ma per ora nessun risultato"
Il campanello suonò e Peter salutò Diana. Andò ad aprire e fece entrare il piccoletto: "ecco qui il criptex. Ci ho già attaccato la calamita" poi frugò energicamente in un borsone: "questa invece è la torcia a luce Forward*"
"Grazie mille, Moz. Non ci resta che legarla al collo di Satch"
"Ed è per questo che ho decorato il criptex come se fosse una di quelle botti che si mettono al collo dei San Bernardi"
"Il mio cane non è un San Bernardo"
"Piccolezze"
Peter alzò gli occhi al cielo, ma accompagnò quel gesto ad un sorriso. Tuttavia la sua espressione si spense quando Mozzie gli porse una pistola: "te la senti?"
L'uomo si morse le labbra, poi afferrò l'arma. Stava infrangendo di nuovo ogni suoi principio per Lui, fonte di ogni suo tormento più intimo. Guardò un raggio di sole che trafiggeva lo schermo della televisione: appena ritorna a casa, per punizione lo lego sul divano e gli faccio vedere a forza la partita, pensò.

****
Fu scaraventato a terra, slegato, senza la preoccupazione che potesse scappare. Non aveva nemmeno la forza per respirare. Il pavimento gelido sulla sua guancia destra lo teneva sospeso tra il sonno e la veglia. Avrebbe voluto alzarsi e appoggiarsi al muro, per provare ad accogliere un po' di aria nei polmoni, ma l'unica cosa che riuscì a fare fu mettersi supino. Mentre riprendeva fiato dopo quello che gli era sembrato uno sforzo immane, il suo sguardo annebbiato si fermò sull'apertura nel soffitto. C'era il sole. Avrebbe voluto poter essere accarezzato da uno dei suoi raggi, anche solo per un istante, ma la flebile luce che filtrava dal plexiglass era troppo lontana da lui. Eppure quella luce distante lo scaldò.
Tra qualche ora giocano i Jets*. Peter ha scommesso 100 dollari con Diana che Moore* farà punto.
Non mi dispiacerebbe vedere con lui la partita questa sera.

Poi cadde in un sonno tormentato.

****
Lo Yellow Flag era un locale sfarzoso, frequentato da gente poco raccomandabile. Peter si nascose il volto col cappuccio della felpa, mentre, da dietro un muretto, teneva sotto controllo Mozzie, che si avvicinava al locale con Satchmo al guinzaglio. Aveva una ridicola parrucca nera e una imbarazzante camicia hawaiana. Il suo look stravagante diede subito nell'occhio, e i due thailandesi che stavano di guardia all'auto russa lo circondarono. Peter trattenne il fiato quando Mozzie fece due passi verso la vettura e fu preso per la camicia. Mentre gesticolava per dare chissà quale spiegazione, gettò sotto alla macchina una crocchetta per cani con una velucità e disinvoltura che il federale fino ad allora aveva attribuito solo a Neal. Ed ecco che Satchmo si infilò sotto la marmitta.
Da quel momento il tempo sembrò fermarsi. I due uomini lasciarono andare Mozzie e gli ordinarono di portare via il suo cane. Quando Peter scorse il collo peloso del proprio animale uscire da sotto la vettura, si abbandonò ad un ringraziamenteo solenne al cielo: il collare non c'era più, ed ora il piccoletto si stava allontanando inculume.
La macchina russa partì dopo qualche minuto e Peter sapeva che il criptex aveva cominciato a cospargere il terreno di piccole macchioline bagnate, che lo avrebbero condotto da Neal. Uscì dal suo nascondiglio e raggiunse la macchina su cui stavano Jones e Diana; entrò, stando attento a non essere visto: "ce l'abbiamo fatta. Ora diamogli cinque minuti di vantaggio prima di inziare a seguirli".
Furono i cinque minuti più lunghi della sua vita. Ogni secondo che passava era un secondo in più lontano da Lui, e l'idea lo annientava. Quando fu il momento di partire, il federale si sedette al posto del conducente e mise in moto la vettura.
La pistola ben sistemata nella fondina.
La mente libera da ogni altro pensiero, eccetto il desiderio di salvarlo.
"Jones, prendi la torcia e fai luce"
Il suo sottoposto obbedì e, sporgendosi dal finestrino, illuminò con la particolare luce blu la strada: una fila di puntini fosforescenti, distanti tra loro 5/6 metri, si stava formando lungo l'asfalto. Ci misero più di un'ora per seguire le tracce, finchè arrivarono davanti ad un'enorme cancello di ferro, sorretto ai lati da due spesse mura grigie. Peter parcheggiò in una via poco distante, sormontata da due vecchi palazzi: "ci siamo quasi. Neal è lì dentro, e noi lo tireremo fuori vivo"
"Dicci cosa dobbiamo fare" intervenì Diana.
"Dovete far sì che i russi escano allo scoperto. Per questo voglio che saliate sul tetto della casa più vicina alla villa e mettiate questo a tutto volume". L'uomo aprì il bagagliaio e ne estrasse uno stereo e due enormi casse.
"Ho visto una scala di emergenza nel palazzo qui a fianco. Faremo fare ai russi una bella troika*"
"Non credo che si divertiranno. Comunque vi darò io il segnale quando avrò trovato un modo per entrare"
"Sicuro che di non aver bisogno di uno noi che ti copra le spalle?"
"No, è meglio che voi rimaniate fuori. Non voglio coinvolgervi maggiormente in qusta cosa". Così Peter si allontanò, addentrandosi nelle tenebre della sera. Girò attorno al muro di cinta della villa, tenendo una distanza di sicurezza per non essere visto dalla telecamere di sorveglianza. Poi notò un camion parcheggiato a fianco del muro. Quel colpo di fortuna gli dipinse un sorriso fugace sul volto: "date pure inizio alle danze" disse, tramite la ricetrasmittente. Qualche secondo dopo il quartiere, che fino ad un attimo prima era stato mortalmente silenzioso, ora era il palcoscenico sul quale s'intonava Sogno d'Amore di Franz Liszt: la sinfonia preferita di Neal.

****
Inizialmente credette di esser morto, o di stare per morire. Poi pensò di essere impazzito. In tutta la stanza risuonava quella melodia, avvolgendolo con le sue dolci note. Solo due persone sapevano che era la sua preferita: Kate e Peter. Lei se n'era andata tanto tempo prima, lacerandogli il cuore. Il solo pensiero lo addolorò così tanto che le ferite sul suo corpo non gli sembrarono poi così difficili da sopportare.
E Peter? Peter non era il tipo da fare una cosa del genere. Era più un tipo da musica popolare.
Scoppiò a ridere a quel pensiero, contorcendosi al tempo stesso per il dolore.
Era da un po' che non rideva così.
Forse era davvero diventanto matto.

****

L'uomo scivolò oltre il muro, accompagnato dall'intenso suono che vibrava nell'aria e dallo schiamazzo generale che già si stava propagando per le strade. Appena toccò il suolo, estrasse la pistola e si guardò attorno: nessun cane da guardia. Sorrise. Come Neal gli aveva detto prima di essere rapito, l'uomo al quale aveva rubato il diamante rosa non amava per niente gli animali e compensava questa sua mancanza trattando i suoi prigionieri come bestie. Avanzò lentamente nella notte. Davanti a lui, illuminata da qualche lampione, si ergeva una lussuosa villa in mattoni che doveva risalire al XVIII secolo. Si nascose dietro il tronco di un'enorme quercia e vide un uomo uscire dalla porta principale. Parlava in americano, ma non riuscì a capire esattamente le sue parole. Qualcuno rispose dall'interno della casa, senza che il federale potesse vederlo. Tuttavia Peter sentì chiaramente la sua voce, che gli risuonò nella testa come un eco, sovrastando la musica assordante:"io vado dal piccolo Nick. E' ora di fargli saltare il cervello."
A sentire quelle parole l'agente Burke uscì dal suo nascondiglio e si precipitò nella villa. Due uomini gli furono addosso prima che potesse rendersene conto. Ma qualcosa gli infuse una forza inarrestabile e animalesca, che lo constringeva a raggiungere a qualunque costo il suo obiettivo: Lui. Sparò all'uomo alla sua destra, che stava a sua volta per premere il grilletto, e spezzò un braccio all'altro, dandogli poi un colpo in testa con il calcio della pistola. In quella confusione Dimitry era scappato. O, meglio, era andato ad ucciderlo.
Peter corse all'impazzata verso il corridoio dove aveva visto scomparire il mafioso. Lo scorse mentre apriva una porta e lo prese alle spalle. Rotolarono entrambi lungo una rampa di scale, finchè Dimitry non lo prese per il collo e gli puntò una Tokarev alla testa. L'agente Burke riuscì però a disarmarlo, anche se il proiettile sparato dall'altro gli sfiorò leggermente il lato sinistro della fronte. A quel punto fu lui a puntargli contro la pistola: "dimmi dov'è e ti lascio andare. Solo...dimmi dov'è."
L'uomo sogghignò: "quella puttanella ti ha proprio fottuto il cervello eh, signor Burke?"
"DIMMI DOV'E'!!"
Peter gli sparò ad una gamba, facendolo crollare a terra. Tuttavia quello continuava a ridere, come una iena impazzita. Il federale allora gli sfoderò un destro in viso e lo ammanettò velocemente.
Iniziò a correre per il lungo corridoio, urlando con tutto il fiato che aveva in gola, incurante dell'irrefrenabile battito cardiaco.
Neal sentì qualcuno chiamare il suo nome.
Peter.
Solo lui era in grado di ridargli vita semplicemente col suono della propria voce.
L'uomo fermò la sua folle corsa dinnanzi ad una porta di legno:"Neal!! Se sei lì dentro spostati!! Butto giù la porta!" Sparò alla serratura e si precipitò all'interno della stanza. Era fredda e buia. Vide una figura tremante distesa contro il muro.
Era lui.
"Diana, Jones, chiamate un'ambulanza e la polizia. L'ho trovato." Mentre informava i suoi sottoposti attraverso l'auricolare, i suoi piedi lo portavano verso la destinazione che sapevano raggiungere meglio:Neal. Fu come se il tempo procedesse a rallentatore. La musica cessò, e in quell'improvviso silenzio l'unico suono percettibile era l'affannoso respiro dell'uomo. Si mise in ginocchio davanti a lui e gli prese il viso tra le mani: "Neal? Sono io". Il ragazzo si abbandonò ad un pianto soffocato: "Pet-Peter? Peter?" sfiorò la fredda guancia contro le sua mani. Erano così calde.
Il federale non riusciva a credere di avercela fatta; non ricordava di essersi mai sentito così leggero in tutta la sua vita. Gli accarezzò delicatamente il viso e lui rispose con un sorriso stanco, felice di poter vedere ancora una volta i rassicuranti occhi castani dell'amico.
Peter in quel sorriso vide il mondo. Qualcosa, dentro di lui, improvvisamente esplose.
Era un sentimento che era rimasto ignorato a lungo, nascosto sotto una superficie di buon senso, o di negazione, o di ignoranza, in uno stato di quiete apparente. Peter non ricordava quando avesse iniziato a camminare per quel campo minato; sapeva semplicemente di esserci finito in mezzo, smarrendo per sempre il sentiero dal quale era arrivato, consapevole dell'assenza di ogni via di fuga.
E così accadde:  lo baciò.
Non fu un bacio passionale, ma qualcosa di intenso e vitale, come se entrambi avessero trovato finalmente la propria fonte d'ossigeno nell'altro, dopo essere stati per molto tempo, troppo tempo, negli abissi di un mare buio e soffocante.
Quando le loro labbra si separarono, Neal appoggiò la fronte a quella del federale: "mi hai trovato" sussurrò, prima di perdere i sensi tra le sue braccia. Peter gli spostò una ciocca di capelli e contemplò il suo viso addormentato, pensando di non aver mai visto un essere tanto bello in tutta la sua vita.
"Ti ho trovato."

"Lost and insecure
You found me, you found me
Lying on the floor
surrounded, surrounded
Why’d you have to wait?
Where were you? Where were you?
just a little late…
You found me.

you found me*"



NOTE:
*Save me, Remy Zero
*Mi sa che è il nome di una banca americana. Non c'entra niente con la luce, ma mi piaceva il nome.
*Squadra di football di New York
*Giocatore dei Jets
*Ballo russo
*You found me, the fray



Finalmente inizia lo slash.

Lo Yellow Flag è il locale malfamato di Black Lagoon (il manga di Rei Hiroe *-* )



  
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