Titolo
Raccolta: Love, Laughs and Klaine.
Titolo Storia: Of streetlights and eyes
Personaggi: Kurt Hummel/Blaine Anderson
Klaine Day: Day 2: AU!Klaine
Genere: Commedia, Romantico
Rating: Giallo
Avvertimenti: What If,
Fluff
NdA: Ho voluto scrivere una piccola Shot ambientata a
New York. Barman!Kurt, Client!Blaine.
Monday: Klaine as Kids/Babies
Tuesday: Klaine AU (i.e. teacher, supernatural, etc.)
Wednesday:
Missing Moments
Thursday:
Klaine’s Anniversary
Friday: Graduation and College
Saturday:
Proposal and Wedding
Sunday: Domestic/Daddy!Klaine
Detto
questo... buona lettura!
2. Of streetlights and eyes
Blaine prese
mentalmente nota di prendere a calci Sebastian per quel consiglio. Come aveva
fatto a credere che quel locale – com’è che si chiamava? The Eagle? – fosse un bar per bene? Doveva saperlo che
Sebastian non frequentava locali di
quel tipo.
Da quando era
entrato aveva dovuto evitare quattro ragazzi dall’aria altamente pericolosa che
avevano mirato al suo sedere, un paio di Drag Queen ubriache e persino una
coppia che gli aveva chiesto se aveva voglia di fare qualcosa a tre. Quando raggiunse
il bancone era già esausto e si stava già domandando perché non se l’era data
subito a gambe.
“Cosa ti porto?”
Blaine si voltò
per rispondere al barista, ma il fiato gli rimase bloccato in gola. Cosa ci
faceva un angelo in quel postaccio? Perché quello era un angelo, giusto? E lui
era in paradiso. Forse era morto e non se n’era accorto.
“Cazzo...”
sussurrò prima ancora di potersi controllare.
“Come scusa?”
chiese di nuovo l’angelo, gentile.
“Un-una birra, grazie!”
“Arriva subito...”
Blaine
approfittò della sua lontananza per cercare di riacquistare lucidità, salvo poi
trovarsi a fissare il suo sedere e perderla di nuovo.
“Ecco a te!” il
barista era tornato con una bottiglia verde in mano.
“Grazie...” Blaine
si sentiva la gola secca e bevve un sorso per cercare un po’ di sollievo. Poi si
ricordò che a lui la birra neanche piaceva e quasi si strozzò quando il liquido
amaro gli arrivò in gola.
“Tutto bene?”
La voce di quel
ragazzo, così leggera e musicale, lo riportò alla realtà. Sbatté le palpebre un
paio di volte prima di voltarsi verso di lui.
Grosso errore.
Alla tenue luce
del locale i suoi occhi apparivano assolutamente incredibili, assorbivano il
colore rossastro di quelle lampade dall’aspetto strano, come un limpido lago
riflette il cielo sopra di lui. Blaine boccheggiò, incapace di fare un pensiero
coerente.
Il barista
ridacchiò, passandosi le dita tra i capelli in un gesto di velato nervosismo.
“Ho qualcosa che
non va?” chiese.
Blaine scosse la
testa, mentre quella leggera risata gli risuonava nella testa come un coro di
campanelli.
“No!” rispose
velocemente, perché, diavolo, lui era assolutamente perfetto. “No,
assolutamente non hai nulla che non
va...”
Il ragazzo rise
di nuovo, decidendo in quel momento che quel nuovo cliente gli stava simpatico.
“Io sono Kurt...”
disse, appoggiandosi al bancone come faceva sempre quando qualcuno veniva a
trovarlo e si fermava a chiacchierare.
“Blaine” rispose
l’altro senza riuscire a trattenere un sorriso.
“Beh, Blaine” disse Kurt. “Non ti ho mai visto
qui prima...”
“In effetti non
c’ero mai stato; diciamo che me lo ha consigliato un amico.”
“Il tuo amico ha
degli ottimi gusti allora...”
Blaine sorrise. “Oh
sì” confermò, indugiando forse per qualche secondo di troppo sul viso dell’altro.
Kurt si accorse
di essere arrossito e benedisse le luci rossastre della zona bar perché lo
aiutavano a nascondere l’imbarazzo. Eppure non avrebbe dovuto sentirsi in quel
modo, no? Non era la prima volta che un cliente ci provava con lui, eppure il
tentativo timido e maldestro di Blaine lo stava lentamente mandando in modo di
giuggiole.
“Hey barista!”
una voce aspra riportò Kurt alla realtà mentre un cliente con un enorme paio di
baffi richiamava la sua attenzione.
“Vai pure” gli
disse Blaine notando la sua riluttanza. “Io non vado da nessuna parte...”
Dopo quelle
parole Blaine si prese mentalmente a pugni. Come aveva fatto ad essere così
idiota? Stava flirtando in un modo tanto palese che se Sebastian lo avesse
visto si sarebbe messo le mani nei capelli e se li sarebbe strappati. Comunque,
rifletté mentre osservava Kurt servire gli altri clienti sorridendo, il ragazzo
non sembrava prendere così male il suo goffo tentativo. Avrebbe giurato di
averlo visto arrossire, ma non poteva esserne sicuro.
Dopo qualche
minuto, Kurt riuscì a liberarsi abbastanza a lungo da poter scambiare di nuovo
quattro chiacchiere con Blaine.
“Sei di New
York?” gli chiese.
Blaine scosse la
testa. “No, sono cresciuto a Westerville, in...”
“Ohio” concluse
Kurt per lui. “So dov’è, io sono di Lima.”
“Dici sul
serio?!” Blaine era sconvolto: non solo aveva incontrato un ragazzo dell’Ohio,
ma addirittura di Lima, che praticamente distava solo un paio d’ora di macchina
da casa sua. Si chiese se si fossero mai incontrati senza davvero vedersi.
Kurt rise alla
sua incredulità. “Già. Il mondo è più piccolo di quanto immaginiamo, a quanto
pare...”
Anche se cercava
di non darlo a vedere, anche lui era eccitato all’idea di aver incontrato un
ragazzo che doveva conoscere bene la realtà nella quale aveva vissuto per i
primi diciotto anni della sua vita.
“Come mai lavori
qui a New York?”
“Studio alla
NYADA” rispose Kurt con orgoglio. “Ma in qualche modo devo pur pagare le
bollette, visto che la mia coinquilina guadagna talmente poco che non riusciamo
quasi ad arrivare alla fine del mese...”
Kurt non si
vergognava affatto della sua storia, tutto quello che aveva passato serviva
solo a ricordargli quanto il suo sogno fosse così vicino a realizzarsi.
Blaine comunque
era perplesso.
“Coinquilina?”
chiese.
Kurt rise e la
sua espressione si addolcì. “Oh sì, Rachel. È la mia migliore amica, anche lei
studia alla NYADA, abbiamo frequentato lo stesso liceo, e ora viviamo insieme.”
Blaine tirò un
sospiro di sollievo, cosa che riuscì a far ridere di nuovo Kurt.
“Credevi che
solo perché vivo con una ragazza potessi non essere gay?” gli chiese.
“In realtà per
un attimo l’ho pensato” ammise Blaine passandosi le dita tra i capelli.
“Beh, tranquillo”
lo rassicurò Kurt. “Credo di esserlo da quando avevo tre anni...”
Blaine sorrise
ma non rispose visto che proprio in quell’istante qualcuno richiamò di nuovo l’attenzione
di Kurt che si scusò e si allontanò verso quei nuovi clienti.
*
Blaine non seppe
per quanto tempo era rimasto lì, su quello sgabello, a sorseggiare Pepsi,
aspettando ogni attimo libero di Kurt per continuare a parlare con lui. Alla fine
comunque, il locale cominciò a svuotarsi, e verso le quattro del mattino Kurt
ricevette il permesso di chiudere il bar per tornare a casa.
Uscirono insieme
dal The Eagle, chiudendosi la porta alle spalle e
restando immobili per un attimo godendosi il silenzio della notte newyorkese in
quell’angolo remoto di Tribeca.
Poi Kurt si
voltò verso Blaine e gli sorrise. “È la prima volta che un cliente aspetta la
fine del mio turno...” disse, arrossendo leggermente.
Blaine si
strinse nelle spalle. “C’è sempre una prima volta, no?”
“Dire di sì...”
“Dove abiti?”
chiese Blaine all’improvviso per poi mordersi la lingua per la stupidità di
quella domanda.
Kurt però non
sembrò essersela presa. “Oh, questa è bella. E poi mi chiederai di salire da me
per bere qualcosa per caso?” disse, ironico.
“In realtà
volevo solo chiederti se potevo accompagnarti” rispose Blaine tranquillo.
Kurt rabbrividì
leggermente quando capì che quella non era affatto una bugia e che le
intenzioni del ragazzo che aveva di fronte erano tutto fuorché cattive. Si prese
inoltre qualche secondo per osservarlo meglio alla luce bianca dei lampioni.
Blaine era
leggermente più basso di lui, i suoi occhi sembravano castani, ma ogni tanto
Kurt riusciva a intravedere qualche pagliuzza verde brillante, e i suoi capelli
erano scuri e ricci, e per un attimo si chiese se erano davvero morbidi come
sembravano. Era carino, davvero molto carino, ed era gentile, goffo e sembrava
una specie di cucciolo spaventato.
Sì, gli piaceva.
Blaine, dal
canto suo, non riusciva a distogliere lo sguardo da quegli occhi chiari che già
l’avevano colpito ma che ora, grazie anche al fatto che la luce rossa era
sparita, sembravano ancora più belli.
“Abito a una
dozzina di isolati da qui” rispose Kurt all’improvviso, cominciando a
camminare.
Blaine gli fu
subito accanto. “Fai sempre questa strada a piedi?”
Kurt annuì. “Sì”
rispose, l’espressione sognante. “Mi piace passeggiare per New York di notte, è
ancora più bella...”
Blaine avrebbe
voluto osservare la bellezza della città, ma in quell’istante tutto quello che
riusciva a guardare era il viso di Kurt. Aveva avuto ragione a pensare che
fosse un angelo. Era bellissimo.
Continuarono a
chiacchierare del più e del meno, condividendo la loro passione per la musica e
per i musical, ridendo quando uno di loro raccontava uno strano aneddoto della
loro vita scolastica. Parlarono di quanto era stato difficile convivere con la
propria omosessualità in una piccola città dell’Ohio e di quanto New York fosse
stata liberatoria.
Kurt gli
raccontò di suo padre, di quanto fosse stato importante per lui dopo la morte
di sua madre, e Blaine gli parlò di Sebastian, il suo migliore amico, dei suoi
consigli sgangherati e del fatto che probabilmente doveva ringraziarlo per
avergli parlato del The Eagle.
All’improvviso
Kurt si fermò. Erano arrivati; Blaine si guardò intorno con un sospiro.
“Beh, a quanto
pare ora so dove abiti” disse.
Kurt sorrise e
si appoggiò alla parete di pietra. “Alla fine mi hai scoperto” scherzò.
Blaine rise e
gli si avvicinò appena. “Giuro che non diventerò uno stalker.”
“Oh, questo è un
sollievo...”
Rimasero in
silenzio per qualche minuto, l’atmosfera intorno a loro che vibrava leggermente
nell’immobilità della notte.
Blaine si
ritrovò a desiderare di averlo più vicino, di poter capire cosa fosse quel
profumo di vaniglia che aveva solo avvertito mentre gli camminava accanto. Kurt
si ritrovò a non voler andare a letto e invece restare lì a parlare fino all’alba
e oltre, dimenticando cosa fosse il sonno.
I minuti
continuavano a passare e nessuno dei due sembrava intenzionato a mettere fine a
quel contatto visivo che li aveva completamente stregati.
All’improvviso,
la luce del lampione sopra le loro teste tremò e si spense. Sembrò il segnale
che entrambi attendevano.
L’istante
successivo le loro labbra erano incollate, Kurt se ne stava ancora con la
schiena contro il muro ruvido mentre Blaine si era praticamente gettato su di lui,
catturando la sua bocca in un bacio che sembrò riportare aria nei loro polmoni.
Non si erano
resi conto di quanto ne avessero avuto bisogno dal primo istante in cui i loro
occhi si erano incontrati, ma quando la lingua di Kurt sfiorò gentilmente le
labbra di Blaine, chiedendogli il permesso di entrare, e lui rispose socchiudendole
con un sospiro, tutto andò a posto.
E non gli
interessava di essere praticamente in mezzo alla strada, a notte fonda, con il
pericolo di essere visti. Le loro lingue si sfiorarono e i loro cuori corsero
ancora più veloci, seguendo un ritmo veloce e spezzato, mentre la notte si
confondeva intorno a loro e le loro menti si concentravano solo su di loro, sui
loro corpi così vicini, sui loro respiri mescolati.
Kurt passò le
mani tra quei capelli ricci, constatando che sì, erano davvero morbidi come
aveva immaginato non più di un’ora prima, e Blaine gli portò le mani sul viso,
chiudendole a coppa sulle sue guance, solo per sentirlo più vicino e sfiorare
quella pelle diafana.
Quando il lampione
si riaccese, passando completamente inosservato, la luce illuminò i loro corpi
vicini, premuti l’uno contro l’altro, come se non fossero mai abbastanza
vicini. Le gambe intrecciate che minacciavano il loro già precario equilibrio.
Poi il bisogno
di respirare divenne troppo pressante e furono costretti a interrompere quel
bacio che li lasciò entrambi accaldati. Blaine poggiò la fronte contro quella
di Kurt rifiutandosi di allontanarsi più di qualche centimetro.
“Se vuoi puoi salire da me, posso cacciare Rachel...”
mormorò Kurt, le labbra che sfioravano la guancia dell’altro, il fiato corto e
il corpo che tremava leggermente.
Blaine per un
attimo fu tentato di accettare la proposta. Il suo corpo sembrava quasi voler
prendere il controllo sui suoi pensieri, mentre un desiderio che non aveva mai
provato gli mandava il cuore a mille e rendeva i suoi pantaloni incredibilmente
stretti.
Ma non voleva.
Non voleva che tutto finisse in quel modo.
“No...” sussurrò
scuotendo la testa.
A quella parola,
Kurt si allontanò appena e lo guardò negli occhi, confuso.
Blaine deglutì. “Credimi
Kurt...” disse con voce roca. “In questo istante non vorrei altro che essere
con te nel tuo appartamento e baciarti, toccarti e Dio solo sa cosa... ma...
non posso...”
“Cosa vuoi dire?”
la voce di Kurt tremava leggermente.
“Non voglio che
gli ormoni ci portino a fare una cazzata...” rispose Blaine facendo un passo
indietro e prendendogli dolcemente la mano. “Voglio... voglio fare le cose per
bene.”
L’altro sbatté
le palpebre, confuso. “Non capisco” ammise.
Blaine sorrise. “Che
ne dici se domani ti portassi a cena fuori?”
Il cuore di Kurt
perse un battito quando intuì le intenzioni di Blaine.
“Oh...” riuscì a
dire, sentendosi di nuovo un diciassettenne senza esperienza.
Blaine rimase in
silenzio e attese, la mano di Kurt ancora stretta tra le sue.
“A che ora mi
passi a prendere?” chiese Kurt poco dopo.
Blaine sorrise.
“Alle otto sono
da te.”
Writer’s Corner:
E anche la
seconda è andata. Ne sono stranamente soddisfatta.
Ringrazio in anticipo tutti coloro che perderanno 5 minuti per leggere o
commentare!
A domani!
SereILU