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Autore: SereILU    13/03/2012    5 recensioni
Happy Klaine!Week a tutti!
È inutile che vi presenti l'iniziativa, mi limito ad un mini riassunto: sette giorni, sette scene, sette Klaine.
Raccontate da me sotto forma di Flash o OneShot!
Lunedì: Of sandboxes and hellos. Kid!Klaine.
Martedì: Of streetlights and eyes. Barman!Kurt/Client!Blaine.
Mercoledì: Of syrups and kisses. MissingMoment!Klaine dalla 3x14.
Giovedì: Of roses and anniversaries. Klaine 2° Anniversary.
Venerdì: Of caps and gowns. Klaine!Graduation.
Sabato: Of proposals and opening nights. Klaine!Proposal.
Domenica: Of candies and smiles. Daddy!Klaine.
*
Dalla settima shot:
“Papà?”
Una vocina li costrinse a separarsi e a voltarsi verso la porta della loro stanza.
Kurt sorrise mentre il suo cuore sembrava esplodere di felicità: sulla soglia c’era una bambina di non più di sei anni, con i capelli scuri legati in due codine e un enorme pigiama rosa con tante stelle disegnate.
“Cosa c’è, Rachel?”
Genere: Commedia, Romantico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Blaine Anderson, Kurt Hummel | Coppie: Blaine/Kurt
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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- Questa storia fa parte della serie 'Glee Weeks!'
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Titolo Raccolta: Love, Laughs and Klaine.
Titolo Storia: Of streetlights and eyes
Personaggi: Kurt Hummel/Blaine Anderson
Klaine Day: Day 2: AU!Klaine
Genere: Commedia, Romantico
Rating: Giallo
Avvertimenti: What If, Fluff
NdA: Ho voluto scrivere una piccola Shot ambientata a New York. Barman!Kurt, Client!Blaine.
Monday
: Klaine as Kids/Babies

Tuesday: Klaine AU (i.e. teacher, supernatural, etc.)

Wednesday: Missing Moments

Thursday:  Klaine’s Anniversary

Friday:  Graduation and College

Saturday: Proposal and Wedding

Sunday: Domestic/Daddy!Klaine

Detto questo... buona lettura!

 

 

 

2. Of streetlights and eyes

 

 

 

Blaine prese mentalmente nota di prendere a calci Sebastian per quel consiglio. Come aveva fatto a credere che quel locale – com’è che si chiamava? The Eagle? – fosse un bar per bene? Doveva saperlo che Sebastian non frequentava locali di quel tipo.

Da quando era entrato aveva dovuto evitare quattro ragazzi dall’aria altamente pericolosa che avevano mirato al suo sedere, un paio di Drag Queen ubriache e persino una coppia che gli aveva chiesto se aveva voglia di fare qualcosa a tre. Quando raggiunse il bancone era già esausto e si stava già domandando perché non se l’era data subito a gambe.

“Cosa ti porto?”

Blaine si voltò per rispondere al barista, ma il fiato gli rimase bloccato in gola. Cosa ci faceva un angelo in quel postaccio? Perché quello era un angelo, giusto? E lui era in paradiso. Forse era morto e non se n’era accorto.

“Cazzo...” sussurrò prima ancora di potersi controllare.

“Come scusa?” chiese di nuovo l’angelo, gentile.

Un-una birra, grazie!”

“Arriva subito...”

Blaine approfittò della sua lontananza per cercare di riacquistare lucidità, salvo poi trovarsi a fissare il suo sedere e perderla di nuovo.

“Ecco a te!” il barista era tornato con una bottiglia verde in mano.

“Grazie...” Blaine si sentiva la gola secca e bevve un sorso per cercare un po’ di sollievo. Poi si ricordò che a lui la birra neanche piaceva e quasi si strozzò quando il liquido amaro gli arrivò in gola.

“Tutto bene?”

La voce di quel ragazzo, così leggera e musicale, lo riportò alla realtà. Sbatté le palpebre un paio di volte prima di voltarsi verso di lui.

Grosso errore.

Alla tenue luce del locale i suoi occhi apparivano assolutamente incredibili, assorbivano il colore rossastro di quelle lampade dall’aspetto strano, come un limpido lago riflette il cielo sopra di lui. Blaine boccheggiò, incapace di fare un pensiero coerente.

Il barista ridacchiò, passandosi le dita tra i capelli in un gesto di velato nervosismo.

“Ho qualcosa che non va?” chiese.

Blaine scosse la testa, mentre quella leggera risata gli risuonava nella testa come un coro di campanelli.

“No!” rispose velocemente, perché, diavolo, lui era assolutamente perfetto. “No, assolutamente non hai nulla che non va...”

Il ragazzo rise di nuovo, decidendo in quel momento che quel nuovo cliente gli stava simpatico.

“Io sono Kurt...” disse, appoggiandosi al bancone come faceva sempre quando qualcuno veniva a trovarlo e si fermava a chiacchierare.

“Blaine” rispose l’altro senza riuscire a trattenere un sorriso.

“Beh, Blaine” disse Kurt. “Non ti ho mai visto qui prima...”

“In effetti non c’ero mai stato; diciamo che me lo ha consigliato un amico.”

“Il tuo amico ha degli ottimi gusti allora...”

Blaine sorrise. “Oh sì” confermò, indugiando forse per qualche secondo di troppo sul viso dell’altro.

Kurt si accorse di essere arrossito e benedisse le luci rossastre della zona bar perché lo aiutavano a nascondere l’imbarazzo. Eppure non avrebbe dovuto sentirsi in quel modo, no? Non era la prima volta che un cliente ci provava con lui, eppure il tentativo timido e maldestro di Blaine lo stava lentamente mandando in modo di giuggiole.

“Hey barista!” una voce aspra riportò Kurt alla realtà mentre un cliente con un enorme paio di baffi richiamava la sua attenzione.

“Vai pure” gli disse Blaine notando la sua riluttanza. “Io non vado da nessuna parte...”

Dopo quelle parole Blaine si prese mentalmente a pugni. Come aveva fatto ad essere così idiota? Stava flirtando in un modo tanto palese che se Sebastian lo avesse visto si sarebbe messo le mani nei capelli e se li sarebbe strappati. Comunque, rifletté mentre osservava Kurt servire gli altri clienti sorridendo, il ragazzo non sembrava prendere così male il suo goffo tentativo. Avrebbe giurato di averlo visto arrossire, ma non poteva esserne sicuro.

Dopo qualche minuto, Kurt riuscì a liberarsi abbastanza a lungo da poter scambiare di nuovo quattro chiacchiere con Blaine.

“Sei di New York?” gli chiese.

Blaine scosse la testa. “No, sono cresciuto a Westerville, in...”

“Ohio” concluse Kurt per lui. “So dov’è, io sono di Lima.”

“Dici sul serio?!” Blaine era sconvolto: non solo aveva incontrato un ragazzo dell’Ohio, ma addirittura di Lima, che praticamente distava solo un paio d’ora di macchina da casa sua. Si chiese se si fossero mai incontrati senza davvero vedersi.

Kurt rise alla sua incredulità. “Già. Il mondo è più piccolo di quanto immaginiamo, a quanto pare...”

Anche se cercava di non darlo a vedere, anche lui era eccitato all’idea di aver incontrato un ragazzo che doveva conoscere bene la realtà nella quale aveva vissuto per i primi diciotto anni della sua vita.

“Come mai lavori qui a New York?”

“Studio alla NYADA” rispose Kurt con orgoglio. “Ma in qualche modo devo pur pagare le bollette, visto che la mia coinquilina guadagna talmente poco che non riusciamo quasi ad arrivare alla fine del mese...”

Kurt non si vergognava affatto della sua storia, tutto quello che aveva passato serviva solo a ricordargli quanto il suo sogno fosse così vicino a realizzarsi.

Blaine comunque era perplesso.

“Coinquilina?” chiese.

Kurt rise e la sua espressione si addolcì. “Oh sì, Rachel. È la mia migliore amica, anche lei studia alla NYADA, abbiamo frequentato lo stesso liceo, e ora viviamo insieme.”

Blaine tirò un sospiro di sollievo, cosa che riuscì a far ridere di nuovo Kurt.

“Credevi che solo perché vivo con una ragazza potessi non essere gay?” gli chiese.

“In realtà per un attimo l’ho pensato” ammise Blaine passandosi le dita tra i capelli.

“Beh, tranquillo” lo rassicurò Kurt. “Credo di esserlo da quando avevo tre anni...”

Blaine sorrise ma non rispose visto che proprio in quell’istante qualcuno richiamò di nuovo l’attenzione di Kurt che si scusò e si allontanò verso quei nuovi clienti.

*

Blaine non seppe per quanto tempo era rimasto lì, su quello sgabello, a sorseggiare Pepsi, aspettando ogni attimo libero di Kurt per continuare a parlare con lui. Alla fine comunque, il locale cominciò a svuotarsi, e verso le quattro del mattino Kurt ricevette il permesso di chiudere il bar per tornare a casa.

Uscirono insieme dal The Eagle, chiudendosi la porta alle spalle e restando immobili per un attimo godendosi il silenzio della notte newyorkese in quell’angolo remoto di Tribeca.

Poi Kurt si voltò verso Blaine e gli sorrise. “È la prima volta che un cliente aspetta la fine del mio turno...” disse, arrossendo leggermente.

Blaine si strinse nelle spalle. “C’è sempre una prima volta, no?”

“Dire di sì...”

“Dove abiti?” chiese Blaine all’improvviso per poi mordersi la lingua per la stupidità di quella domanda.

Kurt però non sembrò essersela presa. “Oh, questa è bella. E poi mi chiederai di salire da me per bere qualcosa per caso?” disse, ironico.

“In realtà volevo solo chiederti se potevo accompagnarti” rispose Blaine tranquillo.

Kurt rabbrividì leggermente quando capì che quella non era affatto una bugia e che le intenzioni del ragazzo che aveva di fronte erano tutto fuorché cattive. Si prese inoltre qualche secondo per osservarlo meglio alla luce bianca dei lampioni.

Blaine era leggermente più basso di lui, i suoi occhi sembravano castani, ma ogni tanto Kurt riusciva a intravedere qualche pagliuzza verde brillante, e i suoi capelli erano scuri e ricci, e per un attimo si chiese se erano davvero morbidi come sembravano. Era carino, davvero molto carino, ed era gentile, goffo e sembrava una specie di cucciolo spaventato.

Sì, gli piaceva.

Blaine, dal canto suo, non riusciva a distogliere lo sguardo da quegli occhi chiari che già l’avevano colpito ma che ora, grazie anche al fatto che la luce rossa era sparita, sembravano ancora più belli.

“Abito a una dozzina di isolati da qui” rispose Kurt all’improvviso, cominciando a camminare.

Blaine gli fu subito accanto. “Fai sempre questa strada a piedi?”

Kurt annuì. “Sì” rispose, l’espressione sognante. “Mi piace passeggiare per New York di notte, è ancora più bella...”

Blaine avrebbe voluto osservare la bellezza della città, ma in quell’istante tutto quello che riusciva a guardare era il viso di Kurt. Aveva avuto ragione a pensare che fosse un angelo. Era bellissimo.

Continuarono a chiacchierare del più e del meno, condividendo la loro passione per la musica e per i musical, ridendo quando uno di loro raccontava uno strano aneddoto della loro vita scolastica. Parlarono di quanto era stato difficile convivere con la propria omosessualità in una piccola città dell’Ohio e di quanto New York fosse stata liberatoria.

Kurt gli raccontò di suo padre, di quanto fosse stato importante per lui dopo la morte di sua madre, e Blaine gli parlò di Sebastian, il suo migliore amico, dei suoi consigli sgangherati e del fatto che probabilmente doveva ringraziarlo per avergli parlato del The Eagle.

All’improvviso Kurt si fermò. Erano arrivati; Blaine si guardò intorno con un sospiro.

“Beh, a quanto pare ora so dove abiti” disse.

Kurt sorrise e si appoggiò alla parete di pietra. “Alla fine mi hai scoperto” scherzò.

Blaine rise e gli si avvicinò appena. “Giuro che non diventerò uno stalker.”

“Oh, questo è un sollievo...”

Rimasero in silenzio per qualche minuto, l’atmosfera intorno a loro che vibrava leggermente nell’immobilità della notte.

Blaine si ritrovò a desiderare di averlo più vicino, di poter capire cosa fosse quel profumo di vaniglia che aveva solo avvertito mentre gli camminava accanto. Kurt si ritrovò a non voler andare a letto e invece restare lì a parlare fino all’alba e oltre, dimenticando cosa fosse il sonno.

I minuti continuavano a passare e nessuno dei due sembrava intenzionato a mettere fine a quel contatto visivo che li aveva completamente stregati.

All’improvviso, la luce del lampione sopra le loro teste tremò e si spense. Sembrò il segnale che entrambi attendevano.

L’istante successivo le loro labbra erano incollate, Kurt se ne stava ancora con la schiena contro il muro ruvido mentre Blaine si era praticamente gettato su di lui, catturando la sua bocca in un bacio che sembrò riportare aria nei loro polmoni.

Non si erano resi conto di quanto ne avessero avuto bisogno dal primo istante in cui i loro occhi si erano incontrati, ma quando la lingua di Kurt sfiorò gentilmente le labbra di Blaine, chiedendogli il permesso di entrare, e lui rispose socchiudendole con un sospiro, tutto andò a posto.

E non gli interessava di essere praticamente in mezzo alla strada, a notte fonda, con il pericolo di essere visti. Le loro lingue si sfiorarono e i loro cuori corsero ancora più veloci, seguendo un ritmo veloce e spezzato, mentre la notte si confondeva intorno a loro e le loro menti si concentravano solo su di loro, sui loro corpi così vicini, sui loro respiri mescolati.

Kurt passò le mani tra quei capelli ricci, constatando che sì, erano davvero morbidi come aveva immaginato non più di un’ora prima, e Blaine gli portò le mani sul viso, chiudendole a coppa sulle sue guance, solo per sentirlo più vicino e sfiorare quella pelle diafana.

Quando il lampione si riaccese, passando completamente inosservato, la luce illuminò i loro corpi vicini, premuti l’uno contro l’altro, come se non fossero mai abbastanza vicini. Le gambe intrecciate che minacciavano il loro già precario equilibrio.

Poi il bisogno di respirare divenne troppo pressante e furono costretti a interrompere quel bacio che li lasciò entrambi accaldati. Blaine poggiò la fronte contro quella di Kurt rifiutandosi di allontanarsi più di qualche centimetro.

“Se vuoi puoi salire da me, posso cacciare Rachel...” mormorò Kurt, le labbra che sfioravano la guancia dell’altro, il fiato corto e il corpo che tremava leggermente.

Blaine per un attimo fu tentato di accettare la proposta. Il suo corpo sembrava quasi voler prendere il controllo sui suoi pensieri, mentre un desiderio che non aveva mai provato gli mandava il cuore a mille e rendeva i suoi pantaloni incredibilmente stretti.

Ma non voleva. Non voleva che tutto finisse in quel modo.

“No...” sussurrò scuotendo la testa.

A quella parola, Kurt si allontanò appena e lo guardò negli occhi, confuso.

Blaine deglutì. “Credimi Kurt...” disse con voce roca. “In questo istante non vorrei altro che essere con te nel tuo appartamento e baciarti, toccarti e Dio solo sa cosa... ma... non posso...”

“Cosa vuoi dire?” la voce di Kurt tremava leggermente.

“Non voglio che gli ormoni ci portino a fare una cazzata...” rispose Blaine facendo un passo indietro e prendendogli dolcemente la mano. “Voglio... voglio fare le cose per bene.”

L’altro sbatté le palpebre, confuso. “Non capisco” ammise.

Blaine sorrise. “Che ne dici se domani ti portassi a cena fuori?”

Il cuore di Kurt perse un battito quando intuì le intenzioni di Blaine.

“Oh...” riuscì a dire, sentendosi di nuovo un diciassettenne senza esperienza.

Blaine rimase in silenzio e attese, la mano di Kurt ancora stretta tra le sue.

“A che ora mi passi a prendere?” chiese Kurt poco dopo.

Blaine sorrise.

“Alle otto sono da te.”

 

 

 

Writer’s Corner:

E anche la seconda è andata. Ne sono stranamente soddisfatta.
Ringrazio in anticipo tutti coloro che perderanno 5 minuti per leggere o commentare!
A domani!

SereILU

 

   
 
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