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Autore: Aya_Brea    14/03/2012    6 recensioni
"La figura alta ed imponente di Gin era ferma affianco al letto della piccola scienziata, teneva le mani infilate nelle tasche dell’impermeabile ed i suoi lunghi capelli d’oro seguivano la direzione del vento. Dal suo viso imperturbabile non trapelava alcuna emozione, ombreggiato com’era, dall’argentea luce lunare. I suoi occhi verdi brillavano come quelli di un felino."
Genere: Malinconico, Sentimentale, Suspence | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Ai Haibara/Shiho Miyano, Altro Personaggio, Gin, Shinichi Kudo/Conan Edogawa, Un po' tutti | Coppie: Shiho Miyano/Ai Haibara
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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"Subito mille pensieri addormentati, fremendo dolcemente fra tenebre pesanti, spiegano le ali
e prendono il volo"



(Charles Baudelaire)




 

Gin si soffermò a scrutare gli occhi di Shiho, che nonostante lo stato di penombra brillavano tersi e luminosi.
La ragazza avrebbe tanto voluto parlare, eppure le sue labbra parevano essersi riarse per quel che aveva appena fatto, il fiato le si era strozzato in gola e non riuscì a spiccicare una parola. Niente. L’aria era ferma, immobile, quei due si fissavano l’un l’altro senza proferire alcunché, come se attraverso i loro sguardi avessero potuto capirsi reciprocamente; a volte, infatti, le parole distruggono l’idillio ideale e ti fanno ripiombare nella tragica monotonia quotidiana, nell’incomprensione che è propria soltanto del linguaggio. Invece in quei millisecondi la loro intesa era perfetta, nessuno li avrebbe interrotti.
Il biondo si inumidì le labbra, per poter assaporare quel bacio inaspettato.
“Credi davvero che questi metodi funzionino? Perché ti sei messa in testa che questa è la giusta strada per persuadermi?” Disse lui in un sussurro.
A quel punto Shiho racimolò le sue forze ed ebbe il coraggio di controbattere.
“Non voglio persuadere proprio nessuno Gin. Avevo voglia di farlo.” Le parole fuoriuscivano dalle sue labbra come un fiume in piena, libero di sradicare qualsiasi argine e di trascinarsi con se tutto quello che incontra sulla sua via.
“Ma davvero?” Lui aveva assunto un tono decisamente sarcastico e divertito. Quella situazione lo intrigava, in quel momento non gli importava se Shiho fosse colpevole o meno, se stesse tramando o stesse realmente dalla loro parte.
Sapeva soltanto che quelle labbra rosate erano meglio di qualsiasi sigaretta.
“Si, e poi te lo ripeto: non sono io quella su cui devi incanalare i tuoi dubbi. Io non ho nulla da nasconderti ormai, tanto il piccoletto è morto, no?” Shiho sembrò scaldarsi nel pronunciare le ultime parole.
“Si, dovrebbe essere ormai deceduto da qualche oretta.” Sollevò la manica del suo impermeabile per rivelare il quadrante dell’orologio. “Ad occhio e croce da un paio d’ore.”
“Appunto. Non ho più nulla da perdere.”
“E ripieghi su di me le tue mancanze?”
“Passo il tempo.” Rispose Shiho in modo distaccato.
“Bel modo di passare il tempo.” Commentò Gin, il cui viso apparve ancora più rabbuiato per via del ghigno che lentamente compariva sulle sue labbra. Shiho aveva il capo sollevato e non aveva ancora distolto lo sguardo: finalmente riusciva a tenergli testa; quando però, lo vide avvicinarsi ancora, ebbe il desiderio irrefrenabile di indietreggiare e di scappar via, ma psicologicamente si costrinse a non farlo. Non doveva più aver paura di lui.
“Ho un paio di orette libere, Sherry.” Era così vicino che le sussurrò all’orecchio. Le sue dita fredde percorsero la guancia di lei e scivolarono fra i capelli, poi si fermarono salde presso la nuca sottile di Shiho; la sentì rabbrividire.
“Mi stai prendendo troppo alla lettera.” La ragazza deglutì, lo vide avvicinarsi ancora, ancora, ancora.
Fu così rapido che non ebbe tempo per fare altro: si vide attirata contro il suo corpo e in pochi istanti percepì le labbra di Gin che premevano prepotentemente sulle sue, le braccia forti avvolgerla: una mano alla nuca, l’altra alla vita.
Shiho sbarrò gli occhi, aprì piano la bocca e fu trascinata in quel vortice dove i sensi avevano perso consistenza e non riusciva più a distinguerli.
L’uomo la spinse contro il tavolo del laboratorio e la sollevò per farvela sedere: quel bacio sempre meno casto e puro pareva non finire mai, lui non si staccava dalle labbra della fanciulla.
Shiho poteva sentire il suo cuore battere così forte da mozzarle il respiro, i muscoli tremavano, i brividi percorrevano il suo addome. Non ebbe la forza di reagire, quel contatto era così dannatamente piacevole, in un misto fra il sapore di lui, della sigaretta che si era fumato un attimo prima, dei capelli biondi che le accarezzavano il viso e scendevano sul petto. Perché?
“Scusate se vi disturbo.” Qualcuno si schiarì la voce. Proveniva alle loro spalle. Gin interruppe bruscamente quell’impeto passionale e con sguardo truce e gelido prese a squadrare la donna che sostava sulla porta. Vermouth. In un modo o nell’altro quelli dell’Organizzazione erano sempre fra i piedi.
“Che vuoi?” Chiese dunque lui con indifferenza. Entrambe si accorsero che si era piuttosto innervosito. Shiho scivolò giù dal tavolo e si sfiorò le labbra, ancora calde. Dio, ma che aveva fatto, che stava facendo? Le sue guance divamparono dall’imbarazzo.
“Abbiamo colto in flagrante un ragazzo che si aggirava nei dintorni e l’abbiamo sbattuto nelle celle. Volevo assicurarmi che neanche tu lo conoscessi. Nessuno l’ha visto, nessuno sa di chi si tratti. Magari ha bisogno di una strigliata.”
L’uomo si rimise in ordine il cappello e si sfilò il pacchetto di sigaretta dalla tasca, in un gesto ormai divenuto meccanico, ma stavolta dettato probabilmente dalla tensione. “Mi hai preso per un elenco delle pagine gialle?”
“Che simpatico.” Vermouth si scansò con nonchalance, lasciando che Shiho sgattaiolasse via. A quel punto la donna poté avanzare; le braccia strette al petto, il sorriso beffardo e provocante. “Vi ho interrotti sul più bello, non è così? E ti stai mangiando le mani.” Rise.
Che nervi quella donna. Era la favorita del capo, non voleva indagare per chissà quali doti, eppure tutto ciò risuonava strano, paradossale. La odiava.
“Ti raggiungo alle celle, levati di torno, sei patetica.” Fortunatamente Gin riuscì a riprendere rapidamente la sua flemma, il suo distacco ed il suo solito cinismo.
“Sbrigati, allora. Non abbiamo molto tempo.” Concluse la donna, dileguandosi.
 

 
 
I tacchi di Shiho producevano un rumore continuo contro il pavimento. Aveva il cuore in gola: sapeva che si trattava di lui.
Si fece largo fra le guardie che sorvegliavano le celle e in quel frangente in cui le aveva disorientate scorse al di là delle sbarre un ragazzo alto, dai capelli scuri, sbarazzini. Lo sguardo furbo di lui balzò sul volto accaldato di Shiho ed entrambi capirono.
Shinichi era lì, lo avrebbe riconosciuto fra mille altri: non l’aveva mai visto nelle sue sembianze di liceale, ma quelle iridi azzurre erano inconfondibili; il brillare vispo di quegli occhi lo conosceva fin troppo bene. Appena giunse di fronte a lui afferrò le sbarre con le mani e si rese conto di non poterlo chiamare per nome o perlomeno non a voce alta.
“Certo che sei capace di sfidare anche la morte pur di risolvere il tuo caso.” Commentò Shiho in un sibilo. Shinichi mostrava un piccolo taglio sulla guancia ma si trattava di una ferita di poco conto.
Il ragazzo premette una spalla contro le sbarre metalliche ed infilò le mani in tasca, sicuro di sè, spavaldo.. “Hai dimenticato che un Detective lotta anche contro il destino, qualora sia necessario?”
Shiho sorrise leggermente: era bello poterlo rivedere, ma soprattutto la rincuorava il fatto che stesse bene.
Si scambiarono uno sguardo intenso, complice, pieno di intesa. Non sapeva perché Shinichi era piombato lì dentro, non capì molto, eppure era convinta che lui avesse organizzato un piano. Quel ragazzo non finiva mai di stupirla, aveva sempre un asso nella manica.
“Devo tornare a recitare la mia parte, Kudo.” Borbottò lei indietreggiando di qualche passo.
“Non sei la sola.” Sussurrò di tutta risposta il Detective.
“Ci si vede.” La scienziata incrociò le braccia contro il petto e girò i tacchi per uscire velocemente dalla prigione.
 
 
 
 
Shinichi dovette sopportare per ore lo sguardo invadente e vigile delle guardie.
A dirla tutta quei brutti ceffi che imbracciavano dei fucili d’assalto lo inquietavano: doveva soltanto aspettare una manciata di minuti ma i secondi sembravano non voler passare mai.
Se ne stava rannicchiato contro il muro e ormai si era abituato al freddo del pavimento tanto che quella posizione non gli pareva più così scomoda. Le celle erano gli ambienti più logori e sudici che avesse mai visto: il resto della struttura era tirato a lucido, ma di certo non si curavano di pulire le prigioni.
‘Che schifo, maledizione. Ma quando arriva?’ Shinichi non sapeva stare fermo, oltretutto i suoi nervi pulsavano dall’ansia: non si era mai trovato in una situazione simile, così a stretto contatto con i membri dell’Organizzazione. E per giunta, non aveva la più pallida idea se quella che stava per fare, fosse la cosa giusta. Di sicuro era l’unica alternativa che aveva.
Iniziò a fissare le piastrelle a terra, quando d’un tratto la porta della cella si aprì, le sentinelle uscirono e fece il suo ingresso la donna a cui aveva affidato il proprio destino: Vermouth, con il suo stile impeccabile, i capelli biondi e fluenti, il volto ingentilito dal trucco.
“Ehi grande Detective, muoviti, è ora. E’ già tutto pronto.” Shinichi scattò in piedi facendo agitare i ciuffetti sulla sua fronte.
“Bene, ce ne hai messo di tempo. Ho il fondoschiena di marmo per colpa tua.”
La donna rise sommessamente. “Dai, fai silenzio e non fare capricci. Rimani concentrato.” Una volta che la donna aprì la porta della cella, il ragazzo si vide consegnare una Beretta dalla canna corta; non poté far a meno di guardarla, interdetto.
“Che significa?”
“Avevamo fatto un patto, non ricordi?”
“Non credevo che intendessi farlo in maniera così drastica.” La faccenda andava complicandosi. Il giovanotto si rigirò quell’arma fra le mani, poi la infilò al di sotto della sua giacca blu ed annuì.
“Purtroppo non abbiamo altra scelta. Per quanto riguarda il resto, ci vedremo al luogo indicato. Non tollero errori.” Vermouth scrutò gli occhi incerti di Shinichi e qualcosa dentro di lei si smosse. “Buona fortuna.” Gli lasciò una carezza soave sulla guancia, dopodiché uscì.
Aveva ragione: doveva muoversi a concludere quel lavoro. E in fretta.
 
 
 
 
Il corridoio era illuminato dalla vibrante luce dei neon al soffitto, c’era un silenzio sepolcrale su quel piano. Shiho sostava di fronte alla stanza e fissava inerme la targhetta su cui v’era inciso il numero ‘413’.
‘Busso o non busso? Devo porre fine a questo strazio. Forza Miyano, fai la cosa giusta.’ Le nocche si fermarono a mezz’aria, trasse un lungo sospiro e diede due colpetti alla porta.
“Chi è?” La voce giunse ovattata.
“Sono Shiho.” Rispose lei, risoluta.
Qualche secondo dopo intravide uno spiraglio di luce farsi via via più ampio: Gin teneva un avambraccio contro lo stipite, la stava fissando. Aveva avuto giusto il tempo di sfilarsi il cappello, per il resto era ancora in piedi, vestito di tutto punto.
“Posso entrare?”
“Fai come vuoi.” Si scansò per farla passare. La ragazza indossava una felpa sgualcita e un paio di jeans. “Dormi qui stanotte?”
“Non ho voglia di tornarmene a casa.” Shiho non poté far a meno di notare quel ghigno malefico delinearsi sulla linea delle sue labbra sottili.
“Che c’è di così divertente?”
“Niente, niente. Pensavo fra me.”
Gin era così maledettamente ambiguo. Alla ragazza bastò uno sguardo alla camera per capire che la utilizzava di rado, tanto che il posacenere ospitava una decina di mozziconi al massimo.
“Allora, dolcezza, a cosa devo il motivo della tua visita?” Cominciò a seguirla con lo sguardo mentre si aggirava per curiosare qua e là.
“Volevo semplicemente dirti che quello che è successo prima è stato uno sbaglio. Non metterti strane idee in testa.”
Lui scoppiò a ridere, divertito.
“Ma si può sapere che c’è? Perché ridi?” Shiho si voltò verso di lui, decisamente spazientita dal comportamento del biondo.
“Rido delle tue menzogne.”
“Ovvero?”
“Sai benissimo che non si è trattato di uno sbaglio, Sherry.” Il suo tono divenne più basso, a tratti velato. Gli occhi verdi rilucevano fra i ciuffi dorati.
“Non voglio che si ripeta più una cosa simile. E con questo, io e te abbiamo chiuso. Non voglio più avere nulla a che fare con un pazzo psicopatico come te.” Si accinse a raggiungere la porta ma Gin le bloccò saldamente il polso, avvolgendoglielo fra le dita forti.
“State giocando col fuoco. Fai molta attenzione, tesoro.” Sussurrò in un sibilo acre e tagliente come una lama affilata.
Shiho deglutì a fatica, la saliva le si era completamente azzerata e ottenne il  deludente risultato di inghiottire soltanto aria. Finalmente lui allentò la presa fino a lasciarla, così poté divincolarsi dalle grinfie di Gin. Appena fu nuovamente in corridoio e si richiuse la porta alle spalle, il suo cuore prese a martellare come non mai. Perché parlava al plurale?
In quel momento desiderava soltanto raggiungere in fretta la sua stanza e infilarsi sotto le coperte calde, farsi una bella dormita e dimenticare quelle dannate effusioni.
Qualche passo più avanti però, dovette fermarsi ancora. Qualcosa si era mosso in fondo al corridoio, un’ombra si stava dileguando nella sua stessa direzione.
Scosse il capo.
Forse era soltanto stanca.
Si, sicuramente si trattava di quello.
 
 

 
Shinichi si sarebbe dovuto ricordare di ringraziare Shiho per l’avvertimento che inconsapevolmente gli aveva fornito: Gin era ancora sveglio. Aspettò un paio d’ore estenuanti, nascosto fra un mucchio di scatoloni del magazzino, poi finalmente raggiunse nuovamente il corridoio della stanza 413. Le luci erano ormai spente. Il giovane detective si muoveva furtivo, finalmente aveva pieno possesso delle sue facoltà di liceale, delle gambe scattanti e dei polmoni che gli avrebbero consentito di fare lunghi scatti, qualora lo avessero scoperto. Si sentiva pieno di entusiasmo e coraggio. Sfilò dalla tasca una scheda magnetica e la inserì nell’apposita fessura. Verde. Poteva entrare.
La stanza era quasi buia, ad eccezione della pochissima luce che penetrava dalla finestra in alto la quale dando sulla stanza adiacente, gli fece comprendere che qualcuno dall’altra parte era ancora sveglio.
Shinichi raggiunse con la mano l’impugnatura della pistola, poi si avvicinò con passo felpato al letto. Le lenzuola coprivano il corpo dell’uomo fino al bacino. Gin dormiva a pancia in giù, a petto nudo. I suoi capelli erano sparsi morbidamente sulla schiena, un braccio scendeva giù, completamente inerte. Il ragazzo tese il braccio: la canna della pistola era in linea perfetta con il cranio di quell’uomo e se avesse sparato lo avrebbe centrato in pieno e non gli avrebbe riservato alcuna speranza di sopravvivere. Eppure esitò.
‘Cavolo, Shinichi! Ma che stai facendo? Ti stai piegando come un idiota ai voleri di una donna senza scrupoli! Ti stai macchiando dello stesso crimine che stai combattendo da anni!’ Non poteva mischiarsi al sangue infetto di quella gentaglia. Non avrebbe mai e poi mai ucciso. Nessuno. Neanche il serial killer dei delitti più efferati.
Mentre pensava e prolungava quella riluttanza, il silenzio gli fece percepire chiaramente il respiro di Gin; lento, regolare. Ma decisamente troppo veloce perché stesse realmente dormendo.
‘Oh no!’
Il biondo si voltò di scatto e gli puntò la sua Glock dritta alle cervella, poi abbassò la mira e gli sparò un colpo. L’uomo in nero balzò poi giù dal letto. Indossava un paio di pantaloni scuri e da quel particolare, Kudo comprese che Gin sapeva. Sin dall’inizio. Lo stava soltanto aspettando.
“Mi complimento con te per l’arguzia, ma non sei l’unico dotato di intelligenza qui dentro.” Proferì Gin; ma il ragazzo sparò un proiettile nella direzione del biondo e quella fu la mossa che gli permise di scaraventarsi fuori dalla stanza. Inizialmente incespicò nel buio di quel lungo corridoio, ma alla fine raggiunse l’ascensore. Le dita si muovevano frenetiche sulla pulsantiera, il rumore sordo di un allarme proruppe nel silenzio della notte.
Era tutto pronto per la fuga. Una volta che le porte si dischiusero e gli diedero il via libera, Shinichi compì uno scatto fulmineo, le sue lunghe gambe gli davano uno slancio atletico e sempre più rapido.
“Shiho!” Urlò, quando finalmente la vide in fondo al corridoio.
La ragazza lo guardò fermarsi e chinarsi trafelato proprio di fronte a lei. “Dobbiamo andarcene.”
“Cosa? Ma come diavolo hai fatto a scappare?”
“Non c’è tempo Ai, scappiamo!”
“Io non so se posso!” Chissà cosa diavolo le stava passando per la testa. Era così confusa. Aveva desiderato così tanto quel momento, quell’inaspettata e spettacolare liberazione da parte del suo principe azzurro, che nell’istante in cui finalmente si stava verificando, una miriade di ombre si impadronì del suo cervello, ma più di tutto, del suo cuore.
Shinichi si risollevò ed incrociò lo sguardo enigmatico di quella ragazza. Gli pareva così strano che stesse titubando a quel modo. Le avrebbe chiesto spiegazioni una volta fuori di lì.
“Ai!” La richiamò più severamente e con tono decisamente più duro, col tono di colui che non ammetteva repliche. A quel punto Shiho scosse il capo, ripresasi da quell’attimo in cui era sospesa fra il desiderio di restare e quello di scappare lontano.
Ripiombò magicamente sulla Terra, approdò al porto della salvezza e annuì.
Era giunto il momento delle certezze.
“Si, scusami, Kudo. Andiamocene via. Per sempre.”
 
 
 
 
Quella fuga aveva sollevato un gran polverone e un enorme trambusto: le guardie schizzavano da una parte all’altra della struttura, correvano tenendosi stretti al petto i loro MP5 e seguivano meticolosamente gli ordini che provenivano dai piani alti.
La punta di diamante della ricerca era scappata con un fuggiasco, con un ragazzo pressoché diciassettenne. Le misure di sicurezza erano state istallate, i portelloni si erano ormai chiusi a tenuta stagna. Quei due non avevano scampo.
Gin tornò nella sua camera per potersi rivestire in fretta e furia, dopodiché uscì nuovamente e scese una lunga rampa di scale, fra il via vai continuo di una base in subbuglio. Appena toccò il pavimento del piano sottostante scorse chiaramente la figura di Vermouth che armeggiava con la porta in fondo al corridoio.  Il biondo aumentò drasticamente il passo e urlò il suo nome. I movimenti della donna divennero allora più smaniosi, più frenetici. Finalmente il portellone al suo fianco si aprì. Gin l’aveva quasi raggiunta, un paio di proiettili sibilarono presso la sua spalla, ma fortunatamente ella riuscì ad evitare quell’attacco grazie ad un movimento repentino. Vermouth scomparve al di là dell’uscita e lo sportello si richiuse.
Gin strinse i pugni con violenza e diede un pesante colpo contro di esso.
“Maledizione. Sporca traditrice.” Bofonchiò a denti stretti. “La caccia è cominciata.” Aggiunse, strappandosi dalle labbra l’immancabile sigaretta e schiacciandola sotto il peso della sua scarpa.





 







Holaaaaaa :D Finalmente eccoci a questo fatidico aggiornamento! Mamma mia che settimana da brivido che ho avuto -.- bruttissima, piena di impegni scolastici e di vario genere. Per fortuna c'è stata la gita a Madrid! Ragazzi, wow, che bella città :) mi sono divertita! :D Bella davvero!
Dopo ciò... vi è piaciuto il chappy? E' un po' adrenalinico, spero che siate riusciti a comprendere quel che più o meno sta succedendo, anche se determinate cose si scopriranno in seguito :) Per inciso.. non mi convince molto questo chappy x°D
Allora innanzitutto vorrei ringraziare i tanti amici che mi sostengono nella scrittura :D nonchè Iman, Alice, Lisa, Sylvia (La mojettina) e Ginevra :) <3 sono felice che tu ora stia bene! :D
Coloro che mi seguono:
Bankotsu90, chicc, Evelyn13, I_Am_She, Kuroshiro, Layla Serizawa, Nezu, Red Fox, Sherry Myano, tigre, trunks94_cs, Violetta_, _Flami_
Coloro che hanno inserito la storia nelle preferite :)
A_M_B, chyo, Evelyn13, Imangaka, ismile, I_Am_She, Lady Night, Queenala, trunks94_cs, Yume98, _Flami_

Grazie mille, siete i lettori più belli che io potessi desiderare u.u Non scherzo :D

Un bacioneeeeeeeeeee <3

  
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