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Autore: unbound    14/03/2012    3 recensioni
Seconda parte della storia di Kay York, alunna della Vengeance University, e delle sue amiche, Giuls, Alisee, Beatrix e Lisa.
(siete pregati di leggere la prima parte, se no non ci capite una mazza)
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Scusate il ritardo, connessione di merda :(


Era passata una settimana e quella distanza forzata aveva un nonsocchè di eccitante; era fantastico dover fare tutto di nascosto, mi faceva sentire una ribelle trasgressiva fuori corso con una relazione extraconiugale. No okay, mi dava alla testa.
Nonostante questo, amavo la gelosia che Syn provava nei miei confronti, amavo stuzzicarlo, e, per scrollarmi le attenzioni di Baker di dosso, avevo deciso di fingere di frequentare altri ragazzi.
In un primo momento, Brian aveva considerato quell’idea un lampo di genio, ma dopo un po’ mi accorsi che il suo occhio vigile si fissava su di me anche per giornate intere.
Quando passava Zacky, ad esempio, ed io mi fiondavo verso il primo che capitava per far due chiacchiere, non appena il preside spariva dalla sua vista, lui si avvicinava con la scusa di dovermi dire qualcosa di strettamente importante, che poi si rivelava sempre essere un bacio.
Negli ultimi giorni, avevo legato tantissimo con un mio coetaneo in particolare, della classe vicino alla mia, del corso, neanche a farlo a posta, di Gates; era simpatico e mi faceva ridere durante le mie piccole crisi isteriche, che giungevano prepotenti quando sentivo la mancanza della stabilità di quella “relazione”.
Frank era un ragazzo in gamba: aveva dei grandi occhi verdi, capelli liscissimi e dei tatuaggi meravigliosi lungo le braccia poco muscolose, che raffiguravano zombie e mostri dalla bellezza spiazzante.  Era poco più basso di me e lo prendevo spesso in giro; lui odiava che lo facessi, non lo sopportava, ma nonostante questo continuavo a farlo, perché adoravo il suo sorriso quando mi pregava di smetterla.
Era il solito ragazzino ammiccante che con la sua dolcezza se ne porta a letto quattro al giorno; non aveva l’aspetto di stronzo, e, consolando le ragazze dal cuore infranto, faceva puntualmente colpo e quelle si innamoravano di lui. A volte capitava che mi chiedessero consigli su come conquistarlo, ma io mi astenevo da tutto e mi limitavo solo a consigliare a lui chi scoparsi quella sera.
Ogni cambio dell’ora, mi aspettava e mi accompagnava alla classe dove dovevo recarmi per seguire la lezione dopo, nonostante non fosse la stessa alla quale doveva recarsi lui.
Forse per questo motivo arrivava sempre in ritardo.
La sua presenza colmava il vuoto che sentivo dentro, mi faceva stare sempre bene, anche nei giorni peggiori; ogni volta che lo abbandonavo per correre da Brian, mi consigliava cosa fare con lui per recuperare il tempo perso in un modo migliore, anche se la maggior parte delle volte erano consigli basati su azioni oscene o strettamente intime che preferivo ignorare.
Quel giorno lasciarlo era stato davvero difficile: mi stava raccontando qualcosa d’importante che mi aveva persino appassionata, ma avevo dovuto abbandonarlo, a malincuore, perché Gates , dopo essersi scusato con un “devo rubartela Miller, fai i compiti”, mi aveva trascinato al dormitorio per una mano. Non appena entrammo in camera mia, fortunatamente libera, gettai lo zaino sulla scrivania e mi lasciai andare di peso sulla sedia di legno al centro della stanza.
“Questo Frank mi da sui nervi.”Sussurrò, accarezzandosi nervosamente i capelli.
“Perché?”Aggrottai le sopracciglia, stiracchiandomi.
Calò il silenzio.
Restai in attesa di una sua risposta per una decina di minuti, durante i quali non ebbe il coraggio di incrociare il mio sguardo. Mi arricciai i capelli con le dita, impaziente.
“Perché può stare con te più di quanto possa farlo io.” Rispose ad un tratto.
“Prima o poi Zacky cambierà idea, sai com’è fatto...” 
“Ho paura che quel nano possa usarti come fa con tutte.”Era adorabile, stop.
Scoppiai a ridere, lui continuò a guardarmi male. Lasciai la mia postazione e mi avvicinai lentamente, accarezzandogli la spalla.
“Ascolta, è un amico, niente più.”
“Okay.”
Si sedette sul mio letto e portò le braccia al petto, come un bambino di fronte al suo giocattolo preferito appena rubato da qualcun altro. Voleva dare l’idea di essere impassibile, ma lo conoscevo troppo bene.
“Okay?”
“Si.”
Amavo che qualcuno fosse geloso di me, Brian era decisamente il più adorabile sulla faccia della terra in quelle situazioni. Dopo un po’ notai che la sua espressione corrucciata non aveva intenzione di sparire, perciò, per addolcirlo, gli stampai un bacio sulle labbra.
“Bacio ancora bene?”
“Si, stupido”
“Ah, pensavo che Frank lo facesse meglio”
Gli lanciai una cuscinata e lui, per tutta risposta, mi si distese accanto. Per fortuna, Giuls e Lisa erano fuori e lo sono state tutta la notte, permettendo a me e a Brian di passare una bella serata a chiacchierare e a sorriderci, fissando le stelle che brillavano luminose fuori dalla finestra; non avevamo bisogno della luce del lampadario, il cielo ci permetteva a malapena di vederci, di percepirci uno accanto all’altra e questo ci bastava.
 
“Kay, questo è il freno, e questo l’acceleratore”
La prima lezione di guida sembrò non passare mai. Matt Sanders era un bravo insegnante, davvero, non potevo lamentarmi, ma si basava troppo sul teorico, ed io non vedevo l’ora di salire in sella alla mia Harley.
Avevamo già fatto polemiche sul fatto di iniziare direttamente con quell’affare di più di 500 kilogrammi, e, dopo un po’, avevo lasciato che mi facesse provare con una moto da due soldi che pesava poco più di me.
“Shadows, fammi guidare.”Non riuscivo a stare ferma dall’emozione.
“Non ancora, vuoi andarti a schiantare?”
Odiavo i suoi comportamenti da tipo protettivo... Sbagliando s’impara! Qualche graffio mi avrebbe soltanto giovato.
Si!” annuii attivamente, lui mi guardò male, abbassando la testa.
“Kay.”
“Matt?”
Ci fu un momento di silenzio, animato soltanto dai suoi sospiri pazienti.
“Dicevo, questo è il...”puntò il manubrio ed io gli scostai le mani.
“freno e questo l’acceleratore. Ho capito”
“Okay, adesso prova a partire, piano.”
Salì in sella a quella roba con foga e per un attimo temetti di cadere e trascinarmela sola. Non appena mi misi comoda e in posizione corretta, dopo un attento studio del professor Sanders, premetti l’acceleratore e m’impegnai a fare il giro del cortile della scuola senza gettarmi di peso sul suolo e senza far esplodere la superficie terrestre. Notai con enorme piacere che compresi quasi subito come funzionava; sembravo una guidatrice esperta, mi sentivo una donna in carriera.
Dopo aver fatto un paio di giri, Matt si congratulò con una pacca sulla spalla e, aprendo il cancello, m’invitò a fare un giro intorno all’intera struttura, seguendo un percorso tracciato poco prima amorevolmente dalla sottoscritta con un gessetto rosa.
 
Successe tutto in fretta.
Dopo aver superato il cancello, cercai di fare una curva in un modo troppo azzardato e mi ritrovai distesa sull’asfalto, con la moto addosso. In un momento del genere, le persone normali che farebbero? Bhè, chiederebbero aiuto, allarmerebbero il proprio insegnate, ovvio. Io, persona anormale quale ero, iniziai a ridere a crepapelle.
Ridendo, però, mi accorsi che i miei polmoni dolevano, e parecchio, li sentivo bruciare come se mi fossi gettata da un elicottero su una casa incendiata.
Perciò smisi di ridere, ed emisi un leggero gemito, per poi toccarmi il petto lentamente, con le dita gelate. Matt mi fu vicino in un attimo, gridando a gran voce il mio nome e schiaffeggiandomi la faccia.
“Minchione, sono cosciente”
“Cosa ti fa male?”
“Il petto”
“Vuoi che ti tocchi le tette eh?”
“Figlio di puttana, mi fanno male le costole.”
Le toccò con cura, attento a non peggiorare la situazione. Io lo guardavo, studiando il suo volto inespressivo, cercando di capire a cosa stesse pensando.
“Te ne sarai rotta una... Chiamo un’ambulanza va”
“Okay.”
Trattenni il respiro, ogni volta che gonfiavo il petto mi sentivo morire dal dolore. Pregai che arrivassero presto, cercai di non muovermi, anche se, nonostante tutto, non riuscii a smettere di ridere.
 Ad un tratto però, percepii una voce conoscente, troppo conoscente, perciò spalancai gli occhi che avevo chiuso poco prima, cercando di rilassarmi.
Frank era in ginocchio accanto a me, ponendomi la media di trecento domande al minuto.
“Non ti capisco.”Sussurrai, dopo un po’.
“Dove ti fa male? Oddio, è successo qualcosa?” aveva uno sguardo preoccupato, mi studiò il corpo cercando ferite o sangue, che, ovviamente, non trovò; non appena riuscii a trascinarmi sul fianco che non faceva male, gli portai la mano sulle mie costole, e lui le sfiorò con dolcezza.
“Oh, ti accompagno all’ospedale se vuoi!”
“Ma tu non sai guidare.”
Ci pensò su prima di rispondermi.
“Improvviso.” Sorrise, lasciando trasparire le sue adorabili fossette.
Lo guardai male, o almeno, cercai di guardarlo male.
“Ma sei coglione? Non farmi ridere va, che se no brucia.”
Per fortuna, i soccorsi arrivarono piuttosto presto, mi accertarono subito che non era nulla di grave ma che avrebbero preferito portarmi in ospedale per dei controlli; perciò, mi alzai, aiutata da Frank e Matt, e mi feci accompagnare sul veicolo che mi avrebbe portato a destinazione.
Pregai che Shadows avvertisse Brian, Giuls e Jimmy il prima possibile, in modo di averli accanto e accertarmi che stessero bene, sperando che non si preoccupassero più del dovuto.
 
“Haner, allontanati da me, ti spezzo in cinque e ti do in pasto al mio gatto.”
 
C’è modo più dolce di svegliarsi? Le urla di Giuls erano inconfondibili, le avrei riconosciute ovunque e in qualunque momento, anche se fossi stata sorda. Aveva una voce così cristallina e acuta, che al sol alzare il proprio tono commetteva un attentato all’ udito altrui; la usava spesso come arma nelle minacce, sapeva che odiavo sentirla gridare e giurava di farlo se non facevo ciò che mi diceva. Mi sfruttava, che bastarda.
 
“Non rompermi le palle anche tu.”
Brian sembrava nervoso, aveva una voce seccata. Ero stupita, ogni volta che Giuls lo insultava o gli rispondeva male, lui si divertiva a mandarle frecciatine squallide, ma quella volta non lo fece e non sapevo se preoccuparmi o ammirarlo. Optai per la prima opzione.
“Si che lo faccio, testa di cazzo!”
Adorabile.
“No porca puttana, chiudi quella boccaccia!”
Adorabile anche lui.
Spalancai gli occhi e mi girai verso la porta della stanza nella quale mi trovavo, spalancata, che riusciva a permettermi di fissarli ad alcuni metri da me. Giuls, nonostante avesse un’espressione spaventata, continuò a disturbarlo come se fosse una iena intenta a inquietare il sonno del leone.
“Dove cazzo eri? Dove?!”
“Tu dov’eri eh?! E’ facile dare la colpa a me, non credi?”
Le loro voci mi mettevano a disagio, odiavo vederli litigare.
“Ero a lezione cazzo! Ero ad una fottutissima lezione del mio ex ragazzo!”
“Io la stavo facendo una lezione, pensa te!”
Ad un tratto,però, le loro urla si fermarono.
Temetti il peggio, sperai che non si fossero picchiati o cose del genere.
“Ragazzi basta dai..”la voce di Seward era lenta e calma, ma quasi non si sentii sotto quelle che la sovrastavano prepotentemente.
“No basta il cazzo.”
“Giuls..”
“Haner ascolta, io sono corsa, letteralmente CORSA, a gambe levate appena Frank mi ha avvertito! Tu sei spuntato qui con tre fottutissime ore di ritardo, e le lezioni sono state pure sospese. Non hai scuse, cosa cazzo stavi facendo?!”
“Frank?! Ah sì, Frank! Il santo ragazzino! Quale onore averlo in quella scuola!”
“Sicuramente sarebbe un ragazzo migliore di te.”
Okay. La fine del mondo? Un’esplosione? Una catastrofe? Sarebbe stato meno doloroso. Riuscii a percepire il sangue di Brian ribollire nelle sue vene ed esplodere sulle sue guance, come vulcani in eruzione, come se la rabbia lo stesse vincendo. Pregai ancora una volta che non le sfoderasse una testata sulle gengive.
La terza guerra mondiale sarebbe scoppiata in una questione di momenti ed io non potevo neanche alzarmi da quel fottutissimo letto.
“Tu non sai un cazzo di come la amo.”
“Se l’amassi avresti smosso il tuo bel culo e l’avresti portato qui prima.”
“Nessuno mi ha avvertito. Non ho contatti con Frank”
“Eh, certo. Con Matt si però.”
“Appena me l’ha detto sono partito subito cazzo! Perché non capisci un  cazzo di niente?”
“Vaffanculo Syn!”
“Fottiti Davis.”
“Spero proprio che Frank se la scopi, la “tua” Kay”
“Ti odio.”
 
   
 
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