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Autore: Morgana_D    14/03/2012    12 recensioni
E se i due Promessi Sposi non fossero stati Renzo e Lucia, ma Ron ed Hermione? Provate a immaginare il casino. Quali altri personaggi ci saranno all'interno della storia? Se alcuni li avete pensati, molto probabilmente giusti, gli altri non vi resta che scoprirli :)
Un viaggio all'interno della storia dei Promessi Sposi, un po' revisionata da me, passo per passo, capitolo per capitolo. Ce la faranno i nostri eroi? E Harry Potter che ruolo avrà in tutto questo?
Beh che ne dite, ho attirato un po', leggermente, la vostra attenzione? Se sì, passate a leggere e magari lasciatemi una recensione.
Genere: Demenziale, Parodia | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Hermione Granger, Ron Weasley, Un po' tutti | Coppie: Ron/Hermione
Note: AU | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Altro contesto
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Prefazione.

Premettendo. Questa storia nasce dalla mente bacata di una povera ragazza che ha sempre odiato Renzo e Lucia e la loro caritatevole storia. Mi sono detta, perché non riscriverla?
Ovviamente con un lessico adeguato, non quello che Manzoni chiama “italiano”, che io chiamo latino tardo, ma non ne parliamo.
 Sappiamo tutti come inizia la storia, ma ora non è più tempo di parlare, lasciamo che ci parli la pagina web della storia.
 
I.
Quel ramo del lago Nero, che volge a mezzogiorno… eccetera eccetera, sappiamo com’è.
     Be’, giù di lì c’era un paesino in cui vivevano molte persone tutte felici e contente, dato che non accadeva mai nulla di strano.
     Il 7 novembre 1628, passeggiava, sul far della sera, sulla strada per andare a casa, don Codaliscia. Il curato si guardava attorno, con quella faccia da topo, convinto che quella sera sarebbe successo qualcosa. Passeggiava leggendo il breviario, cosa che si sarebbe risparmiata volentieri se non avesse dovuto tenere alta la sua immagine di curato diligente.
     Voltata la solita stradetta, quel tale s’accorse che due brutti ceffi, loschi figuri o come li vogliamo chiamare, l’aspettavano appoggiati ad un muretto.
     Quei brutti ceffi avevano tutto l’aspetto che dei bravi: armi in pugno, aria spavalda, casacca verde. Si sentì morire, iniziò a pregare che non fossero lì per lui, ma, ovviamente, si sbagliava. Povero don Codaliscia! Iniziò a tremare come a che!
     A questo punto dobbiamo perderci in chiacchiere su chi siano i bravi e perché il nostro povero curato era così spaventato della loro presenza.
     Bisogna dire, innanzi a tutto, che la specie dei bravi, che bravi non erano, era allora florida per il nostro paese; infatti, si erano sviluppati durante l’epoca della dominazione dei Serpeverde. Questi Serpeverde si credevano i padroni del luogo e con i loro capricci e le loro scorrerie rendevano un inferno la vita delle persone che si mettevano loro contro. I bravi erano le loro braccia; i signori comandavano ed i bravi eseguivano.
     Fin dagli albori di quest’epoca, i bravi erano stati aspramente intimati ad andarsene, o almeno che smettessero di compiere questi atroci delitti. A questo proposito erano state create le gride; queste gride erano leggi che condannavano i bravi, spesso però i potenti aiutavano i loro bravi e di conseguenza nessun bravo veniva condannato.
     Dopo questo, possiamo capire come mai il nostro povero curato fosse stato preso da cotanto timore e avesse iniziato a pregare freneticamente.
     – Signor curato… – iniziò il primo.
     – Zitto Gregorio, parlo io!
     – Ma, ma… Vincenzo non mi fai mai parlare!
     – Zitto e mangia il panino – continuò il secondo.
    – Ricominciamo, signor curato è vero che vuole sposare quei due ragazzi… come si chiamano? Ah sì, Ronaldo Donnolino ed Ermione Grangella!
     Don Codaliscia continuava a tremare, e balbettò un timido “sì”.
     – Questo matrimonio non s’ha da fare, né ora, né mai! – ricominciò il bravo.
    – Ma lor signori non c’è bisogno che se la prendano con me. Son loro che si fanno tutti gli impicci, e poi mettono di mezzo noi che li dobbiamo sposare.
     – Oh, ma noi sappiamo che lei non ha intenzione di dare un dispiacere a qualcuno. Sappiamo che lei è un brav’uomo signor curato. L’illustrissimo signor Don Rodrago, nostro padrone, la saluta.
     Dopo questo nome il povero curato iniziò a tremare ancora di più, e si fece piccolo piccolo, tanto da sembrare un topolino. Fece un grande inchino ai due bravi e disse:
     – Il mio rispetto, disposto… sempre all’ubbidienza.
     – Benissimo, il nostro padrone si ricorderà di lei. Buona notte signor curato – disse l’uno e con una grassa risata, si allontanarono.
     Il povero don Codaliscia non sapeva più cosa fare e con un passo lento e un po’ barcollante, si avviò verso casa, a cercare consiglio da qualcuno.
     Don Codaliscia non era mai stato un cuor di leone, anzi, il nostro lettore se ne sarà accorto. Fin da giovane aveva avuto paura, paura di essere preso di mira dagli animali più grossi di lui; la legge, infatti, non proteggeva gli uomini tranquilli. Così decise di farsi prete, non per vera vocazione, ma per sopravvivenza. Non era coraggioso (come ha fatto a finire a Grifondoro se lo chiedono tutti), non era nobile e nemmeno ricco, non sarebbe andato da nessuna parte e così i parenti decisero di farlo prete, decisione del tutto approvata dal signor Pietro Minimo.
     Don Codaliscia era un “vaso di terracotta in mezzo a vasi di ferro”.
Se gli si rimetteva una questione, lui non prendeva mai le parti di qualcuno, lasciava promesse, dava consigli, ma non si schierava mai. Così sperava che non avrebbe mai avuto problemi, che i potenti signori della zona l’avrebbero lasciato in pace. 
     “Un povero curato” pensava “perché prendersela con un povero curato? Perché non prendersela con quei due che si volevano maritare e si erano rivolti a lui? No! Sempre con quello più debole, ma ora devo inventarmi qualcosa per Ron…”.
     In questo tumulto di pensieri, tornò a casa e chiamò a gran voce: – Molletua, Molletua!
     Molletua era la serva di don Codaliscia, una donna forte, che non si lasciava scoraggiare. Comandava e obbediva a seconda dei casi, si occupava della casa e aveva sempre un buon consiglio per il padrone.
     Quando Molletua arrivò s’accorse subito che qualcosa non andava nel padrone. 
     – Cos’è successo? Misericordia!
     – Niente, niente Molletua!
     – Ma come niente? Con questa faccia brutta che si ritrova? Venga a tavola che le preparo qualcosa di buono da mangiare, e mentre cucino, mi raccomando!, dica cos’è successo.
     – Sta’ tranquilla Molletua. Ma, se prometti di non raccontarlo a nessuno…
     – Giuro, giuro!
     Dopo altri giuramenti, promesse e altro, don Codaliscia le disse il nome di quel potente che tanto se l’era presa con lui.
     – Ah! Il birbone! Il soverchiatore! Ah, come si permette – esclamò Molletua.
     – Abbassi la voce, o volete che ci senta qualcuno?
     – Ma siamo soli! Non ci sente nessuno. Cos’ha intenzione di fare padrone?
     – Vedremo domani… ora sono troppo scosso – si lamentò don Codaliscia.
     – Dovrebbe andare a parlare con l’arcivescovo, con qualcuno che vi possa aiutare, avvertitelo per lettera…
     Sentite queste parole il curato la zittì subito.
    – Ma no, no! E poi…chi ci rimetterebbe? Io, sempre io, solo io. Io che non ho mai fatto nulla di male. No, no… mi inventerò qualcosa. Intanto – si girò verso Molletua e mettendo il dito indice sopra la bocca in segno di silenzio – Mi raccomando!
 

Vi avverto...questa è una storia senza tante pretese ed io non sono capace a far ridere la gente, quindi se solo sorridete a leggere questa (non si può chiamare storia...non ne è all'altezza) "storia" per me sarebbe già un bel traguardo ;)
Saranno 38 capitoli, uno per ogni capitolo che ha scritto il Manzoni, ovviamente salterò tutte le lunghe e barbose descrizioni di Alessandro.
Ho cambiato il nome dei personaggi...
I personaggi di questo capitolo sono:
Don Abbondio=Peter Minus
I due Bravi=Vincent Tiger e Gregory Goyle
Perpetua=Molly Weasley.
Non so quando aggiornerò, sono già impegnata con un'altra FF.
Grazie di aver letto. 
MD. 

 
  
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