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Autore: broken wings    15/03/2012    2 recensioni
Era il periodo degli Inspiral Carpets e delle prime chitarre, il periodo delle droghe, del sesso, dell'alcohol, il periodo di una madre preoccupata, di un padre violento, di una fidanzata trascurata e di un'amica che torna.
Era il periodo fine anni '80 ed inizi '90, e a viverlo sono soltanto degli ingenui e sognanti adolescenti.
Genere: Fluff, Malinconico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Yesterday, love was such an easy game to play.

Ed eccoci qui nella fine degli anni '80, in questo capitolo non ci sarà affatto la figura di Liam ma sarà tutto più incentrato sulla vita da ventenne di Noel. Non voglio anticiparvi nulla comunque.
E' da tempo che ho questo capitolo chiuso in un documento Microsoft Word nel desktop del computer, ho impiegato abbastanza tempo per scriverlo tutto e non so quanti errori ortografici o di sintattica ci potrete trovare!
In ogni caso, buona lettura.
Grazie per le recensioni, accetto sempre consigli, spunti ed idee per uno svolgimento :)


 


How many special people change?
 
 



Noel terminò l’ultima sigaretta del pacchetto, la acciaccò lentamente con la scarpa destra sul marciapiede sporco di una strada di Burnage. Entrò nella piccola officina: era grande quanto un garage e lui fu sicuro che doveva effettivamente aver avuto quella funzione chissà quanti anni prima.
- Ciao.. sono Noel. Ero venuto qui un po’ di giorni fa, se ti ricordi..
Aveva un’espressione decisamente svogliata, gli si leggeva in volto che era lì per costrizione di chissà chi. Un uomo sulla cinquantina alzò il viso smettendo di fare il lavoro che stava compiendo, poi ricambiò lo sguardo controvoglia e gli disse:
- Ah sì, l’apprendista. Prego, sono Edric, entra pure.
In realtà il ragazzo si era già seduto su una sedia all’angolo, ma fece finta di nulla e non se ne curò. Piuttosto si guardò intorno e pensò che quello fosse il genere di stanza che avrebbe avuto bisogno di una modernizzata: il muro era grigiastro (sicuramente in principio era addirittura bianco), pieno di ragnatele agli angoli e in fondo vi era un tavolino di legno con una vecchia cassa. Noel era convinto del fatto che lì non avrebbe guadagnato una fottuta sterlina, ma almeno avrebbe fatto tacere Peggy dicendole che effettivamente adesso aveva un lavoro. “Lavorare”, come se lì ci fosse qualche cliente da soddisfare.
Il silenzio cadde nella stanza e l’uomo tornò ad incurvarsi su un aggeggio con cacciavite e chiave in mano. Noel, chiaramente impazientito, decise di interromperlo con un banale:
- Ehm, allora..
Edric si bloccò e lo guardò nuovamente, questa volta con più interesse.
- Oh, si, perdonami. È che dovresti parlare con mio fratello, probabilmente è di sopra.
- Di sopra?
- Sì, di sopra in casa. Se apri quella porta a sinistra ci sono delle scale che ti portano alla sua abitazione.
- Devo.. devo andare su?
- Oh no. Non credo abbia molto da dirti: come vedi non c’è quasi niente da fare qui e lui ha praticamente affidato a me il lavoro in questo buco di posto.
Noel lanciò un’occhiataccia a tutti gli aggeggi sparsi sul tavolino che l’uomo maneggiava con tanta abilità, e si chiese se lo stesse prendendo per il culo: “Allora che cazzo stai facendo, tu? Le unghie?”
- Il lavoro per mia madre è come un’etichetta, uno status. Non importa che lavoro tu faccia, l’importante è che lavori. Odia vedermi dormire tutto il fottuto giorno, bah.
Il tipo fece spallucce, evidentemente non gliene fregava nulla del suo rapporto con Peggy e Noel decise di proseguire tralasciando i fatti personali:
- Allora, posso venire qui a fingere di lavorare?
- Certo, apriamo sempre alle 8.00 ma magari vedi di venire puntuale.
Si guardò intorno annoiato, che avrebbe fatto tutte quelle ore lì dentro? Così Noel si alzò ed insistette:
- Fantastico. Ma qualcosa me la vuoi insegnare?
Era solito cambiare mestiere con la stessa frequenza per cui si cambiava le mutande, così in cinque anni aveva avuto la possibilità di aver conosciuto ogni singolo pub, bar, negozio, officina e bancarella del posto. Per un tempo aveva addirittura lavorato con Paul nell’impresa del loro padre, ma Noel non aveva la stessa pazienza ed il buon cuore di suo fratello, così si ritrovò presto a sputargli un bel “vaffanculo”in faccia e a licenziarsi. Forse l’unico motivo per cui rimase al lungo in quell’officina con quell’uomo asociale, era per il fatto che lavorare lì era come starsene chiuso in casa, con la differenza che almeno non c’era una madre a rompere i coglioni sul significato delle sue giornate o sull’utilità delle sue scelte.
In una settimana imparò tutto ciò che aveva da sapere e riguardo i due clienti giornalieri, era sempre Edric ad occuparsene. Dopo quei primi giorni cominciò a portarsi giornali da leggere, poi dei fumetti e quando comprese che erano insufficienti per poter riempire il suo tempo libero, cominciò addirittura a portarsi la chitarra classica di sua madre. E fu davvero una benedizione. Quelli erano i giorni in cui cominciò ad appassionarsi alla musica: girovagava tra i banconi di un piccolo negozio di dischi poco lontano dall’officina ed al bancone vi era spesso una bionda ragazza dal seno prosperoso che attirava ancor di più il suo interesse. Cominciò con i Beatles e fu amore a primo ascolto: le voci così armoniose e al tempo stesso aggressive, la melodia, le parole, quei quattro erano dannatamente perfetti. E chi ascoltando Yesterday non è mai stato preso dall’impulso di afferrare una chitarra ed imparare a suonarla? Questo è ciò che accadde al ragazzo: si ritrovò a farfugliare in soffitta alla ricerca della chitarra che Peggy diceva di “avere ancora da qualche parte”, e dopo averle dato una spolveratina, anziché chiedere aiuto a sua madre pensò di prendere lezioni dalla ragazza del negozio di musica. Lo pensò seriamente ma comprese l’assurdità dell’idea quando notò che la tipa richiedeva soldi addirittura per accordare delle fottute corde, e soprattutto, quando la vide pomiciare all’uscita del negozio con un palestrato di minimo vent’anni più grande di lei. “Fanculo”
- E da quanto suoni la chitarra, ragazzo?
Domandò Edric improvvisamente entusiasmato guardando per la prima volta il giovane con lo strumento tra le braccia.
- Ehm, in realtà da l’altro ieri.
- Si vede: a meno che tu non sia Paul McCartney, quello non è il verso giusto per impugnare una chitarra.
- Hai l’aria di uno che la sa lunga. Allora maestro, hai qualcos’altro da insegnarmi?
Borbottò Noel lievemente offeso e gli occhi dell’uomo s’illuminarono:
- Considerando che non sai neppure da dove cominciare..
- Chiariamo: non ti do neanche una sterlina.
- Chiariamo: io ti do le basi, e il resto lo fai tu.
- Affare fatto.
- Perfetto.
Quella mattina non entrò nel negozio di dischi ma ci passò avanti mostrando la testa alta e una quantità di autostima eccessiva.
 
 
 
“I can’t tell you the way I feel, because the way I feel it’s oh, so new to me. I can’t tell you the way I feel, because the way I feel it’s oh, so new to me! This is confusion, am I confusing you? This is confusion, am I confusing you? “
- Mi stai decisamente confondendo. Che cazzo di testo è?
Ridacchiò Edric da dietro il tavolino, mentre si mangiucchiava le sue enormi unghie sporche. Noel alzò uno sguardo intimidatorio e l’uomo aggiunse:
- Oh, non prendertela dai! Però che c’entra il titolo “Columbia” con il resto del pezzo?
- Hai mai scritto una canzone, tu?
L’uomo scosse la testa.
- Allora non venire a rompere alla mia. È fottutamente perfetta!
Edric fece spallucce:
- Ho soltanto detto un consiglio, non ti scaldare. Alla fine non è male.
- Non è male? È grandiosa!
- Sei troppo gasato a mio avviso, sappilo.
Per quanto l’uomo non lo avrebbe mai ammesso, si stava davvero affezionando a Noel: non aveva figli e sua moglie era morta in seguito ad un cancro un anno prima, tutto ciò che aveva era quella piccola ed inutile officina, la famiglia di suo fratello e questo ragazzo presuntuoso dalle folte sopracciglia. Sua moglie Mary se n’era andata in un piovoso 18 marzo e dopo il frettoloso via vai di conoscenti che con una pacca sulla spalla ti sussurravano le proprie condoglianze, Edric rimase solo, ma solo davvero. Viveva nella cara e grande Londra in un appartamento a 1 km da Green Park e dopo solo un mese comprese che quella città non aveva spazio per lui, il mantenimento ed i risparmi non bastavano neanche più per pagare l’affitto. A quel punto fu suo fratello a farsi vivo proprio nel momento più drastico e disperato della sua vita, offrendogli di vivere con lui a Burnage nella stanza degli ospiti. Fino al 18 marzo avrebbe rifiutato un’offerta del genere, aveva una certa dignità e chiedendo elemosina ai familiari con che faccia si sarebbe guardato allo specchio? Ma quando sei ridotto a supplicare il proprietario del palazzo buttandoti a terra per rimandare il pagamento dell’affitto, di fronte alla gente che sale e scende le scale.. cos’altro puoi fare? Quella città trovava lavoro per giovani, universitari, minorenni e figli scappati di casa, ma per un cinquantenne senza uno straccio d’istruzione non aveva proprio spazio. Lui conobbe la giovane Mary in un pub, avevano ancora diciannove anni e lui lavorava lì da poco, grazie a delle spintarelle da parte del padre. Lei sognava di fare l’insegnante, era appena uscita dalla scuola con ottimi voti e aveva così tanti progetti in testa, erano diversi ed avevano diversi obiettivi e principi. Ad ogni modo, le offrì da bere, la ascoltò mentre sognante le parlava del suo futuro, dei corsi che avrebbe dovuto fare per diventare una buona maestra, la guardava mentre sorrideva così facilmente ma mai senza un motivo. Mary continuò a frequentare quel locale e tra una portata e l’altra Edric si innamorò di lei come mai gli era capitato prima, inutile a dirlo. Si sposarono e insieme mantennero una buonissima qualità di vita basata su agi e buone condizioni sia sociali che economiche: lei portava in casa un guadagno maggiore rispetto a quello del marito, è vero, e nonostante questo avrebbe potuto far scandalo in un piccolo quartiere, nella grande Londra nessuno se ne curava così tanto.
Ma le disgrazie accadono tutte insieme, no? Edric perse il lavoro due mesi prima che sua moglie si ammalò, e dal 1987 al 1988 era cambiato non solo psicologicamente o economicamente, ma anche e soprattutto fisicamente. Non si tingeva più i capelli, non si tagliava più la barba ed era bianchiccio e senz’altro più debole rispetto a prima. Il lavoro lì all’officina richiedeva senz’altro pochissimo sforzo, eppure c’erano giornate in cui voleva soltanto gettarsi nelle coperte del letto e restare lì fino a quando il suo cuore non avrebbe cessato di battere. E quel giorno era sempre più vicino, se ne stava rendendo conto.
Non ne parlò mai con suo fratello e cercò di nascondere la stanchezza fisica che tendeva ad aumentare sempre di più coi giorni. Allora l’arrivo di Noel fu davvero una salvezza e per quanto quel ragazzo fosse un po’ troppo sgarbato, sicuro di sé e prepotente, per quanto lo facesse incazzare, annoiare e distrarre dal lavoro, il suo animo giovane e ribelle ravvivò sempre più le sue ultime giornate.
 
 
 
- Passami quella cazzo di birra, Noel!
- Fammi dare un ultimo sorso, stronzetto
- Ho sete, dannazione! L’ho pagata io!
Il ragazzo si asciugò con la manica della camicia bluastra le labbra e passò la bottiglia di vetro all’amico con un movimento poco stabile.
- Ti sei ubriacato anche stasera, mi fai schifo, cazzo!
Noel si passò la mano in viso e fece segno di stare zitto, come se Peggy potesse sentirlo.
- Stai z..zitto!
- Vaffanculo Noel. Non puoi andare fuori con un po’ di alcool e qualche sorso di birra.
- Non.. non rompermi i coglioni, merda!
Mark scosse la testa in segno di disapprovazione mentre finiva l’ultimo sorso rapidamente.
- È proprio uno sfigato.
Gli altri due amici scoppiarono in una fastidiosa e finta risata mentre con gli occhi cercavano già il fondoschiena di qualche ragazza abbordabile, ma Noel non aveva neppure capito che stavano parlando di lui, così si voltò dall’altra parte ed iniziò a fare dei ridicoli movimenti che avrebbero dovuto somigliare forse a qualche mossa di ballo. C’era decisamente troppa gente per un buco di stanza del genere o magari era lui a non essere abituato a delle feste di quel tipo. L’ultima a cui era stato ad essere sinceri, era quella del compleanno di Liam in casa sua circondato da sfigati mocciosi e brufolosi alle prese con le prime rimorchiate. A dir poco ridicoli.
- Ma che roba è questa musica di merda?!
Urlò Noel fermandosi all’improvviso dal suo stupido ballo, come se si fosse accorto solo in quel momento di che genere di pezzi il Deejay mandasse. Si aspettò di trovare i suoi tre compagni dietro di lui ma quando si voltò, si ritrovò faccia a faccia con una finta bionda che lo guardava perplesso.
- Bhè, effettivamente conosco musica migliore.
Improvvisò dunque la ragazza facendosi passare lentamente una mano tra i lunghi capelli. Noel fece automaticamente una risatina da ebete e senza pensarci troppo (anche perché la quantità di alcool non glielo avrebbe permesso comunque) strinse il proprio braccio sinistro attorno alla sua vita e spingendola a sé un po’ troppo violentemente le ficcò in bocca la lingua. Non ricorda neppure se lei ricambiò quella specie di pomiciata, non ricorda neppure se e quanto durò, sta di fatto che ad un certo punto sentì una mano posarsi bruscamente sulla sua spalla e strattonarlo via dalla bionda con aggressività.
- Ehi amico, che cazzo fai?!
Primo pugno dritto in faccia. Sangue dal naso?
- Chi cazzo sei?!
Calcio allo stomaco. Sbocco in arrivo?
- George.. George stai fermo!
- Che cazzo vuole ‘sto cristiano?
- George calmati..
- Sta proprio fuori! Guardalo! Cazzo, sta per vomitare pure l’anima!
- George, lascialo fare..
Come risposta, George rise di fronte la figura del tipo che a terra si stava premendo le mani alla pancia, sdraiato dolorante.
- Gli hai fatto male, cretino!
Sbottò lei accucciandosi a terra vicino al ragazzo. Gli prese il volto tra le mani e lo guardò attentamente per la prima volta: aveva dei capelli totalmente incasinati, bagnati probabilmente dal sudore e puzzava d’alcool e fumo, aveva le labbra secche e un po’ di barba che non si era curato di tagliarsi. Un po’ di sangue gli colava dal naso ma nonostante i suoi occhi fossero gonfi e rossi, quando il loro sguardo si incrociò le prese una forte fitta al cuore, allo stomaco e tutto ciò che comprendeva una parte del corpo. O dello spirito. Era come se quello sguardo lo avesse visto altre cento volte, qualcosa di familiare in lui la attraeva in un modo decisamente assurdo.
- Ti.. ti sei fatto male?
Mormorò stupidamente la ragazza non pensando affatto al volume troppo alto della musica che rimbombava nelle casse. Il tipo a terra biascicò qualcosa e allora comprese che era inutile restare lì a parlare: Strinse la sua piccola e delicata mano a quella grande e rovinata del ragazzo provando ad alzarlo da terra senza ottenere ottimi risultati.
- Mi vuoi dare una cazzo di mano?!
Gridò esasperata a suo cugino il quale intanto continuava a fissare in cagnesco lo sfigato che aveva picchiato poco prima. Controvoglia e con neppure un minimo di sforzo George fece rialzare Noel, il quale tentava con tutte le sue forze di restare in piedi mantenendo l’equilibrio. Balbettò un “grazie” poi girò i tacchi e se ne andò prima che in quelle condizioni potesse ancora fare qualche danno. Riuscì miracolosamente ad arrivare all’uscita, salvo sì, ma non molto sano, e una volta appoggiatosi al muro di una fredda strada di Burnage si ficcò due dita in gola e vomitò tutte le porcate che aveva inghiottito in quella sera. Certamente non avrebbe più messo piede in una discoteca, o almeno fino a quando non ne avrebbe trovata una con musica decente. La ragazza invece si fermò in mezzo alla pista con lo sguardo fisso nel vuoto, promettendosi che non avrebbe dovuto dimenticare mai quel volto. Gli ricordava qualcosa, qualcuno. Ed era una cosa importante, ne era certa.
- George, sei il cugino più coglione, geloso e stronzo che io potessi avere.
 
 
 
Pioveva da tre giorni interi, pioveva a dirotto da quando Edric se n’era andato. Noel lo aveva visto lì accucciarsi sulla sua vecchia sedia di legno, gemere e poi fare un forte tonfo a terra.
Edric Morgan li aveva lasciati. Era andato. Morto. Finito.
Il ragazzo lo guardò ad occhi serrati, il cuore faceva cento battiti al secondo ma prese fiato, si fece coraggio ed inghiottì tutto il magone. Si avvicinò velocemente all’uomo, non respirava di già. Tentò di trattenere lo shock e salì quelle scale che mai aveva avuto l’occasione di percorrere, tremava. Non sapeva cosa aspettarsi dietro la porta, cosa dire e a chi parlare ma fortunatamente si ritrovò il fratello di Edric proprio di fronte a lui che con un solo sguardo capì tutto e corse rapidamente nell’officina.
Ed ora eccolo lì al funerale sotto un cipresso in disparte. Ci saranno state sì e no una trentina di persone tutte con un ombrello rigorosamente nero, fazzolettini candidi e le parole del prete che rimbombavano nel silenzio assordante di quel pomeriggio. Aveva una tomba di poco valore accanto a quella della madre (Mary era stata seppellita a Londra) in un piccolo cimitero di Burnage ma Noel, sotto il cappuccio della sua felpa completamente bagnata non voleva stare lì, in mezzo a tutte quelle persone di cui non aveva neppure idea di chi fossero. Dopo una breve occhiata alla folla si lasciò scivolare contro la corteggia del possente albero, si sedette noncurante tra il fango e l’erba molle e fissò il proprio sguardo sulla scura tomba.
A sessantaquattro metri da lui, una finta bionda teneva gli occhi puntati sul cipresso dove un ragazzo si era volutamente isolato. Si voltò dalla madre ed indicando Noel sussurrò:
- È lui quello che lavora all’officina di papà?
- Non so, è probabile. Papà lo ha invitato al funerale d’altronde. Se non sbaglio avrebbero anche dovuto parlare di come e se avrebbe voluto proseguire il lavoro. Vallo a chiamare, magari si sente escluso.
La ragazza annuì comprensiva e si allontanò silenziosamente dalla folla, avvicinandosi sempre di più al cipresso in disparte. Il ragazzo le stava di spalle, così lei rallentò il passo e mise il proprio ombrello sulla testa del tipo in modo da offrirgli un riparo migliore da quello dei rami di un albero. Lui alzò immediatamente lo sguardo scocciato: se stava lì, da solo, era perché voleva restare da solo, cazzo.
Ma lei si ritrovò ad incrociare gli stessi occhi del sabato sera precedente, magari meno gonfi ed arrossati, ma pur sempre dannatamente incredibili. Un sorriso contrastante alla situazione che li circondava si formò automaticamente nel viso della giovane:
- Ti sei ripreso dalla sbornia dell’altra volta?
Noel riconobbe qualcosa di familiare in lei, forse l’aveva conosciuta in discoteca?
- Sinceramente non ricordo nulla.
Lei ridacchiò e continuò:
- Mi dispiace se George ti ha fatto male, è ancora geloso della sua cuginetta preferita.
Ah, era quella della pomiciata? Ma no, dannazione, c’era altro.. altro di più impresso, importante. Chi era?
- È tutto passato, non preoccuparti.
La guardò e pensò che chiunque lei fosse poco importava: era fottutamente bellissima. Continuavano a sorridersi ed a guardarsi come due perfetti cretini.
- Che sciocco, ti sto facendo bagnare tutta.
- No, figurati.. Riparati tu sotto l’ombrello!
- Possiamo entrarci bene tutti e due. Vieni qui.
La invitò a sedersi sulle sue gambe cosicché non si sarebbe dovuta sporcare con il fango pur di stare relativamente comoda. Imbarazzata si ritrovò sopra di lui con i visi non molto distanti, lui poteva sentire il suo profumo di bagnoschiuma ai.. frutti di bosco? Come per farlo tornare alla realtà, lei gli disse:
- Lavori tu all’officina, no?
- Diciamo di sì, non si può proprio definire lavoro.
- Hai visto tu.. insomma.. Edric morto?
Smisero di sorridere e Noel spostò il suo sguardo altrove, nonostante gli occhi della ragazza continuassero ad osservarlo.
- Sì.
- Dev’essere stato terribile.
- Ho visto cose peggiori.
- Peggiori della morte? È difficile da credere.
- Puoi anche non crederci.
- Non.. Non intendevo offenderti.
- Era tuo parente?
- Zio. Era un uomo silenzioso, diffidente, non l’ho conosciuto molto. Anzi, non l’ho conosciuto per niente.
- Ho imparato a conoscerlo, era un grande uomo.
- A proposito, se vuoi raggiungerci anziché restare qui solo soletto..
- Non sto da solo. Ho te!
- Non sai neppure il mio nome!
- Piacere, Noel.
- Piacere, Grace.
E la loro memoria si fece chiara: Noel pensò a quanto fosse cresciuta bene, pensò che se Liam l’avesse rivista si sarebbe subito messo in carica per riconquistarsela, pensò anche che una ragazza tanto bella non se l'avrebbe dovuta far rubare.. neppure da suo fratello.
Grace pensò a come avesse lasciato la famiglia Gallagher, pensò a Liam e a come avesse chiuso duramente con lui. Si ricordò di quella mattina e terribili flashback le si fiondarono in mente, tentò rapidamente di toglierseli dai pensieri.
Non avevano mai avuto un vero e proprio rapporto d'amicizia, erano più che altro conoscenti ma si vedevano quasi ogni pomeriggio, erano buoni conoscenti.
E adesso? Adesso entrambi riflessero a quanto con il tempo fossero cambiati e a quante cose si fossero persi.  
“Vedremo di rimediare” pensarono nello stesso momento.
   
 
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