amore.
[
maggio, 18 anni ]
La prima volta che avevano fatto
l'amore, Lavi aveva dormito nel letto di Yu per tutta la notte,
abbracciato a lui, con il naso affondato nei suoi capelli; e non
aveva voluto sentire ragioni. Doveva essere al suo fianco la mattina
dopo, quando si sarebbe svegliato e per un istante avrebbe pensato
che era stato tutto un grandissimo errore. Il suo ruolo era quello di
proteggerlo dagli incubi, di assicurargli un sonno sereno: e più
di ogni altra cosa, di esser pronto a sorridergli e a dirgli che
sarebbe andato tutto bene, che non era stato un errore, e a dargli un
bacio sulla labbra che fugasse ogni altro dubbio.
Lavi e Yu quella
notte avevano fatto l'amore come per tutta la vita avevano fatto la
guerra. Era stato un'altro dei loro picchi di tensione,
quell'elettricità che correva sempre fra i loro corpi, che li
portava a continui battibecchi ed estenuanti rincorse per tutta la
Sede, finendo quasi sempre con qualche insulto sputato tra i denti o
un amorevole 'Yu-chan!' chiocciato a voce troppo alta. Il loro, si
sapeva, non era mai stato un rapporto calmo.
Ogni volta che
aprivano bocca, finivano per produrre fuochi artificiali di gesti e
parole; non c'era quiete, tra loro. Erano troppo diversi perchè
si instaurasse un sereno equilibrio, ogni incontro era
un'esplosione.
Quella notte Lavi e Yu avevano fatto l'amore
accendendo una miccia, una bomba inesplosa. Era pericoloso, certo, si
erano scottati: ma entrambi sapevano che sarebbe stato più
pericoloso lasciarla sotterrata, quella bomba, e aspettare che
scoppiasse nel momento più sbagliato. Si erano guardati negli
occhi, e improvvisamente si erano visti stanchi di essere i ragazzi
del 'prima o poi'.
Baciarsi era stato naturale, quanto passarsi le
dita addosso e scoprire che i vestiti erano di troppo. C'era stato un
imbarazzo incredibile nei i loro gesti, un pudore che Lavi non sapeva
nemmeno di possere; si sentì tornato un quindicenne inesperto,
che consuma la prima volta con una ragazza di cui a malapena conosce
il nome, e di cui per sempre ricorderà solo l'odore dei
capelli. Ma Yu non era quella ragazza, era ben altro che un nome e
profumo di pan di zenzero; era la sua seconda prima volta, lo sciocco
sentimento di ineguatezza, tutto quel mal di pancia, e tanto calore
alla bocca allo stomaco. Si erano spogliati con la paura di
guardarsi, anche se nudi si erano visti mille volte e forse più.
Gli
occhi di Yu nudo erano tutta un'altra cosa rispetto a quando era
vestito. La differenza era cruciale: iridi liquide e blu come il mare
che rispondevano solo a meccanismi semplici, bisogni elementari,
fame, sete, sesso, amore. Niente a che vedere coi soliti pozzi senza
fondo pieni di domande senza risposta, impegnati di continuo in
elucubrazioni mentali straordinariamente inopportune. Erano questi
occhi, gli occhi senza veli, che gli avevano chiesto implicitamente
di non esitare; l'avevano guardato dritto in faccia, con
quell'imbarazzo meraviglioso e sfacciato, e gli avevano detto che non
poteva più tirarsi indietro. Lavi era certo che non l'avrebbe
fatto comunque.
E poi era stata una discesa. Era subentrata la
fiducia, a sciogliere le paure, unita ai primi timidi preliminari,
suoni dolcissimi e mai volgari a luce spenta. Si erano guardati nella
penombra per ore intere, troppo scossi per tenere la lampada accesa,
ma abbastanza coraggiosi da chiamarsi per nome quante più
volte potevano. Lavi aveva sorriso nel buio, l'aveva baciato, e tre
dita umide di saliva gli avevano aperto la strada per il
paradiso.
Lavi e Yu avevano fatto l'amore senza il bisogno di
domandarsi perchè. Sarebbe venuto il momento in cui si
sarebbero chiesti una spiegazione, e allora, pazientemente, avrebbero
sciorinato la lista dei se e dei ma che non li avrebbero mai condotti
nudi sotto quelle lenzuola. Ma quella notte Lavi e Yu avevano fatto
l'amore felici di farlo e di chiamarlo con quel nome, felici delle
carezze impacciate, dei gesti rozzi e dei baci a fiori di labbra più
ancora di quant'erano stati felici di gemiti e orgasmi.
Il
mattino dopo Yu aprì gli occhi, e per un istante pensò
che era stato tutto un grandissimo errore. Ma poi Lavi gli accarezzò
una spalla, lo guardò negli occhi e gli sorrise, un sorriso
stanco e un po' assonnato che faceva comunella con una zazzera di
capelli arruffati. Gli sussurrò che non era stato un errore, e
gli diede un bacio dolce sulla bocca.
Sarebbe andato tutto bene.