Libri > Twilight
Segui la storia  |       
Autore: Ulissae    18/03/2012    3 recensioni
[Vita, morte e miracoli di Aro. Personale interpretazione della sua vita]
"Sarai pronto a perdonarmi?"
Genere: Dark, Introspettivo, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Altro personaggio, Aro, Volturi
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Precedente alla saga
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'L'enciclopedica visione dei Volturi'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
arp
Historia Apollinis


Sorridemmo tutti e tre, Caius con immensa soddisfazione – una volta ogni tanto.
«Non dirò certo a nessuno del vostro segreto… permettetemi di essere un vostro sacerdote» ghignò, divertito. Era straordinario vedere come in una persona le aspettative di potere si insinuassero e la cambiassero così profondamente. In un primo momento pensai che anche Abramo fosse caduto nella trappola della smania di importanza, di supremazia; ma mi bastò toccarlo dopo poco tempo per rendermi conto che la guerra che aveva deciso di combattere era totalmente ideologica. Odiava quei vampiri che avevano annichilito la razza: o comportandosi come bestie o vendendo il veleno, che lui riteneva sacro.
Ed era disposto a tutto, perfino a fingersi sacerdote di noi tre, che saremmo dovuti essere degli strani dèi.
«Ma come farai a far credere agli altri che siamo… divini?»
Era il mio obiettivo sin dall’inizio, ma l’avevo abbandonato, pensando che degli esseri tanto antichi e saggi non sarebbero mai e poi mai caduti nelle nostre strane trame.
«In tempi disperati si credono a disperate soluzioni» storse il naso, mostrando il fervente credente che c’era in lui «guarda cosa è successo in Galilea! Uomini… vampiri… ah, stessa pasta» si picchiettò una tempia «basta essere scaltri, Aro».
Chinò leggermente il capo come per congedarsi e uscì con un gesto tanto fluido e rapido da far sembrare che fosse semplicemente sparito.
Noi tre rimanemmo nella domus, passando anche intere giornate senza fiatare, tutti presi dall’ansia dell’attesa, la tensione dell’aspettativa e, almeno da parte mia, una curiosità che mi erodeva dentro.
Mi ero reso conto che i vampiri dell’Africa erano molto anziani, ma dai pensieri che ero potuto cogliere dal contatto con Abramo quelli che lui aveva intenzione di convocare erano ancora più antichi. Così mi chiesi come questi Antichi, come mi ero divertito a soprannominarli, avrebbero reagito, cosa avrebbero pensato di noi e, piuttosto superbamente, se avessero mai sentito il nostro nome.
Fu Caius a rompere questo silenzio trepidante ed eccitato, riportando sia me che Marcus sulla terra.
«Dobbiamo tornare in Italia» esordì una sera, mentre io stavo giocando divertito con un bellissimo gatto dal pelo corto e grigio. Marcus spostò l’attenzione dal papiro che stava leggendo – in quelle settimane aveva deciso di imparare a decifrare la vecchia lingua del Regno Egizio – al nostro compagno, scrutandolo interessato. Il sole era appena calato e la stanza era illuminata quasi a giorno da delle pregiate candele profumate.
«In Italia?»
«Sì, in Italia. Se quello che Abramo ha detto, ora come ora l’Italia è un territorio senza padroni, al centro del mondo, e noi potremmo veramente stabilirci»
«Dobbiamo aspettare Abramo» intervenni, prendendo in braccio l’animale che sembrava piuttosto docile. L’avevo preso più che altro per vedere se il mio potere funzionasse anche su esseri viventi diversi dall’uomo e dai vampiri, ma a quanto potei constatare loro erano gli unici a cui potevo accedere.
«E se qualcun altro lo prendesse? Se quel… Paolo si imponesse di nuovo?»
«Ha ragione Aro; quello che ha in mente Abramo è molto più grandioso e… duraturo» rispose Marcus, guardando intensamente Caius, che sembrava già mostrare i segni dell’insofferenza tipici di quando qualcuno non gli dava retta.
Prima che uno di noi due ribattesse avvertimmo tutti la presenza di altri nostri simili. Posai il gatto a terra che, istintivamente, corse via dalla stanza; ci alzammo tutti e tre e ci guardammo un attimo, indecisi se andare verso di loro o di attenderli lì.
Semplicemente affinando i sensi potevamo quasi distinguere i singoli individui e la cosa, in un certo senso, ci agitò. Fui il primo a muovermi e decidere di raggiungerli.
Solo in futuro mi accorsi che quel gesto fu il primo di tanti altri; situazioni in cui mi esposi, mi offrii per primo davanti a un pericolo o a una situazione nuova, trascinato dalla curiosità e dalla brama di raggiungere lo scopo prefissato, una qualità che Caius e Marcus, nonostante fossero anche loro determinati e decisi, non avevano.
Camminai velocemente, pur mantenendo un’andatura ancora umana e loro due mi raggiunsero dopo pochi istanti. Superate le numerose stanze vuote e mandati via tutti gli schiavi che trovai sul mio cammino, invitandoli a raccogliere anche gli altri e chiudersi nelle cucine inutilizzate, giunsi davanti all’enorme portone di legno intagliato che costituiva l’entrata.
Mi voltai verso i miei compagni, che si trovavano leggermente dietro di me e li fissai intensamente. Sapevamo che questo incontro sarebbe stato decisivo e avrebbe potuto segnare perfino la nostra fine se fosse stato gestito male; mentre rimuginavo su ciò nella mia mente ritornavano le figure che mi ero creato nei giorni precedenti, le facce immaginate di questi vampiri e vampire, e realizzai immediatamente che alcuni di loro, di sicuro, avrebbero avuto poteri speciali, come me e Marcus. Sbiancai e mi girai nuovamente verso di loro, di scatto, lanciandogli un’occhiata veloce. Mimai con le labbra la frase “non pensate nulla” e capii che Caius colse al volo questo indizio, annuendo quasi con fare militare.
Annuii a mia volta e chiusi gli occhi, rivolgendomi nuovamente verso la porta; presi un respiro e, dopo aver sollevato la trave che la chiudeva, aprii le due pesanti ante con un gesto naturale delle braccia.
L’immagine che si presentò a questi esseri ormai senza tempo dovette risultare piuttosto inusuale: un giovane ed emaciato vampiro, di appena qualche anno, con alle spalle altri due compagni sensibilmente più anziani.
Sorrisi immediatamente, lanciando un caloroso sguardo ad Abramo, che si trovava davanti a tutti. Egli si avvicinò e mi abbracciò; in quel contatto che ai vampiri dovette apparire dettato solo dall’affetto mi rese partecipe di numerose informazioni che captai all’istante, provando per un attimo quella fastidiosa sensazione di cui accusavo i primi tempi.
Feci finta di niente e cercai di riprendermi all’istante. Confrontai i pensieri di Abramo con le facce che mi ritrovavo davanti e riconobbi prima di tutte una bellissima donna dai lunghi capelli castani e mossi. Il suo viso era privo di qualsiasi tipo di cosmetico, e la stessa chioma le cadeva fin oltre i fianchi, senza essere ornata da alcun fermaglio. La sua veste, di un bianco quasi accecante, arrivava fino a terra, coprendole i piedi; era un vestito senza età, di quelli che probabilmente indossarono le mogli e sorelle dei faraoni e prima di loro le regine delle terre della Mesopotamia e, chissà, lo stesso abito con cui Eva si coprì per prima.
Nella mente di Abramo questa era segnalata come la più pericolosa e il suo ricordo era associato a del fuoco, solo più avanti capii perché.
Oltre a lei c’erano altri venti vampiri, tutti con volti severi e freddi, alcuni dei quali parevano così levigati dal tempo da risultare inespressivi.
«Entrate» sorrisi, facendo cenno a questi ospiti.
«Io sono Aro, e questi i miei compagni e fratelli Marcus  e Caius». Indicai i due rispettivamente, mentre essi continuavano a scrutare la massa di nuovi arrivati.”
Aro alzò un attimo lo sguardo e sospirò, notando che il cielo continuava a essere oscurato dalle nuvole, mentre queste si facevano ancora più fitte e iniziavano a essere squarciate dai lampi. Uno di questi sembrò scagliarsi a poca distanza, tanto che il rombo di ritornò tuonò per tutta la stanza, per alcuni secondi. Il vampiro rimase in silenzio e sorrise.
“Iniziò a piovere pure quella notte, non appena i vampiri secolari entrarono nella domus, si scagliò su Alessandria un temporale che durò per un’intera giornata.
La casa era abbastanza vicina alla costa e al porto, potevamo vedere la fiamma del faro che traballava, mentre il vento fischiava ferocemente tra le corde delle navi, percuotendole e sbattendole contro gli alberi maestri.
Facemmo accendere dagli schiavi numerose torce e candele e facemmo accomodare tutti nella sala principale, quella che avevamo ornato in modo più raffinato. Quattro delle cinque donne si accomodarono sedendosi elegantemente su un lettino, senza stendersi; l’altra, evidentemente, doveva essere la compagna di un vampiro tarchiato e di carnagione molto scura.
La forma stessa dei suoi lineamenti sembrava appartenere a un altro mondo. Per paura che il fissarlo lo infastidisse abbassai immediatamente lo sguardo, cercando quello dei miei compagni.
Marcus era rimasto ammaliato da tutte queste nuove persone, probabilmente quanto me. Io avevo ricevuto alcune informazioni da parte di Abramo, quindi li vivevo quasi come se fossero ricordi, memorie che mi tornavano alla mente senza che io volessi evocarle.
Fortunatamente di tutti questi nessuno possedeva un potere capace di leggere nelle menti, così mi rilassai e mi sedetti su una sedia di pelle, accanto a me si accomodò Abramo e Caius, Marcus alla destra del primo.
Rimanemmo tutti un attimo in silenzio; il primo a rompere il silenzio fu l’Ebreo.
«Sappiamo tutti di essere qui per disegnare le linee di un grande e importante futuro» si alzò e iniziò a parlare con voce modulata e ferma.
«Questi tre sono i Vampiri che hanno purificato la penisola italiana; che sono stati capaci di penetrare nel marciume della corruzione dei vampiri che vivevano lì, riuscendo a distruggerne le fondamenta ormai consumate dai loro stessi vizi, facendoli precipitare in un caos vicino alla pace» fece una pausa, sorridendo. Vidi la donna dai lunghi capelli sorridere nella nostra direzione; mentre un vampiro dalla pelle nera e gli enormi occhi bianchi posava la sua attenzione su Caius. Gli altri erano catturati dalle parole di Abramo.
«Ma di questo ve ne ho già parlato, mentre vi convincevo a seguirmi nella dimora di questi messaggeri divini, coloro che riusciranno a portare un nuovo ordine nella nostra specie, a estirpare tutti coloro che vivono come animali, incapaci di rendersi contro della grandezza della nostra condizione» prese fiato, per continuare la sua arringa, ma dentro di me provai il bisogno di intervenire, di non risultare solo un essere inanimato, alimentato da leggende.
«Abbiamo ucciso Emiliano» dissi, di colpo. «Emiliano e i suoi. In sole due notti» guardai Marcus e Caius e li indicai «con queste mani, giovani e forse inesperte rispetto alle vostre, abbiamo dilaniato le loro membra, gettandole nelle fiamme. Mani guidate dagli dèi, dalle divinità che hanno finalmente deciso di provare pietà per la nostra razza e hanno inviato noi tre a compiere questo gesto di amore» sorrisi, amichevolmente e allargai le braccia.
«Vogliamo solo il vostro appoggio, fratelli», chinai leggermente il capo e feci un passo all’indietro, quasi a sottolineare il mio sottomettermi a loro.
Vidi Caius che a questo gesto si tese, probabilmente dentro di sé non capiva come potesse esserci utile tanta modestia; ma stavamo avendo a che fare con esseri che, se solo avessero voluto, si sarebbero potuti scagliare contro di noi ed eliminarci senza troppa fatica; più potenti di noi, ma non più saggi, o più furbi.
Vidi un uomo dagli occhi di un rosso più brillante degli altri farsi avanti, sorride affabilmente e annuire.
«Il mio nome è Griol» si posò una mano sul petto, notai che tutti i suoi gesti sembravano molto più lenti e innaturali rispetto ai nostri, quasi come se il tempo per lui fosse diventato così tanto da non possedere più una vera e propria concezione di esso. «Ho saputo molto di voi, i vostri nomi sono risuonati fino alle segrete sorgenti del Nilo, tra le foreste che crescono rigogliose oltre l’arido deserto; ho saputo che siete capaci di percorrere distanze enormi in pochi istanti e vedo nei vostri occhi la fiamma di una passione che arde con furia» fece una pausa e riprese «sono curioso di scoprire qualcosa di più rispetto a voi, cercando di scoprire, se vorrete, i vostri segreti» si voltò un attimo verso Abramo e chinò un’altra volta la testa «mi fido di voi e delle vostre parole, e mi unirò fedelmente alla vostra causa».
Caius lo stava osservando e seguendo il suo sguardo attento mi accorsi delle numerose cicatrici che solcavano le braccia candide di quel vampiro. Una serie di mezzelune cicatrizzate, che a una prima occhiata potevano quasi apparire dei tatuaggi dalla foggia orientale.
«Grazie Griol, il tuo aiuto ci sarà caro» rispose cordialmente Marcus, alzandosi per salutarlo ufficialmente. Ma il vampiro, probabilmente non abituato ai rituali romani, invece che stringergli soltanto la mano, lo abbracciò con grande forza, avvolgendolo in un abbraccio che tolse per un attimo il fiato al mio compagno.
Fece lo stesso anche con me, per poi avvicinarsi sorridente a Caius, che sembrava piuttosto restio all’abbandonarsi tra le braccia di questo uomo dai capelli ricci e scuri. Marcus e io gli lanciammo uno sguardo eloquente, quasi obbligandolo ad accontentare la calorosa adesione di Griol, e lui si alzò, tentando di sorridere, ma ottenendo come effetto soltanto un ghigno sofferente.
Dopo di Griol si presentarono tutti e tutti aderirono senza troppi problemi alla nostra causa. Abramo, a quanto pareva, era riuscito a persuaderli alla perfezione, convincendoli della nostra divinità, dell’importanza della nostra missione.
Mi domandai se quella sensazione di invincibilità e potenza, di importanza assoluta, di superiorità fosse la stessa che prova un Dio mentre al suo cospetto si inchinano i folli credenti. Furono momenti in cui iniziai ad assaporare veramente quello che poi in futuro sarebbe poi diventato il mio pane quotidiano: l’ubbidienza e il rispetto di vampiri che si sottoponevano a me per loro totale volontà.
Non si trattava di mettere al loro collo catene pesanti, dopo averli pestati a sangue, ma di averli legati a me con fili sottili e invisibili, come quelli con cui una religione lega a sé gli uomini, con la promessa di un mondo migliore, di giustizia e ordine”.
Aro si fermò nuovamente, per la prima volta a metà della frase; di scatto alzò lo sguardo verso il Dio proteso e sorrise in modo maligno, puntando a sua volta il dito verso di lui.
“Ma io non ho fallito! La giustizia, l’ordine, la sicurezza… ovunque la nostra specie può farle sue, può venire tutelata. Io non abbandono i figli che agiscono correttamente” indicò di scatto la scena del giudizio universale e sibilò “lo vedi? Te, tuo figlio, con che sguardo fissate la coltre di dannati che viene risucchiata dall’inferno? Lo sdegno, lo schifo… io li accolgo, io li stringo tra le mie braccia e li salvo dalla perdizione. L’ordine, la precisione, la giustizia… sono di questo mondo! Sono quelle che IO ho creato!” respirava faticosamente e abbassò mollemente il braccio, chinando il capo. Respirava piano, quasi assaporando l’aria che inalava “io…” sussurrò nuovamente, prima di crollare a sedersi e chiudere gli occhi.
“Tutti si erano uniti a noi senza fare problemi, tutti abbracciandoci e permettendomi quindi di scoprire tutta la loro vita; ne rimanevano solo due: una era la donna dai lunghi capelli, quella del fuoco, l’altro un uomo dagli occhi sottili e una barba incolta e selvaggia che gli copriva gran parte del viso. Avevo notato che era dall’inizio della serata che fissava me e i miei fratelli con aria di sfida ed era rimasto nell’ombra per tutto questo tempo, evitando il contatto con gli altri che, al contrario, si erano andati via via sciogliendo e ora iniziavano a parlare tra di loro.
«Dèi…» sogghignò, facendo un passo in avanti «voi quindi dite di essere dèi…».
Tutti nella sala si tesero e prestarono immediatamente attenzione al vampiro, che non sembrava promettere nulla di buono.
Abramo si mosse, velocemente, parandosi immediatamente davanti a me.
«Sono dèi, sì» sibilò, minacciosamente «e se non credi che essi siano tali ti conviene uscire da questa casa e non avvicinarti mai più a loro».
Caius pure si era alzato e si era avvicinato a noi, fiancheggiando Marcus che era visibilmente preoccupato.
«Dèi! Ho più di mille anni, Ebreo, credi ancora che io creda a tali idiozie!?» sputò a terra con rancore, un veleno nero e vischioso, che macchiò il mosaico bianco e delicato del pavimento.
«Se non credevi nella loro grandezza, allora perché mi hai seguito, Kael?»
Il vampiro sporse leggermente la testa, fissando il suo sguardo maligno su di me, che cercavo di apparire il più calmo e tranquillo possibile. Nei suoi occhi vedevo una rabbia animalesca, pronta a liberarsi e, considerando la fortuna che avevo avuto negli ultimi attacchi, ero pronto a scommettere che la vittima di tale furore sarei stato io.
Quasi rassegnandomi al fatto, non appena vidi i suoi muscoli tendersi, mi preparai al contrattacco, sperando che anche gli altri intervenissero.
«Sporchi romani, ciarlatani senza pudore!» ringhiò, prima di gettarsi contro di me e di scostare con un gesto brusco Abramo.
Ringhiai e accusai il colpo, mentre mi sbatté a terra.
Usai tutte le mie forze per togliermelo di dosso e vidi che già tutti erano scattati per aiutarmi, con mani ovunque tese a staccarlo da me. Con un calcio lo sbalzai via e mi tirai immediatamente su, aiutato da Marcus che sibilò nella direzione di tale Kael. Avevo visto i suoi pensieri, mentre spingevo via la sua faccia e i suoi artigli dal mio collo. Erano furiosi, confusi, sporchi di sangue e guerre; l’odio li muoveva e nella sua vita non c’era altro.
Prima che potesse riattaccarmi, però, lo vidi crollare in avanti, in ginocchio; gli occhi, di quel rosso che mi aveva tanto colpito, si fecero di colpo vitrei e si rovesciarono; allargò le braccia, come se stesse pregando, in una sorta di estasi mistica. Di colpo le sue orbite parvero svuotarsi e gli occhi si trasformarono in un’inquietante poltiglia bianchiccia che colava da esse.
Kael lanciava urla disperate e rabbiose, mentre cadeva a terra, urlando e rotolando. Era come se stesse cercando di spegnere delle fiamme; proprio mentre notavo questo suo atteggiamento dalla bocca e dalle narici esplosero due guizzi di fuoco, seguiti da altri quattro che uscivano dalle rispettive orecchie e occhi.
Indietreggiammo tutti, allarmati, mentre il corpo velocemente veniva distrutto dall’interno, dalle fiamme che agivano con una furia meticolosa, che erodeva e scarnificava tutto  con rapidità.
Nel giro di qualche minuto, in cui nessuno osò fiatare, del vampiro non rimase altro che un sottile strato di cenere che si diramava sul pavimento come fosse un’ombra del suo vecchio proprietario.
Marcus, Caius e io rimanemmo senza parole, fissando, come tanti altri, quei resti miseri.
Ma altri vampiri, ben più esperti di noi, tra cui Abramo, avevano alzato lo sguardo e l’avevano puntato contro la figura della donna dai lunghi capelli, che era rimasta in disparte per così tanto tempo.
«Kael… gliel’avevo sempre detto che il suo odio avrebbe finito per consumarlo» sorrise innocentemente, mentre un risolino si alzava tra i vampiri che stavano alle mie spalle. Era  stata Yawe a ridere, la donna con il compagno.
Abramo chinò il capo e mormorò, rivolto a me: «ringraziala».
La guardai subito e rimasi ammaliato dal taglio sottile dei suoi occhi e dagli zigomi alti e ben modellati. Aveva dei denti bianchissimi, che si notavano appena tra le labbra tese in un sorriso.
«Grazie…»
«Eva».
La fissai ancora più stupito, poi sorrisi tra me e me, cercando di ritrovare la compostezza iniziale. «Grazie Eva, ti sono debitore».
La donna si avvicinò a me e ai miei tre fratelli. Tutti trattenemmo il fiato, ma facemmo di tutto per non dimostrare il timore che il suo micidiale potere aveva fatto nascere in noi.
«Sembrate interessanti» sussurrò, una voce che sembrava più il sottile tono di un’apparizione mistica, «mi farà piacere seguire le vostre mosse».
Deglutii e le porsi la mano, in segno di amicizia. Lei scoppiò a ridere, di una risata forte e cristallina, che strideva molto con il tono delicato di appena un istante prima. Quando rovesciava la testa i suoi capelli apparivano ancora più lunghi.
«Non amo molto le formalità» mormorò, mettendosi in punta di piedi e sfiorandomi con un labbro il lobo dell’orecchio. Rabbrividii, catturato dalla sensualità delle sue azioni. Avevo una voglia incredibile di toccarla e di poter vedere tutto ciò che i suoi modi ammalianti nascondevano, ma mi resi conto che era troppo potente per osare tanto, così rimasi immobile.
Eva si staccò e sorrise anche ai miei due fratelli, abbracciandoli e posando due baci delicati sulle loro guance.
Ci superò come se niente fosse accaduto e si addentrò nei meandri della domus, con tranquillità, sapendo già molto bene che quella sarebbe divenuta la sua futura casa.


Angolo Autrice:
dopo secoli, anche se di fretta, aggiorno. :D
Per farmi perdonare ho inserito un capitolo un pochino più corposo ;) sono quasi due pagine in più rispetto agli ultimi.
Ecco... per scrivere questo mi sono divertita, mi è sembrato finalmente un po' più movimentato degli altri e si iniziano un po' a vedere i meccanismi che Aro e i suoi fratelli (credo che sia la prima volta che in questa storia li chiama così) instaurano con gli altri.
Eva... Eva è un personaggio che mi piace, già da quando l'ho pensato la prima volta, e nei prossimi capitoli assumerà una certa importanza.
Ah! Credo che nel prossimo incontreremo una nostra cara conoscenza ù_________ù si accettano scommesse su chi XD

   
 
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Libri > Twilight / Vai alla pagina dell'autore: Ulissae