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Autore: venusia    18/03/2012    2 recensioni
Prima parte - POV Bella (cap.1-19)
Siamo alla vigilia del matrimonio di Bella ed Edward quando Alice ha una visione: i Volturi piomberanno a Forks il giorno della cerimonia! Perché? Qualcuno ha violato le regole dei signori di Volterra? E come mai Alice non riesce a prevedere l'arrivo di Tanya?
Seconda Parte - POV Rosalie (cap.20-49) POV Bella (cap.50-59)
Desirèe, la figlia adottiva di Tanya, è stata dichiarata fuorilegge dai Volturi, e così pure Bella che le ha dato rifugio. Come si comporteranno i Cullen, tutti, tranne Rosalie, indifferenti alle vicissitudini di Desirèe? E il branco, che anch'esso ha voltato le spalle a Desirèe, pur essendo per metà umana e oggetto dell'imprinting di Seth?
Terza parte - POV Jacob (cap.60-epilogo)
L'inaspettata decisione di Bella di lasciare Edward aveva spalancato le porte del paradiso a Jacob, ma il combattimento con Demetri gliel'ha strappata, forse, per sempre. Mentre i Volturi si preparano alla battaglia finale per eliminare i ribelli, Jacob raccoglierà il difficile ruolo di Alfa del branco e capirà finalmente che il sole e la luna non sono poi così distanti.
Genere: Drammatico, Fantasy, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Edward Cullen, Isabella Swan, Jacob Black, Nuovo personaggio, Rosalie Hale
Note: OOC, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Eclipse
Capitoli:
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Continuai a guardarmi allo specchio, ponendomi delle domande a cui la mia immagine riflessa doveva darmi una risposta. Ma per quanto la interrogassi, non riuscivo a ottenere nulla di ciò che avevo bisogno di sentire.
Avevo commesso un’azione spregevole. Non soltanto per me, ma soprattutto per Emmett. Se glielo avessi confidato, mi avrebbe detestato, e non avrei saputo dargli torto. Io stessa mi stavo odiando per quello che era successo poco fa. Non volevo nascondermi dietro false ipocrisie: avevo ricambiato il suo bacio. Un gesto che era nato come una sopraffazione, era diventato un invito. Ora, a mente fredda, non comprendevo che cosa mi avesse spinto in quel momento. Quando mi aveva tolto le mani dalle braccia, avrei potuto respingerlo facilmente, e invece non l’avevo fatto. Ero rimasta inerte, come una bambola.
Era bollente. Il calore che emanava mi aveva riscaldato. Per un attimo non avevo più avvertito il gelo del mio corpo, come se fossi tornata umana, come se la mia trasformazione non fosse mai avvenuta. Tuttavia questo non poteva essere una giustificazione al mio comportamento. Baciare Jacob aveva significato tradire me stessa e tutti i sentimenti che provavo per lui. Come se tutto l’odio che avevo sempre nutrito si fosse estinto di colpo. Ma era stato proprio quest’ultimo a portarci a quella situazione. Quel sacco di pulci aveva semplicemente voluto umiliarmi, farmi sentire inferiore e io, stupidamente, l’avevo anche esaltato. Adesso credeva che io non avrei desiderato altro che ripeterlo. Cosa assurda e assolutamente impensabile. Mi stavo odiando mortalmente, solamente per la soddisfazione di cui lui adesso si stava pascendo. Il solo pensiero mi avrebbe indotto a correre fino a La Push per ucciderlo e se lo avessi eliminato, avrei anche soppresso il mio senso di colpa: sarebbe stato come se non fosse successo niente.
Tutto questo non faceva altro che accrescere il mio rancore verso di lui. Il suo comportamento era stato spregevole. Si era approfittato della situazione, e ora dovevo vendicarmi in qualche modo. Ero stata una stupida a non farlo subito, soltanto per un insensato senso del dovere nei confronti di Carlisle e Desirèe. Ma dovevo assolutamente recuperare l’occasione perduta. Non mi importava più se avrei scatenato una guerra con il branco. Almeno la mia sete di vendetta sarebbe stata placata.
Continuai a fissarmi allo specchio. E nonostante la mia rabbia crescesse ogni secondo che passava, sempre quella maledetta domanda mi ronzava nella testa: perché non l’avevo allontanato quando ne avevo avuto l’opportunità? Era stata semplicemente una ripicca da parte di un bambino stupido e immaturo, ma il modo in cui mi aveva guardato poco prima di posare le labbra sulle mie, come mi aveva abbracciato, mi aveva fatto sentire desiderata come mi era successo poche volte nel corso della vita. E, inutile dirlo, mi aveva dato soddisfazione, nonostante fosse stato lui a provocare in me tale reazione. Questa era nata certamente dalla mia insensata bramosia di essere considerata la più sensuale fra tutte le donne.
Non avevo mai avuto bisogno di conferme. Tutti avevano sempre affermato che io ero la più bella ragazza che avessero mai incontrato. E non si trattava solo complimenti di cortesia: lo ero davvero. Ma tanta avvenenza mi avrebbe mai portato la felicità? Ne ero sempre stata persuasa fino al giorno in cui morii, ma ora sapevo che si era trattata di un’arma a doppio taglio. Se fossi stata meno appariscente, probabilmente non sarei stata trasformata. Avrei avuto la mia vita normale e sarei morta come qualsiasi essere umano. Invece ero ancora qui a pormi stupide domande sul perché non avevo respinto un licantropo. Mi sfiorai le labbra. Non era mai accaduto che qualcuno mi avesse baciato contro la mia volontà.
Una nube offuscò la mia convinzione. I miei occhi color topazio diventarono lucidi.
Una volta era successo. Quella maledetta sera. La mia immagine riflessa ne sarebbe rimasta un eterno ricordo. Il mio viso si era bloccato a quel momento e mi avrebbe rammentato per sempre ciò che tentavo di rinnegare con tutte le forze.
Distolsi lo sguardo dallo specchio, cercando di scacciare quel tremendo senso di oppressione. E ci riuscii. Ricominciai a pensare a come uccidere Jacob: non avevo mai immaginato che quel cagnaccio mi avrebbe aiutato a scappare da me stessa. Mi sfuggì persino un sorriso.
Ripresi a pettinarmi i capelli. Erano morbidi, così lucenti. Mi piaceva accarezzarli e passare le mani fra le ciocche. Mi rilassava e mi faceva sentire serena.
“Hai davvero dei bellissimi capelli, Rosalie”: questa frase sprezzante mi rimbombò nel cervello.
No. Scossi testardamente la testa. L’avevo scacciato poc’anzi. Non poteva essere ritornato. Mi tappai le orecchie con le mani per cercare di zittire quella voce. Chiusi gli occhi e un silenzio rassicurante inondò la mia mente. Dopo pochi istanti tornò ad ossessionarmi.
Anche quella sera, lui aveva passato le mani fra i miei capelli, mi aveva baciato con la forza e si era fatto beffe di me. Ma non si era fermato solo a quello. Non potevo dimenticarlo e mai sarebbe accaduto. Sentii nuovamente quelle fitte lancinanti al ventre. Le stesse fitte che sentivo da quella sera ogni volta che ci pensavo. Mi piegai su me stessa, come se non riuscissi a respirare. Appoggiai le mani, come per alleviare la sofferenza. Ma fu inutile. Il dolore pareva spaccarmi in due. Avrei quasi voluto piangere, ma mi sforzai di non farlo. Sapevo benissimo che era soltanto una mia fantasia.
Quando il dolore scomparve, mi passai le mani sul volto sconcertato e le fissai.
Quella sera erano sporche di sangue. Del mio sangue. Anche i vestiti ne erano impregnati. Ricordai il ribrezzo per quell’orribile visione, la puzza forte e penetrante che mi aveva avvolto. L’avevo sentita ovunque, insieme al dolore.
Quella sera fu l’unica volta in cui maledii la mia bellezza. Se fossi stata più banale, probabilmente non mi sarebbe successo niente. O forse sì, perché non erano stati dei semplici ragazzi di passaggio a farmi questo, ma il mio futuro marito coi suoi amichetti. Lui, quello che avrebbe dovuto amarmi più di se stesso. Ma io non l’avevo mai amato e evidentemente la cosa era stata reciproca. Ero morta cullandomi nell’illusione che anch’io avrei avuto la vita che sognavo come Vera, la mia migliore amica. Lei che si era sposata con un ragazzo di ceto più basso del suo, ma, nonostante questo, era felice. Quando ero uscita da casa sua quella sera, avevo sentito un senso di spossatezza, come se avessi già intuito che la mia scelta fosse sbagliata. Ma, ripensandoci, non avevo mai avuto una scelta. I miei genitori avevano deciso per me e io mi ero adeguata, lusingata dalla vita ricca di beni materiali che avrei avuto, al contrario di lei.
E invece era stato tutto un colossale sbaglio, e me n’ero accorta troppo tardi. In quel momento. Tutto aveva avuto un senso solo allora. Avevo visto tutta la mia frivolezza e avidità, e fu mia la colpa di quello che successe.
Quando casualmente li incontrai, erano ubriachi e io troppo provocante, secondo loro, per resistere. La trasformazione non aveva avuto pietà nemmeno in questo: tutto era rimasto scolpito nella memoria. Con selvaggia veemenza mi avevano buttato a terra. Avevo provato a scappare ma mi avevano afferrato per i capelli, proprio quei bellissimi capelli decantati da tutti, anche da lui. In un attimo me li ero ritrovati addosso. Li pregai di lasciarmi andare, ma non ebbero alcuna indulgenza. Quello che successe dopo fu qualcosa di infernale. Ricordavo ogni singolo istante: i vestiti lacerati, gli schiaffi per farmi stare ferma, le risate di scherno. L’aria si era riempita di urla e lacrime, ma niente li aveva fermati.
Il terrore si trasformò nella consapevolezza che la tortura sarebbe continuata a lungo. Si stavano divertendo un mondo mentre il giocattolino tentava di reagire ogni volta che sentiva le loro mani sul suo corpo. Infine mi rassegnai mentre il dolore e gli spasimi quando li sentivo dentro di me mi toglievano pian piano il respiro. E fu allora che chiusi gli occhi e iniziai a pregare che finissero in fretta oppure che Dio mi prendesse al suo fianco.
Poi improvvisamente non sentii più niente. Socchiusi le palpebre. Ero sola. Cercai stancamente di rialzarmi e fu allora che vidi le mani, le gambe e parte del ventre coperti di sangue. Non avevo nemmeno più forze e poi perché darsi disturbo? Ormai ero finita. Crollai di nuovo a terra e fissai la luna che splendeva. Ero immersa nella neve e sentivo il gelo togliere pian piano sensibilità a ogni parte del corpo. Mi girai su un fianco e mi ranicchiai. Non lo feci per tentare di scaldarmi e quindi sopravvivere, ma solo per proteggere ciò che restava del mio orgoglio e della mia ingenuità. Di nuovo chiusi gli occhi, invocando che qualche angelo dal cielo mi portasse via e mi lavasse da tutto quel sudiciume. Quell’angelo arrivò sotto forma di vampiro e fece ciò che io non volevo.
Avrei desiderato solo morire, ma Carlisle mi salvò. Avrei dovuto essergliene grata, ma una parte di me lo odiava a morte. Io volevo spirare e non portare più questo fardello: sentire il dolore dentro di me e contemporaneamente fare finta di aver superato tutto, soltanto per evitare la telepatia di Edward e non far intuire agli altri quanto invece ne soffrissi ancora. Era tutto dentro il mio cuore, ma annegato in un oceano di banalità per nasconderlo a tutti, anche a me stessa. Ma a volte, come in questo momento, riemergeva, e non potevo ignorare che quella ferita fosse ancora aperta e che mai si sarebbe rimarginata.
Avevano distrutto la mia esistenza, i miei sogni. La vita mi era stata ridata da Carlisle ma a che prezzo. Il prezzo di passare ogni attimo come una condanna. Se mi avessero ucciso, sarebbe stata una benedizione. Invece avevano voluto privarmi di tutto.
Quella violenza non l’avrei mai dimenticata. Avrei solo potuto fare finta che non fosse mai successa, come avevo fatto negli ultimi ottant’anni. Tutto per far credere che Rosalie Hale non si facesse abbattere da niente e nessuno e che tutto la accarezzasse come acqua. Una ragazza forte che non conosceva sofferenza né punti deboli. Adesso dovevo solo convincermi nuovamente di questo. Ce l’avrei fatta, come sempre. Non gli avrei mai dato la soddisfazione di distruggermi, perché nulla poteva scalfirmi. Nulla. E continuai a ripetermi queste parole all’infinito fino a suggestionarmi. Ma per quanto tempo sarebbe durato prima che quel pensiero bussasse di nuovo?
Poi udii un lieve tocco sulla porta.  
Sollevai velocemente il viso dalle mani. Alice entrò in camera. Aveva un’aria serena e il suo tranquillizzante sorriso dipinto sulle labbra.
“Ti disturbo?” domandò.
“No, affatto”.
Si avvicinò e l’inquietudine ombreggiò i suoi occhi. “Cosa è successo, Rose? Hai una strana espressione e non mi piace affatto”.
“Niente…” sospirai. Poi un fulmine illuminò la mia mente. “Dov’è Edward?” domandai allarmata.
“E’ uscito poco dopo il tuo arrivo. Ha accompagnato Bella a casa e resterà con lei tutta la notte, come al solito. Perché?”.
“Curiosità”.
Mi fissò. “Non volevi che sentisse i tuoi pensieri, non è così?”.
Alice certe volte era troppo intuitiva. Non riuscivo ad ingannarla facilmente. “Qualcosa di grave? A giudicare dalla faccia si direbbe di sì…”.
“No. Stupidaggini. E’ per questo che non volevo ascoltasse. Ha già un’opinione troppo infima di me…”.
Continuò a guardarmi perplessa. Non l’avevo convinta. Ma non volevo parlargliene, come non volevo che Edward avesse sentito, altrimenti entrambi avrebbero frainteso. Io non ci pensavo più. Il fatto che in quel momento mi fosse tornato in mente, non voleva dire che ancora lo ricordassi o, peggio, ci stessi male. L’avevo cancellato definitivamente.
“Come vuoi” mi accontentò. “Piuttosto, sono venuta per quello che è successo con Jacob”.
Sgranai gli occhi.
“Allora? Eri molto agitata prima e il fatto che Edward si sia messo a ridere in quella maniera mi ha fatto preoccupare. Inoltre pochi minuti fa hai preso una decisione: vuoi ucciderlo. Qual è il motivo?” mi domandò.
“Niente di che. L’ho detto prima. Abbiamo avuto una scaramuccia e basta. Il fatto che lo voglia uccidere non è una novità. Sai che l’ho sempre odiato” minimizzai.
“Sì, è vero, però non avevi mai preso la decisione. Vuol dire che è successo qualcosa di grave. Che diavolo ha combinato stavolta?”.
“E va bene” sbuffai. “Ero arrivata molto vicina al confine con La Push, senza accorgermene. E lui mi ha trovato lì. Come al solito, ha iniziato a stuzzicarmi, ma io non avrei risposto, se non me lo fossi ritrovato addosso. Da lì è partita una piccola rissa…”.
“Una rissa?! Ma si è trasformato?”.
“No. E’ rimasto umano”.
“Beh, allora non voleva farti del male…”.
“Fondamentalmente neanche io, altrimenti ti posso assicurare che sarei andata molto più pesante. E’ stato semplicemente un giochino”.
“E com’è andato a finire il giochino?” chiese divertita.
“Ho perso” risposi a malincuore.
“Hai perso?! Non ci posso credere! Ti sei fatta battere da un licantropo e, per giunta, nemmeno trasformato?! Rosalie, mi meraviglio di te. Ti sei rimbambita?!” rise.
Misi il broncio. “Ti ho detto che era un giochino e comunque ho perso semplicemente per un colpo di sfortuna. Se quel maledetto ramo non avesse ceduto, avrei vinto io”.
“Che ramo?”.
Le raccontai sommariamente del nostro piccolo combattimento e anche lei alla fine convenne che si era trattato solo di scalogna.
“E sei così arrabbiata con lui per una sconfitta che tu stessa ammetti essere frutto del caso?! Non credo. Cos’è successo dopo? Te lo sei ritrovato sulle gambe e poi…”.
Mi morsi il labbro inferiore. Non avrei dovuto raccontarle questa storia. Adesso mi vedevo costretta a ultimarla. “Mi ha baciato” dissi tutto d’un fiato.
Alice aggrottò la fronte e si sedette sul bordo del letto, sconcertata. Il suo sguardo rimase per qualche secondo fisso nel vuoto, poi le scappò una risatina. “Non ci posso credere” esclamò.
“Non dirmi che anche tu ti metti a ridere perché se lo devi fare, allora, per favore, esci dalla camera”.
Tornò seria. “Non sto ridendo. Sono semplicemente stupefatta. Non credevo che mai in vita mia avrei sentito una cosa del genere raccontata da te”.
“Beh, neanche io lo credevo. Ti posso assicurare che è stato un incubo. Non riuscivo a scrollarmelo via e così ho dovuto patire in attesa che si allontanasse di sua volontà. E’ stato orribile” mi sfogai, appoggiando una mano sulla fronte.
“Posso immaginarlo. Capisco perché sei così arrabbiata e hai assolutamente ragione. Ma che cavolo gli è saltato in mente? E’ ammattito!”.
“Io devo ucciderlo, Alice. Non posso fargliela passare liscia” sibilai, trattenendo a stento la rabbia.
“Sì, certo, posso comprendere, ma…” tentennò. “Ucciderlo per questo motivo sarebbe assurdo”.
“Cosa intendi dire?”.
“Se lo uccidi, scatenerai una guerra col branco. Ne sei consapevole, no? E un bacio rubato non è propriamente una motivazione valida. Saresti dalla parte del torto”.
“Dalla parte del torto?! E allora quando sarò dalla parte della ragione? Quando lui ammazzerà me?” mi infuriai.
“Non ti ucciderà. E il fatto che non si sia trasformato ne è la prova”.
“E allora, cosa vuol dire? Che devo lasciargli fare tutto quello che vuole, perché tanto non mi ucciderà?!”.
“Oh, andiamo!” disse, cercando di smorzare la tensione. “E’ stato soltanto un innocuo bacetto, spregevole e irritante certo, ma solo un bacetto. Non ti ha mica…” e si fermò di colpo.
Le diedi le spalle. Avevo capito perfettamente cosa intendeva dire e non mi piacque affatto. Sentii un dolore nel petto, come se mi ci avessero infilato un coltello. Cercai di soffocarlo, di fare finta di non averlo sentito.
“Scusami, Rose, non intendevo… Mi dispiace” disse mortificata.
Buttai giù il groppo in gola e mi voltai nuovamente verso di lei, accennando uno dei sorrisi più falsi della mia vita. “Non ti preoccupare. Non è un problema. Non lo è più da tempo”.
Tacque a lungo, come se si sentisse a disagio e aspettasse un mio cenno per continuare la conversazione da dove era stata interrotta.
“Bacetto o meno, io lo ammazzerò. E nessuno potrà fermarmi” ripresi.
“Se hai un po’ di pazienza, lo faranno i Volturi al posto tuo”.
“No, voglio farlo io, altrimenti non mi sarò vendicata!”.
Alice non rispose: sembrava assorta nei suoi pensieri. Poi finalmente affermò:“Per farlo devi trovare una motivazione valida, così saresti giustificata ed eviteresti la rottura del patto”.
“E quale sarebbe?”.
“Non so” alzò le spalle. “Dovresti aizzarlo, in modo tale da farti attaccare. Ma dovrebbe accadere in maniera molto violenta, così potresti ucciderlo per legittima difesa. Però se devo essere sincera, è un ragazzino irruente, ma non mi sembra idiota. Credo che sarà molto difficile farlo arrivare a questo punto”.
“Non ho idea di cosa potrei fare per aizzarlo. Lui con me ci riesce benissimo, ma non è detto il contrario…”.
“Senti, lascia perdere. Non ne vale la pena. L’ha fatto per farti infuriare e ci è riuscito. Punto. Combattere non è il caso, anche perché se lo provochi davvero, potrebbe finire male”.
“Stai forse insinuando che perderei?” replicai offesa.
“No, non dico questo. Dico semplicemente che è inutile rischiare la vita per una cosa tanto banale”.
Stavo per risponderle a tono, quando chiarì il suo pensiero:“Non è banale, lo so. Se fosse successo a me, anch’io sarei infuriata, però adesso non si può intraprendere una guerra. Né tanto meno una battaglia con lui. Potrebbe rivelarsi utile…”.
“Utile? Quel cane pulcioso?! Difenderò io Desirèe al suo posto”.
“Sai che non sono d’accordo, comunque, più si è, meglio è”.
“Uffa. E va bene aspetterò la fine di tutto questo. E se sopravviverà, sarò io a porre fine ai suoi giorni. D’accordo?” sorrisi soddisfatta.
Alice rise. “Quando ti ficchi in testa una cosa, sei terribile! Mi piacerebbe essere ancora viva per vedere mentre lo fai fuori!”.
“Spero che tu lo sia” dissi seria.
“Lo sarò, Rose” mi rassicurò. “Ce la faremo. Come è già successo…”.
“Vorrei crederci. Ma questa volta non sarà così. Spero soltanto che qualcuno si salvi…”.
“Sei proprio convinta di voler sostenere Tanya? Nessuno ti obbliga”.
“Il mio affetto per lei e Desirèe mi obbliga, come il vostro a difendere Bella. Comunque, siete voi quelli più in pericolo. Sanno dov’è Bella ma Desirèe per il momento no. Finché non la trovano, lei è molto più al sicuro della tua futura cognata”.
“Stavolta hai ragione. A ogni modo alla fine io sopravviverò perché…”.
“Perché?”.
“Perché voglio vederti uccidere Jacob!” rise divertita.
“Non vedo l’ora che venga quel momento!”.
Quando terminò di ridere, mi fissò a lungo. “Cosa c’è?” chiesi.
“Sai, da quando hai conosciuto il branco, e Jacob in particolare, sapevo che prima o poi saremmo arrivati a questo punto. Tu odi troppo quella razza”.
“Sono puzzolenti, insolenti, arroganti e presuntuosi. Sono insopportabili e la loro presenza su questa terra è inutile. Non capisco perché siano stati creati”.
“Questa è soltanto la descrizione di Jacob. Non sai come siano gli altri… Non puoi dare giudizi su persone che non conosci soltanto perché diversi da te. Stai facendo con loro la stessa cosa che hai fatto con Bella”.
“Non è vero” risposi infastidita. “Con lei il discorso è differente. In ogni caso non capisco perché tu li difenda”.
“Semplicemente perché non li conosco. Sono diversi da noi, ma ritengo che si potrebbe convivere tranquillamente, anche senza il patto”.
“No” esclamai risoluta. “Non si può convivere. E poi loro sono i primi che ci odiano. Ci attaccherebbero subito, se potessero”.
“Non lo credo. Sam mi sembra una persona coscienziosa. Non scatenerebbe una guerra con noi, senza valide motivazioni. E fra queste non è incluso un bacetto innocente”.
Mi alzai di scatto. “Perché diavolo continui a dire che sia una motivazione stupida?! Per me non lo è! Sembra che lui possa fare tutto quello che vuole, mentre io devo sopportare. Sono stanca. Non fa altro che provocarmi. Lo fa perché vuole la guerra, e sa che con me può scatenarla facilmente”.
Scosse ostinatamente la testa. “Non è così. Non lo conosco, ma non credo che sia pazzo. Una guerra adesso sarebbe controproducente e lo sa anche lui. Però su una cosa ti dò ragione: lo fa apposta, ma, secondo me, vuole soltanto combattere. Niente di più. Poi sto cominciando a nutrire dei dubbi anche sul vostro odio reciproco…”.
“Ma che stai dicendo? Come ti permetti di dire una cosa del genere? Io lo odio e mi sembra abbastanza chiaro!” affermai duramente.
“Non sto dicendo che non lo odi, anzi. Piuttosto è il contrario su cui nutro dei dubbi”.
La osservai incuriosita. “Non mi sembra molto logico baciare una persona che odi alla follia, soltanto per farla infuriare. C’erano altri mille modi diversi per farlo. Perché scegliere proprio questo?”.
“Non lo so” alzai le mani al cielo. “Perché è contorto?! Oppure sapeva che questo era il modo più sicuro per farmi arrabbiare. E torniamo al discorso originario: lui vuole la guerra, Alice!”.
Arricciò le labbra, poco convinta poi esclamò:“Mi sembra strano ugualmente. Se l’ha fatto davvero per questo, allora fai bene ad ammazzarlo! Ma un bacetto non mi sembra abbastanza…”.
Sbuffai pesantemente. “Insomma, vuoi smetterla di chiamarlo bacetto innocente?!” dissi piccata.
“E come lo dovrei chiamare? In fondo ti ha solo sfiorato le labbra. Non può aver fatto niente di più, senza la tua partecipazione”.
“Mi ha toccata e questo è più che sufficiente” risposi prontamente. Neanche a lei potevo dire che cosa era successo dopo. Chissà cosa avrebbe pensato, salvo poi lanciarsi in una delle sue strampalate teorie sul fatto che non lo odiavo davvero. E questo non l’avrei sopportato, perché se c’era qualcosa di  certo, era il mio rancore per lui. “Senti, basta parlare di quel cane perché non ne posso più. Piuttosto” dissi, tornando a sedermi davanti allo specchio “stavo pensando una cosa”. Mi alzai i capelli fino alle spalle. “Cosa ne pensi?” domandai.
“Di cosa?”.
“Stavo pensando di tagliarmeli. Di farmi la frangia e il caschetto. Un caschetto alle spalle…” le dissi sorridendo, aspettando un suo felice cenno di conferma. Che però non arrivò. Mi fissò scettica.
“Non ti piace come idea? Pensi che starei male?”.
“No, non è questo. E’ che hai dei capelli bellissimi. Sono così luminosi! E boccoli perfetti. Non capisco perché tagliarli”.
“Perché sono stanca. A parte il fatto dei boccoli, credi che starei male?” insistetti.
“Ma no, Rose. Tu sei talmente bella che staresti bene con qualsiasi pettinatura. Quello che voglio dire è che devi essere assolutamente sicura della tua scelta, perché sai che una volta tagliati non ricresceranno più…”.
Lasciai cadere i capelli sulle spalle, delusa e prostrata.
“E’ vero” ammisi, sconsolata. Alice notò la mia frustrazione. “Ma” iniziò, sollevando alcune ciocche “guarda, che belle pettinature si possono fare. I capelli lunghi danno più possibilità. E poi li puoi anche stirare…”. Abbassai lo sguardo.
“Senti, se vuoi cambiare, puoi sempre tingerli con un riflessante, così dopo un po’ di lavaggi torneranno come adesso. Non ci saranno problemi. Che ne dici?” esclamò.
“Certo, si potrebbe provare” sorrisi forzatamente.
“Bene! Allora possiamo andare a prenderne uno nei prossimi giorni, ok?”. Annuii. Poi Alice si scusò e si avviò verso la porta: Jasper l’aveva chiamata. Poco prima di varcare la soglia, mi guardò maliziosa. “Hai proprio deciso di lasciare Emmett a digiuno stanotte?” domandò.
“Certo” risposi decisa. “Ha fatto una scelta e ora ne sopporterà le conseguenze”.
Quando Alice se ne andò, rimasi a guardarmi allo specchio. I miei capelli, una volta tagliati, non sarebbero più cresciuti. Erano bloccati nel loro sviluppo e come tali non potevo toccarli, né mutarne la pettinatura. Io non ero umana, ma soltanto un essere che si spacciava per vivente, ma non aveva nessuna caratteristica per definirsi tale. I miei occhi si inumidirono. Perché non ero come tutte le altre persone che camminavano su questo pianeta? Non respiravo, non mangiavo, non dormivo e… i miei capelli non crescevano. Sembrava un’inezia, ma per me era davvero importante. Non perché considerassi la mia chioma fondamentale, nonostante l’enorme quantità di ore che passavo allo specchio, ma semplicemente perché era un sintomo della mia diversità. E tutto per colpa di quella maledetta notte.
Mi alzai come una furia e iniziai a buttare all’aria tutti i vestiti dentro gli armadi. L’unica cosa che sapeva distrarmi era lo shopping oppure mettere ordine tra i miei vecchi acquisti. Per giunta non avrei nemmeno potuto fare l’amore con mio marito, quindi quella restava la mia sola distrazione. Passai tutta la notte frugando e scartando gli abiti più vecchi di due anni e fuori moda.
   
 
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